Tito 1




Tito 1 – Una Missione per Tito

A. Introduzione e saluto.

1. (1) L’apostolo Paolo, autore dell’epistola a Tito.

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo, secondo la fede degli eletti di Dio e la conoscenza della verità che è secondo pietà,

a. Paolo: Mettendo il proprio nome all’inizio, Paolo si attiene al modo consueto del tempo di scrivere lettere. Prima si menziona lo scrittore, poi il lettore e infine si porge il saluto.

i. Da Tito 1:5 apprendiamo che Paolo e Tito avevano lavorato insieme a Creta, diffondendo il vangelo e fondando chiese. Paolo dovette andarsene, ma Tito rimase lì e servì le congregazioni. Poiché Tito era stato lasciato lì a svolgere un compito difficile, Paolo voleva istruirlo e incoraggiarlo mediante questa lettera.

ii. “Da questo passo si evince che San Paolo è stato a Creta, anche se non viene specificato altrove. È evidente che non avrebbe potuto fare una visita così importante ed evangelizzare un’isola di primaria importanza, senza che il suo storico, Luca, ne facesse menzione, qualora fosse avvenuta nel periodo compreso negli Atti degli Apostoli. Sembra quasi certo che il viaggio sia stato compiuto dopo il periodo in cui San Luca termina il suo resoconto, cioè dopo la prima prigionia di San Paolo a Roma.” (Clarke)

iii. Ultimata la lettera, Paolo la fece recapitare da due operai cristiani (Zena e Apollo, Tito 3:13) che erano in partenza per Creta.

iv. Paolo non indirizzò la sua lettera soltanto a Tito, ma anche ai cristiani di Creta. Sapendo che sarebbe stata letta pubblicamente tra le chiese dell’isola, si assicurò nell’apertura di dire ai cristiani di Creta quali erano le sue credenziali e qual era la sua posizione su questioni importanti. Paolo non pensava come un politico che spesso si adegua alle richieste e ai desideri della folla.

b. Paolo, servo di Dio: Tra tutti i titoli che Paolo poteva usare, scelse innanzitutto “servo di Dio”. Oggi ci sarebbe stato scritto proprio questo sul suo biglietto da visita.

i. Da notare che la parola in greco antico scelta da Paolo per servo è doulos, che non solo designava uno schiavo di basso livello (un grecista lo definì “il termine più spregevole e servile che i Greci usavano per gli schiavi), ma indicava anche uno schiavo che era tale per scelta.

ii. Paolo era solo un servo, eppure aveva in una posizione elevata, perché era servo di Dio. Non è mai una cosa da poco essere servi di un gran Dio.

c. E apostolo di Gesù Cristo: Dio aveva assegnato a Paolo un ruolo speciale da svolgere tra i Suoi servi e lo aveva chiamato a essere un Suo messaggero speciale, un apostolo. Paolo era consapevole della propria chiamata e della propria funzione nel corpo di Cristo, e dovrebbe esserlo anche ogni cristiano.

d. Secondo la fede: Paolo non era un apostolo a causa della fede degli eletti di Dio, ma lo era in armonia con la fede (nel senso di un corpo specifico e comune di dottrina) condivisa tra gli eletti di Dio.

i. Gli eletti di Dio sono coloro che Egli ha scelto prima della fondazione del mondo affinché ricevano la Sua salvezza. È possibile identificare gli eletti di Dio perché rispondono al vangelo di Gesù Cristo e vivono in accordo ad esso.

e. La conoscenza della verità: A Paolo non bastava solo conoscere la fede, doveva anche riconoscerla per quello che era realmente.

f. Che è secondo pietà: Il fine di Paolo era una vita santa. Tutta la verità procede da Dio, ma non tutta la verità è realmente utile alla pietà, che porta a somigliare sempre di più a Dio. Gran parte di quello che la scienza o la psicologia dicono sarà anche vero e ammirevole, ma non può salvare le anime dall’inferno, perché non è la verità che è secondo pietà.

2. (2) Paolo era un apostolo nella speranza della vita eterna.

Nella speranza della vita eterna, promessa prima di tutte le età da Dio, che non può mentire,

a. Vita eterna: Questa è la vita del Dio eterno che vive dentro di noi. Adesso è già presente, ma un giorno sarà completa.

i. “Il vangelo cristiano non offre agli uomini un credo intellettuale o un codice morale; offre loro la vita, la vita stessa di Dio.” (Barclay)

b. Promessa […] da Dio, che non può mentire: La vita eterna non è un auspicio, ma una speranza. In questo senso, la speranza è un’anticipazione fondata non su una pia illusione, ma su una promessa del Dio che non può mentire.

3. (3) Paolo era un apostolo che credeva nella predicazione della parola.

E che nei tempi stabiliti ha manifestato la sua parola mediante la predicazione che mi è stata affidata per comando di Dio, nostro Salvatore;

a. E che nei tempi stabiliti ha manifestato la sua parola mediante la predicazione: Paolo sapeva che la predicazione è il modo in cui l’opera eterna di Dio incontra le persone. La predicazione è il modo in cui la Parola di Dio è resa evidente (ha manifestato).

i. E che nei tempi stabiliti ha manifestato la sua parola: Il cristianesimo è venuto nel mondo in un momento in cui era possibile che il suo messaggio si diffondesse rapidamente:

· C’era una lingua comune (il greco), la lingua del commercio, degli affari e della letteratura.

· Le frontiere erano praticamente inesistenti, vista la vastità dell’Impero Romano.

· Viaggiare era relativamente facile. Gli spostamenti erano lenti, ma relativamente sicuri grazie alla sicurezza che l’Impero Romano garantiva su strade e rotte marittime.

· Gran parte del mondo era in pace grazie alla pax romana.

· Il mondo era giusto a un punto unico di consapevolezza del suo bisogno di un messia e di un salvatore. “Non c’è mai stato un momento in cui i cuori degli uomini siano stati più aperti a ricevere il messaggio di salvezza annunciato dai missionari cristiani.” (Barclay)

b. Che mi è stata affidata: Paolo sapeva che l’opera della predicazione non era stata affidata soltanto a lui, bensì a ogni credente.

4. (4) Il lettore: Tito, convertito da Paolo e suo vero (fedele) figlio.

A Tito, mio vero figlio nella comune fede: grazia, misericordia e pace da Dio il Padre e dal Signor Gesù Cristo, nostro Salvatore.

a. A Tito: Da notare che Atti non ci dice nulla di Tito. Non compare nel testo, stranamente, anche se deve essere stato un collaboratore di Paolo durante il periodo coperto dagli Atti. Di lui leggiamo in 2 Corinzi 2:13, 8:23 e 12:18.

i. “2 Corinzi 8:18 e 2 Corinzi 12:18 affermano che, quando Tito fu inviato a Corinto, fu accompagnato da un altro fratello, descritto nel passo precedente come “il fratello, la cui lode nella predicazione dell’evangelo si è sparsa in tutte le chiese” e comunemente identificato con Luca. Qualcuno ha ipotizzato che Tito fosse il fratello di Luca.” (Barclay)

ii. Anche se Atti rimane in silenzio riguardo a Tito, abbiamo comunque qualche dettaglio del suo carattere e della sua personalità.

· Tito era un vero figlio nella comune fede (Tito 1:4).

· Tito era un vero fratello dell’apostolo Paolo (2 Corinzi 2:13).

· Tito era collaboratore e compagno d’opera di Paolo (2 Corinzi 8:23).

· Tito camminava col medesimo spirito di Paolo (2 Corinzi 12:18).

· Tito camminava sulle medesime orme di Paolo, vivendo allo stesso modo (2 Corinzi 12:18).

· Pertanto, Tito poteva essere un modello per altri credenti (Tito 2:7).

iii. “Sembra che fosse un uomo di grande buon senso; tanto che, quando Paolo aveva qualcosa di difficile da fare, mandava Tito. Quando a Corinto si doveva fare una colletta a favore dei santi poveri di Gerusalemme, Paolo mandò Tito a sensibilizzare i membri e, con lui, un altro fratello che si occupasse delle offerte.” (Spurgeon)

b. Mio vero figlio nella comune fede: Paolo si poneva a sostegno di una comune fede. È una fede comune, non isolata. Paolo era per la chiesa e la comunità di tutti i credenti.

i. “Non deve limitarsi a una fede condivisa solo da San Paolo e Tito; ma, come dice [Giuda 3], è comune a tutti i cristiani.” (White)

c. Grazia, misericordia e pace: Paolo salutò com’era tipico nel mondo antico. Ma quando Paolo usò queste parole, non furono usate solo come formalità perché Paolo conosceva la fonte di ogni grazia, misericordia e pace. Vengono da Dio il Padre e dal Signor Gesù Cristo, nostro Salvatore.

i. Dio Padre e Dio Figlio partecipano al dono della salvezza. “Il Figlio ci ha portato la salvezza dal Padre e il Padre l’ha data per mezzo del Figlio.” (Calvin)

B. Paolo affida una missione a Tito.

1. (5) La sfida lanciata a Tito.

Per questa ragione ti ho lasciato a Creta, affinché tu metta ordine alle cose che restano da fare e costituisca degli anziani in ogni città, come ti ho ordinato;

a. Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: Dopo una campagna evangelistica di successo sull’isola di Creta, c’erano molti giovani cristiani di cui prendersi cura. Paolo aveva lasciato Tito con il compito di costruire chiese stabili con pastori maturi e qualificati per il popolo. A Creta ciò era particolarmente necessario, perché i cretesi erano gente selvaggia, nota per essere bugiarda e pigra. Tito doveva trovare e formare dei leader capaci da mettere al servizio dei cristiani dell’isola.

i. Quando il lavoro da fare è duro, ci si ritrova davanti fondamentalmente due tipi di persone. Di uno si dice: “Il lavoro è davvero difficile; non possiamo mandare lui”. Dell’altro invece: “Il lavoro è davvero duro, è lui che dobbiamo mandare”. Tito sembrava appartenere al secondo tipo di persone.

ii. Nel greco, “ti ho lasciato a Creta” è simile all’espressione che Paolo usa in 2 Timoteo 4:13 e 4:20 riguardo al suo mantello e a un collaboratore lasciati indietro temporaneamente. Da questo capiamo che l’apostolo aveva lasciato Tito a Creta per un periodo limitato, per risolvere i problemi, istituire una leadership secondo Dio e poi ripartire (probabilmente per raggiungere di nuovo Paolo).

b. Metta ordine alle cose che restano: Questo era l’incarico di Tito. La chiesa aveva bisogno di ordine e guida. A Tito fu comandato di mettere ordine alle chiese nominando dei leader secondo il modello biblico.

i. “La frase fa parte della terminologia medica e si applicava alla sistemazione di un arto storto.” (Wiersbe) C’erano cose storte che dovevano essere raddrizzate nelle comunità cristiane di Creta.

ii. Se confrontiamo l’opera di Tito a Creta con quella di Timoteo a Efeso (come mostrato in 1 e 2 Timoteo), è evidente che tra le congregazioni di Creta c’era un maggior bisogno. Paolo disse specificamente a Tito di mettere ordine alle cose che restano da fare, un’indicazione che non diede mai a Timoteo.

iii. A quanto pare, le congregazioni di Efeso erano pronte ad avere sia anziani che diaconi, mentre in Tito si parla solo di anziani.

c. E costituisca degli anziani in ogni città: Paolo disse a Tito di costituire anziani, che in Tito 1:7 sono anche chiamati vescovi. La parola anziano è usata spesso nel Nuovo Testamento, descrivendo principalmente la maturità richiesta ai leader. Le parole anziani e vescovi si riferiscono ai pastori delle congregazioni nelle diverse città di Creta.

i. “Non viene specificato il numero di presbiteri, indicando che gli anziani dovevano essere stabilito su tutta l’isola.” (White)

ii. Come ti ho ordinato: Nel greco il soggetto “io” è enfatico, mettendo in evidenza non l’egoismo di Paolo, ma la sua autorevole approvazione per il sistema fondato sugli anziani.” (Guthrie)

d. In ogni città: Era un compito di grande portata, dal momento che Creta era famosa per il suo gran numero di città.

i. “Occorre osservare con attenzione che le chiese non possono rimanere senza il ministero dei pastori, perciò, ovunque vi sia un gruppo considerevole di persone, si dovrebbe nominare un pastore su di esse. Affermando che ogni città dovrebbe avere un pastore, non vuol dire che non può averne più di uno, ma solo che nessuna città dovrebbe esserne senza.” (Calvino)

e. Costituisca degli anziani: Ciò vuol dire che Paolo delegò a Tito molta autorità. Gli anziani non venivano scelti per votazione popolare né per autopromozione. Il compito di Tito era quello di cercare uomini che avessero il tipo di carattere che Paolo descriverà nel passo seguente e di costituirli come anziani nelle comunità.

i. Calvino nota che questo significa che Paolo diede a Tito grandissima autorità e che, sotto la direzione di Paolo (e dello Spirito Santo), tale autorità apparteneva a Tito e non a un gruppo o a un comitato. “Ma può sembrare che egli dia a Tito troppa autorità quando gli dice di nominare dei ministri per tutte le chiese. Si tratterebbe di un potere quasi regale e priverebbe le singole chiese del loro diritto di eleggere e il collegio dei pastori del loro diritto di giudicare, il che sarebbe come profanare l’intera amministrazione della Chiesa.” (Calvino)

ii. Calvin prosegue suggerendo che la risposta è semplice: Tito, in realtà, doveva approvare o ratificare i leader che le stesse congregazioni avevano scelto. Non c’è un accenno di questo nel testo di Tito o altrove. È evidente che Dio intendeva che Tito fosse un uomo con questa autorità e che la usasse in modo giusto.

iii. L’elenco riportato nel brano seguente indica che Dio prevede qualifiche specifiche per i leader della chiesa. I leader non devono essere scelti a caso, o solo perché si offrono volontari, o perché aspirano alla posizione, o anche perché sono “leader naturali”. I leader devono essere scelti perché corrispondono alle qualifiche qui elencate. Va bene se un uomo pensa di essere “chiamato”, ma deve anche essere qualificato.

iv. Le qualifiche per la leadership nel seguente passo non hanno nulla a che fare con il talento. Paolo non ha detto a Tito: “Scegli i ragazzi più capaci”. Potremmo dire che è facile che il Signore conceda i doni per mezzo dello Spirito Santo come vuole (1 Corinzi 12:11), ma lo sviluppo del carattere richiede tempo e una vera relazione con Gesù Cristo.

· Frequentare una scuola biblica non rende idonei alla leadership spirituale.

· Essere un buon oratore non rende idonei alla leadership spirituale.

· I doni naturali o spirituali di per sé non rendono idonei alla leadership spirituale.

· Ciò che si dà in denaro o in tempo di volontariato non rende idonei alla leadership spirituale.

· Ciò che abilita un uomo alla leadership spirituale è un carattere secondo Dio, un carattere secondoi criteri ben definiti che Paolo elencherà.

v. Tuttavia, non si tratta di un elenco rigido che pretende la perfezione in ogni area; sono sia obiettivi da raggiungere che criteri generali di selezione. Dovremmo prendere questo elenco e domandarci: “L’uomo in questione desidera tutte queste cose con tutto il cuore? Quel desiderio è visibile nella sua vita?”. Tito doveva prendere il seguente elenco, trovare gli uomini che meglio si adattavano alla descrizione e poi usare l’elenco come guida per discepolarli.

vi. Similmente, tali requisiti sono importanti per ogni persona, non solo per coloro che aspirano alla leadership. Sono chiari indicatori di un carattere santo e di maturità spirituale; possono dare indicazione della vera statura di un uomo.

2. (6-8) Le caratteristiche che Tito deve ricercare nella nomina dei leader.

Ciascuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola moglie, e abbia figli fedeli che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati. Il vescovo infatti, come amministratore della casa di Dio, deve essere irreprensibile, non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di disonesto guadagno, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé,

a. Ciascuno di loro sia irreprensibile: Letteralmente “non ci sia nulla a cui appigliarsi”. Non deve esserci nulla nella vita dei leader che gli altri possano sfruttare per attaccare loro o la chiesa.

i. Si tratta di un termine ampio per indicare un uomo che vive una vita visibilmente retta e, perciò, inaccusabile di qualsiasi peccato grave.

ii. È un requisito importante, perché si tratta di un amministratore della casa di Dio. Più grande è il padrone, più grandi dovrebbero essere i servi.

b. Marito di una sola moglie: Ciò che viene inteso qui è “un uomo di una sola donna”. Non significa che un leader debba essere sposato; se così fosse, sia Gesù che Paolo non avrebbero potuto essere guide spirituali. Non vuol dire nemmeno che il leader non possa risposarsi nel caso sia vedovo o divorziato in maniera biblica. Ciò che si intende è che il leader deve avere le attenzioni rivolte a una sola donna, sua moglie.

c. Abbia figli fedeli: Il leader deve aver cresciuto bene i propri figli. La sua capacità di guidare la famiglia di Dio dovrà prima essere dimostrata dalla sua capacità di guidare i propri figli. Qui l’accento è posto sull’idea che anche i suoi figli siano credenti.

i. “Se rimanessero pagani, metterebbe in dubbio la capacità del padre di condurre gli altri alla fede.” (Hiebert) “Un padre saggio conquista prima la propria famiglia a Cristo e poi le dà la possibilità di crescere, prima di togliere i paletti e trasferirsi alla scuola biblica. Avremmo meno vittime nel ministero se questo criterio fosse seguito più spesso.” (Wiersbe)

ii. “È significativo che le esigenze morali dei figli del pastore siano espresse in modo più blando in 1 Timoteo 3:4,5,12. Lì si sottolinea la capacità del padre di mantenere l’ordine nella propria casa; qui la sottomissione dei figli alla disciplina e alla moderazione.” (White)

iii. “La famiglia dell’anziano deve essere tale da non poter essere accusata di [dissipazione]. La parola greca è asotia, usata in Luca 15:13 per la vita dissoluta del figliol prodigo. L’uomo che è asotos è incapace di parsimonia; è un dispendioso e stravagante e pensa solo al suo piacere personale; sciupa le proprie risorse e alla fine rovina sé stesso.” (Barclay)

d. Non arrogante: In sostanza, le persone egoiste sono squalificate dalla leadership. Mostrano la loro natura egoistica con l’arroganza, la testardaggine e rivolgendo orgogliosamente l’attenzione su sé stessi.

i. “Non uno che è deciso a fare di testa sua in ogni circostanza, anteponendo il proprio giudizio a quello di tutti gli altri, aspettandosi che tutti rendano omaggio alla sua intelligenza.” (Clarke)

e. Non iracondo: Anche gli iracondi non sono qualificati per la leadership, così come quelli che bevono più del dovuto (non dedito al vino), i violenti e gli avidi di disonesto guadagno.

i. Non iracondo: L’antica parola greca usata qui (orgilos), in realtà, si riferisce più a un costante stato di rabbia che a un occasionale cattivo umore. Parla di un uomo che ha una rabbia costante e che la nutre contro gli altri, dando più l’idea di un uomo amareggiato.

ii. Violento: “Gli stessi greci ampliarono il significato di questa parola per includervi non solo la violenza nelle azioni, ma anche quella nelle parole. La parola è arrivata a significare colui che maltratta i suoi simili, e forse è il caso di tradurla così in questo caso.” (Barclay)

iii. Non avido di disonesto guadagno: “Non troviamo regole stabilite per i diaconi; perciò, siamo autorizzati concludere che in quel periodo a Creta i leader svolgevano i compiti di ogni ufficio ecclesiastico. Di conseguenza, dovevano avere la virtù diaconale appropriata (v. 1 Timoteo 3:8).” (White)

f. Ma ospitale: Un leader del popolo di Dio deve essere un uomo ospitale e amante del bene. Gli uomini che amano le cose ignobili e sordide di questo mondo non sono ancora qualificati per essere leader del popolo di Dio.

g. Assennato: Descrive la persona che è in grado di pensare chiaramente e con lucidità. Non scherza continuamente, ma sa come affrontare argomenti seri in modo serio.

i. Wiersbe commenta assennato: “Ciò non significa che non abbia il senso dell’umorismo o che abbia sempre un’aria solenne e cupa. Piuttosto, dimostra di saper riconoscere il valore delle cose e non scredita il ministero o il messaggio evangelico con un comportamento sciocco.” (Dal commento di Wiersbe su 1 Timoteo)

ii. Nella mente dell’apostolo Paolo, questa era una qualità importante in un leader. Usa questa parola dieci volte nelle sue brevi lettere a Timoteo e a Tito.

h. Giusto, santo, padrone di sé: Un pastore o un leader della chiesa deve essere giusto (retto nei confronti degli uomini), santo (retto nei confronti di Dio), padrone di sé (retto nei confronti di sé stesso).

i. “Quanto sono inadatti a governare una chiesa coloro che non sanno governare sé stessi!”. (Matthew Henry)

C. Le responsabilità dei leader della chiesa.

1. (9a) Tito deve nominare anziani che si attengano alla parola di Dio.

Che ritenga fermamente l’insegnamento secondo la fedele parola,

a. Che ritenga fermamente… la fedele parola: Questo significa innanzitutto che il leader deve essere sicuro della fedele parola per sé stesso. Quando porta la parola di Dio alle persone, deve portarla con fiducia e autorità, non mescolata a speculazioni teologiche e dubbi accademici.

i. “Non c’è bisogno di eleganti parole, ma di menti forti, di abilità nelle Scritture e di pensieri robusti.” (Crisostomo)

b. Che ritenga fermamente… la fedele parola: Questo significa anche che il leader si atterrà alla parola di Dio, invece di concentrarsi su mode e programmi di chiesa. Se un uomo non si attiene prima alla parola e poi non segue la parola di Dio, non è qualificato per la leadership nella chiesa di Dio.

c. L’insegnamento: Questo significa che il leader è stato sotto l’insegnamento di qualcun altro. Un leader qualificato non ha necessariamente bisogno di frequentare la scuola biblica o il seminario, ma ha bisogno di ricevere insegnamento e discepolato da qualcuno, non solo da sé stesso.

2. (9b) Tito deve nominare leader che usino la parola in modo appropriato.

Per essere in grado di esortare nella sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono.

a. Per essere in grado di esortare… e di convincere quelli che contraddicono: Un leader secondo Dio userà il suo solido fondamento nella Parola di Dio per esortare (incoraggiare) coloro che sono sulla strada giusta. Lo userà anche per convincere (scoraggiare) chi è sulla strada sbagliata, quelli che contraddicono.

i. “Un predicatore deve essere sia un soldato che un pastore. Deve nutrire, difendere e insegnare; deve avere i denti in bocca ed essere in grado di mordere e combattere.” (Lutero)

b. Nella sana dottrina: Un leader secondo Dio si occupa di quelli che contraddicono, affrontandoli con la sana dottrina. Non lo fa con autorità pomposa e pugnalate politiche alle spalle. Porta la correzione con la sana dottrina.

i. Se un leader è radicato nella sana dottrina per esortare o convincere un individuo, è probabile che non debba farlo. I leader devono rimanere sulle fondamenta della Parola.

D. Perché era importante che Tito nominasse dei leader qualificati.

1. (10-11) Chi deve essere affrontato e come fermarlo.

Vi sono infatti, specialmente fra coloro che provengono dalla circoncisione, molti insubordinati, ciarloni e seduttori, ai quali bisogna turare la bocca; questi sovvertono famiglie intere, insegnando cose che non dovrebbero, per amore di disonesto guadagno.

a. Vi sono… molti insubordinati: La parola insubordinati indica qualcuno che non si sottomette all’ordine dell’autorità di Dio. L’antica parola greca tradotta con insubordinati è la forma negativa della parola sottomettersi: un uomo insubordinato non si sottometterà.

i. Dio ha stabilito un ordine di autorità in diverse aree della vita. C’è un ordine di autorità in casa, nella chiesa, sul posto di lavoro e nella società. Dio vuole che riconosciamo le aree in cui ha posto un ordine di autorità nelle nostre vite e che ci sottomettiamo.

ii. Se c’erano molte persone litigiose e “problematiche” nel popolo di Dio ai giorni di Paolo, anche poco dopo che lo stesso apostolo era stato tra loro, allora dobbiamo aspettarci che anche ai giorni nostri ci siano persone simili. Ci sono ancora molti insubordinati.

b. Ciarloni e seduttori: Le persone problematiche si riconosceranno dai loro discorsi poco saggi e dal loro inganno.

i. Ciarloni: “L’idea principale era quella di un’adorazione che non produceva alcuna bontà di vita. Queste persone a Creta potevano parlare con scioltezza, ma tutti i loro discorsi erano inefficaci nell’avvicinare qualcuno al bene.” (Barclay)

c. Specialmente fra coloro che provengono dalla circoncisione: Paolo era particolarmente preoccupato per le conseguenze del comportamento di alcuni cristiani di origine ebraica, che pensavano che la chiave per essere accettati davanti a Dio fosse l’osservanza della legge di Mosè.

i. Le parole “insubordinati” e “dalla circoncisione”, prese insieme, indicano che questi erano cristiani di origine ebraica, o perlomeno cristiani di nome. “Non possiamo chiamare indisciplinate quelle persone verso cui non abbiamo alcuna pretesa di obbedienza.” (White)

ii. “Cercavano di persuaderli che la semplice storia di Gesù e della Croce non era sufficiente, ma che, per essere veramente saggi, avevano bisogno di tutte le storie sofisticate, delle lunghe genealogie e delle elaborate allegorie dei rabbini. Inoltre, cercavano di insegnare loro che la grazia non bastava, ma che, per essere veramente giusti, avevano bisogno di farsi carico di tutte le norme riguardanti il cibo e la purificazione caratteristiche del giudaismo.” (Barclay)

iii. Possiamo capire perché potesse essere più difficile per i cristiani di origine giudaica e perché questi potessero essere più una fonte di problemi nelle prime chiese. I cristiani convertitisi dal paganesimo sapevano fin da subito di dover rigettare la comprensione che avevano avuto degli dèi fino a quel momento. Ma i cristiani provenienti dal giudaismo dovevano mantenere alcune cose e lasciarne altre, cosa che spesso si rivela più difficile.

d. Ai quali bisogna turare la bocca: Tito doveva addestrare gli anziani che aveva scelto a “zittire” semplicemente le persone problematiche. Non bisognava permettere loro di farsi ascoltare, perché in questo modo avrebbero sovvertito famiglie intere.

i. Ai quali bisogna turare la bocca: “Ciò non significa che debbano essere messe a tacere con la violenza o la persecuzione… vuol dire piuttosto far tacere una persona facendola ragionare.” (Barclay)

e. Insegnando cose che non dovrebbero: Ci sono almeno tre cose che non dovrebbero essere insegnate tra i cristiani: innanzitutto, non dovrebbe essere insegnata la falsa dottrina; poi, ciò che è insubordinato; infine, ciò che è inutile.

i. In 1 Timoteo 1:4, Paolo avvertì Timoteo di non occuparsi di favole e di genealogie senza fine, le quali producono controversie piuttosto che l’opera di Dio, che è fondata sulla fede. Ci sono alcune materie spirituali che non sono né edificanti né utili, e che non fanno altro che causare speculazioni e discussioni. Se Tito si fosse imbattuto in uomini che andavano in giro insegnando cose che non dovrebbero, avrebbe dovuto fermarli.

f. Per amore di disonesto guadagno: Le persone problematiche erano motivate dal guadagno. Paolo si riferiva principalmente a un guadagno finanziario disonesto, descrizione che oggi si addice a molti. Tuttavia, il disonesto guadagno che alcuni ricercano nel Vangelo è di natura emotiva e non finanziaria. Rendono il proprio servizio per amore del guadagno che ottengono in qualità di leader spirituali attraverso il riconoscimento o l’ammirazione da parte degli altri.

2. (12-14) Le ragioni della difficoltà del problema e le azioni da intraprendere per risolverlo.

Uno di loro, proprio un loro profeta, ha detto: «I Cretesi sono sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri». Questa testimonianza è vera; per questo motivo riprendili severamente, affinché siano sani nella fede, senza attenersi a favole giudaiche né a comandamenti di uomini che rifiutano la verità.

a. I Cretesi sono sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri: Il problema era difficile a causa dell’indole generale dei Cretesi. Anche i profeti cretesi descrivevano gli abitanti dell’isola come bugiardi, male bestie e ventri pigri, indicandolo come un problema di tipo caratteriale.

i. L’indole di base dei Cretesi spiega perché era così importante che Tito nominasse degli anziani per ogni chiesa. Se quelle chiese fossero state lasciate a loro stesse, sarebbero state dominate dal caos e dall’errore.

ii. Un loro profeta: Paolo non voleva dire che quello scrittore cretese fosse un profeta ispirato da Dio, ma soltanto che aveva descritto correttamente il carattere degli abitanti di Creta. Infatti, Paolo specifica che è questa testimonianza a essere vera, non l’intera testimonianza dello scrittore.

iii. “Un tempo c’era un profeta cretese che diceva verità chiare ai suoi compatrioti. L’intera frase ricorre, secondo Girolamo, nelle [opere] di Epimenide, nativo di Cnosso a Creta.” (White)

iv. “I cretesi erano così famosi che i greci coniarono il verbo kretizein o, in italiano, cretizzare, con il significato di mentire o imbrogliare; avevano anche un modo di dire: “kreitzein pros Kreta” (cretizzare contro un cretese), che significava contrapporre menzogna a menzogna, così come il diamante taglia il diamante.” (Barclay)

v. Paolo non disse a Tito: “Poiché i cretesi sono bugiardi, imbroglioni e ghiottoni, e hanno una delle peggiori reputazioni di tutto l’Impero Romano, trovati un gruppo più facile con cui lavorare”. Invece disse: “So quanto sono pessimi. Va’ e cambiali con la potenza di Gesù e per la Sua gloria”.

b. Per questo motivo riprendili severamente: Visto il carattere generalmente indurito degli abitanti di Creta, bisognava affrontarli di petto. Lo stesso Tito doveva riprenderli severamente, affinché fossero sani nella fede, e doveva stabilire dei leader che facessero lo stesso.

c. Senza attenersi a favole giudaiche né a comandamenti di uomini che rifiutano la verità: Come già accennato prima (specialmente fra coloro che provengono dalla circoncisione, Tito 1:10), il principale elemento di contesa nelle chiese di Creta aveva a che fare con il legalismo ebraico, un elemento che non era incentrato sulla parola di Dio, ma sulle favole giudaiche e sui comandamenti di uomini che rifiutano la verità.

3. (15-16) Il carattere di queste persone difficili.

Certo, tutto è puro per i puri, ma niente è puro per i contaminati e gli increduli; anzi, sia la loro mente che la loro coscienza sono contaminate. Essi fanno professione di conoscere Dio, ma lo rinnegano con le opere, essendo abominevoli, disubbidienti e incapaci di ogni buona opera.

a. Tutto è puro per i puri: Con la loro attrazione verso il legalismo ebraico, le persone difficili che Tito doveva affrontare sembravano credere che niente è puro. Negavano ai cristiani tutti quei piaceri semplici e santi che non erano peccato.

i. Timoteo aveva a che fare con lo stesso tipo di persone. Fu messo in guardia da Paolo da coloro i quali vieteranno di maritarsi e imporranno di astenersi da cibi che Dio ha creato, affinché siano presi con rendimento di grazie da coloro che credono e che hanno conosciuto la verità (1 Timoteo 4:3). Paolo sapeva che, se un cristiano camminava nella purezza del Signore, queste cose erano pure per lui. Ma quelli di mente legalista (coloro che hanno sia la loro mente che la loro coscienza contaminate), sembravano credere che niente è puro. Il problema era nelle loro menti e coscienze contaminate e incredule, non nelle cose stesse.

ii. Tutto è puro: Naturalmente, Paolo non intende dire che le cose palesemente peccaminose (pornografia, droga e simili) siano pure. Paolo ha in mente quelle cose che sono permesse dalla Scrittura, ma proibite dai legalisti nel tentativo sbagliato di guadagnarsi il favore di Dio.

iii. “Paolo stava confutando il falso insegnamento dei legalisti riguardo agli alimenti, i quali insegnavano che le leggi ebraiche inerenti al cibo valevano anche per i credenti cristiani.” (Wiersbe)

iv. “Il ‘tutto’ si riferisce a tutto ciò che è non-morale; come l’appetito e il cibo, il desiderio e il matrimonio, lo scambio e il commercio, la stanchezza e lo svago, e così via attraverso tutto il variegato regno della vita. Per i puri tutte queste cose sono pure e rimarranno tali. Per gli impuri, ciascuna di queste cose può essere resa veicolo e occasione di impurità.” (Morgan)

b. Essi fanno professione di conoscere Dio, ma lo rinnegano con le opere: Le persone difficili con cui Tito aveva a che fare erano molto più difficili perché parlavano come cristiani. La loro professione di fede in Dio era impeccabile, ma lo rinnegavano con le opere. Non possiamo limitarci a ciò che dice una persona, ma dobbiamo guardare anche al modo in cui questa vive.

i. “Agiscono come se questo Essere Supremo fosse una mera astrazione metafisica, fuori da ogni relazione morale con la vita umana, come se non fosse né Salvatore né Giudice.” (J.H. Bernard, citato da White)

c. Essendo abominevoli, disubbidienti e incapaci di ogni opera buona: Paolo usa qui parole forti. Si trattava di persone difficili che probabilmente fingevano di avere una spiritualità più elevata di quella di Tito o di qualsiasi altro leader biblico. Paolo però vedeva attraverso la loro facciata spirituale e voleva che anche Tito e tutti i cristiani di Creta vedessero attraverso di essa.

i. La parola abominevole trasferisce l’idea di qualcosa di inquinato dall’idolatria.

ii. Incapaci: La parola in greco antico è adokimos, termine usato in molti modi diversi:

· Era usato per descrivere una moneta falsa.

· Era usato per descrivere un soldato codardo che aveva perso in battaglia.

· Era usato per descrivere un candidato rifiutato per una carica elettiva.

· Era usato per descrivere una pietra scartata dai costruttori. Se una pietra presentava un difetto abbastanza grave, veniva contrassegnata con una A maiuscola (per adokimos) e messa da parte come inadatta.

© 2023 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

Categories: Italian Commentary

© Copyright 2018 - Enduring Word       |      Site Hosted & Maintained by Local View Marketing    |    Privacy Policy