Luca 18 – Preghiera, Umiltà e Discepolato
A. Una parabola riguardo alla perseveranza nella preghiera.
1. (1) Lo scopo della parabola: non stanchiamoci di pregare.
Poi propose loro ancora una parabola, per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi,
a. Per mostrare che bisogna continuamente pregare: L’uomo è stato creato con un istinto spirituale (Ecclesiaste 3:11), quindi la preghiera viene spesso naturale. Tuttavia, poiché si possono incontrare ostacoli che impediscono una preghiera efficace e costante, Gesù sapeva che avevamo bisogno di essere istruiti e incoraggiati a pregare continuamente.
i. Gesù non intendeva dire che dobbiamo sempre avere le ginocchia piegate e gli occhi chiusi in preghiera, bensì che dobbiamo sempre conservare quello che a volte viene chiamato spirito di preghiera. Paolo scrive in 1 Tessalonicesi 5:17: Non cessate mai di pregare. È difficile calcolare il bene che ci farebbe pregare tanto costantemente e quanto male ci eviterebbe.
b. Senza stancarsi: Spesso non riusciamo a pregare perché ci stanchiamo. Ci scoraggiamo e non preghiamo più come dovremmo.
i. È facile stancarsi nella preghiera, perché essa è un lavoro duro che troppo spesso affrontiamo con leggerezza. In Colossesi 4:12, Paolo elogia un uomo di nome Epafra, perché combatteva sempre… nelle preghiere. Paolo sapeva che la preghiera è un lavoro duro che richiede fatica e fervore. Morrison cercò di spiegare perché pregare è così difficile, dal momento che sono tre le parti dell’essere umano impegnate in questa attività: “C’è l’intendimento, con la quale agiamo con intelligenza; c’è il cuore, con il quale agiamo con desiderio; c’è la volontà, con la quale agiamo con tenacia.” (Morrison)
ii. È facile stancarsi nella preghiera, perché il diavolo la odia. Se la preghiera fosse impotente, sarebbe facile.
iii. È facile stancarsi nella preghiera, perché non sempre siamo convinti della potenza che essa possiede. Troppo spesso la preghiera diventa l’ultima risorsa anziché la prima.
iv. Ricorda che Gesù ha vissuto una vita di preghiera e che continua a pregare per il Suo popolo (Ebrei 7:25). Perciò, non stanchiamoci nella preghiera.
· La donna cananea continuò a pregare nonostante la sua richiesta fosse stata rifiutata inizialmente.
· Giacobbe si rifiutò di arrendersi anche quando la gamba gli fu storpiata.
· Rachele disse a Giacobbe: “Dammi dei figli, altrimenti muoio!”.
2. (2-8) Parabola della vedova e del giudice iniquo.
Dicendo: «C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto per alcun uomo. Or in quella stessa città c’era una vedova che andava da lui, dicendo: “Fammi giustizia del mio avversario”. Per un certo tempo egli si rifiutò di farlo, ma poi disse fra sé: “Anche se non temo Dio e non ho rispetto per alcun uomo, tuttavia, poiché questa vedova continua a infastidirmi, le farò giustizia perché a forza di venire, alla fine non mi esaurisca”». E il Signore disse: «Ascoltate ciò che dice il giudice iniquo. Non vendicherà Dio i suoi eletti che gridano a lui giorno e notte. Tarderà egli forse a intervenire a loro favore? Sì, io vi dico che li vendicherà prontamente. Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?».
a. Un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto per alcun uomo: Il giudice era empio, sia come uomo che come giudice; eppure, alla fine esaudì la richiesta della donna. L’unico motivo per cui le diede ciò che voleva era perché la donna non smetteva di infastidirlo.
i. Barclay sottolinea che non si trattava di un giudice ebreo, perché nel mondo ebraico le controversie si portavano agli anziani. “Il giudice era uno dei magistrati nominati da Erode o dai Romani. Tali giudici erano molto noti.” (Barclay)
ii. Quando si lamentava che la donna continuava a infastidirlo, in realtà diceva: “Mi stordisce. Una metafora tratta dai pugili, che si feriscono a vicenda.” (Clarke) “Sebbene la parola hypopiaze significhi letteralmente “fare un occhio nero” (cfr. 1 Corinzi 9:27), la resa in senso figurato è qui preferibile.” (Pate)
b. Anche se non temo Dio e non ho rispetto per alcun uomo, tuttavia, poiché questa vedova continua a infastidirmi, le farò giustizia: Il giudice ingiusto esaudì con riluttanza la richiesta della donna. Gesù non voleva dire che Dio è come il giudice ingiusto, ma che è diverso da lui. Dio ama rispondere alle nostre preghiere e ci aiuta persino quando preghiamo. Dio è dalla vostra parte quando pregate, non contro di voi (come nel caso del giudice ingiusto e della vedova).
i. La donna dovette vincere la riluttanza del giudice ad aiutarla. Spesso pensiamo di dover fare lo stesso quando preghiamo: usare la nostra perseveranza per vincere la riluttanza di Dio. Così facendo, si perde completamente il senso della parabola. Gesù non ha detto che gli uomini devono pregare costantemente e non stancarsi perché Dio è riluttante, ma proprio perché non lo è, incoraggiandoci così alla preghiera.
ii. A volte ci sembra che Dio sia riluttante a rispondere alle nostre preghiere. Tuttavia, i ritardi nella risposta non servono a cambiare Dio, ma a cambiare noi. La perseveranza nella preghiera porta un elemento di trasformazione nella nostra vita, formando in noi il carattere di Dio stesso. Così facendo, Egli mette in noi un cuore che si interessa di ciò che interessa a Lui. “Troppe preghiere sono come un ragazzino che bussa alla porta e poi scappa via, ma è ormai troppo lontano quando il padrone di casa apre la porta.” (Spurgeon)
iii. Sia Gesù (Marco 14:39) che Paolo (2 Corinzi 12:8) hanno pregato ripetutamente per la stessa cosa. Dobbiamo però guardarci dal persistere nell’incredulità: ripetere la preghiera pensando che Dio non ci abbia ascoltato la prima volta.
iv. Ci sono diversi contrasti tra questo giudice e il Dio che ascolta le preghiere.
· Il giudice era ingiusto; Dio è giusto.
· Al giudice non importava della vedova; Dio ama e si prende cura di coloro che lo supplicano.
· Il giudice ha risposto al grido della vedova per puro interesse personale; Dio ama benedire il Suo popolo anche per il suo bene.
c. Non vendicherà Dio i suoi eletti che gridano a lui giorno e notte: Probabilmente Gesù aveva in mente le preghiere dei credenti perseguitati, che desiderano la giustizia e gridano a lui giorno e notte che Dio li vendichi e intervenga sui loro persecutori.
i. Coloro che attraversano le fiamme della persecuzione hanno bisogno di una grazia speciale per perseverare e per non perdersi d’animo nella preghiera. Devono avere la certezza che Dio non è come un giudice ingiusto e quindi continuare a pregare che il Signore faccia giustizia.
ii. Il nostro Dio è un giudice giusto e meraviglioso:
· Ci rivolgiamo a un giudice dal carattere perfetto e buono.
· Ci rivolgiamo a un giudice che ama prendersi cura dei Suoi figli.
· Ci rivolgiamo a un giudice che è gentile e benevolo.
· Ci rivolgiamo a un giudice che ci conosce.
· Ci rivolgiamo a questo giudice con un avvocato, un amico che perorerà la nostra causa davanti al giudice.
· Ci rivolgiamo a un giudice avendo promesse che ci incoraggiano.
· Ci rivolgiamo a un giudice con il diritto di accesso costante, un giudice che ha a cuore il nostro caso.
d. Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra? Questo collega il pensiero di Gesù alle Sue parole sulla Sua venuta alla fine del capitolo precedente. Se non sappiamo chi è Dio (che non è come il giudice ingiusto) e se non siamo persone che pregano senza perdersi d’animo, non abbiamo ancora il tipo di fede che Gesù cercherà al Suo ritorno.
B. Lezioni sull’umiltà.
1. (9-14) Una parabola per riprendere i moralisti.
Disse ancora questa parabola per certuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, dentro di sé pregava così: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e pago la decima di tutto ciò che possiedo”. Il pubblicano invece, stando lontano, non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, sii placato verso me peccatore”. Io vi dico che questi, e non l’altro, ritornò a casa sua giustificato; perché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato».
a. Per certuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri: Il collegamento tra coloro che presumevano di essere giusti e coloro che disprezzavano gli altri è quasi inevitabile. Se mi attribuisco il merito di un presunto grande cammino spirituale con Dio, allora è facile disprezzare un altro per il suo presunto cammino carnale con Lui.
b. Due uomini salirono al tempio per pregare: In questa parabola, entrambi gli uomini pregavano, ma non si accostarono a Dio allo stesso modo. Il fariseo salì al tempio per pregare, ma non pregò. Parlava con sé stesso, non con Dio; dentro di sé pregava così, mettendosi al centro della preghiera per ben cinque volte.
i. È del tutto possibile rivolgere le proprie parole a Dio, ma in realtà pregare a sé stessi, perché l’attenzione è rivolta su di sé e non su Dio. Hai una passione per le tue cose, non per quelle di Dio. Hai l’atteggiamento di chi vuole che sia fatta la propria volontà e non quella di Dio. Quell’uomo era pieno di lodi, ma si rallegrava “non per chi era Dio, ma piuttosto per chi era lui!”. (Pate)
c. O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini: Nella sua cosiddetta preghiera, il fariseo lodava sé stesso e si paragonava agli altri uomini. Non è difficile avere un’opinione così alta di sé quando ci si confronta con altre persone; non è mai difficile trovare qualcuno di peggiore.
i. Come quel pubblicano: Il pronome dimostrativo ‘quel’ (houtos) distingue in modo dispregiativo il fariseo dalla sua controparte nel tempio.” (Pate)
ii. Un antico rabbino (Rabbi Simeone, figlio di Jochai) fu un esempio di questo tipo di orgoglio farisaico quando disse: “Se al mondo ci fossero solo trenta persone giuste, io e mio figlio faremmo parte dei trenta; ma se ce ne fossero solo venti, io e mio figlio faremmo ancora parte dei venti; e se ce ne fossero solo dieci, io e mio figlio faremmo parte dei dieci; e se ce ne fossero solo cinque, io e mio figlio saremmo dei cinque; e se ce ne fossero solo due, io e mio figlio saremmo quei due; e se ce ne fosse solo uno, io stesso sarei quell’uno.” (Clarke)
iii. Io digiuno due volte la settimana: A quei tempi molti ebrei digiunavano il secondo e il quinto giorno di ogni settimana, perché credevano che Mosè fosse salito sul Monte Sinai per ricevere la legge il quinto giorno della settimana e che fosse sceso con la legge il secondo giorno della settimana. “Chi desiderava ottenere meriti speciali digiunava anche il lunedì e il giovedì. È da notare che questi erano i giorni del mercato, quando Gerusalemme era piena di gente che veniva dalla campagna. Chi digiunava si sbiancava il viso e si presentava con abiti trasandati, assicurandosi che il maggior numero di persone notasse la sua pietà.” (Barclay)
iv. “‘Non sono come questo pubblicano’. No, infatti sei peggiore; sì, proprio perché ti ritieni migliore.” (Trapp)
v. “Quello che il fariseo diceva di sé era vero. Il suo problema non era non aver fatto abbastanza strada, ma che si trovava su quella sbagliata.” (Morris)
d. Il pubblicano invece, stando lontano, non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, sii placato verso me peccatore”: Il fariseo contava sulla propria forza e sulle proprie azioni davanti a Dio, ma il pubblicano si affidava alla misericordia e alla compassione di Dio. Riconosceva di essere un peccatore che aveva bisogno della misericordia di Dio.
i. Immaginiamo il fariseo che pregava con parole eloquenti e uno stile fluente e spirituale; chiunque lo avesse sentito pregare l’avrebbe considerato un uomo spirituale. Al contrario, immaginiamo il pubblicano che prega in modo impacciato, con frasi stentate e timoroso, ma Dio si è compiaciuto della Sua preghiera.
ii. Ma si batteva il petto: La frase indica una persona così consapevole del proprio peccato e della corruzione del proprio cuore da colpirsi il petto come punizione. Secondo Morris, il tempo del verbo in “si batteva il petto” descrive un’azione continua; egli continuava a farlo. “L’originale non dice che si batté il petto una sola volta, ma che picchiò e picchiò ancora. Era un atto continuo. Sembrava che dicesse: “Ah, che cuore malvagio!” e poi lo colpiva. Più e più volte espresse il suo intenso dolore con questo gesto tipico dell’oriente, perché non sapeva come altro esprimerlo.” (Spurgeon)
iii. Il fariseo pensava di non essere come gli altri uomini, ma di essere migliore. Anche il pubblicano pensava di non essere come gli altri uomini, ma pensava di essere peggiore. “In realtà pregava: “O Dio, sii misericordioso con me, il peccatore”, come se non fosse semplicemente un peccatore, ma il peccatore per eccellenza.” (Barclay) “Se ci fosse stato un solo peccatore al mondo, sarebbe stato lui quel tale e, in un mondo di peccatori, era lui il più grande – il peccatore dei peccatori. Con enfasi si dichiara colpevole.” (Spurgeon)
iv. L’antica parola greca tradotta con “sii placato” è hilaskomai, una parola che in realtà indica un sacrificio espiatorio. Il senso più completo è questo: “Dio, sii placato con me attraverso il Tuo sacrificio espiatorio per i peccati, perché sono un peccatore”. L’unico altro passo in cui questa parola viene usata nel Nuovo Testamento è in Ebrei 2:17, dove viene tradotta espiazione.
v. “Nel testo originale greco le parole sono ancora meno che nell’inglese. Oh, se gli uomini imparassero a pregare con meno parole e più significato! Quante grandi cose sono racchiuse in una così breve supplica! Dio, la misericordia, il peccato, la propiziazione e il perdono.” (Spurgeon)
e. Questi, e non l’altro, ritornò a casa sua giustificato: Il pubblicano fu giustificato immediatamente. Si presentò a Dio con umiltà sulla base del Suo sacrificio espiatorio e fu giustificato. Non si guadagnò la sua giustificazione, né fu messo prima sotto un periodo di prova; fu semplicemente giustificato.
i. Fu giustificato perché, da peccatore, pregò umilmente di ottenere misericordia, nel senso di sacrificio espiatorio. Pregò: “O Dio, sii soddisfatto del sacrificio espiatorio e perdonami”.
· Non disse: “Dio, sii placato verso me; non sono un fariseo”.
· Non disse: “Dio, sii placato verso me, un peccatore ravveduto”.
· Non disse: “Dio, sii placato verso me, un peccatore che prega”.
· Non disse: “Dio, sii placato verso me; sono solo un essere umano”.
· Non disse: “Dio, sii placato verso me; cercherò di fare meglio”.
· Invece, pregò semplicemente, con il corpo, l’anima e lo spirito: “O Dio, sii placato verso me peccatore!”.
f. Chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato: In sostanza, il fariseo vedeva la preghiera e la sua vita spirituale come un modo per esaltarsi, mentre il pubblicano si avvicinò a Dio con umiltà.
i. La vera umiltà consiste semplicemente nel vedere le cose così come sono. Il fariseo si considerava migliore di quello che era, mentre il pubblicano si vedeva come un peccatore che aveva bisogno della misericordia di Dio, quale era.
ii. Non otteniamo nulla accostandoci a Dio nella menzogna dell’orgoglio. Il principio secondo cui Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili è così importante che Dio lo ripete tre volte (Proverbi 3:34, Giacomo 4:6, 1 Pietro 5:5).
2. (15-17) Gesù usa i bambini come esempio di umiltà.
Gli presentarono anche dei piccoli fanciulli perché li toccasse; ma i discepoli, vedendo ciò, li sgridavano. Gesù allora, chiamati a sé i fanciulli, disse: «Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me e non glielo impedite, perché di tali è il regno di Dio. In verità vi dico che chi non riceve il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non vi entrerà».
a. Gli presentarono anche dei piccoli fanciulli perché li toccasse: I bambini amano andare da Gesù. Il fatto stesso che i bambini Lo amavano e che Lui amava loro ci svela qualcosa sulla persona del nostro Salvatore. Gesù non era un uomo cattivo e acido, perché i bambini non amano persone del genere.
i. “Era usanza che le madri portassero i loro figli da qualche Rabbino illustre il giorno del loro primo compleanno, affinché li benedicesse.” (Barclay)
b. Perché li toccasse: Gesù sapeva che quei fanciulli, pur non comprendendo la parola o l’insegnamento eloquente di Gesù, potevano rispondere a un tocco. Egli sa come comunicare nel modo che più necessitiamo.
i. Matteo 19:13 dice espressamente perché imponesse loro le mani e pregasse. È così che Gesù benediceva i bambini. L’imposizione delle mani è usata biblicamente come un modo per conferire una benedizione a un altro (Atti 6:6, Atti 8:17, Atti 9:17, 1 Timoteo 5:22, 2 Timoteo 1:6).
ii. “Non li battezzò, ma li benedisse.” (Spurgeon)
c. Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me: Poiché i bambini amano venire a Gesù, non dovremmo mai sbarrare loro la strada o non indicargliela. Sappiamo più cose su Gesù di quante ne sapessero le donne della Giudea; quindi, non c’è alcun motivo valido per tenere i nostri figli lontani da Gesù.
d. Perché di tali è il regno di Dio: I bambini ricevono la benedizione di Gesù senza cercare di guadagnarla o di fingere di non averne bisogno. Anche noi dobbiamo ricevere le benedizioni di Dio allo stesso modo.
i. “Gesù non solo accolse questi piccoli esseri umani come membri del regno di Dio; li esaltò anche come cittadini modello dello stesso, per la loro capacità di fidarsi e di amare.” (Pate)
C. Le ricchezze e il vero discepolato.
1. (18-19) Un giovane ricco si presenta a Gesù.
Uno dei capi lo interrogò, dicendo: «Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?». E Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio».
a. Uno dei capi: Quest’uomo è conosciuto come il giovane ricco, e viene descritto come uno dei capi (Luca 18:18), come ricco (Luca 18:23) e come giovane (Matteo 19:22). Non sappiamo se la sua autorità fosse nel mondo della politica o in quello della religione.
b. Maestro buono: È un modo singolare e forse sorprendente di rivolgersi a Gesù. “Maestro buono” era un titolo mai applicato ad altri rabbini a quel tempo, perché implicava l’assenza di peccato e bontà perfetta. Gesù, come tutti gli altri, riconobbe che “Maestro buono” era un titolo speciale.
i. “Non c’è nessun caso in tutto il Talmud in cui un rabbino venga chiamato ‘Maestro buono’.” (Plummer, citato in Geldenhuys). Insistevano nel chiamare “buono” soltanto Dio.
c. Che devo fare per ereditare la vita eterna? La domanda dimostra che il giovane, come tutti gli altri esseri umani, era orientato a voler guadagnare la vita eterna. Voleva sapere quale opera buona o azione nobile avrebbe dovuto compiere per ereditare la vita eterna.
d. Perché mi chiami buono? Dicendo questo, Gesù non negò la propria bontà. Al contrario, chiese all’uomo: “Capisci cosa dici quando mi chiami buono? Perché nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio”.
i. È come se Gesù avesse detto: “Tu vieni da me a chiedere quale buona azione devi fare per ereditare la vita eterna; ma cosa sai veramente della bontà?”. “Il punto è chiaro: o Gesù era buono, o il giovane non avrebbe dovuto chiamarlo così; ma poiché nessuno è buono se non Dio, Gesù, che è buono, deve essere Dio.” (Spurgeon)
ii. Potremmo dire che il giovane ricco non sapeva veramente chi fosse Gesù. Se l’avesse saputo, si sarebbe umiliato come aveva fatto il pubblicano nella storia raccontata da Gesù qualche versetto prima (Luca 18:10-14). I versetti seguenti mostrano che anche il giovane non sapeva veramente chi fosse.
2. (20-21) Gesù interroga il giovane riguardo alla sua vita.
«Tu conosci i comandamenti: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre”». E colui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
a. Tu conosci i comandamenti: Il giovane capo era un ebreo istruito e ovviamente conosceva i comandamenti. Gesù poteva fare appello al giovane sulla base di questa conoscenza comune.
i. Gli uomini e le donne di oggi magari non hanno la stessa conoscenza ed essere perfettamente d’accordo con i comandamenti a cui Gesù si riferisce qui. Tuttavia, in generale non si oppongono ad essi, perché Dio parla agli uomini anche attraverso la creazione e la coscienza (Romani 1:19-20, 2:14-15).
ii. Sebbene oggi molte persone conoscano i comandamenti attraverso l’istruzione o l’intuizione, sono meno quelle interessate alla domanda fondamentale: come posso ereditare la vita eterna?
b. Non uccidere: Gesù chiese al giovane quali fossero i comandamenti relativi ai rapporti interpersonali. La sua risposta fu: “Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”, sostenendo così di aver adempiuto tutti i comandamenti di Dio su come dobbiamo trattare gli altri.
c. Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza: È lecito chiedersi se il giovane avesse davvero osservato tutti quei comandamenti. Probabilmente li aveva osservati in un modo che lo rendesse giusto davanti agli uomini, proprio come scrive Paolo in Filippesi 3:6: “Quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile”. Ma certamente non li aveva osservati nel senso pieno e perfetto mostrato da Gesù nel Sermone sul Monte.
i. “Il giovane ricco alludeva probabilmente al periodo di tempo che era iniziato con il suo bar mitzvah (“figlio della Legge”), durante il quale all’età di tredici anni un giovane diventava adulto e quindi obbligato a rispettare la legge mosaica”. (Pate)
3. (22-23) Gesù istruisce il giovane ricco.
Udito ciò, Gesù gli disse: «Ti manca ancora una cosa: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, udite queste cose, si rattristò grandemente, perché era molto ricco.
a. Udito ciò: Gesù disse ciò che segue sulla base di chi era il giovane e di ciò che aveva detto. Si trattava di una parola specifica per un uomo specifico, anche se in linea di principio si applica a tutti.
i. Il racconto di Marco aggiunge qualche dettaglio. Marco scrive: Allora Gesù, fissandolo nel volto, l’amò e gli disse (Marco 10:21). Non c’è dubbio che Gesù abbia risposto al giovane con amore, perché percepì che era fuorviato e vuoto. Si può dire che il giovane era arrivato in cima alla scala del successo, solo per scoprire che quella scala era appoggiata all’edificio sbagliato.
b. Ti manca ancora una cosa: Sebbene il giovane avesse tutto (ricchezze, una vita esteriore di rettitudine, rispetto e prestigio), Gesù poteva ancora dirgli: “Ti manca ancora una cosa”. L’uomo aveva tutto, ma sapeva di non avere la vita eterna; in realtà, non aveva nulla.
c. Ti manca ancora una cosa: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi: Invece di mettere in discussione l’osservanza della legge da parte del giovane (cosa che Gesù aveva tutto il diritto di fare), Gesù gli indicò quella che viene comunemente chiamata la prima tavola della legge, su cui si trovano i precetti che regolano il nostro rapporto con Dio. Gesù lo sfidò a mettere Dio al primo posto, a mettere in pratica la legge che dice: Amerai dunque l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza (Deuteronomio 6:5).
i. Dicendo: “Vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”, Gesù sfidò il giovane ad amare Dio più del denaro e dei beni materiali. Il giovane perse la sfida. In sostanza, il giovane ricco era un idolatra: amava il denaro e le cose materiali più di Dio. Questo dimostra che entrambe le tavole della legge mettono alla prova gli uomini.
ii. Gesù chiese al giovane ricco di rinunciare al suo denaro, perché sapeva che il denaro era per lui un idolo. Gli chiese di darlo ai poveri, perché sapeva che non amava gli altri come avrebbe dovuto.
d. Vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi: La chiamata a rinunciare a tutto e a seguire Gesù è una chiamata a mettere Dio al primo posto in ogni cosa. Vuol dire obbedire completamente alla prima tavola della legge, che riguardava la relazione dell’uomo con Dio.
i. Possiamo commettere due errori. Il primo è quello di credere che questo comandamento valga per tutti, quando Gesù non l’ha mai esteso a tutti coloro che lo avrebbero seguito, ma l’ha rivolto soprattutto al giovane ricco, le cui ricchezze erano un chiaro ostacolo al suo discepolato. Invece, molte persone ricche possono fare più bene nel mondo continuando a fare soldi e usando queste risorse per la gloria di Dio e il bene degli altri. Il secondo errore è credere che questo non si applichi a nessuno, quando è evidente che oggi ci sono persone per le quali la cosa migliore da fare spiritualmente sarebbe rinunciare radicalmente al materialismo che le sta rovinando. Francesco d’Assisi è stato uno di quelli che ha sentito Gesù pronunciare queste parole e ha rinunciato a tutto ciò che aveva per seguire Lui.
ii. Notiamo che Gesù si limitò a chiamare il giovane a essere Suo discepolo, dicendogli: “Seguimi”. Usò un linguaggio simile quando chiamò molti dei Suoi discepoli (Matteo 4:19; 8:22; 9:9; Marco 2:14). Gesù chiamò il giovane a essere Suo seguace, ma per lui significava lasciarsi alle spalle le ricchezze nelle quali aveva posto il suo cuore.
iii. “Non pensate, dunque, come fanno molti, che non ci sia altro inferno che la povertà, né un paradiso migliore dell’abbondanza.” (Trapp)
e. Si rattristò grandemente, perché era molto ricco: Gli altri vangeli riportano che l’uomo se ne andò (Matteo 19:22, Marco 10:22). Luca nota la sua espressione, la sua reazione emotiva: si rattristò grandemente. Quando sentì la chiamata radicale di Gesù al discepolato, disse: Non posso farlo. Non posso fare quel sacrificio. Vorrà dire che andrò all’inferno.
i. Si rattristò grandemente e molto ricco è una combinazione tragica, ma abbastanza frequente in coloro che fanno della ricchezza un idolo.
ii. Il principio è lo stesso: Dio può sfidare e richiedere a un individuo, per il bene del Suo regno, di rinunciare a qualcosa, che invece permette a qualcun altro. Ci sono molti che periscono perché non vogliono rinunciare a ciò che Dio dice loro di rinunciare.
iii. Si rattristò grandemente, perché era molto ricco: “E che cos’erano questi in confronto alla pace della coscienza e al riposo della mente? Inoltre, aveva la prova inequivocabile che questi non contribuivano in alcun modo al suo benessere, perché ora è miserabile pur possedendoli! E così sarà ogni anima che mette i beni di questo mondo al posto del Dio supremo.” (Clarke)
4. (24-27) Il problema delle ricchezze.
Allora Gesù, visto che si era molto rattristato, disse: «Quanto è difficile per coloro che hanno delle ricchezze entrare nel regno di Dio! Perché è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». E quelli che l’udivano dissero: «Chi dunque può essere salvato?». Ma egli disse: «Le cose impossibili agli uomini, sono possibili a Dio».
a. Allora Gesù, visto: Gesù non cambiò gli standard del discepolato al rifiuto del ricco, ma sfruttò la tristezza del giovane come occasione per dare un insegnamento ai Suoi discepoli e a tutti coloro che avrebbero ascoltato.
b. Quanto è difficile per coloro che hanno delle ricchezze entrare nel regno di Dio! Le ricchezze sono un problema, perché tendono a renderci soddisfatti di questa vita, invece di farci desiderare quella futura. Inoltre, a volte la ricerca delle ricchezze avviene a scapito della ricerca di Dio.
i. Gesù dice chiaramente che le ricchezze sono un ostacolo al regno di Dio. Di solito pensiamo che solo la povertà sia un problema, ma il Signore ci dice che le ricchezze possono rappresentare un problema molto più serio.
ii. Spesso pensiamo che le parole di Gesù non ci tocchino, perché non ci consideriamo ricchi. Eppure, sono pochi quelli fra noi che potremmo considerare effettivamente meno ricchi del giovane ricco.
c. Perché è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio: Con un’immagine umoristica, Gesù illustra come le ricchezze rendano più difficile l’ingresso nel regno di Dio. A noi verrebbe subito da pensare che sia impossibile.
i. “Alcuni hanno cercato di spiegare le parole di Gesù riguardanti il cammello e la cruna dell’ago, dicendo che in realtà si tratta di un cammello che passa attraverso una piccola porta, o che si deve leggere kamilon ‘cavo’ al posto di kamelon ‘cammello’. Queste ‘spiegazioni’ sono fuorvianti e non tengono conto del fatto che Gesù sta usando un’illustrazione umoristica.” (Morris)
ii. “Molto spesso i rabbini usavano l’immagine fantasiosa di un elefante che cerca di passare attraverso la cruna di un ago per indicare qualcosa di impossibile.” (Barclay) Forse Gesù prese il noto proverbio e lo addolcì leggermente rispetto alla versione originale. Un cammello è certamente più piccolo di un elefante, anche se ovviamente più grande della cruna di un ago.
d. Chi dunque può essere salvato? La risposta degli ascoltatori combacia perfettamente con la natura umana. Anche noi facciamo fatica a vedere come le ricchezze possano costituire un ostacolo tra noi e il regno di Dio, guardando solo alla benedizione e al bene che le ricchezze possono portare.
i. Probabilmente speravano che seguire Gesù li avrebbe resi ricchi e influenti e avrebbe assicurato loro posizioni di rilievo nel Suo governo messianico. “In una cultura in cui la ricchezza era considerata un segno della benedizione di Dio e in cui ci si aspettava che un rabbino fosse almeno discretamente ricco, lo stile di vita di Gesù e dei Suoi discepoli era palesemente diverso.” (France)
ii. Ricordiamo ciò che Paolo disse a Timoteo: Ma coloro che vogliono arricchirsi cadono nella tentazione, nel laccio e in molte passioni insensate e nocive, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella distruzione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori (1 Timoteo 6:9-10).
e. Le cose impossibili agli uomini, sono possibili a Dio: La salvezza del giovane ricco è possibile, perché la grazia di Dio è sufficiente a salvare il ricco; abbiamo gli esempi di persone come Zaccheo, Giuseppe d’Arimatea e Barnaba, tutti uomini ricchi ma capaci di mettere Dio al primo posto e non le loro ricchezze.
i. “Gesù non sta dicendo che nel regno dei cieli entrano tutti i poveri e nessun ricco. Ciò escluderebbe Abrahamo, Isacco e Giacobbe, per non parlare di Davide, Salomone e Giuseppe d’Arimatea.” (Carson)
ii. “L’uomo tenta sempre di entrare personalmente e socialmente nel Regno di Dio attraverso sforzi umani, fallendo ogni volta. Con Dio la cosa è possibile.” (Morgan)
5. (28-30) La nostra ricompensa e la soluzione al problema delle ricchezze.
Poi Pietro disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito». Ed egli disse loro: «In verità vi dico che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o genitori o fratelli o moglie o figli, per il regno di Dio, che non ne riceva molte volte tanto in questo tempo, e nell’età a venire la vita eterna».
a. Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito: A differenza del giovane ricco, i discepoli avevano rinunciato a tutto (o quasi) per seguire Gesù. Pietro si chiedeva quale ricompensa sarebbe stata promessa a loro, dato che avevano obbedito, a differenza del giovane ricco, che invece aveva disobbedito.
i. C’è un onore speciale per questi discepoli: hanno un posto speciale nel giudizio, probabilmente inteso come un ruolo di amministrazione nel Regno millenario. Inoltre, gli apostoli hanno avuto l’onore di contribuire a creare un fondamento straordinario per la chiesa (Efesini 2:20) e hanno un tributo speciale riservato per loro nella Nuova Gerusalemme (Apocalisse 21:14).
b. In verità vi dico che non c’è nessuno che abbia lasciato: I dodici riceveranno una ricompensa speciale, ma ci sarà un onore universale anche per tutti quelli che si sacrificano per amore di Gesù. Tutto quello a cui abbiamo rinunciato per Lui ci sarà restituito molte volte tanto in questo tempo, e nell’età a venire la vita eterna.
i. Molte volte tanto non è ovviamente inteso in senso materiale. Gesù non ha promesso cento madri e cento mogli. Molte volte tanto è un’espressione letterale, ma spirituale nel suo adempimento.
ii. Matthew Poole descrive alcuni dei modi in cui riceviamo il nostro molte volte tanto:
· La gioia nello Spirito Santo, la pace della coscienza, la consapevolezza dell’amore di Dio.
· Contentezza, uno stato d’animo soddisfatto.
· Dio susciterà i cuori di altri per provvedere alle loro necessità, che sarà per loro un’offerta più dolce di quanto lo fosse la loro abbondanza.
· Dio a volte ripaga in questa vita, proprio come ha restituito a Giobbe maggiori ricchezze dopo la sua prova.
iii. Il principio è sempre lo stesso: Dio non sarà il debitore di nessuno. È impossibile per noi dare a Dio più di quanto Lui ci restituisca. Avere e mantenere un cuore da donatore ci proteggerà dall’essere corrotti dalle ricchezze. Tutti noi dobbiamo fare ciò che dice il Salmo 62:10: Se le ricchezze abbondano, non vi attaccate il cuore; dare è fondamentale.
6. (31-34) Gesù annuncia di nuovo la sorte che Lo attende a Gerusalemme.
Poi prese con sé i dodici e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e tutte le cose scritte dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compiranno. Egli infatti sarà consegnato in mano dei gentili, sarà schernito e oltraggiato e gli sarà sputato addosso. E, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà». Ma essi non compresero nulla di tutto ciò: questo parlare era per loro oscuro e non capivano le cose che erano state loro dette.
a. Ecco, noi saliamo a Gerusalemme: Non era una sorpresa per i discepoli. Anche se Gesù non glielo aveva ancora detto espressamente, il loro spostamento verso sud dalla Galilea in prossimità della festa di Pasqua lasciava intendere che Gesù e i discepoli avrebbero passato la festività a Gerusalemme.
b. Tutte le cose scritte dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compiranno: Dicendo “tutte le cose”, Gesù sottolineò gli aspetti riguardo al Figlio dell’uomo che erano comunemente trascurati e ignorati dai Giudei tempo: il fatto che il Messia avrebbe sofferto e sarebbe morto come servo, facendosi carico del peccato.
c. Egli infatti sarà consegnato in mano dei gentili, sarà schernito e oltraggiato e gli sarà sputato addosso: Gesù ricordò ai Suoi discepoli la sofferenza e la morte che avrebbe affrontato di lì a poco, sottolineando la vergogna e l’umiliazione che ne sarebbe derivata.
i. Sarà consegnato: È inteso il tradimento di Gesù: uno dei Suoi discepoli lo avrebbe consegnato ai capi religiosi per denaro. Ovviamente, non fu Gesù a organizzare il proprio tradimento, ma disse con certezza che sarebbe avvenuto.
ii. Sarà schernito e oltraggiato e gli sarà sputato addosso: Gesù predisse l’umiliazione e la derisione associate alla Sua imminente agonia, che sul piano umano non avrebbe potuto organizzare. “Gli strapparono i capelli, gli percossero le guance, gli sputarono in faccia. Lo scherno non poteva andare oltre. Era un disprezzo crudele, brutale, maledetto.” (Spurgeon)
iii. Dopo averlo flagellato: Era un tipo di fustigazione tagliente e brutale, che provocava un’agonia e un’umiliazione incredibili da sopportare.
iv. Lo uccideranno: Le sofferenze non sarebbero finite con l’umiliazione e le dure percosse. Sarebbero continuate fino alla morte di Gesù.
v. Nel complesso, l’immagine è quella di una grande sofferenza.
· Sofferenza per l’infedeltà degli amici.
· Sofferenza per l’ingiustizia.
· Sofferenza per l’intenzionalità degli insulti e dell’umiliazione.
· Sofferenza per il dolore fisico.
· Sofferenza per la grande umiliazione e degradazione.
d. Ma il terzo giorno risusciterà: Gesù disse con trionfo ai Suoi discepoli che la storia non si sarebbe conclusa con la Sua sofferenza, la Sua umiliazione e la Sua morte. Egli sarebbe risuscitato in gloria.
i. Si trattava di qualcosa su cui Gesù non aveva apparentemente alcun controllo. Eppure, annunciò con fiducia ai Suoi discepoli che ciò sarebbe accaduto.
e. Essi non compresero nulla di tutto ciò: Pur sentendo le parole direttamente dalla bocca di Gesù e vedendo l’espressione del Suo volto, ancora non capivano, perché questo parlare era per loro oscuro. Non sarebbero riusciti a vedere o a capire la verità finché Dio non avesse aperto loro gli occhi.
i. Dio non aprì loro gli occhi a questa verità, forse perché non erano ancora in grado di gestirla. Se avessero realmente compreso cosa sarebbe successo a Gesù e quanto sarebbe stato diverso dalle loro concezioni di ascendere alla gloria insieme al Messia, sarebbero stati tentati di rinunciare all’istante.
ii. “Solo in un secondo momento… i rabbini ebrei sembrano aver cominciato a insegnare che ci sarebbe stato un Messia sofferente (‘Messia ben Joseph’) e un Messia trionfante (‘Messia ben Judah’).” (Geldenhuys)
7. (35-39) A Gerico, un uomo cieco implora l’attenzione di Gesù.
Ora, come egli si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada, mendicando; sentendo passare la folla, domandò che cosa fosse; gli risposero che stava passando Gesù, il Nazareno. Allora egli gridò, dicendo: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me». Quelli che camminavano davanti lo sgridavano perché tacesse, ma lui gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me».
a. Come egli si avvicinava a Gerico: Su una delle strade più trafficate che dalla Galilea a Gerusalemme passava per Gerico. Quando Gesù giunse nell’antica città, non era lontano da Gerusalemme e dal destino che Lo attendeva lì. Marco 10:46 dice che il cieco si chiamava Bartimeo, figlio di Timeo.
i. Il cieco non riusciva a vedere Gesù, ma Lo sentiva; così, sentendo passare la folla, domandò che cosa fosse. Invece di arrendersi perché non poteva cercare Gesù con la vista, cercò Gesù nel modo in cui poteva farlo: con l’udito.
ii. Nei Vangeli di Matteo (20:29) e di Marco (10:46), si dice che questo miracolo avvenne mentre Gesù e la folla stavano uscendo da Gerico. L’apparente contraddizione di Luca si comprende alla luce dell’archeologia, che ha scoperto che al tempo di Gesù esistevano due città di Gerico: la città antica e la città romana più recente. Il miracolo è avvenuto tra le due città di Gerico, uscendo da una ed entrando nell’altra.
b. Ma lui gridava ancora più forte: L’uomo aveva sentito che Gesù stava passando e cercava disperatamente di attirare la Sua attenzione. Non si vergognava e non voleva essere zittito. Sapeva che Gesù era il Figlio di Davide, il Messia, e continuava a gridare per ottenere la Sua misericordia (abbi pietà di me).
i. William Barclay fa notare che c’è una differenza tra le parole usate nel greco per descrivere l’azione del cieco in Luca 18:38 e 18:39, parole che mettono in risalto la grande disperazione dell’uomo.
· Gridò (Luca 18:38): “Un grido normale per attirare l’attenzione”.
· Gridava ancora più forte (Luca 18:39): “Il grido istintivo di un’emozione ingovernabile, un urlo, un grido quasi animale”.
c. Abbi pietà di me: Il cieco sapeva di aver bisogno della misericordia di Gesù. Non pensava che Dio gli fosse debitore; voleva la Sua pietà.
8. (40-43) Gesù guarisce l’uomo cieco.
Allora Gesù, fermatosi, ordinò che gli fosse condotto e, quando gli fu vicino, lo interrogò, dicendo: «Cosa vuoi che io ti faccia?». Ed egli disse: «Signore, che io recuperi la vista». E Gesù gli disse: «Recupera la vista; la tua fede ti ha guarito». All’istante egli recuperò la vista e lo seguiva glorificando Dio; e tutto il popolo, vedendo questo, diede lode a Dio.
a. Gesù, fermatosi: Nulla poteva ostacolare il Suo viaggio verso Gerusalemme; eppure, si fermò per rispondere a un’insistente richiesta di misericordia.
b. Cosa vuoi che io ti faccia? Si tratta di una domanda meravigliosa e semplice che Dio non ha mai smesso di porre. A volte non riceviamo, anche se Dio vorrebbe benedirci, semplicemente perché non rispondiamo a questa domanda, e non abbiamo perché non domandiamo (Giacomo 4:2).
i. Gesù pose la domanda sapendo bene che l’uomo era cieco. Dio conosce ogni bisogno e ogni desiderio, ma vuole comunque che glieli portiamo come espressione costante della nostra fiducia e del nostro affidamento a Lui.
c. Signore, che io recuperi la vista: Il cieco sapeva come sottomettersi a Gesù: lo chiamò “Signore” e chiese di recuperare la vista.
d. Recupera la vista; la tua fede ti ha guarito: Gesù accolse la richiesta dell’uomo guarendolo dalla cecità e collegò la sua guarigione alla sua fede. La fede del cieco aveva molti aspetti degni di nota che lo rendevano pronto a ricevere da Gesù.
· Era una fede che voleva Gesù.
· Era una fede che conosceva Gesù.
· Era una fede che sapeva cosa meritava da Gesù.
· Era una fede che poteva dire a Gesù ciò che voleva.
· Era una fede che poteva chiamare Gesù Signore.
e. Egli recuperò la vista e lo seguiva glorificando Dio: Il cieco, ormai guarito e salvato, iniziò a seguire Gesù. La via di Gesù divenne la sua via, cosa che è particolarmente significativa se si considera che Gesù stava andando a Gerusalemme per morire.
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