Romani 1




Romani 1 – La Razza Umana Colpevole Davanti a Dio

A. L’importanza e l’impatto della Lettera di Paolo ai Romani.

1. L’influenza che Romani ebbe su Agostino.

a. Nell’estate del 386 un giovane piangeva nel cortile di un amico. Sapeva che la sua vita di peccato e ribellione contro Dio lo faceva sentire vuoto e morto, ma non riusciva a trovare la forza di prendere una decisione definitiva e reale per Gesù Cristo. Mentre era seduto, sentì dei bambini che giocavano e gridavano queste parole: “Prendi e leggi! Prendi e leggi!”

b. Credendo che le parole di quei bambini fossero un messaggio di Dio per lui, prese un rotolo che si trovava lì vicino e iniziò a leggere: Non in gozzoviglie ed ebbrezze, non in immoralità e sensualità, non in contese ed invidie. Ma siate rivestiti del Signor Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne le sue concupiscenze (Romani 13:13b-14). Non lesse altro; non ne ebbe bisogno. Per mezzo della potenza della Parola di Dio, Agostino ottenne la fede per dare tutta la sua vita a Gesù Cristo in quel momento.

2. L’influenza che Romani ebbe su Martin Lutero.

a. Nell’agosto del 1513 un monaco insegnava sul Libro dei Salmi a degli studenti del seminario, ma la sua vita interiore era in totale subbuglio. Durante i suoi studi si imbatté in Salmo 31:1: Liberami per la Tua giustizia. Questo passaggio confuse Lutero; come poteva la giustizia di Dio fare altro se non condannarlo all’inferno come giusta punizione per i suoi peccati? Lutero continuava a pensare a Romani 1:17, che dice: La giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede, come sta scritto: «Il giusto vivrà per fede».

b. Il monaco Lutero successivamente disse: “Notte e giorno meditavo fino a quando… compresi la verità, ovvero che la giustizia di Dio è quella giustizia per mezzo della quale – per grazia e pura misericordia – Egli ci giustifica mediante la fede. Dunque, mi sentii rinato e come se avessi appena attraversato le porte del paradiso… Questo passaggio di Paolo divenne per me la porta per il cielo”. Martin Lutero nacque di nuovo e la Riforma cominciò nel suo cuore.

3. L’influenza che Romani ebbe su John Wesley.

a. Nel maggio del 1738 un ministro e missionario fallito si recò riluttante ad un piccolo studio biblico, dove qualcuno lesse ad alta voce un brano dal Commentario di Martin Lutero su Romani.

b. Wesley, il missionario fallito, disse più avanti: “Mentre descriveva il cambiamento che Dio opera nel cuore per mezzo della fede in Cristo, sentii il mio cuore stranamente scaldato. Sentii di confidare in Cristo, in Cristo soltanto, per la mia salvezza e mi fu data la certezza che Egli aveva lavato via i miei peccati, persino i miei”. John Wesley si convertì quella sera stessa a Londra.

4. Considera la testimonianza di questi uomini dopo aver letto Romani:

a. Martin Lutero elogiò Romani: “È la parte principale del Nuovo Testamento e il vangelo perfetto… la massima essenza dell’evangelo”.

b. Il successore di Lutero, Philip Melanchthon, definì Romani “la raccolta della dottrina cristiana”.

c. Giovanni Calvino disse del Libro di Romani: “Quando si comprende questa Epistola, si ottiene una porta aperta per la comprensione di tutta la Scrittura”.

d. Samuel Coleridge, poeta inglese e critico letterario, disse che la lettera di Paolo è “l’opera più profonda che esista”.

e. Frederick Godet, teologo svizzero del XIX secolo, definì il Libro di Romani “la cattedrale della fede cristiana”.

f. G. Campbell Morgan disse che Romani era “la pagina di letteratura più pessimista sul quale si possano mai poggiare gli occhi” e, allo stesso momento, “la poesia più ottimista che delle orecchie possano mai ascoltare”.

g. Richard Lenski scrisse che il Libro di Romani è “senza alcun dubbio la lettera più dinamica di tutto il Nuovo Testamento, essendo stata scritta all’apice della carriera apostolica di Paolo”.

5. Inoltre, dovremmo ricordare le parole dell’Apostolo Pietro in riferimento alle lettere di Paolo: Come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue epistole… In esse vi sono alcune cose difficili da comprendere (2 Pietro 3:15-16).

a. Il Libro di Romani contiene la verità in grado di trasformare le vite, ma deve essere approcciata con volontà e determinazione per comprendere ciò che lo Spirito Santo ha detto per mezzo dell’Apostolo Paolo.

B. Introduzione.

1. (1) Paolo si presenta ai cristiani di Roma.

Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato ad essere apostolo, appartato per l’evangelo di Dio,

a. Paolo: La vita e il ministero dell’Apostolo Paolo (conosciuto anche come Saulo di Tarso) sono ben documentati in Atti, dal capitolo 8-28, così come in Galati 1-2, e 2 Corinzi 11-12.

i. Sono quasi tutti d’accordo sul fatto che Paolo scrisse Romani dalla città di Corinto, dove passò l’inverno durante il suo terzo viaggio missionario come descritto in Atti 20:2-3. Questo si basa su Romani 16:1 e 16:23, insieme a 1 Corinzi 1:14. Molti commentatori collocano la stesura della lettera tra il 53 ed il 58 d.C.

ii. Paolo era un predicatore cristiano già da 20 anni quando scrisse il Libro di Romani. Prima di dirigersi a Gerusalemme, passò tre mesi a Corinto senza alcun dovere impellente. Forse pensò che questo sarebbe stato un buon momento in cui scrivere ai cristiani di Roma, una chiesa che aveva programmato di visitare dopo il suo viaggio a Gerusalemme.

iii. Mentre Paolo cercava di recarsi a Roma, lo Spirito Santo lo avvertì del pericolo che lo attendeva a Gerusalemme (Atti 21:10-14). E se non fosse stato in grado di andare a Roma? Così scrisse loro una lettera talmente completa in modo che i cristiani di Roma ricevessero lo stesso vangelo che Paolo predicava, nel caso in cui non avrebbe potuto far loro visita. 

iv. A causa di tutto questo, Romani è differente da molte delle altre lettere che Paolo scrisse alle chiese. Altre epistole neotestamentarie si focalizzano più sulla chiesa, con le sue difficoltà e problemi. La Lettera ai Romani si concentra di più su Dio e sul Suo grande piano di redenzione.

v. Sappiamo che la Lettera ai Romani era grandemente apprezzata dai cristiani di Roma; la lettera di Clemente Romano del 96 d.C. evidenzia grande familiarità con l’epistola di Paolo. È possibile che l’avesse memorizzata e che la lettura fosse diventata praticamente parte di ogni incontro della chiesa a Roma. Allo stesso modo, molti studiosi (tra cui Bruce e Barclay) credono che una versione modificata di Romani – senza i riferimenti personali in Romani 16 – venne distribuita ampiamente tra le prime chiese come riassunto della dottrina apostolica.

b. Servo… apostolo: L’auto-identificazione di Paolo è importante. Per prima cosa egli è un servo di Gesù Cristo, e soltanto dopo è chiamato ad essere apostolo.

i. C’erano diverse parole in greco antico utilizzate per indicare uno schiavo, ma l’idea alla base del termine servo (doulos) è “completa e totale devozione, ma non umiliazione, che era la tipica condizione di uno schiavo.” (Morris)

ii. “Servo di Gesù Cristo, un titolo più elevato di ‘monarca del mondo’.” (Poole)

c. Appartato per l’evangelo di Dio: Essere un apostolo vuol dire essere un ambasciatore o un messaggero speciale. Il messaggio di Paolo è l’evangelo (la buona novella) di Dio. È l’evangelo di Dio nel senso che appartiene al Dio nei cieli. Non è un vangelo che Paolo ha inventato; egli non è altro che un messaggero dell’evangelo di Dio. 

i. Appartato per l’evangelo: “San Paolo fa probabilmente riferimento al suo stato precedente di Fariseo, che significa letteralmente separatista o colui che è separato. Prima era appartato per il servizio della sua setta; ora invece è appartato per l’Evangelo di Dio.” (Clarke)

ii. “Alcuni pensano che alluda al termine Fariseo, il quale deriva da separazione: quando era un Fariseo, Paolo era appartato per la legge di Dio; ora, essendo un cristiano, è appartato per l’evangelo di Dio.” (Poole)

d. L’evangelo di Dio: Le altre lettere del Nuovo Testamento si focalizzano di più sulla chiesa, con le sue difficoltà e problemi; Romani si concentra di più su Dio. “Dio è la parola più importante di tutta l’epistola. Romani è un libro incentrato su Dio. Nessun argomento viene affrontato con la stessa frequenza. Tutto ciò che Paolo considera nella sua lettera, la collega a Dio. Nel cercare di comprendere quello che l’apostolo dice circa la giustizia, la giustificazione e argomenti simili, dobbiamo stare attenti a non trascurare la grande attenzione che egli pone su Dio.” (Morris)

i. Il termine “Dio” appare 153 volte in Romani; compare in media ogni 46 parole – la frequenza più alta tra tutti gli altri libri del Nuovo Testamento. Come paragone, notiamo la frequenza dell’utilizzo di altre parole in Romani: legge (72), Cristo (65), peccato (48), Signore (43) e fede (40). Romani tratta diversi temi, ma senza alcun dubbio è un libro che parla di Dio.

ii. Ci sono molte parole importanti nel vocabolario di Romani che dobbiamo comprendere. Bruce cita la prefazione di Tyndale alla lettera ai Romani: “Prima di tutto, dobbiamo diligentemente evidenziare il modo di parlare dell’apostolo e soprattutto comprendere ciò che Paolo intende dire con queste parole – Legge, Peccato, Grazia, Fede, Giustizia, Carne, Spirito e simili – o altrimenti leggila pure quanto vuoi, sarà solo fatica sprecata.

2. (2-6) Paolo presenta il suo vangelo ai Romani.

Come egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture, riguardo a suo Figlio, nato dal seme di Davide secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio in potenza, secondo lo Spirito di santità mediante la resurrezione dai morti: Gesù Cristo nostro Signore, per mezzo del quale noi abbiamo ricevuto grazia e apostolato, per l’ubbidienza di fede fra tutte le genti per amore del suo nome, fra le quali anche voi siete stati chiamati da Gesù Cristo;

a. Egli aveva già promesso per mezzo dei Suoi profeti: L’evangelo non è una novità e non è un’invenzione arguta dell’uomo. Il mondo ai giorni di Paolo era molto simile al nostro, in cui c’erano persone a cui piacevano “nuovi” insegnamenti e dottrine. Tuttavia, Paolo non portò nulla di nuovo, ma qualcosa di molto antico presente nel piano di Dio.

b. Riguardo a Suo Figlio… Gesù Cristo nostro Signore: Questo è il centro dell’evangelo di Paolo, il “sole” attorno cui orbita tutto il resto. Il centro del cristianesimo non è un insegnamento o un sistema di principi morali, ma è una Persona: Gesù Cristo. 

i. Questo Gesù ha sia origini umane (nato dal seme di Davide secondo la carne) che un’esistenza eterna (dichiarato Figlio di Dio). La prova dell’umanità di Gesù è la Sua nascita nella carne; la prova della Sua divinità è la Sua resurrezione dai morti.

ii. La resurrezione di Gesù mostra la Sua potenza divina perché Egli è risorto per mezzo della Sua stessa potenza: Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò (Giovanni 2:19). 

iii. “In un certo senso, prima della resurrezione Gesù era il Figlio di Dio in debolezza; dopo, il Figlio di Dio in potenza.” (Morris)

c. Dichiarato: Il termine in greco antico (horizo) viene dall’idea di “consolidare, definire, determinare o delimitare, da cui deriva la nostra parola orizzonte, la linea che determina la parte visibile più lontana della terra in riferimento ai cieli. In questo passaggio, la parola indica una tale dimostrazione chiara e completa del soggetto da renderlo inequivocabile.” (Clarke) 

d. Gesù Cristo nostro Signore: Chiamando Gesù Signore, l’Apostolo Paolo intende dirci sicuramente qualcosa: “Il termine poteva intendersi semplicemente come la forma cortese di ‘signor’, ma si poteva anche usare in riferimento alla divinità adorata. Il suo retroscena molto significativo, tuttavia, è il suo utilizzo nella traduzione in greco dell’Antico Testamento per indicare il nome divino di Yahweh… I cristiani che usavano questa traduzione come loro Bibbia sapevano che il termine era equivalente alla divinità.” (Morris) 

e. Per mezzo del quale noi abbiamo ricevuto grazia e apostolato, per l’ubbidienza di fede: L’evangelo di Paolo tocca individualmente ogni vita. Non si tratta di una teoria o una filosofia interessante, ma è la buona novella che trasforma le vite.

i. L’evangelo diede a Paolo e alla chiesa grazia e apostolato, ed un motivo per il quale furono elargiti questi due doni era per produrre ubbidienza di fede. “Senza la grazia, il favore e aiuto speciale di Dio, egli non avrebbe potuto essere un apostolo.” (Clarke)

ii. L’evangelo è abbastanza grande e abbastanza grandioso per tutto il mondo; deve avanzare per toccare tutte le genti.

iii. L’evangelo aveva raggiunto i cristiani di Roma, dimostrando che erano stati chiamati da Gesù Cristo.

3. (7-15) Il desiderio di Paolo di recarsi a Roma.

A voi tutti che siete in Roma, amati da Dio, chiamati santi: grazia e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

Prima di tutto, rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo per tutti voi, perché la vostra fede è pubblicata in tutto il mondo. Perché Dio, a cui io servo nel mio spirito mediante l’evangelo di suo Figlio, mi è testimone che non smetto mai di menzionarvi, chiedendo continuamente nelle mie preghiere che mi sia finalmente concessa dalla volontà di Dio l’opportunità di venire da voi, perché io desidero grandemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, affinché siate fortificati. E questo è per essere in mezzo a voi consolato insieme mediante la fede che abbiamo in comune, vostra e mia. Ora, fratelli, io non voglio che ignoriate che molte volte mi sono proposto di venire da voi per avere qualche frutto fra voi come ne ho avuto fra le altre genti, ma finora ne sono stato impedito. Io sono debitore ai Greci e ai barbari, ai savi e agli ignoranti. Così, quanto a me, sono pronto ad evangelizzare anche voi che siete in Roma.

a. A voi tutti che siete in Roma: Paolo non era mai stato a Roma né fu lui a fondare lì la chiesa. Questo differenzia il Libro di Romani dagli altri, perché la maggior parte delle lettere di Paolo erano indirizzate a chiese che egli stesso aveva fondato. Sembrerebbe che la chiesa a Roma fosse iniziata alquanto spontaneamente mentre i cristiani arrivavano nella grande città dell’Impero e si stabilivano lì. Inoltre, non c’è alcuna prova biblica o storica che l’Apostolo Pietro fosse il fondatore della chiesa a Roma.

i. Atti 2:10 descrive che c’erano persone da Roma tra i giudei presenti nel Giorno di Pentecoste; quando ritornarono a casa, si formò dunque una comunità cristiana a Roma. A parte questo, le origini della chiesa a Roma sono sconosciute, anche se i cristiani migravano continuamente verso la città da ogni parte dell’Impero. Non dovrebbe sorprenderci che la chiesa possa aver avuto un inizio spontaneo, senza essere fondata direttamente da un apostolo.

ii. Ciononostante, attraverso conoscenze in comune o attraverso i suoi viaggi, Paolo conosceva per nome molti dei cristiani di Roma, avendoli menzionati in Romani 16. Benché Paolo non conoscesse i cristiani di Roma di persona, sapeva due cose a loro riguardo e a riguardo di ogni vero cristiano. Sapeva che erano amati da Dio e che erano santi.

iii. Chiamati santi: Alcune traduzioni riportano ‘chiamati ad essere santi’. “Notiamo che le parole ‘ad essere’ vengono aggiunte dai traduttori; sebbene siano state inserite, non sono necessarie alla comprensione del testo. Quei credenti a Roma venivano ‘chiamati santi’. Non erano chiamati perché erano santi, ma sono diventati santi per mezzo di quella chiamata.” (Spurgeon)

b. Grazia e pace da Dio: Paolo si rivolge in maniera formale ai suoi lettori con il suo saluto abituale, unendo il saluto greco grazia con il saluto ebraico pace. Questa grazia e pace non sono un bell’augurio da parte di un uomo, ma sono doni provenienti da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. 

c. Rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo per tutti voi, perché la vostra fede è pubblicata in tutto il mondo: Paolo era grato per la buona reputazione di cui godeva la chiesa a Roma. A causa della sua posizione, la chiesa aveva una speciale visibilità e l’opportunità di glorificare Gesù in tutto l’Impero.

i. Questi cristiani dovevano essere forti. “I cristiani di Roma non erano popolari – erano considerati ‘nemici della razza umana’ e accusati di vizi quali l’incesto e il cannibalismo. Successivamente, in molti divennero vittime della malvagità imperiale – ed è durante questa persecuzione dei cristiani sotto Nerone in cui viene inserito il martirio di Paolo.” (Bruce) 

ii. “I Romanisti insistono nell’affermare che questo passo è la prova che Roma sia la chiesa madre, ma senza motivo: la chiesa di Tessalonica riceve un elogio altrettanto notevole; vedi 1 Tessalonicesi 1:8.” (Poole)

d. Non smetto mai di menzionarvi, chiedendo continuamente nelle mie preghiere: Paolo voleva che i cristiani romani sapessero che egli pregava per loro e affinché avesse l’occasione di far loro visita (che mi sia finalmente concessa dalla volontà di Dio l’opportunità di venire da voi).

i. “Non c’è da meravigliarsi che essi prosperavano così tanto, visto che Paolo li menzionava costantemente nelle sue preghiere. Alcune chiese prospererebbero di più se alcuni di voi le ricordassero di più in preghiera.” (Spurgeon)

ii. Perché Dio… mi è testimone è forse il modo di Paolo di riconoscere quanto sia facile dire che pregherai per qualcuno, per poi venire meno. Egli voleva che sapessero che pregava davvero.

e. Per comunicarvi… per essere in mezzo a voi consolato: Il desiderio di Paolo di visitare la chiesa di Roma non era semplicemente per dare loro qualcosa, ma anche per ricevere, avendo realizzato che nella fede che avevano in comune avevano qualcosa da poter dare a lui.

f. Molte volte mi sono proposto di venire da voi… ma finora ne sono stato impedito: Da molto tempo Paolo desiderava andare a Roma, ma ne fu impedito solo da circostanze esterne. Forse alcuni nemici di Paolo insinuavano che avesse paura di recarsi a Roma e predicare il vangelo ai “piani alti”, nella città più importante dell’Impero.

g. Io sono debitore ai greci e ai barbari, ai savi e agli ignoranti: Paolo riconosceva di essere in qualche modo debitore di Roma. L’Impero Romano portò pace e ordine nel mondo; portò un sistema culturale diffuso e diede al mondo un sistema di trasporto eccellente. Paolo usò tutte queste cose per diffondere l’Evangelo; quindi, il modo migliore per ripagare questo debito era portare a Roma la buona novella di Gesù Cristo. 

i. Paolo era un evangelista instancabile, che lavorava in tutto il mondo perché credeva di aver un debito da saldare, un debito che aveva con il mondo intero.

h. Sono pronto: Spurgeon si domandò se Paolo non avesse adottato le parole “sono pronto” come suo motto. Alcune delle prime parole che uscirono dalla sua bocca quando si convertì furono: “Signore, che vuoi ch’io faccia?” (Atti 9:6).

·Paolo era pronto a predicare e a servire (Romani 1:15).

·Paolo era pronto a soffrire (Atti 21:13).

·Paolo era pronto a svolgere un compito spiacevole (2 Corinzi 10:6).

·Paolo era pronto a morire (2 Timoteo 4:6).

i. “Un moravo stava per essere mandato da Zinzendorf a predicare in Groenlandia. Non ne aveva mai sentito parlare prima, ma il suo leader lo chiamò e gli disse: ‘Fratello, vuoi andare in Groenlandia?’ Egli rispose: ‘Sì, signore’. ‘Quando andrai?’ ‘Quando i miei stivali torneranno a casa dal calzolaio’; quindi partì non appena i suoi stivali furono pronti. Egli non aspettava altro che quel paio di scarpe e sarebbe stato pronto a partire. Paolo, senza nemmeno aspettare che i suoi sandali tornassero dal calzolaio, dice: ‘Sono pronto’. Oh, è magnifico trovare un uomo così poco invischiato in altre faccende che può andare ovunque Dio lo mandi, e andarvi immediatamente.” (Spurgeon)

i. Sono pronto ad evangelizzare anche voi che siete in Roma: È un parlare audace. “O mondo, parla dei tuoi uomini coraggiosi, dei tuoi grandi uomini! Dove, in tutta la storia, si può trovare uno come Paolo? Alessandro, Cesare, Napoleone marciarono con la protezione dei loro eserciti per imporre la propria volontà agli uomini. Paolo era pronto a marciare soltanto con Cristo verso il centro della grandezza di questo mondo, consolidata sotto Satana, con la parola della croce, che egli stesso disse essere scandalo per i giudei e follia per i greci.” (Newell)

i. Ironicamente parlando – nel mistero dell’ironia di Dio – quando Paolo arrivò a Roma, vi giunse come un prigioniero naufragato.

ii. “Non credo che Paolo avesse capito che sarebbe stato mandato lì a spese del governo, ma così fu. L’Impero Romano dovette trovargli una nave e un accompagnatore adatto; entrò nella città come un ambasciatore in catene. Quando i nostri cuori sono fissati su qualcosa e preghiamo per esso, Dio può concederci la benedizione, ma in un modo che non immagineremmo mai. Andrai a Roma, Paolo, ma ci andrai in catene.” (Spurgeon)

4. (16-17) Paolo introduce il tema della sua lettera: la giustizia di Dio, così come rivelata nell’evangelo di Gesù Cristo.

Infatti io non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco. Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede, come sta scritto: «Il giusto vivrà per fede».

a. Dopo la sua introduzione, Paolo introduce “l’enunciato della sua tesi” per la sua Lettera ai Romani. Leon Morris commenta così Romani 1:16 e 17: “Questi due versetti hanno un’importanza sproporzionata rispetto alla loro lunghezza”.

b. Non mi vergogno dell’evangelo di Cristo: Questo rivela il cuore di Paolo. In una città sofisticata come Roma, alcuni si sarebbero potuti vergognare di un vangelo incentrato su un Salvatore ebreo crocifisso e accolto dalle classi più basse del popolo – ma Paolo non se ne vergogna.

c. Perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede: Questo è il motivo per cui Paolo non si vergogna di un vangelo basato su un Salvatore crocifisso. Egli sa che il vangelo – la buona novella di Gesù Cristo – ha potenza in sé stesso. Non siamo noi a dargli potenza, ma semplicemente smettiamo di ostacolare la potenza dell’evangelo quando lo presentiamo con efficacia. 

i. L’evangelo è sicuramente una notizia, ma è molto più che semplice informazione; ha potenza in sé stesso. “L’evangelo non è un consiglio per le persone, che suggerisce loro di rialzarsi. Esso è potenza ed è esso a rialzarle. Paolo non dice che il vangelo porta potenza, ma che esso è potenza, la potenza di Dio.” (Morris)

ii. Nello specifico, la città di Roma pensava di sapere tutto riguardo alla potenza: “La potenza è quella cosa di cui Roma si vantava di più. La Grecia poteva avere la sua filosofia, ma Roma aveva la sua potenza” (Wiersbe). Nonostante tutta la loro potenza, i Romani – come tutti gli uomini – non erano in grado di rendersi giusti davanti a Dio. L’antico filosofo Seneca chiamò Roma “un letamaio di iniquità” e l’antico scrittore Giovenale la definì una “fogna sporca in cui fluivano le scorie dell’impero.”

iii. Per la salvezza: Nel mondo romano durante i giorni di Paolo, gli uomini erano alla ricerca della salvezza. I filosofi sapevano che l’uomo era malato e aveva bisogno di aiuto. Epitteto chiamava la sua sala di lettura “l’ospedale dell’anima malata”. Epicuro definiva i suoi insegnamenti “la medicina per la salvezza”. Seneca disse che, proprio perché gli uomini erano consapevoli della “loro debolezza e la loro inefficienza nelle cose necessarie”, tutti gli uomini erano alla ricerca “della salvezza”. Epitteto disse che gli uomini cercavano la pace “non quella proclamata da Cesare, ma da Dio.” (Citato da Barclay) 

iv. La potenza dell’evangelo per la salvezza giunge a chiunque crede. Dio non negherà la salvezza a colui che crede; credere, però, è l’unico requisito.

d. Del giudeo prima e poi del greco: Questo è lo schema di diffusione del vangelo, dimostrato sia dal ministero di Gesù (Matteo 15:24) che dal ministero iniziale dei discepoli (Matteo 10:5-6).

i. Ciò vuol dire che il vangelo doveva giungere prima al giudeo di etnia e cultura, e poi ai greci. “In quel periodo la parola greco aveva perso completamente la propria connotazione razziale. Non indicava un nativo della nazione ellenica… [un greco] era qualcuno che conosceva la cultura e la mentalità della Grecia.” (Barclay)

e. Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso: In parole povere, il vangelo rivela la giustizia di Dio. Questa rivelazione della giustizia di Dio giunge a coloro che hanno fede, adempiendo Abacuc 2:4: Il giusto – ovvero, colui che è giustificato – vivrà per fede.

i. È essenziale comprendere esattamente cos’è la giustizia di Dio rivelata per mezzo del vangelo. Non si parla della santa giustizia di Dio che condanna il peccatore colpevole, ma della giustizia di Dio data al peccatore che ripone la propria fiducia in Gesù Cristo.

ii. Giustizia: William Barclay spiega il significato della parola in greco antico dikaioo, che significa io giustifico e che è la radice di dikaioun (giustizia): “Tutti i verbi che in greco finiscono in oo… significano sempre trattare, considerare o stimare qualcuno come qualcosa. Se Dio giustifica un peccatore, non significa che Egli trova motivi per dimostrare che aveva ragione – mai sia. A questo punto non significa nemmeno che egli trasforma un peccatore in un brav’uomo. Vuol dire che Dio tratta il peccatore come se non lo fosse mai stato.” 

iii. “Il giorno più felice della vita di Lutero fu quando scoprì che ‘la Giustizia di Dio’, così come intesa in Romani, indica il verdetto di Dio di giustizia nei confronti del credente.” (Lenski)

iv. Tale dichiarazione è ancora più grandiosa quando capiamo che questa è la giustizia di Dio imputata al credente. Non è nemmeno la giustizia dell’uomo più santo, né la giustizia dell’innocente Adamo nell’Eden. È la giustizia di Dio. “La giustizia per la giustificazione è caratterizzata dalla perfezione di tutto quello che Dio è e fa. È una ‘giustizia divina’.” (Murray) 

v. Questa fede (fiducia) in Gesù Cristo diviene la base della vita per coloro che sono giustificati (dichiarati giusti); veramente il giusto vivrà per fede. Non solo egli è salvato per fede, ma vivrà per fede.

f. Di fede in fede: L’idea dietro questa frase difficile è probabilmente “per fede dall’inizio alla fine.” La frase di fede in fede viene tradotta dalla NIV per fede dal principio alla fine. 

i. “Egli non dice “dalla fede alle opere” o “dalle opere alla fede”, ma di fede in fede, cioè solo per fede.” (Poole)

ii. “Forse ciò che comunica è la necessità di ricordare al credente che la fede che giustifica è solo il principio della vita del cristiano. Lo stesso atteggiamento deve governarlo nella sua continua esperienza come un figlio di Dio” (Harrison). È un’eco del messaggio di Paolo in Galati 3:1-3.

C. Il motivo per cui l’uomo deve essere giustificato per fede: la colpa di tutta la razza umana. 

1. (18a) Il pericolo più grande al quale la razza umana è esposta: l’ira di Dio.

Perché l’ira di Dio si rivela dal cielo

a. Perché l’ira di Dio si rivela dal cielo: L’idea è semplice, ma fa pensare – l’ira di Dio si rivela dal cielo contro l’umanità, la quale merita l’ira di Dio.

b. L’ira di Dio: A volte ci opponiamo all’idea dell’ira di Dio perché la paragoniamo alla rabbia umana, la quale è motivata da ragioni personali egoistiche o dal desiderio di vendetta. Non dobbiamo dimenticare che l’ira di Dio è completamente giusta nella sua natura. 

i. “È inutile e indebolisce il concetto biblico dell’ira di Dio privarla della sua natura emotiva ed affettiva… interpretare l’ira di Dio solamente nel suo scopo di punire il peccato o garantire il collegamento tra il peccato e la desolazione vuol dire equiparare l’ira ai suoi effetti e, in pratica, eliminare l’ira come parte della mente di Dio. L’ira è la santa repulsione di Dio contro tutto ciò che si contrappone alla Sua santità.” (Murray)

ii. In Romani 1:16 Paolo ha parlato di salvezza – ma da cosa siamo salvati? Prima di tutto, siamo salvati dall’ira di Dio, che giustamente meritiamo. “A meno che non ci sia qualcosa da cui essere salvati, non c’è ragione di parlare di salvezza.” (Morris)

c. L’ira di Dio: In questa porzione della lettera (Romani 1:18-3:20) l’obiettivo di Paolo non è proclamare la buona novella, ma dimostrare l’assoluta necessità della buona notizia della salvezza dalla giusta ira di Dio.

i. L’ira di Dio non è rivelata nell’evangelo, ma nei fatti dell’esperienza umana.

2. (18b-23) Il motivo per cui la razza umana è colpevole davanti a Dio: dimostrazioni della nostra empietà e ingiustizia.

Sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato. Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili. Poiché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno però glorificato né l’hanno ringraziato come Dio, anzi sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato. Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in un’immagine simile a quella di un uomo corruttibile, di uccelli, di bestie quadrupedi e di rettili.

a. Empietà: Fa riferimento alle offese dell’uomo contro Dio. Ingiustizia si riferisce ai peccati dell’uomo contro l’uomo.

b. Che soffocano la verità nell’ingiustizia: L’umanità, infatti, soffocala verità di Dio. Ogni verità rivelata all’uomo da Dio è stata combattuta, ignorata e offuscata deliberatamente.

c. Le Sue qualità invisibili… si vedono chiaramente: Dio ci mostra qualcosa della Sua eterna potenza e della natura divina nelle Sue opere fin dalla creazione del mondo. Egli ha dato una rivelazione generale, che è palese sia nella creazione che nella mente e nel cuore dell’uomo. 

i. Si vedono chiaramente: Il carattere universale di questa rivelazione e la sua chiarezza rendono l’uomo inescusabile per averla rigettata. “Gli uomini non possono accusare Dio di nascondersi da loro e giustificare così la loro irreligiosità e la loro immoralità.” (Lenski) 

d. Pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno però glorificato… come Dio: Il problema non è che l’uomo non ha conosciuto Dio, ma che lo ha conosciuto – rifiutandosi però di glorificarlo come Dio. Pertanto, l’umanità è inescusabile. Invece di glorificare Dio, abbiamo trasformato la nostra idea di Lui in forme e immagini più piacevoli ai nostri cuori corrotti e ottenebrati.

i. “Notate che, secondo il mio testo, la conoscenza è inutile se non conduce a una condotta santa? ‘Essi hanno conosciuto Dio’. Non era di alcun beneficio per loro conoscere Dio, perché ‘non l’hanno glorificato come Dio’. Quindi, amico teologo che spacchi un capello in quattro per quanto riguarda la dottrina, non importa quello che pensi o quanto tu sappia, a meno che ciò non ti porti a glorificare Dio e alla gratitudine.” (Spurgeon)

ii. Sembra che non riusciamo a resistere alla tentazione di creare Dio nella nostra immagine corrotta, o addirittura in un’immagine inferiore alla nostra. Tragicamente, diventiamo inevitabilmente simili al Dio che serviamo.

iii. È assolutamente essenziale che paragoniamo costantemente la nostra concezione di Dio con la realtà di chi Dio è così come rivelato nella Sua Parola. Possiamo anche renderci colpevoli di adorare un Dio che ci siamo creati noi.

iv. Immagine in Romani 1:23 è la parola eikon in greco antico. È una cosa pericolosa mutare la gloria dell’incorruttibile Dio in un eikon (immagine) di nostro piacimento.

e. Né l’hanno ringraziato: La sola ingratitudine dell’uomo verso Dio è scioccante. “Non c’è nulla di peggio che io possa dire su un uomo se non che non è grato verso i propri benefattori; quando dici che non è grato a Dio, hai appena detto la cosa peggiore che potessi dire di lui.” (Spurgeon)

i. “Quando, però, glorifichi Dio come Dio e sei grato per ogni cosa – quando puoi prendere un po’ di pane e un bicchiere di acqua fresca e dire insieme al povero Puritano: ‘Come, tutto questo e anche Cristo?’ – allora sarai felice e renderai felici anche gli altri. Un devoto predicatore, vedendo che tutto ciò che c’era per cena era una patata e un’aringa, ringraziò Dio che aveva passato al setaccio il mare e la terra per procurare del cibo ai suoi figli. Un tale dolce animo produce amore in tutti e fa sì che un uomo affronti il mondo con gioia” (Spurgeon)

f. Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti: Il nostro rifiuto della rivelazione generale di Dio non ci rende più intelligenti o migliori. Piuttosto, rende gli uomini insensati nei loro ragionamenti e fa diventare ottenebrati i nostri cuori senza intendimento – e diventiamo stolti.

i. Il punto è che, ogni volta che un uomo rigetta la verità di Dio in Gesù, crederà a qualsiasi sciocchezza e confiderà in sistemi molto più fragili ed estrosi di quello che rigetta da Dio.

ii. Questa insensatezza di ragionamenti, ottenebramento dei cuori e stoltezza devono essere visti come un esempio della giusta ira di Dio contro coloro che rifiutano ciò che Egli rivela. Parte del Suo giudizio contro di noi è consentirci di soffrire il danno a cui conduce il nostro percorso peccaminoso.

3. (24-32) Il risultato tragico della colpevolezza dell’uomo davanti a Dio.

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità nelle concupiscenze dei loro cuori, sì da vituperare i loro corpi tra loro stessi. Essi che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura, al posto del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami, poiché anche le loro donne hanno mutato la relazione naturale in quella che è contro natura. Nello stesso modo gli uomini, lasciata la relazione naturale con la donna, si sono accesi nella loro libidine gli uni verso gli altri, commettendo atti indecenti uomini con uomini, ricevendo in se stessi la ricompensa dovuta al loro traviamento. E siccome non ritennero opportuno conoscere Dio, Dio li ha abbandonati ad una mente perversa, da far cose sconvenienti, essendo ripieni d’ogni ingiustizia, fornicazione, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, omicidio, contesa, frode, malignità, ingannatori, maldicenti, nemici di Dio, ingiuriosi, superbi, vanagloriosi, ideatori di cose malvagie, disubbidienti ai genitori, senza intendimento, senza affidamento, senza affetto naturale, implacabili, spietati. Or essi, pur avendo riconosciuto il decreto di Dio secondo cui quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non solo le fanno, ma approvano anche coloro che le commettono.

a. Perciò Dio li ha abbandonati: Nella Sua giusta ira e nel Suo giusto giudizio, Dio abbandona l’uomo al peccato che i nostri cuori malvagi desiderano, permettendoci di sperimentare il risultato autodistruttivo del peccato. Questa frase è così importante che Paolo la ripete tre volte in questo passaggio.

i. Osea 4:17 esprime l’aspetto del giudizio di Dio sul “abbandonarci”, sul lasciarci al nostro peccato: Efraim si è unito a idoli, lascialo.

ii. Commettiamo un errore quando pensiamo che la misericordia di Dio o la Sua bontà permettano all’uomo di continuare nel peccato. È in realtà la Sua ira che ci consente di distruggere noi stessi con il peccato.

b. Essi che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna: In ogni ribellione e disobbedienza contro Dio, cambiamo la verità di Dio nella menzogna che noi scegliamo, mettendo la creatura al posto del Creatore.

i. Paolo usa l’articolo determinativo – non è una menzogna, ma è la menzogna. La menzogna è essenzialmente idolatria – la quale ci pone al posto di Dio. È la menzogna sarete come Dio (Genesi 3:5). 

c. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami: Paolo scrisse questo dalla città di Corinto, dove venivano praticate liberamente ogni sorta di immoralità sessuale e prostituzione ritualistica. La terminologia di Romani 1:24 si riferisce a questa combinazione di immoralità sessuale e adorazione idolatra.

i. Questo dà inizio a un passaggio in cui Paolo descrive il peccato e la corruzione del mondo pagano con una franchezza incredibile – così diretta che Spurgeon riteneva questo testo non adatto alla lettura pubblica. “Il primo capitolo dell’Epistola ai Romani è una sezione terrificante della Parola di Dio. Dovrei a malapena trovare piacere nel leggerla ad alta voce; non è intesa per essere usata in questo modo. Leggetela a casa e inorridite di fronte ai tremendi vizi del mondo gentile.” (Spurgeon)

d. Poiché anche le loro donne hanno mutato la relazione naturale: Paolo usa l’omosessualità – sia nelle espressioni femminili che maschili – come un esempio di come Dio abbandoni l’umanità all’impurità e alla concupiscenza.

i. Alcuni dicono che la Bibbia da nessuna parte condanni l’omosessualità femminile, ma l’espressione “nello stesso modo”di Romani 1:27 rende chiaro che il peccato dell’omosessualità condannato in Romani 1:27 è collegato al peccato delle donne menzionato in Romani 1:26.

ii. Paolo non usa nemmeno le parole normali per uomini e donne qui; adotta le parole per maschio e femmina, ricorrendo a delle categorie che descrivono la sessualità all’infuori dei termini umani, perché il tipo di peccato sessuale da lui descritto è al di fuori della dignità umana.

iii. Paolo categorizza questa intera sezione sotto il concetto di passioni infami – malsane, scellerate. Poiché Paolo viveva in un tempo in cui l’omosessualità veniva approvata apertamente, non scriveva certamente ad una cultura in accordo con lui.

iv. Paolo scrisse a una cultura in cui l’omosessualità era accettata come parte della vita sia per uomini che per donne. Per circa 200 anni gli uomini che governavano l’Impero Romano praticarono apertamente l’omosessualità, spesso con giovani ragazzi.

v. Talvolta l’Impero Romano tassava specificamente la prostituzione omosessuale e concedeva ai ragazzi che si prostituivano una vacanza riconosciuta legalmente. Il matrimonio legale tra coppie dello stesso sesso era riconosciuto e alcuni degli imperatori sposarono persino altri uomini. Nello periodo in cui Paolo scriveva, Nerone era l’imperatore. Egli prese un ragazzo di nome Sporus e lo fece castrare, poi lo sposò (con una cerimonia completa), lo portò a palazzo con una grande processione e fece del ragazzo sua “moglie”. Successivamente, Nerone visse con un altro uomo e ricopriva il ruolo di “moglie”.

vi. Nella cultura moderna la pratica omosessuale riflette l’abbandono all’impurità nelle concupiscenze dei loro cuori, sì da vituperare i loro corpi tra loro stessi. Le statistiche ci rivelano che in media il 43% degli omosessuali affermano di aver avuto 500 o più partner sessuali nel corso della loro vita, e solamente l’1% degli omosessuali dichiara di averne avuti in totale quattro o meno.

vii. Secondo il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti, il 77% degli omosessuali dice di aver incontrato il proprio partner sessuale in un parco comunale; il 62% in un bar per omosessuali; il 61% a teatro; il 31% in un bagno pubblico. Solo il 28% degli omosessuali ha riportato di aver avuto relazioni sessuali omosessuali almeno una settimana dopo aver conosciuto il proprio partner.

viii. Gli omosessuali sembrano spesse volte dedicarsi principalmente al sesso anonimo senza alcun coinvolgimento emotivo. Una volta le cliniche AIDS di Londra definirono promiscua una donna che aveva avuto più di sei partner nella propria vita. Smisero di cercare di dare una definizione che andasse bene agli uomini omosessuali quando divenne chiaro che quasi nessuno di loro aveva meno di sei partner sessuali nell’arco di un anno.

e. Ricevendo in sé stessi la ricompensa dovuta al loro traviamento: Paolo parla di ricompensa per la condotta omosessuale: l’omosessualità ha in sé questa ricompensa, come indicazione della natura generalmente autodistruttiva del peccato, che molte volte porta con sé sé la propria retribuzione.

i. A volte la ricompensa è la malattia, che è la conseguenza della violazione dell’ordine naturale. Altre volte la ricompensa è la ribellione, che risulta in un vuoto spirituale e in tutte le sue ramificazioni. In questo senso, il termine “gay” (che significa allegro) è una pia illusione. Si vuole far passare il messaggio che ci sia qualcosa di essenzialmente felice e spensierato nello stile di vita omosessuale – che, in realtà, non c’è.

f. In altre parole, questa “libertà” di disobbedire dovrebbe essere vista come parte del giudizio di Dio, non della Sua bontà; coloro che prendono parte in tali azioni ricevono in sé stessi la ricompensa dovuta al loro traviamento.

g. Come ulteriore giudizio, Dio abbandona l’uomo ad una mente perversa, affinché quelle cose che sono disonorevoli e disgustose vengano facilmente accettate e approvate.

i. La parola perversa originariamente significava “ciò che non ha superato la prova”. Veniva usato in riferimento alle monete che erano al di sotto dello standard e che quindi venivano scartate. L’idea è che, poiché l’uomo non ha “approvato” di conoscere Dio, sono arrivati ad avere una mente “disapprovata”. 

ii. “La razza umana ha messo Dio alla prova con lo scopo di approvarlo, se Egli avesse rispettato le specifiche che essa aveva predisposto per un Dio fatto a proprio piacimento. Vedendo, però, che Egli non aveva soddisfatto tali specifiche, si è rifiutata di accettarlo come il Dio da adorare o da conoscere.” (Wuest)

iii. Una mente perversa: La nostra ribellione contro Dio non solo è dimostrata dalle nostre azioni, ma anche dalla nostra mentalità. Nella nostra ribellione contro Dio siamo genuinamente “spiritualmente folli”.

h. L’elenco in Romani 1:29-31 fornisce esempi concreti del tipo di cose sconvenienti. Notate come i peccati “socialmente accettabili” (come cupidigia, invidia e superbia) vengono inclusi con i peccati “socialmente inaccettabili” (come l’omicidio o l’essere senza amore).

i. Cupidigia: Questa parola descrive letteralmente la brama di volere di più.

ii. Ingannatori: “Diffamatori segreti; coloro che, sotto falsa riservatezza, accusano il proprio prossimo, siano esse accuse vere o fasulle; rovinando la loro reputazione con pettegolezzi clandestini.” (Clarke)

iii. Invidia: È un piccolo peccato? L’invidia è così potente che in un certo senso è stata proprio questa a inchiodare Gesù alla croce. Pilato sapeva bene che glielo avevano consegnato per invidia (Matteo 27:18).

iv. Superbia: “Coloro che esaltano sé stessi e schiacciano gli altri continuamente; innalzano sé stessi a discapito del loro prossimo e vogliono che tutti gli uomini ricevano le loro parole come se fossero oracoli.” (Clarke)

i. Coloro che approvano o commettono queste cose sono degni di morte; sono i degni bersagli dell’ira di Dio.

j. Da dove vengono tutta questa violenza, immortalità, crudeltà e degrado? Questo avviene quando gli uomini abbandonano la vera conoscenza di Dio, e per questo la condizione della società riflette il giudizio di Dio su loro.

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