Matteo 6




Matteo 6 – Il Sermone sul Monte (seguito)

A. Fare il bene per piacere a Dio.

1. (1) Avvertimento di Gesù contro il fare del bene per essere notati dagli altri.

«Guardatevi dal fare la vostra elemosina davanti agli uomini, per essere da loro ammirati; altrimenti voi non ne avrete ricompensa presso il Padre vostro, che è nei cieli».

a. Guardatevi dal fare la vostra elemosina davanti agli uomini: Elemosina è in realtà la parola giustizia. Gesù ci dice di non compiere atti di giustizia per ostentazione o immagine (per essere da loro ammirati).

i. Gesù ha appena mostrato chiaramente il giusto standard di Dio; forse si aspetta il seguente pensiero: “Non farei una buona impressione su tutti, se fossi così?” Perciò, Gesù affronta qui il pericolo del coltivare un’immagine esteriore di giustizia. È quasi impossibile fare delle cose spirituali davanti agli altri senza pensare quale sia la loro opinione di noi mentre le facciamo, e se ci considerino migliori o peggiori mentre le svolgiamo.

ii. Ciò non contraddice il Suo comandamento precedente: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini (Matteo 5:16). Sebbene i cristiani debbano essere visti fare buone opere, non devono fare buone opere solo per essere visti.

b. Altrimenti voi non ne avrete ricompensa presso il Padre vostro, che è nei cieli: In altre parole, quando facciamo delle opere giuste per l’attenzione o gli applausi degli uomini, la loro attenzione e i loro applausi sono la nostra ricompensa. È di gran lunga migliore ricevere una ricompensa presso il Padre vostro, che è nei cieli.

i. Ci sono alcuni che dicono: “Tutto ciò che conta è fare l’opera buona. Come la faccio è molto meno importante del farla”. È vero che in alcuni casi sarebbe meglio fare la cosa giusta anche nel modo sbagliato o con le motivazioni sbagliate, piuttosto che fare la cosa sbagliata, ma il concetto di Gesù è chiaro: A Dio interessa come facciamo le nostre buone opere e le motivazioni con cui le facciamo.

ii. Perciò, Gesù comincia a parlare di tre discipline spirituali: il dare, la preghiera e il digiuno. “Questi tre erano (e sono) i requisiti pratici più importanti per la pietà personale nel giudaismo tradizionale… Queste stesse tre attività, insieme ai requisiti specifici dell’islam riguardanti il ḥaǵǵ e la recitazione del credo, costituiscono i Cinque Pilastri dell’Islam.” (France)

2. (2-4) Esempi del modo sbagliato e del modo giusto di dare.

«Quando dunque fai l’elemosina, non far suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini; in verità vi dico, che essi hanno già ricevuto il loro premio. Anzi quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la destra, affinché la tua elemosina si faccia in segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa palesemente».

a. Quando dunque fai l’elemosina, non far suonare la tromba: Era abitudine di alcuni al tempo di Gesù attirare l’attenzione su di sé mentre davano affinché fossero considerate delle persone generose. Al giorno d’oggi le persone non fanno suonare la tromba per ostentare un’immagine di generosità, ma sanno comunque come richiamare l’attenzione sulle loro donazioni.

i. Nella letteratura antica non ci sono buoni esempi di persone che annunciavano il proprio dare con il suono di una tromba. Probabilmente Gesù alludeva ai doni che venivano dati durante le festività, che venivano segnalati con il suono di tromba. “Queste circostanze offrivano occasioni d’oro per l’ostentazione.” (Carson)

ii. Eppure, il concetto di fare l’elemosina e la beneficenza era radicata profondamente nella mentalità giudaica. “Dare l’elemosina ed essere giusti erano la stessa identica cosa. Dare in elemosina voleva dire ottenere dei meriti agli occhi di Dio e persino guadagnarsi l’espiazione e il perdono di peccati passati.” (Barclay)

b. Come fanno gli ipocriti: Questi artisti sono definiti giustamente ipocriti, perché sono degli attori che recitano la parte di persone pie e sante, quando invece non lo sono. Non è l’avere uno standard che fa di qualcuno un ipocrita; è dichiarare falsamente di vivere secondo quello standard, quando in realtà non lo fai o quando hai un doppio standard, a fare di qualcuno un ipocrita.

i. “In greco antico, originariamente, un hypocrites (‘ipocrita’) era un attore, ma nel primo secolo il termine finì per essere usato in riferimento a coloro che interpretavano dei ruoli e consideravano il mondo il loro palcoscenico.” (Carson)

ii. “Ci sono ancora attori religiosi, che attirano buone compagnie.” (Bruce)

iii. “Oh, cerchiamo di essere buoni più che di averne solo l’apparenza.” (Trapp)

c. In verità vi dico, che essi hanno già ricevuto il loro premio: Gesù dice che colui che dà per udire gli applausi degli altri dovrebbe godere di quegli applausi, perché saranno l’unico premio che riceverà. Non ci sarà alcun premio nei cieli per colui che l’ha fatto a motivo di una ricompensa terrena.

i. È tutto ciò che riceveranno. “Sarebbe meglio tradurlo: ‘Hanno ricevuto la piena ricompensa’. La parola usata nel greco è il verbo apechein, un termine tecnico che veniva usato negli affari e nel commercio per indicare il ricevimento di un pagamento completo.” (Barclay)

d. Non sappia la tua sinistra quello che fa la destra: Piuttosto, il nostro donare dovrebbe essere, se fosse possibile, celato persino a noi stessi. Benché non possiamo veramente essere ignari del nostro donare, possiamo negare a noi stessi qualsiasi autocompiacimento indulgente.

i. “Mantieni la cosa così segreta che persino tu stesso sei a malapena consapevole del fatto che stai facendo qualcosa di lodevole. Lascia che Dio sia presente e avrai un pubblico sufficiente.” (Spurgeon)

e. Affinché la tua elemosina si faccia in segreto: Se qualcuno scopre che abbiamo donato qualcosa, perdiamo automaticamente la nostra ricompensa? Il problema riguarda in realtà la motivazione. Se diamo per la nostra gloria, non importa se nessuno viene a saperlo, comunque non riceveremo alcuna ricompensa da Dio. Ma se diamo per la gloria di Dio, non importa se qualcuno viene a saperlo, la tua ricompensa rimarrà perché hai dato con la giusta motivazione.

f. Il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa palesemente: Gesù evidenzia il grande valore di fare le buone opere per la gloria di Dio. È molto meglio ricevere il nostro compenso da Dio, il quale ricompensa molto più generosamente e molto più palesemente di quanto facciano gli uomini.

i. Dio vede nel segreto. “Dovremmo sempre ricordare che gli occhi del Signore sono su di noi e che Egli vede non soltanto il gesto, ma anche ogni motivazione che lo ha provocato.” (Clarke)

ii. Non dobbiamo dimenticare la forza della promessa – le cose fatte nel modo giusto saranno certamente ricompensate. Possiamo starne certi, anche se non ci sembra così.

3. (5-6) Esempi del modo sbagliato e del modo giusto di pregare.

«E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico, che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente».

a. E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti: Gesù dava per scontato che i Suoi discepoli avrebbero dato; perciò, disse loro come dare nel modo giusto (Matteo 6:1-4). Dava anche per scontato che i Suoi discepoli avrebbero pregato; perciò, era importante che non pregassero alla stessa maniera degli ipocriti.

i. “Non ci sono figli sciocchi nella casa di Dio; il minimo tra questi può chiedergli la benedizione. Non hanno tutti gli stessi doni, ma ogni uomo pio t’invocherà, dice Davide, Salmo 32:6.” (Trapp)

b. Perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze: C’erano due luoghi in cui un giudeo al tempo di Gesù poteva pregare in maniera ipocrita. Potevano pregare nella sinagoga nel momento della preghiera pubblica o nelle piazze agli orari di preghiera stabiliti (alle 9, alle 12 e alle 15).

i. “Durante il culto in una sinagoga a qualcuno della congregazione poteva venir chiesto di pregare pubblicamente, in piedi davanti all’arca.” (Carson)

ii. “La preghiera non veniva esercitata normalmente agli angoli delle piazze, ma… colui che osservava rigidamente l’orario di preghiera pomeridiano poteva adattare i propri spostamenti per trovarsi nel luogo più affollato al momento giusto.” (France)

c. Per essere visti dagli uomini: Questi ipocriti pregavano non per essere ascoltati da Dio, ma per essere visti dagli uomini. Si tratta di un difetto comune oggigiorno durante la preghiera pubblica, dove le persone pregano per fare una buona impressione o insegnare ad altri piuttosto che effondere sinceramente i propri cuori davanti a Dio.

i. Preghiere del genere sono un insulto a Dio. Quando pronunciamo delle parole rivolte a Dio mentre, in realtà, vogliamo solo fare colpo sugli altri, allora Dio non diventa altro che il nostro strumento per raggiungere questo scopo.

d. Essi hanno già ricevuto il loro premio: Come già detto, coloro che pregano per essere visti dagli uomini hanno già ricevuto il loro premio, e dovrebbero goderselo in pieno, perché è tutto ciò che riceveranno. Non ci sono premi in cielo per preghiere così.

e. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta: Piuttosto, dovremmo incontrare Dio nella nostra cameretta (o nel “segreto”). L’idea è quella di un luogo privato dove non possiamo fare colpo su nessuno tranne Dio.

i. La parola specifica in greco antico per “cameretta” veniva usata per indicare un deposito in cui erano custoditi dei tesori. Ciò ci fa ricordare che ci sono dei tesori che ci attendono nella nostra cameretta di preghiera.

ii. Ovviamente, Gesù non proibiva la preghiera pubblica, ma le nostre preghiere dovrebbe essere sempre rivolte a Dio e non fatte per gli uomini.

4. (7-8) Il modo giusto di pregare.

«Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate».

a. Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni: Il giusto tipo di preghiera non adotta inutili ripetizioni, che caratterizzano qualsiasi tipo di preghiera in cui ci sono solo parole e niente significato; in cui sono coinvolte solo le labbra, non la mente o il cuore.

i. “Il rabbino Levi disse: ‘Chiunque si prolunga nelle preghiere sarà ascoltato’. In un’altra citazione si afferma: ‘Ogni volta che i giusti allungano le loro preghiere, queste saranno ascoltate’” (Barclay). Una famosa preghiera ebraica iniziava così: “Benedetto, lodato e glorificato, esaltato e onorato, magnificato e elogiato sia il nome del Santo”.

ii. Si possono fare anche lunghe preghiere, eppure rivolgerle al dio sbagliato. In 1 Re 18:26 i profeti di Baal gridarono: “Oh Baal, rispondici” per metà della giornata. In Atti 19:34 una calca a Efeso gridò per due ore: “Grande è Artemide degli efesini”. Il vero Dio non si lascia impressionare dalla lunghezza o dall’eloquenza delle nostre preghiere, ma dal cuore. “La preghiera esige di più del cuore e meno della lingua. Il fervore del desiderio e la semplicità della fede sono l’eloquenza di una preghiera. (Clarke)

iii. Quando cerchiamo di fare colpo su Dio (o peggio, su altre persone) con le nostre molte parole, neghiamo che Dio è un Padre sì amorevole ma anche santo. Invece, dovremmo seguire il consiglio di Ecclesiaste 5:2: DIO è in cielo e tu sulla terra; perciò le tue parole siano poche.

iv. “Le preghiere dei cristiani si misurano dal peso, non dalla lunghezza. Molte delle preghiere più vittoriose sono state tanto corte quanto forti.” (Spurgeon)

v. La NIV traduce l’espressione inutili ripetizioni con “continuare a blaterare”. Si tratta di una resa accurata della parola in greco antico battalogeo, un termine che ha un suono simile a “blaterare” e richiama il nostro “blah-blah-blah”.

b. Il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate: Non preghiamo con lo scopo di riferire a Dio le cose che non conosce prima che gliele diciamo. Preghiamo per avere comunione e invocare un Dio amorevole, che vuole che portiamo ogni bisogno e preoccupazione davanti al Suo trono.

i. Il proposito della preghiera non è informare Dio, ma rendere l’uomo consapevole della sua miseria; umiliare il suo cuore, accendere il suo desiderio, infuocare la sua fede, animare la sua speranza, elevare la sua anima dalla terra al cielo e ricordargli che PROPRIO LÌ ci sono suo Padre, il suo paese e la sua eredità.” (Clarke)

ii. Nei versetti seguenti Gesù darà il via a una spiegazione indimenticabile del giusto modo di pregare con le parole: “Voi dunque pregate in questa maniera”. Gesù poi dà ai Suoi discepoli un modello di preghiera, una preghiera caratterizzata da una stretta relazione, riverenza, sottomissione, fiducia e dipendenza. Poiché Luca 11:2-4 presenta un contenuto simile, è ragionevole credere che questa non sia l’unica volta che Gesù ammaestra i Suoi discepoli sull’argomento.

iii. “In contrapposizione alla preghiera esibizionista o sconsiderata, Gesù dà ai Suoi discepoli un modello. Ma tale rimane: ‘Ecco come [non cosa] dovreste pregare’.” (Carson)

iv. “Possiamo usare il Padrenostro, ma non siamo obbligati a farlo. Non deve nemmeno diventare un idolo. I riformatori non sorgono per rompere le vecchie catene solo per forgiarne di nuove.” (Bruce)

5. (9-13) La preghiera modello.

«Voi dunque pregate in questa maniera:

“Padre nostro che sei nei cieli,
Sia santificato il tuo nome.
Venga il tuo regno.
Sia fatta la tua volontà
In terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane necessario.
E perdonaci i nostri debiti,
Come anche noi perdoniamo ai nostri debitori.
E non esporci alla tentazione,
Ma liberaci dal maligno,
perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen”».

a. Padre nostro che sei nei cieli: Il giusto tipo di preghiera va a Dio come un Padre che è nei cieli. Riconosce correttamente a chi rivolgiamo la nostra preghiera, la quale si apre con un titolo privilegiato che dimostra una relazione privilegiata. I giudei del tempo difficilmente si rivolgevano a Dio chiamandolo “Padre”, perché lo consideravano un appellativo troppo intimo.

i. È vero che Dio è il potente Sovrano dell’universo, che ha creato, governa e giudicherà ogni cosa – ma è anche nostro Padre.

ii. Egli è nostro Padre, ma è il nostro Padre nei cieli. Quando diciamo “nei cieli”, ci ricordiamo della santità e della gloria di Dio. Egli è nostro Padre, ma il Padre nostro che è nei cieli.

iii. Si tratta di una preghiera incentrata sul concetto di comunità; Gesù dice: “Padre nostro” e non “Padre mio”. “L’intera preghiera ha un senso comunitario. Il pronome singolare è assente. L’uomo entra nella presenza del Padre e prega come parte della grande famiglia.” (Morgan)

iv. “Non ci sono prove che qualcuno prima di Gesù abbia usato questo termine per rivolgersi a Dio.” (Carson)

b. Sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo: Il giusto tipo di preghiera ha passione per la gloria e il piano di Dio. Il Suo nome, il Suo regno e la Sua volontà hanno la massima priorità.

i. Tutti vogliono preservare il proprio nome e la propria reputazione, ma dobbiamo resistere alla tendenza di proteggere e promuovere in primo luogo noi stessi e mettere invece al primo posto il nome, il regno e la volontà di Dio.

ii. Gesù vuole che preghiamo con il desiderio che la volontà di Dio sia fatta in terra come in cielo. In cielo non esiste disubbidienza né alcun impedimento alla volontà di Dio; sulla terra ci sono la disubbidienza e degli ostacoli almeno apparenti alla Sua volontà. I cittadini del regno di Gesù desidereranno vedere che la Sua volontà sia fatta senza impedimenti in terra come in cielo.

iii. “Colui che ci ha insegnato questa preghiera l’ha usata nel senso più assoluto. Quando il sudore insanguinato colava sul Suo volto e tutto il timore e il tremore di un uomo in agonia erano su di Lui, non contestò il decreto del Padre, ma chinò il capo e gridò: ‘Tuttavia non sia fatta la mia volontà, ma la tua’.” (Spurgeon)

iv. Un uomo può dire: “Sia fatta la tua volontà” in modi e con animo diversi. Può dirlo con fatalismo e risentimento: “Tu compirai la Tua volontà e non c’è nulla che io possa fare. La Tua volontà ha vinto, anche se non mi piace”; o può dirlo con un cuore ripieno di amore e fiducia perfetti: “Fa’ la tua volontà, perché so che non c’è di meglio. Cambiami in quelle aree in cui non comprendo o non accetto la Tua volontà”.

v. Ci si potrebbe chiedere perché Dio vuole che preghiamo che sia fatta la Sua volontà, come se non fosse in grado di compierla da sé. Dio è più che capace di eseguire la Sua volontà senza le nostre preghiere o la nostra cooperazione; eppure, ci invita a partecipare con le nostre preghiere, i nostri cuori e le nostre azioni nella realizzazione della Sua volontà in terra come in cielo.

c. Dacci oggi il nostro pane necessario. E perdonaci i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno: Il giusto tipo di preghiera porterà liberamente i propri bisogni a Dio. Questo include i bisogni di provvidenza quotidiana, perdono e forza per affrontare la tentazione.

i. Quando Gesù parla di pane, intende del pane vero, nel senso di provvidenza quotidiana. I teologi antichi lo allegorizzavano, perché non riuscivano a concepire che Gesù parlasse di una cosa di tutti i giorni come il pane in una preghiera tanto maestosa come questa. Quindi, credevano che facesse riferimento alla comunione, la cena del Signore. Alcuni hanno pensato che si riferisse a Gesù stesso come il pane della vita. Altri hanno ritenuto che alludesse alla Parola di Dio quale nostro pane quotidiano. Calvino non poté esprimersi meglio su queste interpretazioni, che non riescono a scorgere l’interesse di Dio nelle cose di tutti i giorni: “È incredibilmente assurdo”. Dio, invece, si preoccupa delle cose di tutti i giorni e per queste dovremmo pregare.

ii. “La preghiera è per le nostre necessità, non la nostra avidità. È intesa per un giorno alla volta, in linea con lo stile di vita precario di molti lavoratori del primo secolo, che venivano pagati giorno per giorno e per i quali una malattia di qualche giorno avrebbe potuto significare la tragedia.” (Carson)

iii. “Il peccato viene rappresentato qui con la nozione di debito e, poiché i nostri peccati sono molti, vengono definiti qui debiti. Dio ha creato l’uomo affinché viva per la Sua gloria e gli ha dato una legge secondo cui camminare; quando fa qualcosa che tende a non glorificare Dio, contrae un debito con la Giustizia Divina.” (Clarke)

iv. Tentazione significa letteralmente prova, non necessariamente un’istigazione a fare il male. Dio ha promesso di custodirci da ogni prova che vada oltre la nostra capacità di sopportazione (1 Corinzi 10:13).

v. “Dio, sebbene non ‘tenti’ gli uomini a compiere il male (Giacomo 1:13), permette ai Suoi figli di attraversare dei periodi di prova. Ma i discepoli, consapevoli delle proprie debolezze, non dovrebbero desiderare tali prove e dovrebbero pregare di non essere esposti a quelle situazioni in cui sono vulnerabili.” (France)

vi. “L’uomo che prega ‘Non esporci alla tentazione’ e poi vi si espone è un bugiardo davanti a Dio… ‘Non esporci alla tentazione’ è una profanità vergognosa quando procede dalle labbra di uomini che ricorrono ai luoghi di divertimento dal tono morale malvagio.” (Spurgeon)

vii. Se preghiamo sinceramente “non esporci alla tentazione”, ciò si manifesterà in diversi modi. Vorrà dire che:

·Non ci vanteremo della nostra forza.

·Non desidereremo le prove.

·Non andremo verso la tentazione.

·Non indurremo altri in tentazione.

d. Perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno: Il giusto tipo di preghiera loda Dio e attribuisce a Lui il regno e la potenza e la gloria.

i. C’è un dibattito sulla presenza di questa dossologia nel manoscritto originale redatto da Matteo o se sia stata aggiunta in seguito da un amanuense. La maggior parte degli studiosi della Bibbia ritiene che si tratti di un verso aggiunto successivamente.

ii. “Compare scritta in modi diversi in parecchi manoscritti e viene omessa dalla maggior parte dei padri, sia greci che latini. Poiché si tratta di una dossologia molto antica in uso tra i giudei e in tutte le altre petizioni di questa preghiera eccellente, non si dovrebbe, secondo me, escludere dal testo solo perché alcuni manoscritti l’hanno omessa e in altri è presente seppure in altre forme.” (Clarke)

6. (14-15) Ancora riguardo all’importanza del perdono.

«Perché, se voi perdonate agli uomini le loro offese, il vostro Padre celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini le loro offese, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre».

a. Se voi perdonate agli uomini le loro offese, il vostro Padre celeste perdonerà anche a voi: Il perdono è richiesto a coloro che sono stati perdonati. Non ci viene concesso il lusso di aggrapparci alla nostra amarezza verso altre persone.

i. “Una volta che i nostri occhi sono stati aperti per vedere l’enormità della nostra trasgressione contro Dio, le ferite che altri ci hanno procurato, in confronto, appaiono estremamente insignificanti. Se, d’altro canto, abbiamo una visione esagerata delle trasgressioni degli altri, è la prova che abbiamo minimizzato le nostre.” (Stott, citato in Carson)

b. Neppure il Padre vostro perdonerà le vostre: Gesù ha molto altro da dire riguardo al perdono (Matteo 9:2-6, 18:21-35 e Luca 17:3-4). Qui l’enfasi è sull’imperatività del perdono; sul fatto che non è un’opzione.

7. (16-18) Il modo giusto di digiunare.

«Ora, quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gli ipocriti; perché essi si sfigurano la faccia, per mostrare agli uomini che digiunano; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa pubblicamente».

a. Quando digiunate: Gesù ha parlato di queste pratiche fondamentali della vita spirituale nel Suo regno: il dare, la preghiera e ora il digiuno. Chiaramente, Gesù dava per scontato che i Suoi seguaci avrebbero digiunato.

i. L’Antico Testamento comandava il digiuno nel Giorno dell’Espiazione (Levitico 16:29-31 e 23:32-37; Numeri 29:7). Durante l’Esilio i giudei estesero la pratica del digiuno (Zaccaria 7:3-5 e 8:19).

ii. “Un digiuno è indicato dai greci con nhstiv, da nh non ed esyein mangiare; pertanto, digiunare significa una totale astinenza dal cibo per un certo tempo. Astenersi dalla carne e continuare a mangiare pesce, verdura, etc. non è affatto digiuno o si potrebbe considerare piuttosto una sua parodia. Molti pretendono di prendere la vera definizione di digiuno da Isaia 58:3 e affermano che si tratta di un digiuno dal peccato. Ciò è sbagliato; la Bibbia non parla mai di un digiuno dal peccato; l’idea stessa è ridicola e assurda, come se il peccato fosse parte del nostro cibo quotidiano.” (Clarke)

iii. Il digiuno è qualcosa di buono che è stato corrotto dall’ipocrisia dei religiosi del tempo di Gesù. La nostra natura corrotta può trasformare qualcosa di buono in qualcosa di cattivo. Un esempio odierno di una buona cosa finita male è il modo di vestirsi bene la domenica. Non c’è nulla di sbagliato in sé – può essere persino una cosa buona come espressione di riverenza; però, se è usato per competere con gli altri o attirare l’attenzione su di sé, allora qualcosa di buono si è trasformato in qualcosa di cattivo.

iv. “Il digiuno assunse un ruolo preponderante nella devozione sotto la Legge e potrebbe essere praticato più proficuamente sotto il Vangelo. I puritani lo chiamavano ‘il digiuno che ingrassa l’anima’, e molti l’hanno considerato in questo modo.” (Spurgeon)

b. Quando digiunate, non siate… come gli ipocriti: Gli scribi e i farisei ipocriti volevano assicurarsi che tutti sapessero che stavano digiunando; perciò, si mostravano mesti d’aspetto e si sfiguravano la faccia, affinché la loro agonia nel digiuno fosse visibile a tutti.

i. Solitamente i farisei digiunavano due volte a settimana (Luca 18:12). “Due volte a settimana secondo la pratica farisaica comune: giovedì e lunedì (la salita e la discesa di Mosè dal Sinai).” (Bruce)

ii. In verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio: Quando gli ipocriti ricevono l’ammirazione degli uomini per i loro sforzi “spirituali”, la loro ricompensa è tutta qui.

iii. Il vero problema degli ipocriti è l’interesse verso la propria persona. “In definitiva, la nostra unica ragione per cui compiacere gli uomini intorno a noi è compiacere noi stessi.” (D. Martin Lloyd-Jones)

c. Quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che tu digiuni: Invece, Gesù ci insegna a prenderci cura di noi stessi come al solito e a rendere il digiuno una cosa segreta davanti a Dio.

i. “L’olio qui non rappresenta gioia stravagante ma la normale cura del corpo.” (Carson)

B. Il vero valore delle cose materiali: avvertimento contro la concupiscenza.

1. (19-21) La scelta tra due tesori.

«Non vi fate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine guastano, e dove i ladri sfondano e rubano, anzi fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano. Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore».

a. Non vi fate tesori sulla terra: Il greco antico più letteralmente legge non fare tesoro per te stesso dei tesori sulla terra. L’idea è che i tesori terreni sono temporanei e svaniscono (dove la tignola e la ruggine guastano, e dove i ladri sfondano e rubano), mentre il tesoro celeste è sicuro.

i. Il punto non è che i tesori terreni sono intrinsecamente malvagi; è che il loro valore non è definitivo. Se le cose stanno così, allora è sbagliato che il discepolo di Gesù dedichi la propria vita ad espandere continuamente i propri tesori terreni.

ii. Farsi tesori sulla terra vuol dire anche che ci si condanna a una vita di frustrazioni e vuota. Per quanto riguarda le cose materiali, il segreto per la felicità non è averne di più, ma accontentarsi. Nel 1992 in un sondaggio fu chiesto alle persone quanti soldi avrebbero dovuto guadagnare per realizzare “il sogno americano”. Quelli che guadagnavano 25.000 dollari o meno credevano che intorno ai 54.000 dollari sarebbero bastati. Quelli nella fascia di reddito annuale di 100.000 dollari l’anno sostenevano che avrebbero potuto comprarsi il sogno mediamente con 192.000 dollari l’anno. Questi numeri mostrano che solitamente pensiamo che dovremmo avere il doppio delle entrate per trovare la bella vita. Ma l’Apostolo Paolo aveva la giusta concezione in 1 Timoteo 6:6: Ora la pietà è un mezzo di grande guadagno, quando uno è contento del proprio stato.

iii. “Il Maestro non dice che è sbagliato possedere tesori terreni. Dice però che è sbagliato accumularli per sé stessi. Dobbiamo custodirli come degli amministratori.” (Morgan)

b. Anzi fatevi tesori in cielo: Al contrario, i tesori celesti sono eterni e incorruttibili. I tesori in cielo danno appagamento adesso, nella contentezza e nel senso di benessere che deriva dall’essere un donatore. Ma l’appagamento perfetto arriva dall’altra parte dell’eternità.

i. È stato osservato saggiamente che al seguito di un carro funebre non c’è mai un camion dei traslochi pieno di possedimenti. Tutto quello che si vorrebbe portare con sé nell’aldilà viene lasciato alle spalle. I faraoni d’Egitto venivano sepolti insieme a oro e tesori vari da portare nell’oltretomba, ma venivano lasciati tutti qui. Inoltre, l’oro sarà anche un materiale prezioso sulla terra, ma Dio lo usa per pavimentarci le strade del cielo.

ii. Una volta Gesù ha raccontato una parabola che ha turbato alcuni. In Luca 16:1-14 parla di un amministratore disonesto che stava per essere chiamato a dar conto del proprio operato. Sapendo che sarebbe stato licenziato, cominciò a regolare i conti con i debitori del suo padrone a condizioni favorevoli ai debitori, affinché, una volta licenziato dal padrone, questi lo trattassero con riguardo. Il padrone finì per complimentarsi con il fattore per la sua tattica astuta (presumibilmente prima di licenziarlo). Il fattore infedele fu encomiabile per due ragioni. Primo, sapeva che sarebbe stato chiamato a dar conto della propria vita e prese quindi la questione sul serio. Secondo, sfruttò la sua posizione attuale per prepararsi un futuro rassicurante – e noi possiamo usare le nostre risorse materiali adesso per il bene eterno – anche se non possiamo portarle con noi.

iii. I nostri tesori materiali non passeranno da questa vita alla prossima; il bene però che è stato compiuto per il regno di Dio mediante l’impiego dei nostri tesori dura per l’eternità e l’opera che Dio fa in noi mediante un dare con fedeltà rimarrà per sempre.

c. Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore: Gesù giunse alla conclusione che si può avere il proprio tesoro (e il proprio cuore) in un solo posto; non possiamo ammassare dei tesori sulla terra e in cielo contemporaneamente.

i. “Gesù non è tanto interessato alla ricchezza dei discepoli quanto alla loro fedeltà. Come chiaramente espresso in Matteo 6:24, il materialismo è in conflitto diretto con la fedeltà a Dio.” (France)

2. (22-23) La scelta tra due modi di vedere.

«La lampada del corpo è l’occhio; se dunque l’occhio tuo è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se l’occhio tuo è viziato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso; se dunque la luce che è in te è tenebre, quanto grandi saranno quelle tenebre!»

a. La lampada del corpo è l’occhio: In parole povere, il principio è che la “luce” entra nel corpo attraverso gli occhi. Se i nostri occhi fossero ciechi, vivremmo in un mondo “buio”.

b. Se dunque l’occhio tuo è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato: L’idea alla base di avere un occhio puro è essere generosi o risoluti. Entrambi i principi si applicano all’atteggiamento del discepolo nei confronti delle cose materiali.

i. “Sembra esservi qui un deliberato doppio significato, dove haplous (puro) non solo riprende il tema della fedeltà assoluta, ma anche del distacco dalle preoccupazioni materiali, quindi della generosità.” (France)

ii. Essere generosi fa entrare la luce nelle nostre vite. Siamo più felici e più appagati quando abbiamo il cuore di generosità di Dio. Ma se non siamo generosi, è come se tutto il nostro corpo sarà tenebroso. I nostri comportamenti egoistici e miserabili gettano le tenebre su tutto ciò che pensiamo o facciamo.

iii. Essere risoluti fa entrare la luce nelle nostre vite, e siamo più felici e più appagati quando ci focalizziamo sul regno di Dio e la Sua giustizia, sapendo che tutte le cose materiali ci saranno sopraggiunte (Matteo 6:33). Ma quando siamo indecisi, è come se tutto il nostro corpo fosse tenebroso. Cerchiamo di vivere per due padroni allo stesso tempo e ciò getterà oscurità su ogni cosa nella nostra vita.

c. Illuminato… tenebroso: Ad ogni modo, Gesù ci dice che o il nostro occhio è rivolto alle cose celesti (ed è quindi illuminato), o è rivolto alle cose terrene (ed è quindi tenebroso).

i. “Malocchio era un’espressione in uso tra gli antichi giudei per denotare un uomo o una disposizione d’animo invidiosa e bramosa; un uomo che si indignava per la prosperità del suo prossimo amava il proprio denaro e non avrebbe fatto nulla in nome della carità per amore di Dio.” (Clarke)

d. Quanto grandi saranno quelle tenebre: Proseguendo con l’analogia dell’occhio, Gesù ci ricorda che, se i nostri occhi sono ciechi, lo è anche tutto il corpo. Le tenebre sono dunque grandi in tutto il nostro corpo.Allo stesso modo, il nostro atteggiamento verso i tesori materiali renderà tanto illuminate o tanto tenebrose le nostre vite.

i. Spesso un cristiano materialista, avaro ed egoista giustifica il proprio peccato dicendo: “È solo un’area della mia vita”. Eppure, proprio come le tenebre dell’occhio influenzano tutto nel corpo, così un atteggiamento sbagliato verso le cose materiali porta le tenebre al nostro intero essere.

3. (24) La scelta tra due padroni.

«Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro; oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona».

a. Nessuno può servire a due padroni: Avere due padroni non è come avere due lavori. Gesù aveva in mente la relazioni padrone-schiavo, e nessuno schiavo poteva avere due padroni.

i. Gesù dichiara che servire a due padroni è semplicemente impossibile. Ti inganni se pensi di servire due padroni con successo. Non è fattibile. Mentre l’antico Israele aveva problemi di idolatria, il popolo credeva di poter adorare il Signore Dio e Baal. Dio ricordava loro costantemente che adorare Baal significava abbandonare il Signore Dio. Essere fedeli all’uno vuol dire disprezzare l’altro.

ii. “Nella sfera naturale è impossibile che uno schiavo serva due padroni, perché entrambi lo reclamano come loro proprietà e lo schiavo dovrà rispondere al reclamo dell’uno o dell’altro in totale devozione, che sia per amore o interesse.” (Bruce)

iii. Si può dire semplicemente: Non servire il tuo denaro. Fa’ sì che il tuo denaro serva il Signore ed esso servirà te.

b. Voi non potete servire a Dio e a mammona: Ci sono opinioni diverse riguardo alle origini del termine mammona. Alcuni pensano che fosse il nome di una divinità pagana. Altri credono che il nome provenga “dall’ebraico aman, avere fiducia, confidare; perché gli uomini tendono a riporre la propria fiducia nelle ricchezze” (Clarke). Qualunque sia la sua provenienza, il significato è chiaro: mammona è il materialismo o “la personificazione delle ricchezze.” (Bruce)

i. Secondo France, il concetto di mammona era di per sé moralmente neutrale. Ciò è visibile in alcuni testi antichi ebraici in cui è utilizzata, che traducono Proverbi 3:9 con “Onora Dio con il tuo mammona” e Deuteronomio 6:5 con “Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo DIO, con… tutto il tuo mammona”. Pertanto, mammona di per sé rappresenta le cose materiali che possediamo o vogliamo, quelle cose che possono essere usate per il regno e la gloria di Dio, o diventare degli idoli.

ii. In questo frangente Gesù parla sicuramente del cuore. Molte persone affermerebbero di amare Dio, ma il loro servizio al denaro mostra, in effetti, che non è vero. Come possiamo sapere chi o cosa stiamo servendo? Un modo è ricordarsi di questo principio: Ti sacrificherai per il tuo Dio. Se ti sacrifichi per amore del denaro, ma non ti sacrifichi per amore di Gesù, non ingannare te stesso: il denaro è il tuo Dio.

iii. Dobbiamo ricordare che non dobbiamo essere ricchi per servire mammona (il denaro e le cose materiali); i poveri possono essere avari e bramosi tanto quanto i ricchi.

C. Il vero valore delle cose materiali: ansietà per le cose materiali.

1. (25) Pertanto: poiché il Regno di Dio è così grandemente superiore alle ambizioni terrene, esso merita la nostra attenzione.

«Perciò io vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?»

a. Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita: Non dobbiamo lasciarci avvinghiare dalle preoccupazioni per le cose di questo mondo, perché la nostra vita vale più di quelle cose.

i. “Si può essere infedeli a Dio sia con la sollecitudine che con la concupiscenza.” (Bruce)

ii. Quello che mangerete o berrete… di che vi vestirete: “Queste tre richieste sono il centro di tutta l’attenzione di coloro che vivono senza Dio nel mondo. Il ventre e la schiena di una persona del mondo sono il suo dio composito, e questi lei adora nella concupiscenza della carne, nella concupiscenza degli occhi e nell’orgoglio della vita.” (Clarke)

iii. Forse Adam Clarke aggiungerebbe nel nostro tempo: “Le cose che fate per intrattenere voi stessi”.

b. Non siate con ansietà solleciti: C’è differenza tra il senso di responsabilità secondo Dio e una sollecitudine carnale e sfiduciata. Tuttavia, di solito il sentimento di sollecitudine carnale e sfiduciato si maschera da responsabilità.

i. “Non si può dire che Gesù Cristo si sia fatto problemi riguardo a ciò che avrebbe dovuto mangiare o bene; il suo cibo e la sua bevanda consistevano nel fare la volontà di Suo Padre.” (Spurgeon)

ii. Dobbiamo preoccuparci delle cose giuste; le questioni fondamentali della vita – e poi lasciamo al nostro Padre celeste la gestione (e la preoccupazione) delle cose materiali.

c. La vita non vale più del cibo: Il tipo di sollecitudine affrontato da Gesù abbassa l’uomo al livello degli animali, che si preoccupano esclusivamente dei propri bisogni fisici. La tua vita vale di più e hai questioni eterne da perseguire.

2. (26-30) Un esempio e delle argomentazioni contro la sollecitudine.

«Osservate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non mietono e non raccolgono in granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi, con la sua sollecitudine, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? Perché siete in ansietà intorno al vestire? Considerate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico, che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, o uomini di poca fede?»

a. Osservate gli uccelli del cielo… il Padre vostro celeste li nutre: Dio provvede agli uccelli e si prende cura di loro. Perciò, dovremmo aspettarci che Dio si prenda cura anche di noi.

i. Ma fate molta attenzione: gli uccelli non si preoccupano, però lavorano. Gli uccelli non rimangono semplicemente seduti con le bocche aperte, aspettando che Dio le riempia.

ii. “Questa argomentazione presupponeva una cosmologia biblica, senza la quale la fede non ha senso. Dio è talmente sovrano sull’universo che persino l’alimentazione di un passero rientra nelle Sue preoccupazioni.” (Carson)

b. Non valete voi molto più di loro: La sollecitudine che molti hanno per le cose materiali della vita è radicata in una povera comprensione del loro valore davanti a Dio. Non realizzano quanto Egli li ama e si preoccupa per loro.

c. E chi di voi, con la sua sollecitudine, può aggiungere alla sua statura un sol cubito: La sollecitudine non porta a nulla; non possiamo aggiungere nulla alle nostre vite con la nostra preoccupazione. Ci sono sicuramente peccati peggiori della sollecitudine, ma non ce ne sono di più deleteri e inutili.

i. Può aggiungere: Anche se in greco antico significa aggiungere alla vita piuttosto che aggiungere alla statura, il concetto è lo stesso. In effetti, invece di aggiungere alla nostra vita, possiamo procurarci dei danni con la sollecitudine. Lo stress è uno dei grandi responsabili delle malattie e della cattiva salute.

d. Se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi: Poiché Dio ha cura persino dell’erba dei campi, si prenderà certamente cura di te. Abbiamo fiducia nella potenza e nella cura di un Padre celeste amorevole.

i. Uomini di poca fede: “‘Poca fede’ non è poca colpa, perché reca molto dispiacere al Signore e affligge tristemente la mente apprensiva. Ritenere che il Signore, che riveste i gigli, lasci nudi i Suoi figli è vergognoso. Oh, piccola fede, impara le buone maniere!” (Spurgeon)

3. (31-32) Hai un Padre celeste che conosce i tuoi bisogni.

«Non siate dunque in ansietà, dicendo: “Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo?” Poiché sono i gentili quelli che cercano tutte queste cose; il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose».

a. Non siate dunque in ansietà: Siamo invitati a sperimentare la libertà dalla preoccupazione e dall’ansietà generate da una sollecitudine eccessiva per le cose materiali. Possiamo riflettere lo stesso tipo di cuore che Matthew Henry mostrò con le seguenti parole dopo essere stato derubato:

Signore, Ti ringrazio:
Che non sono mai stato derubato prima.
Che, pur avendo preso i miei soldi, mi hanno risparmiato la vita.
Che, sebbene abbiano preso tutto, non era molto.
Che sono stato io quello derubato, non io ad aver derubato.

b. Poiché sono i gentili quelli che cercano tutte queste cose: Gesù mostra la differenza tra la vita di coloro che non conoscono Dio e sono separati da Lui e la vita di coloro che invece Lo conoscono e ricevono la Sua cura amorevole. Coloro che conoscono non dovrebbero cercare altre cose.

4. (33) Riepilogo: Metti il regno di Dio al primo posto – Lui si prenderà cura di queste cose!

«Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte».

a. Ma cercate prima il regno di Dio: Questa dev’essere la nostra regola di vita quando mettiamo in ordine le nostre priorità. È però sbagliato pensare che questa sia soltanto un’altra priorità da mettere in cima alla lista delle priorità. Invece, in tutto ciò che facciamo, cerchiamo prima il regno di Dio.

i. Per esempio, raramente dobbiamo scegliere tra onorare Dio, amare le nostre mogli o essere dei buoni lavoratori. Onoriamo Dio e cerchiamo prima il regno di Dio se siamo dei buoni mariti e dei buoni lavoratori.

ii. Dobbiamo ricordarci di questa affermazione anche nel suo contesto immediato. Gesù ci ricorda che il nostro benessere fisico non è una cosa degna a cui dedicare le nostre vite. Se credi che sia giusto che il tuo dio sia mammona, allora la tua vita è maledetta dalla sollecitudine e vivi la vita alla stregua di un animale, che si preoccupa quasi esclusivamente dei propri bisogni fisici.

iii. Gesù non ha detto loro soltanto di smettere di preoccuparsi; ha detto loro di rimpiazzare la loro preoccupazione con un interesse per il regno di Dio. A un’abitudine o una passione si può rinunciare soltanto per un’abitudine o una passione più grande.

iv. “Ciò che questo versetto richiede è, dunque, una dedizione a trovare e compiere la volontà di Dio, di allearsi totalmente con il Suo proposito. E questa dedizione deve essere messa al primo posto.” (France)

b. E tutte queste cose vi saranno sopraggiunte: Se metti il regno di Dio al primo posto e non pensi al tuo benessere fisico come qualcosa di degno per cui vivere, allora puoi godere di tutte queste cose. Egli promette tesori celesti, riposo nella provvidenza divina e il compimento del più alto proposito di Dio per l’uomo: la comunione con Lui ed essere parte del Suo regno.

i. Questa scelta – cercare prima il regno di Dio – è la scelta fondamentale che ognuno deve fare quando si ravvede e si converte. Ciononostante, ogni giorno che seguirà la nostra vita cristiana rafforzerà quella decisione o la contraddirà.

5. (34) Una conclusione con buonsenso.

«Non siate dunque in ansietà del domani, perché il domani si prenderà cura per conto suo. Basta a ciascun giorno il suo affanno».

a. Non siate dunque in ansietà del domani: Se devi preoccuparti, preoccupati solo delle cose di oggi. Molta della nostra ansietà è riguardo a cose su cui non abbiamo comunque alcun controllo, ed è perciò sciocca e dannosa.

b. Basta a ciascun giorno il suo affanno: Gesù ci ricorda dell’importanza di vivere per il giorno presente. Non è sbagliato ricordare il passato o pianificare il futuro; in una qualche misura, entrambi sono cose buone. Eppure, è facile focalizzarsi eccessivamente sul passato o sul futuro e ignorare il giorno e il suo affanno. Dio vuole che ricordiamo il passato, pianifichiamo il futuro, ma viviamo nel presente.

© 2023 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

Categories: Italian Commentary

© Copyright 2018 - Enduring Word       |      Site Hosted & Maintained by Local View Marketing    |    Privacy Policy