Giovanni 18 – L’arresto e il Processo di Gesù
A. Il tradimento e l’arresto nel giardino.
1. (1-3) Gesù giunge al giardino, seguito da Giuda e dalle sue truppe.
Dette queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Kedron, dove c’era un orto nel quale entrò lui con i suoi discepoli. Or Giuda, che lo tradiva, conosceva anche lui quel luogo, perché molte volte Gesù vi si era ritirato con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un gruppo di soldati e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, venne là con lanterne, torce e armi.
a. Di là dal torrente Kedron: Ci troviamo nel momento in cui Gesù lasciò la città di Gerusalemme e attraversò il torrente Kedron. Quel piccolo corso d’acqua serviva da sistema di drenaggio per il tempio e aveva un colore rossastro a causa del sangue delle migliaia di agnelli sacrificati per la Pasqua. Per Gesù deve essersi trattato di un promemoria molto vivido del Suo sacrificio imminente.
i. “In prossimità dell’altare si trovava un canale di drenaggio per il sangue degli agnelli pasquali, che sfociava nel torrente Kedron. Quando Gesù attraversò il torrente, il suo colore era rosso del sangue degli agnelli che erano stati sacrificati.” (Barclay)
ii. “Il torrente stesso gli avrebbe ricordato il Suo sacrificio incombente, perché con esso scorrevano il sangue e i rifiuti del tempio.” (Spurgeon)
b. C’era un orto: Giovanni non ci dice che si trattava proprio del Giardino di Getsemani, ma gli altri evangelisti lo precisano (Matteo 26:36 e Marco 14:32). Gesù molte volte vi si era ritirato con i suoi discepoli, possibilmente per dormire di notte al riparo degli alberi di ulivo o in una caverna nei paraggi.
i. Luca 21:37 dice che, durante questa settimana di Pasqua, Gesù trascorse le notti sul Monte degli Ulivi insieme ai Suoi discepoli. Eppure, è probabile che molte volte vi si fossero ritirati, non solo durante quella settimana. “Sarebbe stato un modo strano di descrivere questa usanza di Gesù, facendo riferimento solo a quell’occasione. Probabilmente avevano l’abitudine di ritirarsi in quel giardino da anni.” (Morris)
ii. Era un posto familiare. “È chiaro che, essendosi consacrato per il sacrificio imminente, non tentava di nascondersi dai Suoi nemici. Al contrario, si recò proprio nel luogo in cui Giuda si aspettava di trovarlo.” (Bruce)
iii. “San Giovanni non fa menzione dell’agonia di Gesù nel giardino; probabilmente perché reputava che fosse stata già ampiamente descritta dagli altri evangelisti.” (Clarke)
c. Giuda dunque, presa la coorte: Giuda arrivò al giardino con un gruppo di soldati per catturare e arrestare Gesù. Condusse sia la coorte (un gran numero di soldati romani) che le guardie inviate dalla sicurezza del tempio. Il perché fosse necessario un tal numero di persone non viene spiegato direttamente. Possibilmente i capi religiosi o i Romani si aspettavano – o temevano – un qualche tipo di resistenza.
i. Lanterne, torce: “Con queste intendevano perlustrare ogni angolo e ogni caverna, ammesso che Cristo si fosse nascosto. Non c’era altro motivo per portarle con sé, essendo il quattordicesimo giorno lunare del mese di Nisan, in cui la luna doveva essere piena e luminosa.” (Clarke)
ii. Questa coorte era ben armata con spade e bastoni; Gesù sottolineò quanto fosse futile una tale azione: Voi siete usciti a prendermi con spade e bastoni, come contro un brigante; eppure ogni giorno ero seduto in mezzo a voi nel tempio ad insegnare, e non mi avete preso (Matteo 26:55).
iii. Coorte: “Questa parola, se correttamente usata, può avere tre significati. Era un termine greco adottato per la coorte romana, che constava di seicento uomini. Se fosse stata una coorte di soldati ausiliari, una speira, ne avrebbe avuti mille, di cui duecentoquaranta cavalieri e settecentosessanta fanti. A volte, ma molto più raramente, la parola viene usata per indicare un distaccamento di uomini chiamato manipolo, costituito da duecento unità.” (Barclay)
iv. “L’articolo in τὴν σπεῖραν [coorte] indica il battaglione che presidiava la fortezza Antonia a Gerusalemme. Le guardie armate (ὑπηρέτας) sono membri della sicurezza del Tempio, un gruppo di uomini scelti dalla tribù di Levi.” (Trench)
v. Ciò dimostra fino a che punto Giuda aveva frainteso la natura di Gesù e allo stesso tempo sottovalutato il Suo potere. Se Gesù avesse avuto l’intenzione di combattere fisicamente contro Giuda e il diavolo, che operava per mezzo di lui, un’intera coorte non sarebbe stata sufficiente.
vi. Ecco che, nel giardino prestabilito, un Uomo senza peccato stava per scontrarsi con il rappresentante di Satana (Luca 22:3). La prima volta che era successa una cosa simile, l’uomo senza peccato aveva fallito. Questo secondo Adamo, invece, avrebbe trionfato.
2. (4-6) Gesù si rivolge a Giuda e alle guardie armate.
Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli stava per accadere, uscì e chiese loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù il Nazareno». Gesù disse loro: «Io sono!». Or Giuda che lo tradiva era anch’egli con loro. Appena egli disse loro: «Io sono», essi indietreggiarono e caddero a terra.
a. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli stava per accadere: Giuda sperava di cogliere Gesù di sorpresa, ma sarebbe stato impossibile. Gesù aveva passato tutta la vita in preparazione a quel momento, ed era pronto.
b. Chi cercate: Il primo a prendere l’iniziativa è Gesù, che pone questa domanda per almeno due motivi. Innanzitutto, volle identificarsi per attirare qualsiasi forma di violenza su di sé ed evitarla ai Suoi discepoli. Inoltre, Gesù voleva che Giuda e le guardie armate annunciassero le loro intenzioni malvagie.
c. Gesù il Nazareno: Gesù era noto con quel nome. Non veniva di solito riconosciuto per il Suo ruolo di rabbino o per il mestiere di falegname, né per il Suo parentato (Yeshua ben Yosef). Gesù scelse e accettò il titolo che lo identificava quale Nazareno.
i. “Lo chiamavano Gesù Nazareno in forma di disprezzo. Egli accetta l’appellativo e lo indossa come una corona. Non dovremmo fare lo stesso anche noi?” (Trapp)
d. Io sono: Gesù rispose loro con questa frase curiosa… due parole sia in italiano che nella lingua originale (ego eimi). È curiosa perché Gesù non disse: “Sono io”, piuttosto “Io sono”. Con questa frase, Gesù proclamò consapevolmente di essere Dio, collegando le Sue parole ai numerosi “Io sono” precedenti che ritroviamo nel Vangelo di Giovanni, in particolare Giovanni 8:58 (ma anche Giovanni 6:48, 8:12, 9:5, 10:9, 10:11-14, 10:36, 11:25, 14:6).
i. “I soldati erano entrati nel giardino di nascosto, nel buio della notte, per arrestare un criminale in fuga, ma eccoli confrontarsi con una figura di autorità, che al posto di fuggire va loro incontro e parla nella lingua della divinità.” (Morris)
ii. “Il greco ego eimi, tradotto con Io sono, potrebbe suggerire in maniera evidente il concetto di divinità a coloro che hanno familiarità con la Bibbia greca, essendo usato nella Versione dei Settanta per indicare il nome sacro di Dio (vedi Esodo 3:14).” (Tasker)
e. Appena egli disse loro: «Io sono», essi indietreggiarono e caddero a terra: Non appena Gesù dichiarò la Sua identità divina con le parole Io sono, Giuda e i soldati caddero a terra. La manifestazione della Sua presenza, della Sua maestà e del Suo potere divino in quelle due parole era tanto forte che i nemici di Gesù non avevano la forza di rimanere in piedi al Suo cospetto.
i. “Ecco che il nostro Salvatore sprigiona un piccolo assaggio della maestà della Sua Deità, e 500 uomini cadono a terra davanti a Lui.” (Trapp)
ii. Ciò ci mostra come Gesù avesse il controllo completo della situazione. Dal punto di vista pratico, Gesù non sarebbe dovuto andare per forza con il gruppo armato condotto da Giuda. Con la potenza di Dio, espressa dalle sole Sue parole, Gesù avrebbe potuto facilmente sopraffarli e fuggire.
iii. “Il nostro Signore decise di dare loro quell’ulteriore prova della Sua infinita potenza affinché sapessero che il loro potere non avrebbe potuto mai prevalere contro di Lui, se avesse deciso di esercitare la Sua potenza, visto che il solo soffio della sua bocca fu in grado di confonderli, farli indietreggiare e cadere a terra!” (Clarke)
iv. “Il dibattito sulla natura miracolosa di questo evento non nasce dal dubbio che sia stato effettivamente un miracolo (è chiaro che deve essere considerato tale). Ci si chiede piuttosto se sia stato un atto intenzionale del nostro Signore, oppure il risultato della dignità sovrumana della Sua persona e della calma maestosa della Sua risposta.” (Alford)
v. “Ogni qual volta, nella vita del nostro Signore, un evento indica con più enfasi del solito il livello di umiliazione da Lui sofferto, ecco che troviamo immediatamente qualcosa che indica la maestà della Sua gloria.” (Maclaren)
· Gesù nacque come un umile neonato, eppure venne annunciato dagli angeli.
· Gesù venne messo in una mangiatoia, ma fu una stella a indicarne la posizione.
· Gesù si sottopose al battesimo come fosse un peccatore, ma poi si udì la voce Divina di approvazione.
· Gesù dormiva quando era esausto, ma si svegliò per calmare la tempesta.
· Gesù pianse davanti a una tomba, ma poi chiamò i morti alla vita.
· Gesù non si oppose al suo arresto, bensì dichiarò “Io sono” e le truppe caddero a terra.
· Gesù morì su una croce, ma su di essa sconfisse il peccato, la morte e Satana.
3. (7-9) Gesù segue di Sua spontanea volontà i soldati venuti per arrestarlo.
Gesù dunque domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Essi dissero: «Gesù il Nazareno». Gesù rispose: «Vi ho detto che io sono; se dunque cercate me lasciate andare via costoro»; e ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato>».
a. Gesù dunque domandò loro di nuovo: Gesù non voleva che i soldati andassero nel panico e ferissero i Suoi discepoli. Richiamò la loro attenzione su di sé e domandò loro di nuovo qualcosa che probabilmente esitavano a rispondere.
b. Vi ho detto che io sono: Gesù ripete le stesse parole di prima (io sono, ego eimi), ma questa volta Giuda e le truppe non cadono a terra. Questo mostra che non si trattava di parole magiche, bensì di una dimostrazione consapevole della potenza di Dio.
c. Se dunque cercate me lasciate andare via costoro: Dopo la dimostrazione di potenza descritta in Giovanni 18:6, Gesù non continua ad opporsi al Suo arresto, ma si consegna volontariamente per proteggere i Suoi discepoli. Si tratta dello stesso amore sacrificale che avrebbe trovato la propria massima espressione sulla croce. Mostra anche perché Gesù fece cadere i soldati a terra; la dimostrazione di potenza era per proteggere i Suoi discepoli, non sé stesso.
i. Lasciate andare via costoro: “Sono parole di autorità piuttosto che di supplica. “Io mi consegno volontariamente nelle vostre mani, ma non dovete torcere un capello a nessuno dei miei discepoli. Li ferireste a vostro rischio e pericolo. Lasciateli andare per la loro strada. Vi ho già dato prova sufficiente della mia potenza: non la eserciterò per difendere me stesso, anzi deporrò la mia vita per le pecore; tuttavia, non vi permetterò di fare del male neanche al più piccolo di costoro.” (Clarke)
ii. “In un certo senso, si sacrificò per la loro incolumità. Aveva promesso al Padre che li avrebbe protetti (Giovanni 17:12) e mantenne la promessa di deporre volontariamente la propria vita.” (Tenney)
iii. I discepoli intesero le parole “lasciate andare via costoro” come il segnale per darsela a gambe. Probabilmente se ne andarono il più velocemente e silenziosamente possibile.
d. Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato: Così facendo, Gesù compì ciò che aveva predetto in Giovanni 6:39 e Giovanni 17:12.
4. (10-12) Pietro attacca uno dei soldati venuti per arrestare Gesù.
Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la sfoderò, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio destro; or quel servo si chiamava Malco. Ma Gesù disse a Pietro: «Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?». Allora il gruppo di soldati, il capitano e le guardie dei Giudei presero Gesù e lo legarono.
a. Simon Pietro, che aveva una spada: A quanto pare, i discepoli a volte portavano con sé delle spade; Luca 22:38 ci informa che in questa occasione ne avevano almeno due. Era sensato avere una spada, dato che bisognava fare attenzione a briganti e uomini violenti.
b. La sfoderò, percosse il servo del sommo sacerdote: Giovanni è l’unico Evangelista che ci rivela che ad attaccare fu Simon Pietro, mentre gli altri vangeli si limitano a dire che l’attacco partì da uno dei discepoli. Pietro voleva mantenere fede alla propria promessa di difendere Gesù ad ogni costo: Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò in alcun modo (Matteo 26:35).
i. “È estremamente precipitoso da parte di Pietro cercare di dare prova della sua fede con la spada, quando non riusciva a farlo con la lingua.” (Calvino, citato in Morris)
ii. “Ma fu un triste presagio (afferma uno scrittore nobile e rinomato, Lord Brook) che la spada di Pietro recidesse l’orecchio di Malco, un episodio che simboleggia un re o un’autorità regale. Il modo in cui il papa ha innalzato sé stesso… al di sopra di tutto ciò che è chiamato Augusto o imperatore, è più conosciuto di ciò che viene riportato qui.” (Trapp)
c. E gli recise l’orecchio destro: È stato ipotizzato – ma non provato – che Pietro, tenendo la spada nella mano destra, avesse attaccato il servo del sommo sacerdote alle spalle, perché sarebbe stato quasi impossibile recidergli l’orecchio destro se si fosse trovato di fronte a Malco. È del tutto possibile che Pietro avesse scelto volutamente il servo, e non un soldato, e lo avesse attaccato alle spalle. Non fu una grande dimostrazione di coraggio.
i. È importante notare che solo Giovanni chiama per nome il servo del sommo sacerdote,Malco. Si tratta di un’altra dimostrazione delle conoscenze di Giovanni tra i membri della casa del sommo sacerdote (Giovanni 18:16). Potrebbe anche indicare che Malco, in seguito, divenne cristiano; spesso, nei Vangeli e negli Atti, i credenti appartenenti alle prime comunità cristiane vengono chiamati per nome.
d. Riponi la tua spada nel fodero: Gesù non si congratulò con Pietro per quello che aveva appena fatto; gli disse anzi di fermarsi. Lo disse per proteggere sia Pietro che le persone venute lì per arrestarlo, ma principalmente perché poteva bere il calice che il Padre Gli aveva dato, la misura della sofferenza e del giudizio che avrebbe sopportato.
i. “Piuttosto che aiutare il suo Maestro, l’azione impulsiva di Pietro avrebbe probabilmente avuto ripercussioni per tutti. Inoltre, anche se avesse avuto una qualche possibilità di successo, Gesù non avrebbe permesso a nessuno di frapporsi tra Lui e il completamento dell’opera che il Padre gli aveva affidato.” (Bruce)
ii. Giovanni, l’autore del Vangelo, indica Pietro come il trasgressore, ma non menziona la guarigione miracolosa dell’orecchio del servo del sommo sacerdote operata da Gesù (Luca 22:51).
e. Il capitano e le guardie dei Giudei presero Gesù e lo legarono: Vengono descritti due gruppi distinti: il capitano era un comandante romano, mentre le guardie dei Giudei facevano parte delle forze di sicurezza del tempio.
i. Il capitano: “Il ‘comandante’ (chiliarchos) era probabilmente l’ufficiale al comando della guarnigione romana di Gerusalemme (cfr. l’uso dello stesso termine in Atti 22:24, 26, 27, 28; 23:17, 19, 22). L’uso di questo termine tecnico dà forza all’idea che i Romani appoggiassero le azioni della catena di comando giudaica.” (Tenney)
f. E lo legarono: Consideravano Gesù tanto pericoloso da inviare numerosi soldati contro di Lui; perciò, una volta preso in custodia, lo legarono. Eppure, Gesù rimase legato solo ed esclusivamente perché si era arreso alla volontà del Padre. Certamente, quelle mani che avevano guarito i malati e resuscitato i morti avrebbero potuto spezzare dei semplici legacci.
i. Come applicazione spirituale, possiamo affermare che Gesù era legato in due modi.
·Gesù era legato con le corde dell’amore.
·Gesù era legato con i nostri legacci.
ii. “È avvenuto come descritto da Ireneo, mentre la Deità riposava; poiché avrebbe potuto liberarsi facilmente, così come aveva liberato i Suoi discepoli, ma per il sacrificio che stava per compiere necessitava di essere legato all’altare con delle corde; Egli fu immobilizzato e legato come un malfattore.” (Trapp)
iii. “Non leggo da nessuna parte che Anna Gli avesse allentato i legacci, o che Gli fosse stato concesso un momento di sollievo o rilassamento. Con le funi crudeli ancora strette, fu inviato attraverso la grande sala nell’altra ala del palazzo in cui risiedeva Caiafa.” (Spurgeon)
B. Il processo di Gesù di fronte ad Anna; il rinnegamento di Pietro.
1. (13-14) Gesù viene condotto da Anna.
E lo condussero prima da Anna, perché era suocero di Caiafa, che era sommo sacerdote in quell’anno. Caiafa era colui che aveva consigliato ai Giudei, che era conveniente che un uomo morisse per il popolo.
a. E lo condussero prima da Anna: Anna non era il sommo sacerdote ufficiale, bensì il suocero di Caiafa, e fu lui ad assegnare a Caiafa il suo ufficio.
i. “Anna era colui che esercitava realmente il potere sul trono di Gerusalemme. Era stato sommo sacerdote dal 6 al 15 d.C. Quattro dei suoi figli occupavano posizioni di rilievo nel sacerdozio e Caiafa era suo genero.” (Barclay)
ii. “C’è un passo nel Talmud che dice: ‘Guai alla casa di Anna! Guai al loro sibilo di serpente! Sono sommi sacerdoti; i loro figli sono custodi della tesoreria; i loro generi guardie del tempio; i loro servi prendono a bastonate la gente’. Anna e la sua famiglia godevano di una certa reputazione.” (Barclay)
iii. “Ad ogni modo, il Signore viene prima condotto da Anna, e siamo certi, per un motivo specifico. Anna, in un certo senso, ha la precedenza su tutti i nemici di Gesù; è abbastanza malvagio, crudele e senza scrupoli da essere il primo ministro di tutti i persecutori.” (Spurgeon)
b. Caiafa era colui che aveva consigliato ai Giudei, che era conveniente che un uomo morisse per il popolo: Questa profezia inconsapevole di Caiafa viene riportata in Giovanni 11:49-53. Senza saperlo, Caiafa disse la verità quando dichiarò che era un bene che Gesù morisse per il popolo.
i. In quella profezia inconsapevole, Caiafa disse una cosa logica (il bene del gruppo viene prima del bene del singolo) ma non moralmente giusta (era sbagliato condannare a morte un Uomo innocente, il Messia di Dio).
ii. Una delle ragioni per cui Giovanni ci ricorda le parole di Caiafa in Giovanni 11:49-52 è per mostrarci che la condanna di Gesù era già stata decretata. Non sarebbe stato un processo giusto. “Gesù non poteva aspettarsi molto da un giudice come quello. Non era un idealista che si prodigava per la giustizia, bensì un politico cinico che si era già espresso a favore della morte di Gesù’.” (Morris)
2. (15-16) Pietro e Giovanni seguono Gesù fino alla casa del sommo sacerdote.
Or Simon Pietro e un altro discepolo seguivano Gesù. E quel discepolo era noto al sommo sacerdote, ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Ma Pietro restò alla porta di fuori. Allora l’altro discepolo, che era noto al sommo sacerdote, uscì e parlò alla portinaia e fece entrare Pietro.
a. Simon Pietro e un altro discepolo seguivano Gesù: Pietro si era già messo in imbarazzo con la sua spada e l’orecchio del servo del sommo sacerdote nel Giardino di Getsemani. Sperando di avere una seconda occasione di mostrare la propria lealtà a Gesù, Lo seguì al luogo in cui veniva trattenuto. Si pensa che l’altro discepolo fosse Giovanni, in quanto aveva dei contatti con il sommo sacerdote e la sua famiglia (era noto al sommo sacerdote).
i. “È probabile che la sua famiglia avesse dei legami con i sacerdoti per via di relazioni commerciali o matrimoniali.” (Tenney)
ii. “Probabilmente Giovanni e suo padre Zebedeo erano soliti fornire ai sacerdoti il pesce migliore (Giovanni, che all’inizio era scappato con il resto dei discepoli, si era infiltrato furtivamente nel cortile per vedere cosa sarebbe successo al suo Maestro).” (Trapp)
b. Parlò alla portinaia e fece entrare Pietro: Il fatto che Giovanni avesse una qualche connessione con il sommo sacerdote e i suoi servi spiega come fu permesso a lui e a Pietro l’accesso alla proprietà del sommo sacerdote in una notte come quella.
3. (17-18) Pietro nega di conoscere Gesù per la prima volta.
E la serva portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie, acceso un fuoco di carboni, se ne stavano in piedi e si scaldavano, perché faceva freddo; anche Pietro stava in piedi con loro e si scaldava.
a. Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo: Una semplice serva, la portinaia del sommo sacerdote che sorvegliava l’ingresso al cortile, si rivolse a Pietro con una domanda. Pietro ebbe una prima opportunità, un semplice test, per dimostrare la propria lealtà: avrebbe potuto limitarsi a non rispondere, a borbottare qualcosa, o avrebbe potuto dire: “Lo conosco”.
i. Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo: “Anche” significa che la serva già conosceva Giovanni come uno dei discepoli di Gesù. “La serva presumibilmente sapeva già che ‘l’altro discepolo’ era un seguace di Gesù e, quando lo vide accompagnato da Pietro, pensò: ‘Oh no, eccone un altro!’” (Bruce)
ii. Dei discepoli di quest’uomo: “Nel greco di quest’uomo è dispregiativo, molto simile a ‘di questo tizio’.” (Tasker)
iii. “Una ragazzina è riuscita a dare del filo da torcere a un uomo così valoroso.” (Trapp)
b. Non lo sono: Pietro rispose alla frase interrogativa negativa della ragazza con un’altra negazione. Anziché rimanere leale a Gesù, negò di essere Suo discepolo. Sembra che l’episodio si sia verificato alla porta e ci sia stato uno scambio veloce di parola a cui Pietro non diede molta importanza, sebbene fosse comunque un chiaro diniego di ogni suo legame con Gesù.
i. “Quel primo diniego sembra essere avvenuto istintivamente, quasi inavvertitamente, scaturito da un semplice senso di vergogna.” (Alford)
c. Pietro stava in piedi con loro e si scaldava: Questo non significa che Pietro stava lì solo perché faceva freddo e voleva riscaldarsi. Voleva anche mescolarsi alla folla in modo da non essere notato e riconosciuto. Essere notato sarebbe stato pericoloso, essendo un discepolo dell’uomo che era stato appena arrestato e che si trovava in guai seri.
i. Pietro stava in piedi: “Luca dice chiaramente che sia Pietro che le persone attorno stavano seduti, e lo stesso fa Matteo. Giovanni sembra descriverli in piedi, ma, poiché queste parole sono spesso idiomatiche ed equivalgono al verbo italiano ‘stare’, ‘stare fermo’, non si può asserire che stessero effettivamente in piedi – così come non si può determinare negli altri diciannove punti del Vangelo di Giovanni.” (Trench)
4. (19-21) Anna interroga Gesù.
Or il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si radunano, e non ho detto niente in segreto. Perché interroghi me? Interroga coloro che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno le cose che ho detto».
a. Or il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina: Forse per timore, o magari per gelosia, Anna voleva maggiori informazioni sui discepoli di Gesù. Inoltre, voleva sapere di più sullaSua dottrina, se Gesù avesse insegnato qualcosa che avrebbe potuto minare il sistema religioso.
i. In altre parole, Anna si fece portare il prigioniero e Gli chiese: “Rivelaci chi sono i tuoi complici e ammetti la tua colpa”. Nella Sua risposta Gesù non fece alcuna menzione dei discepoli, ma li protesse in ogni modo possibile.
ii. “Il nome Anna significa clemente o misericordioso, un nome molto promettente, eppure fu lui a cominciare a tendere trappole al Signore Gesù con le sue domande – se mai poteva essere intrappolato.” (Spurgeon)
b. Io ho parlato al mondo apertamente: Gesù rispose ad Anna di non avere una dottrina o un insegnamento segreti che potessero essere rivelati sotto interrogatorio. I suoi insegnamenti erano di pubblico dominio, nelle sinagoghe e nel tempio. Gesù poté persino dire: “Non ho detto niente in segreto”.
i. “La verità è coraggiosa e a viso scoperto, mentre l’eresia si nasconde e detesta la luce.” (Trapp)
c. Perché interroghi me? Interroga coloro che hanno udito ciò che ho detto loro: La risposta di Gesù non era segno di una mancanza di collaborazione, bensì l’affermazione del Suo diritto legale. Non poteva esserci alcuna accusa formale contro l’imputato finché non fossero stati ascoltati i testimoni e la loro testimonianza non fosse stata comprovata.
i. Era dovere del sommo sacerdote convocare prima i testimoni, a partire da quelli della difesa. Tali misure per la protezione degli imputati, previste dalla legge giudaica, non vennero adottate durante il processo a Gesù. “Gesù dunque dichiara che, se è il suo insegnamento ad essere messo in dubbio, allora l’evidenza dei fatti deve essere presentata rispettando il sistema giuridico.” (Bruce)
ii. “Il Talmud afferma, Sinedrio. C. iv. S. 1, che ‘i processi penali non possono cominciare né terminare se non nell’arco di un singolo giorno. Se la persona viene assolta, il verdetto può essere pronunciato solo durante il giorno; se viene però condannata, il verdetto può essere pronunciato solo il giorno successivo. Ciononostante, nessun tipo di giudizio può essere eseguito alla vigilia del sabato o di una festività qualsiasi’.” (Clarke)
5. (22-24) Conclusione dell’udienza di Gesù di fronte ad Anna.
Egli aveva appena detto queste parole, che una delle guardie che gli stava vicino diede a Gesù uno schiaffo, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gesù gli rispose: «Se ho parlato male, mostra dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Anna dunque lo rimandò legato a Caiafa, sommo sacerdote.
a. Una delle guardie che gli stava vicino: Questo ufficiale senza nome dà inizio alla violenza fisica contro Gesù, che si sarebbe conclusa con la Sua crocifissione. Gesù, in quanto Dio, conosceva certamente il nome di quell’uomo; tuttavia, essendo uno di quelli che non sapeva quello che faceva contro il Messia di Dio (Luca 23:34), il suo nome viene omesso misericordiosamente.
b. Diede a Gesù uno schiaffo: Il suo nome non viene riportato, ma il suo crimine sì. Senza alcun avvertimento diede uno schiaffo energico a Gesù con il palmo della mano, accusandolo di aver mancato di rispetto al sommo sacerdote.
i. “Quel colpo era il preludio degli oltraggi che seguirono.” (Alford)
c. Se ho parlato male, mostra dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti: Gesù chiese sia all’ufficiale senza nome che ad Anna di giustificare il loro abuso fisico, esponendo la vergognosa realtà che non avevano applicato i loro stessi standard giuridici nei confronti di Gesù il Nazareno.
d. Anna lo rimandò legato a Caiafa, sommo sacerdote: Anna non sapeva che rispondere a Gesù; pertanto, lo inviò a essere processato in maniera ufficiale dall’uomo che ricopriva effettivamente la carica di sommo sacerdote. Lo rimandò legato alla stregua di un pericoloso criminale.
6. (25-27) Pietro rinnega Gesù altre due volte.
Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero dunque: «Non sei anche tu dei suoi discepoli?». Ed egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di colui a cui Pietro aveva reciso l’orecchio, disse: «Non ti ho io visto nell’orto con lui?». E Pietro lo negò di nuovo, e subito il gallo cantò.
a. Simon Pietro stava là a scaldarsi: Osservando Gesù da lontano a casa di Anna, Pietro sperava di mescolarsi alla folla e di non farsi notare. Si trovava però lì con loro, dunque lo riconobbero.
i. Luca 22:61 indica che Pietro riusciva a vedere Gesù, probabilmente rimanendo a una certa distanza. È possibile che avesse visto lo schiaffo inaspettato e che si fosse reso conto che la situazione stava per degenerare e diventare molto più violenta di quanto avesse immaginato. Lo shock di quella vista doveva aver aumentato il suo livello di stress e di panico mentre stava là a scaldarsi.
b. Non sei anche tu dei suoi discepoli: Questo personaggio anonimo pone la stessa domanda della serva portinaia (Giovanni 18:17), anche nella stessa forma interrogativa negativa. Per la seconda volta Pietro risponde: “Non lo sono” e nega qualsiasi tipo di legame con Gesù.
i. Non sei anche tu dei suoi discepoli: Per la seconda volta notiamo la presenza di un altro discepolo – Giovanni, senza alcun dubbio. Pietro sapeva che Giovanni era lì e che era conosciuto come discepolo di Gesù, ma non voleva che riconoscessero anche lui.
c. Uno dei servi del sommo sacerdote, parente di colui a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio: È proprio il tipo di informazioni che ci aspetteremmo di conoscere da Giovanni, visti i suoi contatti con il sommo sacerdote e la sua famiglia (Giovanni 18:15-16).
d. Non ti ho io visto nell’orto con lui: Quell’uomo aveva senza dubbio prestato particolare attenzione all’aggressore del suo parente Malco. Persino alla debole luce del fuoco nel cortile pensò di aver riconosciuto Pietro, l’uomo che aveva attaccato Malco alle spalle con una spada.
i. Non ti ho io visto: “io” è enfatico nel testo originale; proprio come diremmo noi: “Non ti ho io visto con i miei stessi occhi?” (Alford)
e. E Pietro lo negò di nuovo: Matteo 26:74 ci dice che rinnegò Gesù per la terza volta maledicendo e giurando, con la speranza di convincerli che non aveva alcun tipo di associazione con Gesù. Possiamo dire che a questo punto non fu la fede di Pietro a venir meno, ma il suo coraggio.
f. E subito il gallo cantò: Ecco compiersi ciò che Gesù aveva detto in Giovanni 13:38 riguardo a Pietro, il quale, all’udire del gallo, si ricordò della profezia pronunciata da Gesù nella sala di sopra.
C. Gesù viene portato al cospetto di Pilato.
1. (28) Gesù viene condotto dal governatore romano.
Poi da Caiafa condussero Gesù nel pretorio; era mattino presto. Ma essi non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi e poter così mangiare la Pasqua.
a. Poi da Caiafa condussero Gesù: Dopo l’interrogatorio Anna mandò Gesù da Caiafa (Giovanni 18:24) per un processo in due fasi. La prima fu un’assemblea del consiglio riunita in fretta e furia e riportata in Matteo 26:57-68. La seconda fu l’incontro ufficiale del Sinedrio, tenutosi durante il giorno (Luca 22:66).
i. Il Vangelo di Giovanni menziona solo che Gesù fu mandato da Caiafa, il quale lo mandò subito da Pilato. Giovanni si concentra maggiormente sull’udienza di Gesù di fronte al governatore romano, Ponzio Pilato.
b. Nel pretorio: Questa parola descrive i quartieri generali di Pilato a Gerusalemme. Si trattava probabilmente della fortezza romana Antonia, in cui Pilato teneva le udienze legali e conduceva gli affari pubblici.
i. “Il termine ‘pretorio’ denota il quartier generale dei governatori militari romani (il governatore di Giudea era uno di questi). In un accampamento romano, invece, il pretorio era il quartier generale del comandante situato al centro del campo.” (Bruce)
ii. “Filone di Alessandria descrive un episodio in cui Pilato appese degli scudi nel palazzo di Erode (Leg. Ad Gai., 299). Alcuni anni dopo il governatore Florio alloggiò nello stesso palazzo (Flavio Giuseppe, Bell. Ii, 301, 328). Non possediamo sufficienti prove per determinare se Pilato abbia alloggiato lì o meno, e l’intera questione deve essere considerata ipotetica.” (Morris)
c. Essi non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi: Giovanni usa un tocco di ironia per esporre l’ipocrisia dei capi dei giudei. Si rifiutano di infrangere dei piccoli comandamenti sulla contaminazione cerimoniale, ma nel frattempo infrangono il comandamento più importante, respingendo il Messia di Dio e condannando a morte un Uomo innocente.
i. “L’interrogatorio comincia dunque all’aperto, davanti all’edificio.” (Dods)
ii. “Putrida ipocrisia! Si preoccupano della contaminazione legale e non di contaminarsi la coscienza con del sangue innocente. Che cos’è questo, se non colare un moscerino e inghiottire un cammello?” (Trapp)
iii. “Westcott ipotizza che Giovanni fosse riuscito ad entrare nel Pretorio, trovandosi in una posizione ottimale per osservare lo svolgimento degli eventi.” (Morris)
d. E poter così mangiare la Pasqua: Questa frase dà luogo a una controversia: l’Ultima Cena fu il pasto tradizionale della Pasqua ebraica? E Gesù fu crocifisso a Pasqua o il giorno successivo? Il passo in Giovanni 18:28 sembra indicare che il giorno di Pasqua sarebbe stato quello successivo, ovvero il giorno in cui Gesù fu crocifisso, e che l’Ultima Cena fosse avvenuta il giorno prima. Eppure, numerosi passi sembrano indicare che l’Ultima Cena fosse proprio la cena di Pasqua (Matteo 26:18, Marco 14:12, 14:16, Luca 22:15). La soluzione migliore a questo difficile problema cronologico pare essere questa: Gesù fu crocifisso il giorno di Pasqua e il pasto che avevano consumato la notte precedente, dopo il tramonto (l’inizio di un nuovo giorno secondo il sistema di calcolo giudaico), era come uno dei pasti della Pasqua. Possiamo ipotizzare che gli agnelli pasquali venissero sacrificati entrambi i giorni, una necessità considerato il grandissimo numero di agnelli offerti nel tempio di Gerusalemme durante la Pasqua (Flavio Giuseppe descrive più di 200.000 sacrifici).
i. “Il vescovo Pearce suppone che agli ebrei fosse permesso mangiare l’agnello pasquale in un qualsiasi momento tra la sera di giovedì e quella di venerdì. Un permesso necessario secondo lui, considerato l’immenso numero di agnelli che dovevano essere uccisi per la festività.” (Clarke)
ii. Tasker suggerisce un’altra possibilità: “È possibile, tuttavia, che la pasqua in questo versetto indichi la festività della Pasqua ebraica in generale, della durata di sette giorni, e che l’espressione mangiare la pasqua non si riferisca al pasto principale, cosa che sarebbe già potuta accadere, bensì ai pasti successivi.”
2. (29-32) I capi religiosi spiegano la questione a Pilato.
Pilato dunque uscì verso di loro e disse: «Quale accusa portate contro quest’uomo?». Essi risposero e gli dissero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo dato nelle mani». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge». Ma i Giudei gli dissero: «A noi non è lecito far morire alcuno». E ciò affinché si adempisse quello che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
a. Pilato dunque uscì verso di loro: Conducendo Gesù dal governatore romano Ponzio Pilato, i capi religiosi avevano motivo di aspettarsi una sentenza in loro favore. I documenti storici ritraggono Pilato come un uomo crudele e spietato, completamente insensibile ai principi morali altrui.
i. Pilato aveva sposato la nipote di Cesare Augusto. “Se non fosse stato per i suoi agganci influenti derivatigli dal matrimonio, non si sarebbe mai neppure avvicinato alla carica di procuratore in Giudea.” (Boice)
ii. Filone d’Alessandria, un antico studioso giudeo, descrive così Pilato: “La sua corruzione, le sue azioni insolenti, i suoi saccheggi, l’abitudine di beffarsi delle persone, la sua crudeltà, le continue condanne a morte senza previo processo e la sua disumanità gratuita e crudele senza fine.” (Barclay)
iii. “Si trattava di un uomo debole che cercava di nascondere la propria insicurezza, mostrandosi a tutti ostinato e violento… il suo governo fu segnato da molteplici spargimenti di sangue (cfr. Luca 13:1).” (Bruce)
b. Quale accusa portate contro quest’uomo: Come ci si potrebbe aspettare da un romano, Pilato affronta direttamente la questione, senza girarci intorno. Esige di conoscere il capo d’accusa. Giovanni riporta il loro tentativo di evitare la domanda: Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo dato nelle mani.
i. “Avevano già goduto della sua cooperazione quando Lo avevano arrestato. Adesso si aspettavano che li credesse sulla parola: l’uomo che i romani avevano aiutato ad arrestare era pericoloso e doveva essere giustiziato.” (Morris)
ii. “Non volevano che Pilato fosse il giudice, bensì l’esecutore della sentenza che avevano già pronunciato illegalmente.” (Clarke)
iii. “‘Lo abbiamo già condannato noi; non serve altro. Adesso vogliamo che tu porti a compimento la sentenza su nostra richiesta’. Sin da allora è stata spesso ‘l’autorità ecclesiastica’ a decidere e il ‘braccio secolare’ ad agire; sfortunatamente, l’autorità civile non è sempre stata saggia come Pilato.” (Maclaren)
c. Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge: Pilato risponde alle loro parole elusive dicendo loro di risolvere la questione da sé. Se non avessero presentato a Pilato un capo d’accusa di suo interesse, allora avrebbero dovuto giudicarlo loro secondo la loro legge, senza dare altre seccature ai romani.
i. Giovanni non ne parla, ma alla fine i capi religiosi diedero una risposta specifica alla domanda di Pilato di conoscere i capi d’accusa: Noi abbiamo sorpreso costui che sovvertiva la nazione e proibiva di dare i tributi a Cesare, affermando di essere un re, il Cristo (Luca 23:2).
d. A noi non è lecito far morire alcuno: Senza ottemperare alla richiesta specifica di Pilato, i capi religiosi spiegano perché non vogliono giudicarlo secondo la loro legge. Volevano Gesù morto, e i romani non permettevano ai giudei di giustiziare alcun criminale secondo la loro legge.
i. “Flavio Giuseppe ci dice che era legale tenere una corte di giudizio in casi capitali, anche senza il consenso del Procuratore.” (Alford)
ii. Era capitato che i capi religiosi avessero rischiato l’ira delle autorità romane, giustiziando dei presunti colpevoli senza il loro permesso. Atti 7:54-60 riporta una di queste esecuzioni per lapidazione, che era solitamente il metodo usato dai capi giudei per mettere a morte qualcuno senza autorizzazione.
iii. È possibile che i capi religiosi avessero insistito sulla crocifissione proprio per far cadere su Gesù la maledizione descritta in Deuteronomio 21:22-23. Egli ha effettivamente portato quella maledizione per redimerci dalla maledizione della legge (Galati 3:13).
iv. “Il potere di vita e di morte fu probabilmente ottenuto dai giudei quando Archelao, re di Giudea, fu bandito a Vienna e la Giudea divenne una provincia romana. Ciò accadde più di cinquanta anni prima della distruzione di Gerusalemme.” (Clarke)
e. Affinché si adempisse quello che Gesù aveva detto: La loro richiesta di mettere a morte Gesù secondo la tradizione romana della crocifissione adempie le parole stesse di Gesù (bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, Giovanni 3:14). Se i giudei avessero messo a morte Gesù, lo avrebbero lapidato e questa profezia sul tipo di morte non si sarebbe compiuta.
i. Giovanni solleva un’altra questione: visto che i nemici di Gesù erano tra i capi religiosi ebrei, perché fu condannato alla morte romana per crocifissione? Come si legge nel Vangelo, Gesù dovette affrontare tanta opposizione, ma mai da parte dei Romani. La serie di eventi che portò alla Sua morte di croce è da considerarsi alquanto strana e singolare.
3. (33-35) Pilato chiede, Gesù chiarisce.
Pilato dunque rientrò nel pretorio, chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù gli rispose: «Dici questo da te stesso, oppure altri te lo hanno detto di me?». Pilato gli rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato nelle mie mani; che hai fatto?».
a. Pilato dunque rientrò nel pretorio: Giovanni accosta, nella sua narrazione, le due udienze di Gesù al cospetto di Pilato, separate dall’udienza con Erode Antipa (Luca 23:8-12). Pilato sperava di liberarsi del problema e rifilarlo a Erode, visto che era lui il governatore della Galilea, da dove proveniva Gesù. Erode, tuttavia, Lo rimandò indietro. Questo versetto indica probabilmente l’inizio del secondo incontro.
b. Sei tu il re dei Giudei: Pilato era già coinvolto nel caso, avendo inviato delle truppe per arrestare Gesù (Giovanni 18:3). Qui vediamo il suo primo contatto con l’Uomo che i capi religiosi reputavano pericoloso. Eppure, la domanda di Pilato portò alla luce i suoi dubbi.
i. Pilato aveva già avuto a che fare con rivoluzionari senza freni, che si proclamavano re. “In riferimento all’anarchia in Giudea, in seguito alla morte di Erode nel 4 a.C., Flavio Giuseppe scrive: ‘Chiunque potrebbe farsi re mettendosi a capo del gruppo di ribelli di cui fa parte.’” (Bruce)
ii. Pilato Gli fece quella domanda perché Gesù non sembrava un rivoluzionario o un criminale. Solo uno di loro poteva essere tanto sciocco da sostenere di essere il Re dei Giudei di fronte al dominio di Roma. Pilato aveva già visto uomini del genere prima e sapeva che Gesù non era uno di loro.
iii. “Pilato si era aspettato di incontrare un ribelle belligerante e indisponente, e invece si imbatté nella maestosità pacata di una superiorità fiduciosa. Non riusciva a conciliare il carattere del prigioniero con le accuse avanzate a Suo carico.” (Tenney)
c. Dici questo da te stesso: Gesù voleva sapere se Pilato fosse davvero interessato a conoscere la risposta o se avesse semplicemente ripetuto la domanda di coloro che Lo avevano già condannato. Da questo sarebbe dipesa la Sua risposta.
i. “Se Pilato l’avesse chiesto perché era davvero interessato, il senso della domanda sarebbe stato: “Sei un Re politico, cospiri contro Cesare?” Se invece non avesse fatto altro che ripetere la domanda di Caiafa, avrebbe voluto dire: “Sei il Re messianico d’Israele?” La risposta alla prima domanda sarebbe stata no, alla seconda sarebbe stata sì” (Pilcher, citato in Morris).
d. Che hai fatto: In quanto romano, Pilato non aveva alcun interesse per la sfera spirituale o sociale giudaica. Tutto ciò che sapeva era che, se i capi religiosi volevano Gesù morto, doveva aver fatto qualcosa di grave e voleva scoprire di che cosa si trattasse.
i. Gesù avrebbe potuto dare una risposta grandiosa alla domanda “Che hai fatto?”
·Era senza peccato e non aveva mai fatto niente di sbagliato, né contro Dio né contro l’uomo.
·Aveva guarito gli ammalati, ridato la vista ai ciechi, calmato la tempesta, camminato sulle acque, sfamato le moltitudini, sconfitto demoni e resuscitato i morti.
·Aveva insegnato la verità in modo tanto chiaro e potente da lasciare i Suoi ascoltatori meravigliati.
·Aveva affrontato la corruzione senza alcun timore.
·Aveva dedicato l’intera propria vita ad alcuni uomini che erano destinati, secondo il piano di Dio, a sconvolgere il mondo (in senso positivo).
·Non venne per essere servito, ma per servire – e per dare la Sua vita come prezzo di riscatto per molti.
ii. “Che strano chiedere al Prigioniero di che cosa si fosse mai reso colpevole. Sarebbe stato meglio se Pilato si fosse attenuto alla propria domanda e avesse basato risolutamente il proprio giudizio sulla risposta ricevuta.” (Maclaren)
4. (36) Gesù descrive a Pilato il Suo regno.
Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero affinché io non fossi dato in mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui».
a. Il mio regno non è di questo mondo: Gesù disse chiaramente a Pilato di essere un re; pertanto, poteva dire: “Il mio regno”. Gli disse chiaramente anche che il Suo regno non era un regno politico rivale: non era e non è di questo mondo.
·In contrapposizione ai regni di questo mondo, il regno di Gesù ha origine nei cieli (il mio regno non è di questo mondo).
·In contrapposizione ai regni di questo mondo, il regno di Gesù ha la pace come fondamento (se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero).
i. “Non si può negare che il Suo Regno si trovi oltre questo mondo; ciò deve essere però determinato dal potere di questo mondo.” (Alford)
b. Il mio regno non è di qui: Possiamo immaginare il sollievo e la soddisfazione di Pilato all’udire che il regno di Gesù non è di qui. Pilato doveva aver constatato che Roma non aveva nulla da temere da Gesù e dal Suo regno.
i. I Romani pensavano di sapere tutto sui regni e la loro forza, che ritenevano fosse commisurata agli eserciti, alle flotte, alle spade e alle battaglie sostenute da ciascun regno. Gesù sapeva invece che il Suo regno – sebbene non di questo mondo – era più potente di Roma e avrebbe continuato ad espandersi e a esercitare la propria influenza anche dopo la sua caduta.
ii. Il mio regno non è di qui: Agostino nota da questo versetto che i regni terreni sono basati sulla forza, sull’orgoglio, sulla ricerca della gloria umana, sul desiderio di dominio e sull’interesse personale – il tutto mostrato dall’atteggiamento di Pilato e dall’Impero Romano.
iii. Il regno celeste, esemplificato da Gesù e dalla croce, si basa su amore, sacrificio, umiltà e rettitudine – che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci (1 Corinzi 1:23).
iv. “La deduzione ovvia dalle Sue parole era che Gesù era venuto in questo mondo da un altro regno, che chiunque non l’avesse ascoltato non sarebbe stato caratterizzato dalla verità e che, se Pilato avesse voluto sapere davvero qual era questa verità, avrebbe dovuto prestare tutta la sua attenzione a Gesù” (Tenney)
5. (37-38) Gesù e Pilato discutono sulla verità.
Allora Pilato gli disse: «Dunque sei tu re?». Gesù rispose: «Tu dici giustamente che io sono re; per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità; chiunque è per la verità ascolta la mia voce». Pilato gli chiese: «Che cosa è verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo alcuna colpa in lui».
a. Dunque sei tu re: Questa è la dichiarazione che interessava veramente a Pilato. A lui non interessava la presenza di capi religiosi tra i giudei – persino quelli esaltati, – purché mantenessero la pace e non sfidassero il potere di Roma. Un re rivale, invece, avrebbe potuto metterlo in discussione; pertanto, Pilato decise di indagare a fondo.
i. “La parola tu, nella domanda di Pilato, è enfatica e sarcastica. ‘TU, prigioniero, legato, qui davanti a me come un criminale a rischio della propria vita, sei UN RE?’” (Alford)
ii. “La domanda non avrebbe potuto essere più sarcastica di così. Pilato, in cuor suo, disprezzava i giudei in quanto tali, ma eccone uno, poveraccio, perseguitato dalla sua stessa gente, indifeso e abbandonato; sembrava una presa in giro il solo parlare di un regno associato a quest’uomo.” (Spurgeon)
b. Tu dici giustamente che io sono re: Gesù non nega di essere re. Insiste di essere nato re e di essere un tipo di re differente. È venuto per essere il Re della Verità, per rendere testimonianza alla verità.
i. “Fece un appello a Pilato, non per essere risparmiato o assolto, ma affinché riconoscesse la verità.” (Tenney)
ii. “È solo per mezzo della verità che influenzo le menti e governo le azioni dei miei sudditi.” (Clarke)
c. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: Qualche decennio dopo Paolo avrebbe supplicato Timoteo con queste parole: Cristo Gesù che, testimoniando davanti a Ponzio Pilato, rese una buona testimonianza di fede (1 Timoteo 6:13). La buona testimonianza di Gesù consisteva nell’aver dichiarato di essere un re, che il Suo regno proveniva dal cielo ed era un regno di verità eterna in contrapposizione al potere terreno.
i. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: “‘Io’ entrambe le volte è enfatico e si erge maestosamente contro il tu derisorio di Pilato.” (Alford)
ii. “Il nostro Signore dichiara di essere nato Re e con uno scopo ben definito. Le parole sono la prova significativa dell’Incarnazione del Figlio di Dio.” (Alford)
iii. “Entrambe le dichiarazioni si possono trovare altrove, ma la loro combinazione è insolita e, in una situazione del genere, inaspettata.” (Morris)
d. Che cosa è verità: La domanda cinica di Pilato indica che considerava assurda l’affermazione di Gesù quale Re di Verità. Probabilmente Pilato non intendeva dire che la verità non esisteva, piuttosto che non esisteva verità nel tipo di regno spirituale rappresentato da Gesù. Per Pilato, i soldati e le armate erano verità, Roma era verità, Cesare era verità e il potere politico era verità.
i. “Pilato conosceva i propri compiti e discutere sulla natura della verità non era uno di questi. Così, interrompe l’interrogatorio con brusco congedo.” (Bruce)
ii. “Era un modo per chiudere il discorso. Pilato aveva appreso quello che voleva sapere. Gesù non era un rivoluzionario. Non rappresentava una minaccia per lo stato. Poteva essere tranquillamente liberato, anzi secondo la giustizia doveva essere assolto.” (Morris)
iii. Che cosa è verità: Molti ai giorni nostri si chiedono la stessa cosa, anche se da una prospettiva differente. Notando che molte cose sono considerate vere solo sulla base della preferenza o del punto di vista personale, pensano che ogni verità sia personale e individuale. Credono che non ci sia alcuna verità assoluta riguardo a Dio; c’è solo la mia verità e la tua verità, e l’una vale l’altra. Nonostante questo modo di pensare sia prevalente oggigiorno, nega Colui che disse: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità”.
e. Io non trovo alcuna colpa in lui: Pilato si rivolse quindi ai capi religiosi che volevano Gesù morto e disse loro chiaramente che Egli non era colpevole; anzi, si spinse ben oltre, affermando non solo che Gesù non era colpevole di un crimine che dovesse essere punito con la morte, ma asserì addirittura di non aver trovato alcuna colpa in lui. Pilato sapeva che Gesù era innocente.
6. (39-40) Pilato cerca di liberare Gesù, la folla invece grida in favore di Barabba.
«Ma vi è tra voi l’usanza che io vi liberi uno nella Pasqua; volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?». Allora tutti di nuovo gridarono, dicendo: «Non costui, ma Barabba». Or Barabba era un brigante.
a. Ma vi è tra voi l’usanza che io vi liberi uno nella Pasqua: Resosi conto che c’era qualcosa di diverso – e di innocente – in Gesù, Pilato sperava che la tradizione di liberare un prigioniero in occasione della Pasqua avrebbe favorito la liberazione dell’uomo che egli sapeva essere innocente.
i. “Al riguardo non abbiamo altre informazioni da nessun’altra parte, sebbene Flavio Giuseppe (Antichità 20.9,3) riporti che durante una Pasqua Albino aveva liberato alcuni briganti.” (Dods)
ii. “Non si sa niente riguardo alle origini o alle motivazioni di questa tradizione. I commentatori continuano a nuotare in un oceano di congetture, ma perdono solo tempo e non giungono a nulla.” (Clarke)
b. Volete dunque che vi liberi il re dei Giudei: Ponendo la domanda in questo modo, Pilato sperava di fare appello alla folla di giudei. Pensava che questa avrebbe voluto risparmiare dagli orrori della crocifissione l’Uomo che portava il nome di loro re.
i. “Come tutti gli uomini deboli, essendo tormentato nella coscienza, fece un futile tentativo di fare la cosa giusta, cercando però di evitarne le ripercussioni.” (Maclaren)
c. Non costui, ma Barabba: La folla respinse Gesù e scelse Barabba al Suo posto. Pilato sperava che la folla risparmiasse Gesù, invece Lo condannò.
i. Matteo 27:20 dice che la folla non agì di propria iniziativa, bensì che fu persuasa dai capi religiosi: Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero le folle a chiedere Barabba, e a far morire Gesù (anche in Marco 15:11).
ii. Nella scelta di Barabba al posto di Gesù da parte della folla, si riflette la natura corrotta dell’umanità. Il nome Barabba significa pressappoco figlio del padre. Scelsero un figlio del padre fasullo e violento anziché il vero Figlio del Padre. Inoltre, in questo si prefigura l’accoglimento futuro del Barabba per eccellenza, quello che comunemente è denominato l’Anticristo.
iii. Ancora oggi le persone respingono Gesù e scelgono un altro. I loro Barabba sono la concupiscenza, l’ubriachezza, il proprio io e le comodità della vita. “È una scelta insensata che viene fatta ogni giorno, mentre gli uomini preferiscono i desideri della propria carne anziché la vita della propria anima.” (Trapp)
d. Barabba era un brigante: Marco 15:7 ci dice che era uno dei tanti ribelli che avevano commesso un omicidio durante una sommossa. I Romani lo consideravano un terrorista, mentre molti giudei un paladino della libertà.
i. “Sembra che Barabba fosse un membro del movimento di resistenza locale. Per via della sua opposizione ai Romani, era considerato un eroe da molti giudei.” (Morris)
ii. “Usa un termine per indicare quasi certamente (come fa di solito Flavio Giuseppe) un ribelle zelota. In Marco 15:27 (cfr. Matteo 27:38) la stessa parola viene usata per indicare i due uomini crocifissi insieme a Gesù.” (Bruce)
iii. “Probabilmente Barabba era un guerrigliero, un “combattente della resistenza” catturato dai romani, in attesa di essere giustiziato.” (Tenney)
iv. Barabba fu accusato di almeno tre crimini: furto (Giovanni 18:40), insurrezione (Marco 15:7) e omicidio (Marco 15:7). “Tu ed io potremmo facilmente trovarci lì, proprio al fianco di Barabba. Abbiamo derubato Dio della Sua gloria; siamo dei traditori sediziosi del governo celeste; se colui che odia il proprio fratello è come se l’avesse ucciso, allora anche noi siamo colpevoli del peccato di omicidio.” (Spurgeon)
v. Se qualcuno sapeva veramente che cosa significasse che Gesù era morto al posto suo, questo è proprio Barabba. Benché fosse un terrorista e un assassino, lui fu liberato mentre Gesù crocifisso. È probabile che la croce su cui Gesù era appeso fosse destinata inizialmente proprio a Barabba.
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