Luca 6




Luca 6 – Il Sermone in un Luogo Pianeggiante

A. Gesù e la controversia riguardo al sabato.

1. (1-2) La fonte della controversia: i discepoli vengono accusati di aver “mietuto” in giorno di sabato.

Or avvenne in un giorno di sabato, dopo il grande sabato, che egli camminava attraverso i campi di grano, ed i suoi discepoli coglievano delle spighe e le mangiavano, sfregandole con le mani. E alcuni dei farisei dissero loro: «Perché fate ciò che non è lecito fare nei giorni di sabato?».

a. Or avvenne in un giorno di sabato: Alcune traduzioni riportano “nel secondo sabato”. Se il primo sabato è quello menzionato in Luca 4:31, Luca fornisce un indicatore temporale per mostrare quanto Gesù fosse stato impegnato nelle due settimane (secondo sabato) trascorse dall’ultimo sabato menzionato in Luca 4:31.

i. Clarke, insieme ad altri, crede che l’espressione si riferisca al primo sabato dopo la Pasqua. Tuttavia, essendoci alcune difficoltà testuali secondo questa lettura, potrebbe semplicemente significare “in un giorno di sabato”.

b. I suoi discepoli coglievano delle spighe e le mangiavano, sfregandole con le mani: Non stavano facendo nulla di sbagliato. Il loro spigolare non era considerato un furto, secondo quanto previsto per i poveri del paese in Deuteronomio 23:25.

c. Perché fate ciò che non è lecito fare nei giorni di sabato? Il problema era il giorno in cui lo facevano. I rabbini avevano stilato una lista elaborata contenente le azioni permesse o proibite in giorno di sabato: spigolare era una di quelle vietate.

i. Agli occhi dei capi religiosi, ciò che i discepoli fecero li rese colpevoli di aver mietuto, trebbiato, vagliato e preparato del cibo. Avevano, quindi, commesso quattro violazioni del sabato in un solo boccone.

ii. Ancora oggi è questo l’approccio al sabato degli ebrei ortodossi. All’inizio del 1992 alcuni inquilini lasciarono bruciare tre appartamenti in un quartiere ortodosso in Israele, perché chiesero prima a un rabbino se telefonare ai vigili del fuoco di sabato avrebbe violato la legge ebraica. Agli ebrei praticanti è proibito usare il telefono durante il sabato, perché così facendo userebbero corrente elettrica, considerata una forma di lavoro. Nella mezz’ora che il rabbino impiegò per decidere “sì”, l’incendio si propagò a due appartamenti vicini.

iii. A quel tempo molti rabbini ormai avevano riempito il giudaismo di complicati rituali relativi al sabato e all’osservanza di altre leggi. Gli antichi rabbini insegnavano che durante il sabato era proibito fare nodi – ad eccezione delle donne, che potevano fare un nodo alla cintura. Quindi, se si doveva sollevare un secchio d’acqua da un pozzo, non si poteva legare una corda al secchio, ma una donna poteva legare la sua cintura al secchio e poi alla corda.

2. (3-5) Gesù risponde all’accusa con due principi importanti.

Ma Gesù, rispondendo, disse loro: «Non avete voi letto ciò che fece Davide e coloro che erano con lui quando ebbe fame? Come egli entrò nella casa di Dio, prese i pani della presentazione, e ne mangiò e ne diede anche a quelli che erano con lui, sebbene non fosse lecito mangiarne se non ai soli sacerdoti?». Poi disse loro: «Il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato».

a. Non avete voi letto: Gesù non andò alla leggera, rivolgendo tale rimprovero ai capi religiosi (i farisei di Luca 6:2), che confidavano nella loro conoscenza delle Scritture. In questo modo Gesù metteva in dubbio che essi avessero mai letto o compreso le loro Bibbie, insinuando che essi ignorassero il punto essenziale dell’evento dell’Antico Testamento riportato di seguito.

i. “È possibile leggere meticolosamente le Scritture, conoscere la Bibbia da cima a fondo, essere in grado di citarla alla lettera e superare qualsiasi esame che la riguardi – e comunque non cogliere affatto il suo vero significato.” (Barclay)

b. Ciò che fece Davide […] quando ebbe fame: Il riferimento all’uso da parte di Davide del pane santo (i pani della presentazione) in 1 Samuele 21:1-6 espone il primo principio: il bisogno umano è più importante del rituale religioso.

i. Ed è proprio questo principio che molti, immersi nella tradizione, non riescono ad accettare.

·Non credono che ciò che Dio vuole veramente sia la misericordia prima del sacrificio (Osea 6:6).

·Non credono che l’amore per gli altri sia più importante dei rituali religiosi (Isaia 58:1-9).

·Non credono che i sacrifici di Dio sono lo spirito rotto; o DIO, tu non disprezzi il cuore rotto e contrito (Salmo 51:17).

ii. “Qualsiasi applicazione della legge del sabato che operi a danno dell’uomo non è in armonia con il proposito di Dio.” (Morgan)

iii. La vicenda di Davide era una valida difesa, perché:

·Riguardava il mangiare.

·Accadde probabilmente di sabato (1 Samuele 21:6).

·Non riguardava solo Davide, ma anche i suoi seguaci.

c. Il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato: Il secondo principio era ancora più drastico: Gesù aveva dichiarato di essere il Signore del sabato. Se quindi Lui, il Signore del sabato, non era stato offeso dalle azioni dei Suoi discepoli, allora nemmeno i capi religiosi avrebbero dovuto esserne risentiti.

i. Si trattava di una chiara dichiarazione di divinità. Gesù affermava di avere l’autorità di sapere se i suoi discepoli avessero realmente infranto la legge del sabato, perché Egli è Signore del sabato.

3. (6-8) Gesù entra nella sinagoga e vede l’uomo dalla mano secca.

Or avvenne in un altro sabato che egli entrò nella sinagoga e insegnava; or là c’era un uomo la cui mano destra era secca. E i farisei e gli scribi lo stavano osservando se lo avesse guarito di sabato, per poi accusarlo. Ma egli conosceva i loro pensieri e disse all’uomo dalla mano secca: «Alzati e mettiti qui nel mezzo». Ed egli si alzò in piedi.

a. Egli entrò nella sinagoga: Nonostante si veda una crescente opposizione contro Gesù e i Suoi seguaci, Gesù continuava a frequentare la sinagoga e non rinunciava all’adunanza con il popolo di Dio – pur avendo ogni motivo per abbandonarla.

b. E i farisei e gli scribi lo stavano osservando se lo avesse guarito di sabato: Sebbene i farisei ammettessero con il loro stesso comportamento che Gesù aveva il potere da Dio di fare miracoli, cercavano comunque di incastrarlo. Era come se un uomo, in grado di volare, venisse arrestato dalle autorità per non essere atterrato negli aeroporti.

i. I capi religiosi stavano osservando Gesù da vicino, ma senza un cuore d’amore verso di Lui. È possibile osservare Gesù e comunque avere il cuore lontano da Lui.

ii. “Può anche darsi che abbiano cercato intenzionalmente di incastrare Gesù portando l’uomo nella sinagoga.” (Pate) Forse si aspettavano più loro un tale miracolo da Gesù che i Suoi seguaci.

4. (9-11) Il Signore del sabato guarisce di sabato.

Quindi Gesù disse loro: «Io vi domando: È lecito, nei giorni di sabato, fare del bene o del male, salvare una persona o ucciderla?». E, volgendo lo sguardo intorno su tutti loro, disse a quell’uomo: «Stendi la tua mano!». Ed egli lo fece, e la sua mano fu resa sana come l’altra. Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra loro che cosa potessero fare a Gesù.

a. È lecito, nei giorni di sabato, fare del bene o del male, salvare una persona o ucciderla? Nella Sua domanda ai capi religiosi, Gesù sottolineò la verità riguardo al sabato: non c’è mai un giorno sbagliato per fare veramente del bene.

i. Con il loro approccio legalistico (che andava ben oltre i comandamenti della Bibbia stessa), i capi religiosi del tempo di Gesù trascuravano chiaramente gli atti di compassione e di amore verso i bisognosi. “Sicuramente non c’è profanazione delle ordinanze divine più potente di quella che blocca il fluire della compassione.” (Morgan)

ii. La sfida del cristiano moderno è quella di mostrare amore e compassione a tutti e, allo stesso tempo, di sostenere fedelmente gli standard morali chiaramente dichiarati da Dio sulle questioni di controversia sociale.

b. Stendi la tua mano: Dicendo: “stendi la tua mano”, Gesù comandò all’uomo di fare qualcosa di impossibile date le sue condizioni. Tuttavia, Gesù non diede solo il comando ma anche la capacità di eseguirlo; l’uomo fece lo sforzo e fu guarito.

c. Essi furono pieni di rabbia: La reazione dei capi religiosi fu scioccante ma vera. Compiendo quel miracolo di sabato, Gesù soddisfò i bisogni della gente semplice e infranse le meschine tradizioni dell’establishment religioso. Ovviamente, la loro rabbia e il complotto di omicidio (discutevano fra loro che cosa potessero fare a Gesù) erano violazioni del sabato ben più grandi della guarigione della mano secca dell’uomo.

i. Gesù rimproverava spesso i capi religiosi del tempo a motivo di questo loro atteggiamento. Egli diceva loro: trascurando infatti il comandamento di Dio, vi attenete alla tradizione degli uomini… Voi siete abili nell’annullare il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione… annullando così la parola di Dio con la vostra tradizione (Marco 7:8-9, 7:13).

ii. Gesù non stava cercando di riformare il sabato, piuttosto di mostrare che nella loro comprensione del sabato ne avevano completamente mancato il senso. Un legalista vuole discutere le regole, ma il punto della questione non era determinare quali fossero le regole giuste; piuttosto, era indicare il modo fondamentale in cui ci si può avvicinare a Dio. Sottolineiamo che esso non si basa su ciò che noi facciamo per Lui, ma su ciò che Lui ha fatto per noi in Gesù Cristo.

B. La scelta dei dodici apostoli.

1. (12-13) Gesù sceglie i dodici.

Or avvenne in quei giorni che egli se ne andò sul monte a pregare, e passò la notte in preghiera a Dio. E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, e ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli:

a. Or avvenne in quei giorni che egli se ne andò sul monte a pregare: Gesù era arrivato a un punto critico del Suo ministero:

·Aveva offeso le tradizioni dei capi religiosi, che in risposta iniziarono a tramare la Sua morte.

·Anche i leader politici cominciarono a complottare la Sua disfatta (secondo Marco 3:6).

·Lo seguivano grandi folle, che però non erano interessate al Suo messaggio spirituale e avrebbero potuto rivoltarsi contro di Lui con poco.

i. In risposta alle pressioni e all’instabilità delle situazioni, Gesù si appartò per un tempo di preghiera speciale. Sicuramente Gesù pregava costantemente, ma per questa particolare necessità se ne andò sul monte a pregare. “Gesù quindi, per evitare interruzioni, per dare a Sé Stesso l’opportunità di aprirsi completamente e per evitare l’ostentazione, cercò il monte.” (Spurgeon)

ii. Poi Gesù, essendo solo sul monte, passò la notte in preghiera, prima di scegliere tra i discepoli i dodici che sarebbero poi diventati i Suoi apostoli.

b. E passò la notte in preghiera a Dio: Gesù stava per scegliere i Suoi discepoli. Da un certo punto di vista, durante i tre anni di ministero di Gesù prima della croce non ci fu nulla di più importante di questo. Erano gli uomini che avrebbero portato avanti ciò che Lui aveva iniziato, senza i quali l’opera di Gesù non si sarebbe mai estesa al mondo intero. Non c’è da meravigliarsi che Gesù abbia dedicato un’intera notte di preghiera a una scelta tanto cruciale.

i. Gesù, pur essendo Dio, non si affidò alla Sua infinita conoscenza per scegliere gli apostoli, ma pregò tutta la notte. Come ogni altra Sua lotta, Gesù affrontò anche questa come uomo, un uomo che aveva bisogno di cercare la volontà del Padre e di affidarsi alla potenza dello Spirito Santo proprio come noi.

ii. Passò la notte: “Una sola notte in preghiera potrebbe renderci uomini nuovi, trasformando la povertà dell’anima in ricchezza spirituale, portandoci dal tremore al trionfo.” (Spurgeon)

c. Chiamò a sé i suoi discepoli: I discepoli (così come gli apostoli) appartenevano a Gesù. Essi non apparterranno mai a nessun uomo, solo a Gesù. Sono i Suoi discepoli.

i. “Nel I secolo un discepolo era un discente, uno studente che non solo studiava una materia, ma seguiva anche l’insegnante. Nel ‘discepolo’ c’è una componente di attaccamento personale che manca nello ‘studente’.” (Morris)

d. E ne scelse dodici: Gesù scelse dodici apostoli perché questi sarebbero stati il fondamento del nuovo popolo eletto. Come Israele aveva dodici tribù, così Gesù avrebbe avuto dodici apostoli.

e. Ai quali diede anche il nome di apostoli: Tra tutti i Suoi seguaci (il gruppo più esteso dei discepoli), ne scelse dodici, costituendoli apostoli.

i. Apostolo in greco antico richiama il concetto di “ambasciatore”. “Nel greco la parola è apostolos e significa ‘mandato’.” (Pate) Descrive una persona che ne rappresenta un’altra e che ha un messaggio da parte del mittente. In questo senso, anche Gesù era un apostolo secondo Ebrei 3:1: considerate l’apostolo e il sommo sacerdote della nostra confessione di fede, Gesù Cristo.

2. (14-16) L’elenco dei dodici.

Simone, che soprannominò Pietro, e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo d’Alfeo e Simone, chiamato Zelota, Giuda, fratello di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu anche il traditore.

a. Pietro… Andrea… Giacomo e Giovanni: Non sappiamo molto della maggior parte di questi uomini. Di Pietro, Giacomo, Giovanni e Giuda conosciamo qualche dettaglio, ma degli altri otto sappiamo praticamente solo il loro nome. La loro fama è riservata al cielo, dove i loro nomi sono sulle dodici fondamenta della città celeste di Dio (Apocalisse 21:14).

b. Tra i dodici c’erano molti legami interessanti: alcuni erano fratelli (Giacomo e Giovanni, Pietro e Andrea), soci in affari (Pietro, Giacomo e Giovanni erano tutti pescatori), oppositori politici (Matteo, il pubblicano che collaborava con i Romani, e Simone, lo zelota che odiava i Romani) e uno che avrebbe tradito Gesù (Giuda Iscariota).

i. “Il cognome di Giuda, Iscariota, indica probabilmente la sua provenienza, da Kerioth; sembra quindi che fosse l’unico giudeo tra i Dodici.” (Geldenhuys)

ii. Sembra che i nomi dei Dodici vengano solitamente elencati in coppie. “Poiché Gesù inviava i Suoi apostoli a due a due, questo era un modo logico per elencarli.” (Wiersbe)

·Pietro e Andrea.

·Giacomo e Giovanni.

·Filippo e Bartolomeo (chiamato anche Natanaele in Giovanni 1:45).

·Matteo (Levi) e Tommaso (il cui nome significa “gemello”).

·Giacomo, figlio di Alfeo, e Simone lo Zelota.

·Giuda, il figlio di Giacomo (chiamato anche Taddeo in Marco 3:18) e Giuda Iscariota.

c. Giuda Iscariota, che fu anche il traditore: Gesù scelse Giuda, sapendo quello che sarebbe diventato, un traditore. In un momento successivo, Gesù avrebbe detto ai Suoi di averli scelti Lui e che uno di loro era un diavolo (Giovanni 6:70).

i. Gesù aveva anche molti altri tra cui scegliere, ma scelse questi dodici.

ii. Gesù non era alla ricerca di una persona spigolosa per fare scandalo o polemica. Durante il ministero di Gesù non si legge di altri scandali legati a Giuda. Sembra che gli altri discepoli abbiano fatto cose peggiori durante i tre anni trascorsi con Gesù.

iii. Gesù scelse Giuda conoscendolo e sapendo ciò che avrebbe fatto, ma con la consapevolezza anche che Dio avrebbe permesso e persino usato il grande male perpetrato da Giuda per un grande bene, nonostante le sue intenzioni.

iv. Una volta un uomo chiese a un teologo: “Perché Gesù ha scelto Giuda Iscariota come Suo discepolo?”. L’insegnante rispose: “Non lo so, ma ho una domanda ancora più complicata: perché Gesù ha scelto me?”.

3. (17-19) Gesù opera guarigioni e liberazioni tra la folla.

Poi, sceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante, con la folla dei suoi discepoli e con un gran numero di popolo da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per udirlo e per essere guariti dalle loro malattie; e anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi erano guariti. E tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una potenza che guariva tutti.

a. Sceso con loro: Gesù scese con loro (i Suoi discepoli) per servire e benedire la folla. Non solo insegnava loro cosa significa servire gli altri, ma voleva che Lo aiutassero. In questa occasione i discepoli sembravano lavorare come una squadra.

i. Sebbene Gesù avrebbe potuto fare tutto da solo, era importante che lavorasse insieme ai Dodici come una squadra, per il loro bene e per il bene dell’opera.

b. Si fermò in un luogo pianeggiante: L’opera descritta in questi pochi versi e l’insegnamento riportato fino alla fine del capitolo si verificarono in un luogo pianeggiante. Per alcuni, questa è un’utile distinzione che distingue il seguente insegnamento dal Sermone sul monte di Matteo 5-7.

i. Tuttavia, alcuni hanno osservato che l’area intorno al mar di Galilea – compreso il tradizionale Monte delle Beatitudini, dove si dice che sia stato insegnato il Sermone sul monte – sembra una montagna quando si guarda dal mar di Galilea, ma appare come un luogo pianeggiante quando ci si trova sopra.

c. Un gran numero di popolo da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone: La gente veniva da Gesù da grandi distanze per essere guarita e liberata dagli spiriti demoniaci, anche da città gentili come Tiro e Sidone.

d. E tutta la folla cercava di toccarlo: Si trattava di una scena intensa, con centinaia o migliaia di persone che si accalcavano su Gesù per toccarlo, sperando di ricevere un miracolo da Lui. In quella scena e in quel contesto, Gesù insegnò loro. Potremmo dire che interruppe le guarigioni per tenere uno studio biblico.

e. Da lui usciva una potenza che guariva tutti: Gesù non solo aveva la potenza di Dio in sé, ma quella stessa potenza usciva da lui mentre li guariva tutti.

i. Quando la donna con il flusso di sangue toccò il lembo della veste di Gesù e fu guarita, di Gesù si legge: subito Gesù, avvertendo in sé stesso che una potenza era uscita da lui (Marco 5:30). Mentre Gesù serviva i bisogni degli altri, sia con la predicazione e l’insegnamento sia nelle opere miracolose, c’era qualcosa che usciva da Lui. Aveva un prezzo essere usato da Dio e servire gli altri.

4. (20a) Gesù si prepara a insegnare ai Suoi discepoli e alla moltitudine.

Quindi egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

a. Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli: Gesù inizia qui una sezione del Suo insegnamento spesso chiamato il Sermone della pianura, perché fu tenuto in un luogo pianeggiante (Luca 6:17) e per distinguerlo dal Sermone sul monte di Matteo 5-7.

i. L’insegnamento riportato in Matteo 5-7 ha molte somiglianze con il passo in Luca, ma ha anche delle differenze. Principalmente, il racconto di Luca è molto più breve. Molti si chiedono se si tratti di due episodi diversi o della stessa occasione.

ii. Gli studiosi si dividono sulla questione. Bisogna ricordare però che Gesù era un predicatore itinerante, che poneva l’accento soprattutto sul Regno di Dio (cfr. Luca 4:43).

iii. I predicatori itineranti spesso si ripetono a folle diverse, specialmente quando insegnano sullo stesso argomento. Si tratta probabilmente del medesimo sermone di Matteo 5-7, ma forse in un momento e in un luogo diverso.

b. Verso i suoi discepoli: Non è un caso che nel Vangelo di Luca Gesù predichi questo grande messaggio subito dopo la scelta dei dodici (Luca 6:12-16) e prima di mandare quei discepoli a predicare in tutte le città della Galilea (Luca 9:1-6). Faceva parte del loro insegnamento ascoltare e comprendere quel messaggio, perché aiutava a spiegare chiaramente cosa significava essere un seguace di Gesù, il Messia.

i. “Si può supporre che il sermone avesse una duplice funzione: incoraggiare la fedeltà tra i discepoli di Gesù e sfidare chi non era discepolo a seguirlo.” (Pate)

ii. È chiaro che il Sermone della Pianura (come il Sermone sul Monte) ebbe un impatto significativo sulla chiesa primitiva. I primi cristiani vi facevano costante riferimento e le loro vite brillavano della gloria di un discepolato radicale.

c. Diceva: Ciò che Gesù disse nel Sermone della Pianura (e nel Sermone sul Monte) è stato a lungo riconosciuto come la somma dell’insegnamento etico di Gesù – o di chiunque altro. Nel Sermone della Pianura, Gesù insegnò ai Suoi seguaci – e a coloro che aspiravano di diventare tali – come vivere.

i. Qualcuno ha detto che, se si prendessero tutti i buoni consigli su come vivere mai pronunciati da qualsiasi filosofo, psichiatra o consulente e si togliessero le sciocchezze riducendo il tutto all’essenziale, rimarrebbe una povera imitazione di questo grande messaggio insegnato da Gesù.

ii. Il Sermone sul Monte è talvolta considerato la “Dichiarazione del Regno” di Gesù. I rivoluzionari americani avevano la loro Dichiarazione d’indipendenza e Karl Marx aveva il suo Manifesto comunista. Con il Suo messaggio, Gesù illustrò il programma e il piano del Suo Regno.

iii. Il sermone presenta un programma radicalmente diverso da quello che la nazione d’Israele si aspettava dal Messia, senza alcuna allusione alle benedizioni politiche o materiali del Suo regno. Invece, esprime le implicazioni spirituali del regno di Gesù nella nostra vita. Questo grande messaggio ci dice come vengono trasformate le nostre vite quando Gesù diventa il nostro Signore.

iv. È importante comprendere che il Sermone sul Monte non tratta della salvezza in quanto tale, ma espone al discepolo e al potenziale discepolo l’etica e la vita quotidiana quando Gesù diventa il Re della sua vita.

v. “Ci troviamo probabilmente di fronte a un esempio del metodo ebraico di predicazione. Gli ebrei chiamavano la predicazione Charaz, che significa infilare perline. I rabbini sostenevano che il predicatore non doveva mai soffermarsi più di qualche istante su un argomento, ma, per mantenere l’interesse, doveva passare rapidamente da un argomento all’altro.” (Barclay)

C. Il piano sorprendente del regno di Dio.

1. (20b) Benedizioni per i poveri.

«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio».

a. Beati: Gesù prometteva la benedizione ai Suoi discepoli, dicendo che i poveri in spirito sarebbero stati benedetti (beati). Il significato alla base della parola beati nel greco antico è “felice”, ma nel senso più vero e divino della parola, non in quello moderno di un benessere momentaneo.

i. La stessa parola usata qui per beati, che in un certo senso significa “felice”, in 1 Timoteo 1:11 è attribuita a Dio: secondo l’evangelo della gloria del beato Dio. “Makarios descrive quindi quella gioia che ha insito in sé il suo segreto, quella gioia serena, intoccabile e autosufficiente, che è completamente indipendente da tutte le variabili e i cambiamenti della vita.” (Barclay)

ii. In Matteo 25:34 Gesù afferma che nel giorno del giudizio dirà al Suo popolo: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. In quel giorno Egli giudicherà i benedetti e i maledetti – Egli sa e spiega quali sono i requisiti per i benedetti. Possiamo anche dire che nessuno è mai stato più beato di Gesù; Lui sa cosa vuol dire vivere una vita beata.

iii. “Inoltre, notate con piacere che la benedizione è, in ogni caso, posta al presente, una felicità da godere ora e nella quale rallegrarsi. Non dice: ‘Beati saranno’, bensì ‘Beati sono’.” (Spurgeon)

b. Beati voi, poveri: Il greco antico aveva diverse parole con cui era possibile descrivere la povertà. Gesù ne usa una che indica una grave povertà, qualcuno che deve mendicare per tutto quello che ha o riceve.

i. Di primo acchito, l’affermazione ci colpisce per la sua stranezza. Beati perché poveri? Non ha alcun senso. Eppure, la forza e la saggezza di questa verità risiedono nel fatto che il povero deve cercare dagli altri ciò di cui ha bisogno. Non si illude della sua capacità di poter provvedere a sé stesso.

ii. Sebbene ci sia molta saggezza pratica nell’insegnamento di Gesù, Egli era un uomo spirituale e insegnava su temi spirituali. La povertà cui alludeva Gesù è la povertà di spirito, espressione usata proprio nel sermone di Matteo 5.

iii. I poveri in spirito riconoscono di non avere beni spirituali e sanno di essere dei falliti, spiritualmente parlando. La povertà di spirito non può essere indotta artificialmente dall’odio verso sé stessi, ma è una condizione che riconosciamo quando lo Spirito Santo lavora nel nostro cuore e noi rispondiamo a Lui.

iv. Tutti possono iniziare da qui; non sono beati prima i puri o i santi o gli spirituali o i meravigliosi. Tutti possono essere poveri in spirito. “Non ciò che ho, ma ciò che non ho è il primo punto di contatto tra la mia anima e Dio.” (Spurgeon)

c. Perché vostro è il regno di Dio: Eppure, i poveri in spirito – così poveri da dover mendicare – vengono premiati: ricevono il regno di Dio. Pertanto, la povertà di spirito è un prerequisito assoluto per ricevere il regno, perché, finché ci illudiamo di possedere delle risorse spirituali, non riceveremo mai da Dio ciò di cui abbiamo assolutamente bisogno.

i. La benedizione ai poveri si trova al primo posto per una ragione, perché mette in prospettiva i comandamenti successivi, che non possiamo osservare con le nostre forze, ma solo riponendo la nostra fiducia, come quella di un mendicante, nella potenza di Dio.

2. (21a) Benedizioni per gli affamati.

«Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati».

a. Beati voi, che ora avete fame: La persona affamata cerca. Cerca il cibo e spera di soddisfare il suo appetito. La sua fame la motiva e le fornisce un unico obiettivo. Gesù paragona lo stato di beatitudine di coloro che si focalizzano su di Lui e sulla Sua giustizia a un affamato che si focalizza sul cibo.

·Questa passione è reale, proprio come lo è la fame.

·Questa passione è naturale, come lo è la fame in una persona sana.

·Questa passione è intensa, proprio come la fame.

·Questa passione può essere dolorosa, proprio come la vera fame può causare dolore.

·Questa passione è una forza motrice, proprio come la fame può motivare un uomo.

·Questa passione è un segno di salute, proprio come avere fame è segno di salute fisica.

i. È bene ricordare che Gesù disse questo in un tempo e a una cultura che sapeva bene ciò che significa avere fame e sete. L’uomo di oggi – almeno nel mondo occidentale – spesso non ha familiarità con i bisogni primari della fame e della sete. È per questo che ci viene difficile avere fame e sete di Gesù e della Sua giustizia.

ii. In Matteo Gesù dà un messaggio simile usando queste parole: Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati. (Matteo 5:6). Poiché Gesù allude a qualcosa che va oltre la fame fisica, anche il Suo sermone in Luca implica lo stesso tipo di bisogno. La fame di giustizia può esprimersi in diversi modi:

·Desiderando di avere una natura retta.

·Desiderando di essere santificati, di essere resi più santi.

·Desiderando di continuare nella giustizia di Dio.

·Desiderando di vedere la valorizzazione della rettitudine nel mondo.

b. Perché sarete saziati: Gesù ha promesso di saziare l’affamato; di saziarlo con tutto quello che riesce a mangiare. È un riempimento strano, che ci soddisfa e allo stesso tempo ci fa desiderare di più.

3. (21b) Benedizioni per coloro che piangono.

«Beati voi, che ora piangete, perché riderete».

a. Beati voi, che ora piangete: Il pianto è per la condizione di povertà e di indigenza dell’individuo e della società, ma con la consapevolezza che la povertà e l’indigenza sono dovute al peccato. Voi che piangete in realtà piangete a causa del peccato e dei suoi effetti.

i. Questo pianto è la tristezza secondo Dio che produce ravvedimento a salvezza, che Paolo descrive in 2 Corinzi 7:10. Coloro che piangono possono conoscere di Dio qualcosa di speciale: la comunione delle Sue sofferenze (Filippesi 3:10), un’intimità con l’uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza (Isaia 53:3).

ii. “Non credo in quella fede che non ha lacrime negli occhi quando guarda a Gesù. La fede dagli occhi asciutti mi sembra una fede illegittima, non nata dallo Spirito di Dio.” (Spurgeon)

b. Perché riderete: Colui che fa cordoglio per la propria condizione spirituale può veramente ridere quando Dio sistema le cose. Il pianto può durare per una notte, ma al mattino erompe un grido di gioia. (Salmo 30:5).

c. Ora: In ognuna di queste tre affermazioni paradossali – che descrivono la condizione spirituale di una persona in termini di povertà, fame e cordoglio – Gesù usa una parola piena di speranza, ora.

·Ora sei povero; un giorno riceverai il regno.

·Ora hai fame; un giorno sarai saziato.

·Ora piangi; un giorno riderai.

i. Alcuni pensano che Gesù fosse più un sindacalista o un rivoluzionario che un vero predicatore e maestro, e che Gesù intendesse che queste dichiarazioni di benedizione sovvertissero l’ordine sociale e dessero potere agli oppressi.

ii. In effetti, Gesù aveva estremamente a cuore di dare potere agli oppressi, ma si concentrò contro la più grande di tutte le oppressioni – la tirannia del peccato e la separazione dell’uomo da Dio. Pur non ignorando il bisogno dei poveri, degli affamati e dei sofferenti in senso fisico, Gesù si concentrò sulla rivoluzione spirituale che avrebbe cambiato loro e, infine, la società.

iii. Infatti, ciò che Gesù disse qui va contro lo spirito del rivoluzionario sociale, perché dava speranza alle persone nella loro povertà, fame e sofferenza. Il rivoluzionario vuole portare via quella speranza, esigendo che le persone intraprendano un’azione immediata (spesso violenta, a volte omicida) per cambiare, si spera, le cose. Il frutto amaro di questo pensiero può essere contato nelle centinaia di milioni di morti avvenute per mano degli assassini dell’ideologia comunista. Gesù mostra una via migliore, una via di vera speranza.

4. (22-23) Benedizioni per coloro che ricevono odio.

«Beati voi, quando gli uomini vi odieranno,
Vi scomunicheranno
E vitupereranno,
E bandiranno il vostro nome come malvagio,
A causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia,
Perché ecco, il vostro premio è grande in cielo;
Nello stesso modo infatti i loro padri trattavano i profeti».

a. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno: Pensando alle persone che si considerano spiritualmente povere e affamate, che con lacrime cercano Dio, ci sembra impossibile che possano essere odiate, eppure lo sono.

b. Vi scomunicheranno… vi vitupereranno… bandiranno il vostro nome come malvagio: Indica il grado d’odio che sarebbe stato riversato contro i seguaci di Gesù, i quali avrebbero anche sperimentato di peggio. Gesù però disse che proprio a motivo di questo i Suoi seguaci (a causa del Figlio dell’uomo) sarebbero stati beati.

i. Di lì a poco le parole di Gesù sarebbero divenute realtà per i Suoi seguaci. I primi cristiani avevano molti nemici che li scomunicavano, li vituperavano e bandivano il loro nome come malvagio. I cristiani erano accusati di:

·Cannibalismo, perché veniva travisata in modo volgare e deliberato la pratica della Cena del Signore;

·Immoralità, perché venivano travisate in modo volgare e deliberato la “Festa dell’Amore” (agape) settimanale e le loro riunioni private.

·Fanatismo rivoluzionario, perché credevano che Gesù sarebbe tornato e che la storia sarebbe andata incontro a una fine apocalittica.

·Dividere le famiglie, perché la conversione di un coniuge o di un genitore portava spesso a cambiamenti e divisioni nella famiglia.

·Tradimento, perché non onoravano gli dèi romani e non partecipavano al culto dell’imperatore.

c. Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia: È un paradosso essere così felici quando si è così odiati, eppure i perseguitati possono esserlo, perché il loro premio è grande in cielo e perché sono in buona compagnia: anche i profeti prima di loro furono perseguitati.

i. Trapp nomina alcuni uomini che realmente si rallegrarono e saltarono di gioia nella persecuzione. George Roper andò al rogo su cui doveva essere bruciato saltando di gioia e lo abbracciò come se fosse stato un amico. Il dottor Taylor saltava e danzava mentre camminava verso il luogo della sua esecuzione; quando gli fu chiesto come stava, disse: “Sto bene, Dio sia lodato, buon Capo Sceriffo. Non sono mai stato meglio, perché ora sono quasi a casa… alla casa del Padre mio”. Lawrence Saunders, con volto sorridente, abbracciò e baciò il palo della sua esecuzione dicendo: “Benvenuta croce di Cristo, benvenuta vita eterna”.

5. (24-26) Guai insoliti.

«Ma guai a voi ricchi,
Perché avete la vostra consolazione.
Guai a voi che siete sazi,
Perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
Perché farete cordoglio e piangerete.
Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi,
Perché allo stesso modo facevano i padri loro verso i falsi profeti».

a. Guai: Si tratta di un’espressione di rammarico e compassione, non una minaccia. I guai di cui parla Gesù sembrano paradossali quanto le Sue benedizioni. Normalmente non pensiamo che essere ricchi, sazi, ridere o avere una buona reputazione tra gli uomini siano guai.

b. Ma guai a voi ricchi […] Guai a voi che siete sazi: Le ricchezze, l’assenza del senso di bisogno, la continua ricerca di euforia e divertimento sono un vero ostacolo per il regno. Solitamente non ci accostiamo a Gesù come dovremmo finché non riconosciamo di essere poveri, affamati e bisognosi di conforto.

i. In ognuno di questi paradossi, Gesù ha contrapposto le aspettative del tempo riguardo al regno alla realtà spirituale del Suo Regno; ci ha che Dio fa cose inaspettate; si è fatto beffe dei valori del mondo; ha innalzato ciò che il mondo disprezza e ha rifiutato ciò che il mondo ammira; ha capovolto (anzi, ha raddrizzato) la loro percezione del Regno di Dio.

D. Il piano di Dio è un piano d’amore.

1. (27-28) Ama i tuoi nemici.

«Ma io dico a voi che udite: Amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono e pregate per coloro che vi maltrattano».

a. Amate i vostri nemici: Si tratta di un comando incredibilmente semplice da capire, ma difficile da mettere in pratica. Gesù ci dice esattamente come amare veramente i nostri nemici: fate del bene, benedite e pregate per coloro che vi maltrattano.

i. Gesù sapeva che avremmo avuto dei nemici. Il piano del Regno di Dio tiene conto dei problemi del mondo reale. Anche se avremo dei nemici, dobbiamo comunque rispondere con amore, confidando che Dio proteggerà la nostra causa e distruggerà i nostri nemici nel miglior modo possibile, trasformandoli in nostri amici.

b. Fate del bene […]benedite […] pregate per coloro che vi maltrattano: L’amore che Gesù ci dice di avere per i nostri nemici non è un sentimento sdolcinato nel profondo del cuore. Se questo è quello che stiamo aspettando, finiremo per non amarli mai. L’amore per i nostri nemici è un amore che fa qualcosa per loro, a prescindere da quello che possiamo provare nei loro confronti.

i. Benedite coloro che vi maledicono significa che dobbiamo parlare bene di coloro che parlano male di noi.

ii. “Non possiamo amare i nostri nemici nello stesso modo in cui amiamo coloro che ci sono più vicini e ci sono più cari. Farlo sarebbe innaturale, impossibile e persino sbagliato. Ma possiamo fare in modo che, qualunque cosa ci faccia una persona, anche se ci insulta, ci maltratta e ci ferisce, non cercheremo altro che il suo bene più grande.” (Barclay)

2. (29-30) Sii disposto a essere maltrattato.

Se qualcuno ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello, non impedire di prenderti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare.

a. Se qualcuno ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra: Continuando il Suo sorprendente insegnamento, Gesù disse che dobbiamo accettare alcuni torti che vengono commessi contro di noi.

i. Quando una persona ci insulta (ti percuote su una guancia), di solito vogliamo restituirle quello che ci ha dato, più gli interessi. Gesù dice che dovremmo sopportare pazientemente tali insulti e offese, e non contrastare una persona malvagia che ci insulta in questo modo. Piuttosto, confidiamo che sia Dio a difenderci. France fa notare che, secondo quanto riportato dagli antichi scritti ebraici, colpire qualcuno con il dorso della mano – un grave insulto – era punibile con una multa molto pesante, secondo la Mishnah BK 8:6.

ii. È sbagliato pensare che Gesù intendesse che non ci si dovrebbe mai opporre al male. Anzi, Egli ha dimostrato con la Sua vita che il male dovrebbe e deve essere contrastato, come quando ha rovesciato i tavoli nel tempio.

iii. “Gesù sta dicendo che il vero cristiano ha imparato a non offendersi per alcun insulto e a non cercare vendetta per alcuna offesa.” (Barclay) Quando pensiamo a come Gesù stesso fu insultato e criticato (come un mangione, un ubriacone, un figlio illegittimo, un bestemmiatore, un pazzo e così via), vediamo come Egli stesso abbia vissuto questo principio.

iv. È sbagliato pensare che Gesù intendesse che non si debba contrastare o non ci si debba difendere da un attacco fisico. Quando Gesù parlava di una percossa sulla guancia, si riferiva a un insulto considerato pesante dalla cultura, non a un attacco fisico. Gesù non intendeva dire che, se qualcuno colpisce il lato destro della nostra testa con una mazza da baseball, dobbiamo permettergli di colpire anche il lato sinistro. 2 Corinzi 11:20 probabilmente ha in mente questo tipo insulto.

v. È anche sbagliato pensare che Gesù volesse dire che non c’è posto per la punizione o il castigo nella società. Gesù qui parlava delle relazioni personali e non delle funzioni proprie del governo nel reprimere il male (Romani 13:1-4). Devo porgere la guancia quando vengo insultato personalmente, ma il governo ha la responsabilità di impedire all’uomo malvagio di commettere un’aggressione fisica.

b. E a chi ti toglie il mantello, non impedire di prender ti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede: Attraverso questo Gesù ci dice come affrontare le persone che ci maltrattano, che impongono la loro volontà su di noi e ci manipolano. Dovremmo prendere il comando della situazione attraverso il sacrificio e l’amore.

i. Sotto la legge di Mosè, il mantello era qualcosa che non poteva essere sottratto ad alcuno (Esodo 22:26; Deuteronomio 24:13).

ii. “I discepoli di Gesù, se citati in giudizio per le loro tuniche (un indumento simile al nostro vestito ma indossato a contatto con la pelle), lungi dal cercare soddisfazione, si separeranno volentieri da ciò che hanno il diritto di tenere.” (Carson)

iii. “Il vecchio diceva: Insisti nel tuo diritto e ama il tuo prossimo, odia il tuo nemico, e in questo modo la tua sicurezza è garantita. Il nuovo dice: “Sopporta il male e abbonda nell’amore verso tutti.” (Morgan)

c. Se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare: Possiamo mettere in pratica il tipo di amore che si dona completamente solo quando sappiamo che Dio si prenderà cura di noi. Sappiamo che, se rinunciamo alla nostra tunica, Dio ce ne darà molte altre.

i. L’unico limite a questo tipo di sacrificio è il limite che l’amore stesso imporrà. Non è amore cedere alla manipolazione di qualcuno senza che noi la trasformiamo in un libero atto d’amore. Dare o non opporsi non sempre sono sinonimo di amore.

ii. Potremmo dire che Paolo ripete lo stesso concetto di Gesù: Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene (Romani 12:21).

3. (31) La Regola d’oro.

«Ma come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro».

a. Come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro: La formulazione negativa di questo comandamento era già ben nota prima di Gesù. Da tempo si diceva: “Non fare al tuo prossimo ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Tuttavia, trasformare la frase in positivo rappresentava un notevole progresso, ovvero dire che dovremmo fare agli altri ciò che vorremmo che gli altri facessero a noi.

i. “La Regola d’oro non è stata inventata da Gesù; si trova in molte forme in ambienti molto diversi. Verso il 20 d.C., il rabbino Hillel, sfidato da un gentile a riassumere la legge nello stesso tempo in cui il gentile poteva stare su una gamba sola, rispose: ‘Ciò che per te è abominevole, non farlo a nessun altro’. Questa è l’intera legge; tutto il resto è un commentario. Vai e imparalo” (b. Shabbath 31a). Apparentemente, solo Gesù ha formulato la regola in chiave positiva.” (Carson)

ii. Così facendo, Gesù ha reso il comandamento molto più ampio. È la differenza tra non infrangere il codice stradale e fare qualcosa di positivo, come aiutare un automobilista in panne. Sotto la forma negativa della regola, i capri di Matteo 25:31-46 potrebbero essere considerati “non colpevoli”. Tuttavia, sotto la formulazione positiva della Regola d’oro – come formulata da Gesù – sono effettivamente giudicati colpevoli.

b. Così fate a loro: Questo si applica specialmente alla comunione cristiana. Se vogliamo sperimentare l’amore e fare in modo che le persone stendano la mano verso di noi, dobbiamo amare gli altri e stendere la mano verso di loro.

i. “Oh, se tutti gli uomini agissero secondo questa legge, non ci sarebbe più schiavitù, né guerra, né bestemmia, né colpo, né menzogna, né furto, ma tutto sarebbe giustizia e amore! Quale regno è questo che ha una tale legge!” (Spurgeon)

ii. Ciò rende la legge più facile da capire, ma non la rende più facile da osservare. Nessuno ha mai fatto coerentemente agli altri quello che vorrebbe che gli altri facessero a lui.

4. (32-35) Amare secondo il modello dell’amore di Dio.

«Ma se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Poiché anche i peccatori amano coloro che li amano. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Poiché i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro dai quali sperate di riavere, che merito ne avrete? Anche i peccatori prestano ai peccatori, per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete i figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi».

a. Ma se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Non dobbiamo considerarla una questione di virtù né un’imitazione di Gesù, se ci limitiamo a restituire l’amore che ci viene dato.

i. Ricordate, Gesù qui illustra il carattere dei cittadini del Suo regno. Dovremmo aspettarci che quel carattere sia diverso da quello che si vede nel mondo. Ci sono molte buone ragioni per cui ci si dovrebbe aspettare di più dai cristiani che dagli altri:

·Affermano di avere qualcosa che gli altri non hanno; affermano di essere rinnovati, pentiti e redenti da Gesù Cristo.

·Hanno, infatti, qualcosa che gli altri non hanno; sono rinnovati, pentiti e redenti da Gesù Cristo.

·Hanno una potenza che gli altri non hanno; possono fare ogni cosa in Cristo che li fortifica.

·Lo Spirito di Dio abita in loro.

·Hanno un futuro migliore rispetto agli altri.

b. Sarete i figli dell’Altissimo: Amando in questo modo, imitiamo Dio, che mostra il proprio amore verso i Suoi nemici ed è benigno verso gli ingrati e i malvagi.

i. “Cosa ci dice Dio quando agisce così? Credo che dica questo: ‘Questo è il giorno della grazia, questo è il tempo della misericordia’. Non è ancora giunta l’ora del giudizio, quando separerà i buoni dai malvagi, quando salirà sul trono del giudizio e assegnerà porzioni diverse ai giusti e agli empi.” (Spurgeon)

ii. Questo è un esempio: anche noi dobbiamo amare i nostri nemici e benedirli se possiamo. Così facendo, ci mostriamo figli dell’Altissimo. “Siamo diventati figli per rigenerazione, attraverso la fede nel Figlio; ma siamo chiamati a rendere sicura la nostra chiamata ed elezione, ad approvare e rivendicare il nostro diritto a questo nome sacro. Possiamo farlo solo dimostrando con parole e azioni che siamo animati dalla vita e dai principi divini.” (Meyer)

5. (36-38) I principi da seguire.

«Siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato: una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in seno, perché con la misura con cui misurate, sarà altresì misurato a voi».

a. Siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso: Nel Regno di Gesù ci viene illustrato il modo in cui dobbiamo mostrare misericordia agli altri. Dovremmo essere misericordiosi con gli altri nella maniera in cui Dio è stato misericordioso con noi. Egli ha usato tanta misericordia; perciò, da noi ci si aspetta che usiamo sempre più misericordia, non meno.

b. Non giudicate e non sarete giudicati: Con questo comando Gesù avverte di non giudicare gli altri perché, quando lo facciamo, saremo giudicati in modo simile.

i. Tra coloro che sembrano non sapere nulla della Bibbia, questo è il versetto che spopola di più, sebbene la maggior parte di quelli che lo citano non capiscano ciò che Gesù intendeva. Sembrano pensare (o sperare) che Gesù abbia comandato un’approvazione universale di qualsiasi stile di vita o insegnamento.

ii. Poco più avanti in questo stesso sermone (Luca 6:43-45), Gesù ci comanda di riconoscere noi stessi e gli altri dal frutto prodotto dalle nostre vite, cosa che comunque richiede una certa valutazione. Il cristiano è chiamato a mostrare amore incondizionato, ma non è chiamato all’approvazione incondizionata. È possibile amare davvero le persone, anche se fanno ciò che non può essere approvato.

iii. Così, mentre questo non ci proibisce di esaminare la vita degli altri, certamente ci proibisce di farlo nello spirito in cui spesso viene fatto. Un esempio di giudizio ingiusto fu la condanna dei discepoli verso la donna che venne a ungere i piedi di Gesù con l’olio (Matteo 26:6-13). Pensavano che fosse uno spreco da parte della donna, ma Gesù disse che ella aveva fatto un’opera buona, che sarebbe stata ricordata per sempre. Il loro giudizio era stato avventato, duro e ingiusto.

·Infrangiamo questo comandamento quando pensiamo il peggio degli altri.

·Infrangiamo questo comandamento quando parliamo agli altri solo dei loro difetti.

·Infrangiamo questo comandamento quando giudichiamo una vita intera basandoci solo sui suoi momenti peggiori.

·Infrangiamo questo comandamento quando giudichiamo le motivazioni del cuore degli altri.

·Infrangiamo questo comandamento quando giudichiamo gli altri senza metterci nei loro panni.

·Infrangiamo questo comandamento quando giudichiamo gli altri senza essere consapevoli che noi stessi saremo giudicati.

c. Non condannate […] perdonate: Gesù non si ferma al solo giudicare gli altri. Egli ci dice anche di non condannare gli altri e di perdonare senza riserve.

d. Date e vi sarà dato: una buona misura, pigiata, scossa e traboccante: Gesù incoraggia la libertà del dare senza il timore che il nostro dare possa diventare per noi una perdita. Egli voleva liberarci dalla paura di dare troppo.

i. Questo è vero ed è stato dimostrato nel caso di generosità con risorse materiali. Detto semplicemente, non possiamo esaurire le risorse di Dio. Egli ti restituirà, in un modo o nell’altro, più di quanto tu gli abbia dato. Eppure, l’applicazione principale di questo nel contesto non è tanto il dare risorse materiali, ma il dare amore, benedizione e perdono. Non è mai una perdita quando diamo queste cose secondo il modello della generosità di Dio.

ii. Vi sarà versata in seno: “L’ebreo portava una lunga veste larga fino ai piedi e intorno alla vita una cintura. La tunica poteva essere tirata su in modo che la parte alta della tunica sopra la cintura formasse una specie di tasca grande con cui portare le cose. Quindi l’equivalente moderno della frase sarebbe: ‘Vi sarà riempita la tasca’.” (Barclay)

e. Con la misura con cui misurate, sarà altresì misurato a voi: Questo è il principio su cui Gesù basò il comando: “Non giudicate e non sarete giudicati”. Dio ci misurerà secondo la stessa misura con cui misuriamo gli altri. Si tratta di una motivazione potente per noi, che ci spinge a essere generosi nell’amore, nel perdono e nella bontà verso gli altri. Se vogliamo ricevere più di queste cose da Dio, dobbiamo allora darne di più agli altri.

i. Potremmo dire che Gesù non proibisce di giudicare gli altri, ma richiede solo che il nostro giudizio sia completamente equo e che giudichiamo gli altri solo in base a uno standard con cui anche noi vorremmo essere giudicati.

ii. Quando il nostro giudizio nei confronti degli altri è sbagliato, spesso non è perché giudichiamo secondo uno standard, ma perché siamo ipocriti nell’applicazione di quello standard – ignoriamo lo standard nella nostra vita. È comune giudicare gli altri secondo uno standard e noi stessi secondo un altro standard, essendo molto più generosi con noi stessi che con gli altri.

iii. Secondo l’insegnamento di alcuni rabbini al tempo di Gesù, Dio aveva due misure che usava per giudicare le persone. Una era una misura di giustizia e l’altra era una misura di misericordia. Qualunque sia la misura che vuoi che Dio usi con te, assicurati di usare quella stessa misura con gli altri.

iv. Dovremmo giudicare il comportamento di un altro solo quando siamo consapevoli del fatto che noi stessi saremo giudicati, considerando il modo in cui noi vorremmo essere giudicati.

E. La distinzione tra due vie.

1. (39-42) Illustrazioni basate sul concetto della vista.

Poi Egli disse loro una parabola: «Può un cieco far da guida a un altro cieco? Non cadranno tutti e due nella fossa? Nessun discepolo è da più del suo maestro, anzi ogni discepolo ben addestrato sarà come il suo maestro. Ora, perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio? O come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, quando tu stesso non vedi la trave che è nel tuo proprio occhio? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vedere bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello».

a. Può un cieco far da guida a un altro cieco? Ovviamente no, un cieco non può far da guida a un altro cieco. Ne consegue che non dovremmo lasciarci guidare da altri ciechi, né dovremmo cercare di guidare gli altri nella nostra cecità. Piuttosto, dovremmo fare di Gesù la nostra guida, il nostro maestro, che vede e conosce ogni cosa.

i. Gesù ci ricorda che alcuni presunti leader sono ciechi – guardatevi da loro. In un’altra occasione Gesù, parlando di alcuni dei capi religiosi del Suo tempo, dice: Sono ciechi, guide di ciechi; e se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa (Matteo 15:14).

ii. “Sebbene i farisei e i dottori della legge avessero dei rotoli e li interpretassero nelle sinagoghe, ciò non significa che li comprendessero veramente… I farisei non seguivano Gesù e, perciò, non comprendevano e non seguivano nemmeno le Scritture.” (Carson)

iii. Nelle parole di Gesù vediamo sì la colpa di chi è cieco e fa da guida ad un altro cieco, ma vediamo anche la responsabilità dei seguaci di assicurarsi che i loro leader non siano affetti da cecità.

b. Nessun discepolo è da più del suo maestro: Un discepolo è molto simile a uno studente, con l’elemento aggiunto che il discepolo segue l’esempio del maestro o dell’insegnante. In questo modo, il discepolo non è mai più grande del maestro, ma ogni discepolo ben addestrato sarà come il suo maestro. Poiché diventiamo come coloro che seguiamo, è importante che scegliamo buoni maestri da seguire.

i. In questa verità perfettamente chiara e logica, Gesù fa una promessa meravigliosa. Man mano che veniamo istruiti da Lui e cresciamo in Lui, diventeremo sempre più simili a Gesù. Diventiamo sempre più conformi all’immagine del suo Figlio (Romani 8:29) e alla fine, quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è (1 Giovanni 3:2).

ii. “Il Signore Gesù si è fatto simile a noi nelle nostre umili condizioni, affinché noi diventassimo simili a Lui nella Sua gloria… La creatura avrà sempre delle limitazioni rispetto a colui per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte. Ma nella nostra misura ci sarà la stessa bellezza perfetta – la Sua, che ci avvolge”. (Meyer)

c. Ora, perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio? Le immagini della pagliuzza e della trave sono figure reali usate in modo umoristico. Gesù mostra che siamo generalmente molto più tolleranti verso il nostro peccato che verso il peccato degli altri.

i. Sebbene ci possa essere letteralmente una pagliuzza nell’occhio di qualcuno, non può esserci ovviamente una trave o un asse di legno vero e proprio. Gesù usò queste immagini esagerate e umoristiche per rendere il Suo messaggio più facile da capire e da ricordare.

ii. È un’immagine umoristica: un uomo con una trave nell’occhio che cerca di aiutare un amico a togliere una pagliuzza dal suo occhio. Non si può pensare all’immagine senza sorridere e trovarla divertente.

iii. Un esempio del cercare una pagliuzza nell’occhio di un altro mentre si ignora la trave nel proprio è quando i capi religiosi portarono a Gesù la donna colta in adulterio. Lei aveva certamente peccato; ma il loro peccato era molto più grave e Gesù lo portò alla luce come tale con l’affermazione: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Giovanni 8:7).

d. Tu stesso non vedi la trave che è nel tuo proprio occhio: Gesù sottolinea che colui che ha la trave nel proprio occhio non se ne rende conto immediatamente; è cieco di fronte alla sua palese colpa. È il tentativo di correggere la colpa di qualcun altro quando noi stessi ne abbiamo una identica (o peggiore) e che ci fa meritare l’accusa: “Ipocrita!”.

i. “Gesù è gentile, ma chiama “ipocrita” l’uomo che si agita per le piccole cose negli altri e non presta attenzione alle grandi questioni che riguardano la sua persona.” (Spurgeon)

ii. La nostra ipocrisia in tali questioni è quasi sempre più evidente agli altri che a noi stessi. Possiamo trovare un modo per ignorare la trave nel nostro occhio, ma gli altri la notano immediatamente. Un buon esempio di questo tipo di ipocrisia fu la reazione di Davide alla storia di Nathan riguardo a un uomo che aveva ingiustamente rubato e ucciso l’agnello di qualcun altro. Davide condannò subito l’uomo, ma era cieco al suo stesso peccato, di molto peggiore (2 Samuele 12).

e. Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vedere bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello: Gesù non dice che è sbagliato aiutare il proprio fratello a rimuovere la pagliuzza dal suo occhio. È una buona cosa aiutare il fratello con la sua pagliuzza, ma non prima di aver affrontato la trave che è nel proprio.

2. (43-45) Possiamo seguire Gesù in questo modo solamente se siamo stati radicalmente trasformati da Lui. Se Gesù ci ha veramente toccati, il frutto sarà evidente.

«Poiché non c’è albero buono che faccia frutto cattivo, né albero cattivo che faccia frutto buono. Ogni albero infatti lo si riconosce dal proprio frutto, perché non si raccolgono fichi dalle spine e non si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perché la bocca di uno parla dall’abbondanza del cuore».

a. Non c’è albero buono che faccia frutto cattivo […] Ogni albero infatti lo si riconosce dal proprio frutto: Questo frutto è il risultato inevitabile di ciò che siamo. Alla fine, anche se ci può volere un po’ di tempo affinché il raccolto arrivi, il frutto buono o cattivo è evidente, rivelando che tipo di albero siamo. Non tutti gli alberi sono uguali.

i. “Non avere buoni frutti vuol dire produrne di malvagi: non ci può essere sterilità innocente nell’albero invisibile del cuore. Colui che non produce alcun frutto, e colui che produce frutti cattivi, sono entrambi adatti al fuoco.” (Clarke)

ii. “Non è solo l’empio, portatore di bacche velenose, che sarà abbattuto, ma anche il neutrale; l’uomo che non porta frutti di buona virtù deve essere gettato nel fuoco.” (Spurgeon)

iii. Poco prima di questo, Gesù ci ha avvertito di giudicare prima noi stessi, di cercare la trave nel nostro occhio prima di rivolgere la nostra attenzione alla pagliuzza nell’occhio del nostro prossimo. Quindi, prima di chiederlo a chiunque altro, dovremmo prima domandarci: “Sto portando frutto alla gloria di Dio?”.

b. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene […] la bocca di uno parla dall’abbondanza del cuore: Le nostre parole rivelano il nostro cuore. Se c’è un buon tesoro nel cuore, questo sarà visibile; lo stesso vale per il tesoro malvagio, che verrà rivelato col tempo. Le nostre parole dicono di noi più di quanto pensiamo e rivelano che alcuni sono uomini buoni e altri malvagi.

3. (46-49) Esortazione finale: fare ciò che Gesù ci ha comandato è il nostro fondamento.

«Ora, perché mi chiamate, “Signore, Signore”, e non fate quello che dico? Chiunque viene a me, e ode le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi è simile. Egli è simile ad un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto il fondamento sopra la roccia, e venuta una piena, il torrente ha investito quella casa, ma non l’ha potuta scrollare perché era stata fondata sulla roccia. Chi invece le ha udite e non le ha messe in pratica, è simile a un uomo che ha edificato una casa sopra la terra senza fondamento; quando il torrente l’ha investita, essa è subito caduta, e la sua rovina è stata grande».

a. Ora, perché mi chiamate, “Signore, Signore”, e non fate quello che dico? Gesù fa una distinzione tra colui che fa solo una professione di fede verbale e colui che effettivamente ode le Sue parolee le mette in pratica.

i. Dobbiamo dire: “Signore, Signore” – non possiamo essere salvati se non lo diciamo. Anche se gli ipocriti possono dirlo, noi non dobbiamo vergognarci di dirlo. Tuttavia, solo questo non basta.

ii. L’avvertimento di Gesù si applica alle persone che parlano o dicono cose a Gesù o su Gesù, ma non lo pensano veramente. Non è che credono che Gesù sia un diavolo; semplicemente dicono cose in modo molto superficiale. La loro mente è altrove, ma credono che ci sia valore nelle sole parole e nell’adempimento di qualche tipo di dovere religioso senza cuore, senza anima, senza spirito – solo semplici parole e pensieri passeggeri.

iii. L’avvertimento di Gesù si applica alle persone che dicono: “Signore, Signore” e tuttavia la loro vita spirituale non ha nulla a che fare con la loro vita quotidiana. Vanno in chiesa, forse compiono alcuni doveri religiosi quotidiani, eppure peccano contro Dio e contro l’uomo proprio come qualsiasi altro. “Ci sono quelli che parlano come angeli, ma vivono come diavoli; che hanno la lingua liscia di Giacobbe, ma le mani ruvide di Esaù.” (Trapp)

iv. Gesù lo pone sotto forma di domanda: Perché? “Se siamo disobbedienti, perché continuare la professione di obbedienza? … Ogni anima colpevole del torto di cui si parla deve affrontare da sola questo ‘Perché?’. Tutto ciò che occorre dire è che, nell’affrontarlo, si scoprirà inevitabilmente l’indegnità della motivazione.” (Morgan)

b. Chiunque viene a Me: Qui, con tre brevi punti, Gesù descrive la persona che Lo segue in saggezza e verità – e prosegue illustrandone la saggezza.

i. “Notate attentamente la triplice condizione. 1. ‘Chiunque viene a Me’: arresa. 2. ‘E ode le Mie parole’: discepolato. 3. ‘E le mette in pratica’: obbedienza.” (Morgan)

c. Egli è simile ad un uomo che, costruendo una casa: Nell’illustrazione finale di Gesù dei due costruttori, le due case sembravano uguali dall’esterno. Il vero fondamento della vita è di solito nascosto e viene messo alla prova solo nella tempesta.

i. “L’uomo saggio e l’uomo stolto erano entrambi impegnati esattamente nelle stesse attività e in misura considerevole realizzavano lo stesso progetto; entrambi si impegnarono a costruire una casa, entrambi perseverarono nella costruzione ed entrambi la portarono a termine. La somiglianza tra loro è molto considerevole.” (Spurgeon)

d. E venuta una piena: Gesù ci avverte che, prima o poi, le fondamenta della nostra vita saranno scosse, sia ora (nelle stagioni di difficoltà) che nel giudizio finale davanti a Dio. È meglio mettere alla prova le fondamenta della nostra vita ora piuttosto che dopo, nel giudizio davanti a Dio quando sarà troppo tardi per cambiare il nostro destino.

i. Il tempo e le tempeste della vita dimostreranno la forza delle proprie fondamenta, anche quando queste sono nascoste. Potremmo essere sorpresi quando vedremo chi ha veramente costruito su delle buone fondamenta. “Alla fine, quando Giuda tradì Cristo nella notte, Nicodemo lo professò fedelmente di giorno.” (Trapp)

e. Le ha udite e non le ha messe in pratica: Udire soltanto la parola di Dio non è sufficiente a fornire un fondamento sicuro. È necessario che noi siamo anche facitori della Sua parola. Se non lo siamo, il nostro peccato ci ritroverà, il peccato dell’inoperosità (Numeri 32:23) – e grande sarà la nostra rovina.

i. Eppure, nessuno può leggere questo testo senza realizzare che non ha messo in pratica, che non mette in pratica e mai metterà in pratica le Sue parole completamente. Anche se lo facciamo in senso generale (e dovremmo farlo), la rivelazione del Regno di Dio nel Sermone sul Monte ci spinge a tornare ancora e ancora come peccatori bisognosi al nostro Salvatore.

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