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1 Tessalonicesi 1 – Commento: Destinatari e Interlocutori


Sermone video (in inglese):

1 Thessalonians 1:1-5 – When the Gospel comes in Power

Sermone audio (in inglese):

1 Thessalonians 1 – The Products from Faith, Hope, and Love


“È un’epistola di grande interesse, perché è sicuramente tra le prime che siano giunte fino a noi scritte dalla penna di Paolo. Fu la prima lettera indirizzata ai cristiani d’Europa, in cui vengono esposti molto chiaramente i principi fondamentali della vita cristiana.” (G. Campbell Morgan)

A. Saluti e ringraziamenti.

1. (1) Paolo saluta i cristiani di Tessalonica.

Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

a. Paolo, Silvano e Timoteo: Nonostante Paolo fosse un uomo e un apostolo di Dio straordinario, non era solito lavorare da solo. Infatti, ogniqualvolta ne aveva l’occasione, lavorava in squadra. Qui menziona gli uomini con cui collaborava.

i. Silvano (conosciuto anche come Sila) era un compagno di Paolo di lunga data e di grande esperienza. Viaggiò insieme a Paolo durante il suo secondo viaggio missionario e fu imprigionato – e successivamente liberato – insieme a Paolo nella prigione di Filippi (Atti 16:19-30). Quando Paolo arrivò a Tessalonica per la prima volta, Sila era con lui (Atti 17:1-9). Perciò, i Tessalonicesi conoscevano bene Silvano.

ii. Timoteo era un cittadino di Listra, una città della provincia della Galazia (Atti 16:1-3). Era figlio di padre greco (Atti 16:1) e madre ebrea di nome Eunice (2 Timoteo 1:5). Fin da giovane aveva imparato le Scritture da sua madre e da sua nonna (2 Timoteo 1:5, 3:15). Timoteo era un compagno e un collaboratore fidato di Paolo, e lo accompagnava in molti dei suoi viaggi missionari. Paolo aveva già inviato Timoteo ai Tessalonicesi in una circostanza precedente (1 Tessalonicesi 3:2).

b. Alla chiesa dei Tessalonicesi: Paolo stesso fondò la chiesa a Tessalonica durante il suo secondo viaggio missionario (Atti 17:1-9). Rimase nella città solo per un breve periodo, perché fu costretto ad andare via a causa dei nemici del Vangelo. Ciononostante, la chiesa dei Tessalonicesi continuò a vivere e ad essere attiva. Sebbene Paolo avesse dovuto lasciare improvvisamente una chiesa così giovane, la sua profonda preoccupazione per loro lo spinse a scrivere questa lettera.

i. Durante il suo secondo viaggio missionario, Paolo fu imprigionato a Filippi e successivamente liberato miracolosamente di prigione – solamente per poi essere cacciato via dalla città. Da lì si spostò a Tessalonica, la ricca capitale della provincia di Macedonia (a nord della Grecia), situata lungo la famosa Via Egnazia.

ii. Dopo soli tre fine settimana di prospero ministero (Atti 17:2), fu costretto a scappare da una folla furiosa. Si diresse a Berea, dove poté godere di parecchie settimane di ministero, anche se fu presto scacciato dalla stessa folla tessalonicese.

iii. La sua tappa successiva fu Atene, dove predicò un grande sermone, ottenendo però risultati contrastanti. Quando arrivò a Corinto, era lì con debolezza, con timore e con gran tremore (1 Corinzi 2:3). A questo punto del suo secondo viaggio missionario, Paolo dava l’impressione di essere un missionario molto scoraggiato.

iv. Mentre si trovava a Corinto, è probabile che Paolo fosse molto preoccupato per le chiese che aveva appena fondato e che si domandasse del loro stato. Durante la sua permanenza lì, Sila e Timoteo arrivarono da Tessalonica portando ottime notizie: la chiesa lì era forte. Paolo ne era così entusiasta che si precipitò a scrivere la lettera ai Tessalonicesi, probabilmente la sua prima lettera rivolta ad una chiesa. La scrisse solamente alcuni mesi dopo aver fondato la chiesa a Tessalonica. Dopo averla inviata, Paolo ebbe un ministero fruttuoso e duraturo a Corinto – per poi fare successivamente ritorno dai Tessalonicesi.

v. Questa lettera implica una verità basilare: Paolo pensava che fosse importante (se non addirittura essenziale) raggruppare questi giovani nella fede in una comunità con interessi, cura e comunione reciproci. Paolo “sapeva fare di meglio che lasciare le sue giovani comunità con solamente un lontano ricordo di qualche santa predicazione. L’organizzazione locale, sebbene primitiva, era evidentemente sufficiente per il sostentamento e l’avanzamento dell’opera della chiesa, anche quando la guida del missionario veniva rimossa.” (Moffatt)

c. Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo: Paolo porse ai cristiani di Tessalonica il proprio saluto abituale, salutandoli nella grazia e nella pace di Dio Padre.

i. Su grazia a voi Morris dice: “La variazione nella forma greca, sebbene sia trascurabile nella pronuncia [da chairein a charin], è considerevole nel significato. C’è un grande divario tra ‘saluto’ e ‘grazia’. Etimologicamente, grazia significa ‘ciò che provoca gioia’, una sfumatura di significato che possiamo percepire quando parliamo di un’azione gentile o delle buone maniere. Significa ‘favore’, ‘gentilezza’ e, quindi, la bontà di Dio verso l’uomo nel sovvenire ad ogni suo bisogno spirituale in Cristo.”

ii. Hiebert scrive su da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo: “La costruzione di Paolo, che unisce i due sotto la direzione di un un’unica preposizione (en), pone i due nomi l’uno accanto all’altro su una base di uguaglianza. È una chiara testimonianza della sua convinzione riguardo alla divinità di Gesù Cristo.”

iii. “È importante notare che le prime parole di 1 Tessalonicesi seguono la forma abituale dell’apertura di una lettera di quel periodo. Il testo che segue non è un trattato teologico, ma una lettera autentica che nasce dalla situazione in cui l’Apostolo e i suoi amici si trovano.” (Morris)

2. (2) Gratitudine di Paolo verso Dio per i Tessalonicesi.

Noi rendiamo del continuo grazie a Dio per tutti voi, facendo di voi menzione nelle nostre preghiere,

a. Noi rendiamo del continuo grazie a Dio per tutti voi: Ogniqualvolta Paolo pensava ai cristiani a Tessalonica, il suo cuore si riempiva di gratitudine. Egli fondò la chiesa in circostanze tutt’altro che ideali, dovendo fuggire dalla città dopo aver trascorso solamente tre fine settimana con loro (Atti 17:1-10). Eppure, la chiesa era forte e piena di vita. Paolo sapeva che quest’opera andava oltre la sua persona e le sue capacità, e che essa apparteneva a Dio.

i. “La natura regolare e ricorrente del ringraziamento è implicita anche nell’uso del tempo presente del verbo. È loro abitudine dare ‘continuamente grazie a Dio, senza saltare nemmeno un giorno’.” (Hiebert)

b. Facendo di voi menzione nelle nostre preghiere: Quando Paolo pregava per le persone e le chiese, non era necessariamente un lungo tempo di intercessione. A volte faceva semplicemente menzione di una chiesa o di una persona nelle proprie preghiere (Romani 1:9, Efesini 1:16, Filemone 1:4).

i. “E non solo Paolo. Il plurale lascia intendere che tutti e tre i missionari pregavano insieme.” (Moffatt)

3. (3-4) Ragioni della gratitudine di Paolo: la fede, l’amore e la speranza dei Tessalonicesi.

Ricordando continuamente la vostra opera di fede, la fatica del vostro amore e la costanza della speranza che voi avete nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio, nostro Padre, conoscendo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione,

a. Ricordando continuamente la vostra opera di fede: C’erano cose dei cristiani di Tessalonica che Paolo semplicemente non poteva dimenticare. Si ricordava sempre di loro e ciò che ricordava di loro lo riempiva di gratitudine.

i. Paolo era grato non perché tutti cristiani di Tessalonica avessero un’alta considerazione di lui. Più avanti, dedica un intero capitolo a difendere sé stesso e il suo ministero contro la calunnia e le false accuse.

ii. Paolo era grato non perché i cristiani di Tessalonica fossero irreprensibili moralmente. Più avanti nella lettera, li mette severamente in guardia contro le debolezze nella sfera dell’impurità sessuale.

iii. Paolo era grato non perché i cristiani di Tessalonica fossero perfettamente infallibili in tutta la loro dottrina. Deve, infatti, correggere anche alcune delle loro convinzioni dottrinali errate.

b. La vostra opera di fede, la fatica del vostro amore e la costanza della speranza che voi avete nel Signore nostro Gesù Cristo: Nonostante i problemi, Paolo era veramente grato a Dio per i Tessalonicesi, perché nelle loro vite erano visibili l’opera innegabile dello Spirito Santo e un cambiamento meraviglioso. Le tre grandi virtù cristiane erano evidenti in mezzo a loro: fede, amore e speranza.

i. “Qui per la prima volta, cronologicamente parlando, troviamo negli scritti di Paolo la famosa triade: fede, amore, speranza. Paolo però non pone l’enfasi solamente su queste virtù, ma anche su ciò che queste producono.” (Hiebert)

• Dunque, la loro fede produceva opere – tale è la natura della vera fede.

• Il loro amore produceva fatica. Ci sono due parole diverse in greco antico per lavoro: ergon e kopos. Ergon “può essere piacevole e stimolante”, ma kopos “implica fatica estenuante e tanto sudore.” (Hiebert)

• La loro speranza produceva costanza, che è la longanimità perseverante necessaria non solo per sopravvivere ai tempi duri, ma per uscirne trionfanti.

c. Conoscendo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione: Paolo ricordò loro che Dio li amava (amati) e che li aveva scelti (elezione), due concetti che vanno insieme. Quando amiamo qualcuno, certamente lo scegliamo.

i. “L’espressione amati da Dio era una frase che i giudei attribuivano solamente a uomini di grande levatura come Mosè e Salomone, e alla nazione stessa d’Israele. Ora il più grande privilegio riservato ai più grandi uomini del popolo scelto da Dio è stato esteso al più umile dei gentili.” (Barclay)

ii. I versetti che seguono spiegheranno perché Paolo fosse così fiducioso nel conoscere la loro elezione. Egli aveva visto chiari segni che affermavano: “Questi Tessalonicesi sono eletti da Dio”. Charles Spurgeon, in un sermone sui versetti successivi, evidenziò quattro prove dell’elezione:

• La Parola di Dio giunge con potenza (il nostro evangelo non è giunto fino a voi soltanto a parole, ma anche con potenza).

• L’accoglienza della Parola di Dio con molta convinzione (e con molta convinzione).

• Il desiderio di essere come Gesù (voi siete divenuti nostri imitatori e del Signore).

• La presenza della gioia spirituale nel servizio spirituale (in mezzo a tanta afflizione con la gioia dello Spirito Santo).

B. Causa ed effetto dei cambiamenti avvenuti nelle vite dei Tessalonicesi.

1. (5) L’evangelo è la causa dei cambiamenti nei cristiani di Tessalonica.

Perché il nostro evangelo non è giunto fino a voi soltanto a parole, ma anche con potenza e con lo Spirito Santo, e con molta convinzione; voi sapete come ci siamo comportati fra voi per amor vostro.

a. Perché il nostro evangelo non è giunto fino a voi soltanto a parole: L’evangelo non è una questione di semplici parole. Nella cultura moderna c’è un eccesso di informazioni o di intrattenimento che spesse volte equivale a non più che semplici parole. L’Evangelo, tuttavia, è molto di più, esso ha potenza.

i. Perché il nostro evangelo non è giunto fino a voi: Paolo scrisse letteralmente “divenne per voi – si rivelò nel suo approccio verso di voi.” (Alford)

b. Ma anche in potenza: Il messaggio di Gesù Cristo ha potenza. Ha la potenza di compiere miracoli, la potenza di compiere segni meravigliosi da parte di Dio e, soprattutto, ha la potenza di trasformare menti, cuori e vite.

i. Thomas scrive su potenza: “Da non confondere con dynameis, il plurale di dynamis, che significa ‘miracoli’ (1 Corinzi 12:10; Galati 3:5), il singolare non indica manifestazioni soprannaturali, ma nemmeno le esclude.”

ii. “Alcuni vedono nella parola potenza un’allusione ai miracoli. Io ne estendo il significato per applicarlo alla potenza spirituale della dottrina… È la voce vivente di Dio, inseparabile dal suo impatto, a differenza dell’eloquenza vuota e senza vita degli uomini.” (Calvino)

c. E con lo Spirito Santo: È un messaggio da parte dello Spirito Santo, una Persona vivente, che opera nei cuori di chi ascolta per compungere, consolare e istruire. Se il predicatore non fa altro che parlare, allora sono soltanto parole, ma, quando lo Spirito Santo opera per mezzo della Parola, avviene una grande opera spirituale.

i. A volte meditiamo troppo poco sulle operazioni spirituali della Parola di Dio. C’è un’opera spirituale della Parola di Dio che va oltre il semplice valore didattico dell’apprendimento della Bibbia.

d. E con molta convinzione: È un messaggio trasmesso con molta convinzione. Questo descrive un predicatore che crede realmente in ciò che predica. Non c’è surrogato per questa convinzione e, se il predicatore non la ha, allora dovrebbe stare alla larga dal pulpito.

2. (6) I Tessalonicesi rispondono al vangelo diventando imitatori.

E voi siete divenuti nostri imitatori e del Signore, avendo ricevuta la parola in mezzo a tanta afflizione con la gioia dello Spirito Santo,

a. E voi siete divenuti nostri imitatori e del Signore: I Tessalonicesi smisero di andare dietro ad altre cose e iniziarono a seguire Paolo e il Signore. Paolo affermò che era una cosa buona per loro imitarlo e non aveva paura di dire: “Imitate me”, “seguite me”, perché sapeva dove stava andando.

i. Ciò dimostra che il messaggio di Paolo includeva un elemento di discepolato personale. In un certo senso, Paolo aveva guidato personalmente i cristiani di Tessalonica nella loro vita spirituale. Potevano vedere la sua vita, con l’invito rivolto a loro di imparare dal suo esempio.

ii. Paolo ripete questo tema diverse volte: Siate miei imitatori, fratelli, e considerate coloro che camminano così, secondo l’esempio che avete in noi (Filippesi 3:17). Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo (1 Corinzi 11:1).

b. Avendo ricevuta la parola in mezzo a tanta afflizione: I Tessalonicesi si contraddistinguevano perché avevano ricevuto la Parola persino in mezzo a tanta afflizione. Sebbene il messaggio che avevano udito fosse stato accompagnato da difficoltà, lo avevano ricevuto, e Paolo rendeva grazie a Dio per questo.

i. “Il termine per ‘afflizione’ nelle fonti extrabibliche di solito denota letteralmente un tipo di pressione molto forte. Il verbo corrispondente, per esempio, veniva usato, in riferimento alla vinificazione, per la pigiatura dell’uva fino a quando questa non si rompeva in mille pezzi, attribuendo così all’espressione il significato metaforico di grande difficoltà.” (Morris)

c. Con la gioia dello Spirito Santo: Quando i cristiani di Tessalonica si trovarono di fronte all’afflizione per aver ricevuto la Parola, non l’affrontarono con rassegnato fatalismo. L’affrontarono con la gioia dello Spirito Santo.

i. Non molto tempo prima di essere arrivati a Tessalonica, Paolo e Sila sperimentarono personalmente il principio dell’avere la gioia dello Spirito Santo anche in circostanze di grande afflizione – quando cantarono nella prigione di Filippi nonostante le catene e le sofferenze. Costituivano per i cristiani di Tessalonica degli esempi di questo stesso spirito.

3. (7) I Tessalonicesi rispondono al vangelo diventando esempi.

Così da divenire un esempio a tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia.

a. Così da divenire un esempio: Inizialmente, Paolo costituiva un esempio per i Tessalonicesi. Successivamente, essi stessi divennero un esempio per gli altri. Questo è esattamente il modo in cui l’opera di Dio dovrebbe avvenire.

b. A tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia: I cristiani della Macedonia e dell’Acaia avevano bisogno di esempi, necessità a cui supplirono i Tessalonicesi. Erano degli esempi, benché fossero seguaci di Gesù da poco tempo. Come cristiani, avremo sempre bisogno di altri che non solo ci dicano come seguire Gesù Cristo, ma che ci mostrino anche come farlo.

4. (8-10) I Tessalonicesi rispondono facendo risuonare la Parola del Signore.

Infatti non solo la parola del Signore è tramite voi risuonata nella Macedonia e nell’Acaia, ma anche la vostra fede che avete verso Dio si è divulgata in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne, poiché essi stessi raccontano di noi, quale sia stata la nostra venuta tra voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire al Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesù, che ci libera dall’ira a venire.

a. La parola del Signore è tramite voi risuonata: Questo faceva parte del buon esempio dato dai credenti di Tessalonica. “Risuonata” significa “un forte suono squillante come di tromba”. L’opera buona compiuta dal Signore in mezzo ai Tessalonicesi divenne nota in tutta la regione e tutti parlavano di questi cambiamenti.

i. Da una città commerciale cosmopolita come Tessalonica, la buona novella poteva risuonare in ogni luogo della terra.

b. La vostra fede che avete verso Dio si è divulgata in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne: Paolo disse: “Voi, cristiani di Tessalonica, state facendo risuonare la Parola del Signore in maniera così efficace che non c’è più lavoro per me! Non abbiamo bisogno di parlarne!”.

i. Paolo associa due concetti. La Parola del Signore è risuonata e la loro fede si è divulgata. Questi due aspetti sono fondamentali per una chiesa che diffonde il Vangelo. Prima di tutto, hanno bisogno di un messaggio da condividere, un messaggio che deve avere prima un impatto sulle loro stesse vite. In secondo luogo, necessitano della fede per uscire affinché la fede che hanno verso Dio si divulghi nel mondo.

ii. “La sola predicazione del Vangelo ha avuto un ruolo importante nel compungere e convertire i peccatori, ma le vite di coloro che imitano Cristo in maniera autentica, come un’illustrazione della verità di quelle dottrine, hanno fatto molto di più.” (Clarke)

iii. “Tutti si chiedevano: ‘Ma cos’è successo a questi di Tessalonica? Hanno distrutto i loro idoli: adorano l’unico Dio, confidano in Gesù. Non sono più degli ubriaconi, dei disonesti, degli impuri, dei litigiosi’. Tutti parlavano della trasformazione avvenuta tra quelle persone. Conversioni numerose, chiare, eccezionali e visibili, affinché la Parola di Dio risuoni! I nostri convertiti sono la nostra miglior pubblicità e argomentazione.” (Spurgeon)

c. Come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire al Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figlio: Quando i Tessalonicesi ricevettero la Parola di Dio da Paolo, la loro risposta fu abbandonare i loro idoli e donare sé stessi per servire al Dio vivente e vero. Il loro aver ricevuto la Parola e la loro fede in Dio si erano dimostrati autentici, perché avevano agito in accordo alla Parola di Dio.

i. Per servire al Dio vivente e vero: Sembra che il verbo douleuo (servire) non venisse mai utilizzato con un’accezione religiosa nella letteratura pagana. Hiebert cita Denny: “Nessun greco o romano avrebbe accolto bene l’idea di ‘servire’ a Dio… Non c’era spazio per questo nella sua religione; la sua concezione degli dèi non lo permetteva. Se la sua vita doveva essere un servizio morale reso a Dio, doveva trattarsi di un Dio del tutto diverso da ogni altra divinità che aveva conosciuto mediante il culto dei suoi antenati”.

ii. Per aspettare dai cieli il suo Figlio: “Oh! È una grande dimostrazione di grazia quando il cristiano aspetta la venuta del suo Signore e vive come se dovesse avvenire da un momento all’altro. Se io e te sapessimo del ritorno del Signore prima della fine di questo culto, quale dovrebbe essere l’atteggiamento del nostro cuore mentre siamo seduti su queste panche? È proprio quello l’atteggiamento in cui dovremmo trovarci.” (Spurgeon)

d. Cioè Gesù, che ci libera dall’ira a venire: Paolo indica l’essenza della salvezza affermando che Gesù ci libera dall’ira a venire. Veniamo salvati da qualcosa e quel qualcosa è l’ira legittima di un Dio santo

i. Più avanti nella lettera, Paolo userà l’espressione Dio non ci ha destinati all’ira (1 Tessalonicesi 5:9) per fare riferimento alla liberazione per mano di Dio del Suo popolo nel contesto dell’ira che verrà sul mondo negli ultimi giorni. Potrebbe riferirsi anche qui allo stesso concetto. “Usato in maniera tecnica, come avviene spesso nel NT, ‘ira’ (orges) è un titolo che fa allusione al periodo che precede il regno del Messia sulla terra, quando Dio infliggerà agli abitanti della terra una serie senza precedenti di tormenti fisici per aver rigettato la Sua volontà.” (Thomas)

ii. Che egli si riferisca all’ira della Grande Tribolazione o all’ira eterna finale, entrambe devono essere assolutamente evitate. “Un uomo pauroso è in grado di immaginare paure grandi e terribili; fuoco, spada, torture, piombo rovente, pece bollente, bronzo liquido. Eppure, tutto questo non è altro che un fuoco innocuo paragonato all’ira che deve venire, quell’eternità che i malvagi non saranno mai in grado di evitare né sopportare.” (Trapp)

© 2023 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

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