Galati 5 – Saldi nella libertà di Gesù
A. Un’ultima esortazione a camminare nella libertà di Gesù.
1. (1) Dichiarazione riassuntiva: alla luce di quanto detto finora, Paolo sfida i Galati a camminare nella verità che ha esposto.
State dunque saldi nella libertà con la quale Cristo ci ha liberati, e non siate di nuovo ridotti sotto il giogo della schiavitù.
a. State dunque saldi nella libertà con la quale Cristo ci ha liberati: La realtà dei fatti è che Gesù ci ha liberati. Se viviamo nella schiavitù di una relazione legalista con Dio, non è certo per Sua volontà. Dio ci implora di rivestirci della Sua forza e di camminare in quella libertà, e a non essere di nuovo ridotti sotto il giogo della schiavitù.
i. È importante notare che è Cristo che ci ha liberati, non siamo noi a liberare noi stessi. La libertà è un dono di Gesù, dataci e ricevuta per fede. Quando facciamo degli sforzi per ottenere la liberazione, ritorniamo ad essere ridotti sotto il giogo della schiavitù.
ii. Paolo rende il concetto in modo enfatico: nella libertà e non in una libertà qualsiasi. Oggi, le persone vivono nella frenetica ricerca di “libertà”, che pensano sia fare quello che vogliono, senza mai negarsi alcun desiderio. Questo è un tipo di libertà, una falsa libertà; ma non è la libertà. La libertà è essere liberi dalla tirannia di doversi guadagnare l’approvazione di Dio; è essere liberi dal peccato, dalla colpa e dalla condanna; è essere liberi dalla punizione, dalla potenza e, un giorno, dalla presenza del peccato.
b. “State dunque saldi” significa che bisogna sforzarsi per restare in questa condizione di libertà. Colui che è stato reso legalmente libero in Gesù può essere tratto in inganno a tornare a vivere sotto il giogo della schiavitù.
i. Il grande evangelista D. L. Moody illustrò questo concetto citando un’anziana donna ex schiava del sud in seguito alla Guerra Civile. Una volta ottenuta la libertà, era confusa riguardo alla propria condizione e chiese: Sono libera ora, o no? Quando vado dal mio vecchio padrone, mi dice che non sono libera e, quando vado dalla mia gente, mi dicono che lo sono, e non so se sono libera o meno. Alcune persone mi hanno detto che Abrahamo Lincoln ha firmato un Proclama, ma il padrone dice di no; dice che non aveva alcun diritto di farlo. Molti cristiani hanno la medesima confusione. Gesù Cristo ha dato loro una “Proclamazione di Emancipazione”, ma il loro “vecchio padrone” continua a ripeter loro che sono ancora schiavi di una relazione legalista con Dio. Vivono in schiavitù a causa dell’inganno del loro “vecchio padrone”.
c. Il giogo della schiavitù: Questa frase ci rammenta ciò che Pietro disse in Atti 15:10 riguardo a coloro che volevano riportare i Gentili sotto il giogo della legge: Ora dunque perché tentate Dio, mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi abbiamo potuto portare? Dato che gli stessi ebrei non erano stati in grado di giustificare sé stessi davanti a Dio mediante la legge, non avrebbero dovuto mettere quel giogo così gravoso e opprimente sulle spalle dei Gentili.
i. A quel tempo c’erano alcuni insegnanti ebrei che parlavano della Legge di Mosè come di un giogo, ma usavano il termine in senso positivo. Paolo invece considerava una relazione basata sulla legge come un giogo, ma come un giogo della schiavitù; per l’appunto, un concetto legato alla schiavitù e non alla libertà. Questo giogo della schiavitù non fa altro che intrappolarci. Ci sforziamo di tirare l’aratro di Dio, ma il giogo della schiavitù ci lascia aggrovigliati, bloccati e delusi.
ii. Certamente si trattava di schiavitù. Gli insegnanti ebrei avevano contato nella Legge di Mosè 613 comandamenti da rispettare. “Anche solo ricordarseli tutti era difficile, e osservarli era al limite dell’impossibile. Non c’è da stupirsi che Paolo paragoni il sottomettersi ad essi al ridursi in schiavitù.” (Morris)
2. (2-4) Il pericolo di abbracciare la legge come modo per camminare con Dio.
Ecco, io, Paolo, vi dico che se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. E daccapo attesto ad ogni uomo che si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta la legge. Voi, che cercate di essere giustificati mediante la legge, vi siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia.
a. Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla: Quando accogliamo la legge come regola del nostro cammino con Dio, dobbiamo lasciar andare Gesù. Egli smette di essere la nostra giustizia, perché finiamo per cercare di guadagnarcela da soli. Per i Galati in questo contesto, ricevere la circoncisione (il rituale di testimonianza di un Gentile che si sottomette alla legge) significa non confidare più in Gesù per ricevere la giustizia, ma in sé stessi. Perciò Paolo dice: “Cristo non vi gioverà nulla”.
i. I legalisti volevano che i Galati pensassero di poter avere entrambi: sia Gesù che una relazione con Dio mediante la legge. Paolo dice loro che ciò non è possibile: il sistema della grazia e il sistema della legge sono incompatibili. “Chiunque vuole avere Cristo solo a metà, lo perde tutto.” (Calvino)
ii. “La circoncisione è il sigillo della legge. Colui che volontariamente e deliberatamente si sottopone alla circoncisione firma un accordo di osservanza della legge. È dunque vincolato a adempierla e non può invocare la grazia di Cristo, avendo adottato un’altra modalità per ottenere giustizia.” (Lightfoot)
iii. Che tragedia! Gesù morì Sulla croce, sparse il Suo sangue, la Sua vita, la Sua anima, la Sua agonia, il Suo amore per noi e non gioverà nulla! Due uomini morirono insieme a Gesù; per colui che ripose la propria fiducia in Gesù significò vita eterna. A colui che ripose fiducia in sé stesso non giovò nulla.
iv. Questo aspetto era così importante per Paolo, che raccolse tutte le proprie forze in un appello personale. Cominciò dicendo: Ecco, io, Paolo. Quando poi continuò con “attesto”, ricordò la propria formazione da avvocato, rimarcando la gravità della situazione. “La lingua non può esprimere, né il cuore può concepire quanto sia terribile privare Cristo del Suo valore.” (Lutero)
b. Ogni uomo che si fa circoncidere […] è obbligato ad osservare tutta la legge: Quando facciamo della legge il dettame del nostro cammino con Dio, dobbiamo abbracciare tutta la legge. Ed è nei confronti di tutta la legge che diventiamo debitori di un debito incalcolabile.
i. Va ribadito ancora una volta che i legalisti volevano che i Galati pensassero di poter osservare alcuni aspetti della legge senza doversi sottomettere a tutta la legge. Il problema è che quando scegliamo di vivere secondo la legge, dobbiamo obbedire a tutta la legge.
ii. Se vogliamo avvicinarci a Dio mediante legge, dobbiamo osservare tutta la legge e la nostra ubbidienza dev’essere perfetta. Non c’è misura tale di obbedienza da compensare un atto di disobbedienza; se vieni fermato per eccesso di velocità, non serve a nulla protestare dicendo che sei un marito fedele, che paghi le tasse e che hai rispettato il limite di velocità molte altre volte. Tutto ciò è irrilevante. Hai comunque infranto la legge sul limite di velocità, e secondo quella sei colpevole.
iii. Ciò non vuol dire che la sola circoncisione significhi che la persona che la riceve è in una relazione con Dio basata sulla legge e che deve osservare tutta la legge per poter ricevere la salvezza. Paolo si rivolgeva ai cristiani Gentili tra i Galati, che venivano indotti a farsi circoncidere in età adulta, come prova della loro sottomissione alla Legge di Mosè, quale “primo passo” verso la salvezza. Vedremo in seguito che a Paolo non importava niente della circoncisione di per sé (Galati 5:6), ma detestava la teologia della circoncisione presentata dai legalisti.
c. Siete scaduti dalla grazia: Quando scegliamo la legge come norma del nostro cammino con Dio, ci allontaniamo da Gesù e dalla Sua grazia. Siamo dunque separati da Cristo e dalla Sua grazia salvifica.
i. Il pericolo di scadere dalla grazia è reale, ma è spesso frainteso. La maggior parte della gente pensa che “scadere” implichi una condotta immorale, sebbene non siamo salvati per la nostra condotta. Invece, siamo salvati dal nostro continuo affidarci per fede alla grazia di Dio. Si potrebbe scadere dalla grazia ed essere dannati senza essere mai caduti in una condotta gravemente immorale.
ii. Boice commenta così su “siete scaduti dalla grazia”: “L’espressione non è usata per dire che, se un cristiano pecca, scade dalla grazia e quindi perde la propria salvezza. In un certo senso, peccare è cadere nella grazia, se seguito dal ravvedimento. Ma scadere dalla grazia, come visto in questo contesto, significa cadere nel legalismo … O, per dirla diversamente, scegliere il legalismo è rinunciare alla grazia come principio, in base al quale si desidera essere in relazione con Dio.”
iii. Letteralmente, Paolo scrisse: “siete caduti fuori dalla grazia”, che ha un significato diverso dalla traduzione italiana “siete scaduti dalla grazia”.
3. (5-6) La risposta della fede al legalista.
Noi infatti in Spirito, mediante la fede, aspettiamo la speranza della giustizia, poiché in Cristo Gesù né la circoncisione né l’incirconcisione hanno alcun valore, ma la fede che opera mediante l’amore.
a. Noi infatti in Spirito, mediante la fede, aspettiamo la speranza della giustizia: Quelli che camminano nello Spirito aspettano la giustizia mediante la fede; non stanno cercando di guadagnarsela compiendo opere buone. Nessuno può essere legalista nello Spirito.
i. Wuest commenta così il verbo “aspettiamo”: “Questa parola esprime un atteggiamento di forte brama e di un’impaziente attesa di qualcosa. Qui si riferisce all’intenso desiderio del credente e all’impaziente aspettativa di una giustizia concreta, che sarà costantemente prodotta nella sua vita dallo Spirito Santo mentre si arrende a Lui.”
b. Poiché in Cristo Gesù né la circoncisione né l’incirconcisione hanno alcun valore, ma la fede che opera mediante l’amore: Coloro che camminano nello Spirito sanno che non c’è differenza tra l’essere circoncisi o incirconcisi. Ciò che conta è la fede che opera mediante l’amore, entrambi palesemente assenti nella vita dei legalisti.
i. Ogni aspetto di questo verso è prezioso. Ci indirizza in un luogo: in Cristo Gesù. Ecco come Morris commenta “in Cristo”: “Paolo non definisce mai il significato di quest’espressione, ma chiaramente si riferisce all’unione più stretta tra il credente e Cristo.”
ii. In quel luogo, né la circoncisione né l’incirconcisione hanno alcun valore: né l’una né l’altra hanno importanza. Non sei migliore se sei circonciso o incirconciso. Non sei peggiore se sei circonciso o incirconciso. L’unico pericolo è affidarsi a qualcosa di completamente insignificante.
iii. Questo versetto ci dice anche che cosa ha realmente importanza in questo luogo: la fede che opera mediante l’amore. Hai fede? Ottimo; ma deve essere fede che opera mediante l’amore. Se la tua fede non opera, non è vera fede. Se non opera mediante l’amore, non è vera fede. Ma il tuo amore da solo non basta; il tuo amore deve anche avere fede: una fiducia incrollabile in Gesù e in quello che ha fatto per noi.
iv. La fede deve operare mediante l’amore. Erode aveva fede nel fatto che Giovanni Battista fosse un vero profeta, ma la sua non era una fede che operava mediante l’amore; perciò lo fece assassinare. La vera fede, la fede che salva, opera mediante l’amore.
4. (7-12) Il confronto finale.
Voi correvate bene; chi vi ha ostacolato impedendovi di ubbidire alla verità? Questa persuasione non viene da colui che vi chiama. Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore, che non penserete diversamente; ma colui che vi turba ne subirà la punizione, chiunque egli sia. Ora quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono perseguitato? Allora lo scandalo della croce sarebbe abolito. Oh, si facessero pur anche mutilare coloro che vi turbano!
a. Voi correvate bene: Paolo rammenta ai Galati il loro buon avvio nella fede, ma sa anche che iniziare bene non basta. Rischiavano ancora di scadere dalla grazia.
b. Chi vi ha ostacolato impedendovi di ubbidire alla verità? Paolo sapeva che il falso insegnamento proveniva da una persona (chi vi ha ostacolato), ma non da Gesù (Questa persuasione non viene da colui che vi chiama).
i. Fondamentalmente, i Galati lasciarono Gesù per seguire dottrine di uomini false e vuote; il legalismo nel caso specifico.
ii. Lightfoot commenta “ostacolato”: “Una metafora che richiama operazioni militari. Questo termine significa ‘distruggere una strada’ … tanto da renderla impraticabile, che è quindi l’opposto di … ‘sgombrare la via.’” I Galati stavano procedendo bene finché qualcuno non ha distrutto la strada sulla quale correvano.
c. Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta: Qua Paolo rende ancora più chiaro il proprio avvertimento: l’influenza corruttiva del legalismo e di altre dottrine che sminuiscono la persona di Gesù è come il lievito in un impasto: ne basta poco per contaminarlo velocemente.
i. Nel modo di pensare ebraico, il lievito rappresenta quasi sempre un’influenza malvagia. Paolo sta dicendo ai Galati che, sebbene il loro presente coinvolgimento con il legalismo sia minimo, è talmente pericoloso da corrompere ogni cosa.
d. Io sono fiducioso per voi: Volendo terminare la discussione con una nota positiva, Paolo esprime la propria fiducia nei Galati (che in realtà è fiducia nel Signore, il quale è in grado di custodirli). Comunque, Paolo è altrettanto sicuro che il giudizio arriva per coloro che li fuorviano e li portano lontano da Gesù (colui che vi turba ne subirà la punizione, chiunque egli sia).
i. Ricorda il solenne avvertimento di Gesù a coloro che avessero portato fuori strada uno di questi piccoli (Matteo 18:6-7). Il giudizio è sicuro, chiunque egli sia. “Non importa chi sia; potrebbe essere qualcuno di molto acclamato nella comunità dove insegna, ma, se sta pervertendo il vangelo, è colpevole e il suo rango e la sua reputazione non lo proteggeranno.” (Morris)
e. Se io predico ancora la circoncisione: Paolo chiarisce che non predica più la necessità della circoncisione. Il fatto di essere perseguitato dai legalisti ne è una prova sufficiente. Al contrario, Paolo porta con orgoglio lo scandalo della croce.
i. Qualcuno potrebbe accusare Paolo di predicare la circoncisione, avendo chiesto a Timoteo di farsi circoncidere (Atti 16:1-3). Il fine non fu per la salvezza di Timoteo né per renderlo “più salvato”, ma lo fece circoncidere affinché Timoteo potesse evangelizzare più liberamente tra gli ebrei non ancora salvati.
ii. Il legalismo non è in grado di gestire lo scandalo della croce. Il senso dalla morte di Gesù sulla croce fu: “Non puoi salvarti da solo. Devo morire io al posto tuo, altrimenti non avrai assolutamente alcuna speranza.” Quando confidiamo nel legalismo, crediamo, almeno in parte, di poter salvare noi stessi. In questo modo rimuoviamo lo scandalo della croce, che dovrebbe sempre offendere la natura decaduta dell’uomo. In tal senso, lo scandalo della croce è in realtà la gloria della croce, che il legalismo vuole portare via.
f. Oh, si facessero pur anche mutilare coloro che vi turbano! Infine, Paolo desiderava che coloro che pretendevano la circoncisione dei Gentili andassero fino in fondo e si amputassero i genitali per intero, non solo il prepuzio.
i. La castrazione sacra era nota ai cittadini del mondo antico; era praticata frequentemente dai sacerdoti dei culti pagani nella regione della Galazia. In altre parole, Paolo afferma: “Se tagliarvi vi rende giusti davanti a Dio, perché non fate come i sacerdoti pagani? Andate fino in fondo e castratevi”. Morris osserva giustamente: “La castrazione era una cosa terribile da augurare, ma l’insegnamento sulla necessità della circoncisione era una cosa terribile da imporre ai nuovi cristiani.”
ii. “Questa parola era solitamente usata per descrivere la pratica della mutilazione, diffusa prevalentemente nel culto frigio di Cibele. I Galati ne erano senz’altro a conoscenza ed è improbabile che Paolo intendesse qualcosa di diverso.” (Rendall)
iii. Nello scrivere questo, Paolo desiderava anche che questi legalisti venissero esclusi dalla congregazione del Signore, come prescritto da Deuteronomio 23:1: Chi è stato evirato mediante schiacciamento o mutilazione, non entrerà nell’assemblea dell’Eterno.
iv. Con una conclusione così drammatica della questione, Paolo chiarì una cosa: il legalismo non è un piccolo problema. Esso ci toglie la libertà e ci rendi schiavi; vanifica Gesù e la Sua opera in noi; ci obbliga ad osservare tutta la legge; viola l’opera dello Spirito di Dio; ci fa concentrare su questioni insignificanti; non ci permette di finire la corsa che Gesù ci ha posto davanti. Il legalismo non viene da Gesù. Ne basta un po’ per infettare una chiesa intera. Coloro che lo promuovono saranno sottoposti al giudizio, indipendentemente da chi siano. Il legalismo cerca di rimuovere parte della gloria della croce. Alla luce della gravità di tutto ciò, non c’è da meravigliarsi quando Paolo dice che vorrebbe che questi si facessero pur anche mutilare!
B. Vivere nella libertà di Gesù.
1. (13-15) La libertà come mezzo per amarsi gli uni gli altri.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne, ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore. Tutta la legge infatti si adempie in questa unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Che se vi mordete e vi divorate a vicenda, guardate che non siate consumati gli uni dagli altri.
a. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà: Paolo l’ha ripetuto più e più volte: la vita cristiana è una vita di libertà. Gesù è venuto per liberare i prigionieri, non per tenerli assoggettati e rimetterli schiavitù. Varrebbe la pena chiedersi se il mondo ci vede come persone che vivono in libertà. Spesso i cristiani sono visti come persone più legate e ossessionate di chiunque altro.
i. “Non dice che ai credenti sia stata accordata con riluttanza una certa misura di libertà. Dichiara piuttosto che la libertà è l’essenza dell’essere cristiani, il caposaldo fondamentale di tutta la vita cristiana.” (Morris)
b. Soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne: La grande paura dei legalisti è che la libertà venga usata come un’opportunità per la carne, cioè che la gente semplicemente vada in giro a peccare come gli pare e piace, si rivolga poi ad un Dio rammollito e dica: “Mi dispiace; per favore perdonami”, per poi tornare a fare tutto ciò che vuole. Paolo li mise in guardia contro un tale atteggiamento, comprendendone i pericoli.
i. Paolo scrive ai fratelli. Questi sono tutti figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù (Galati 3:26). Questi sono stati battezzati in Cristo, e si sono rivestiti di Cristo (Galati 3:27).
ii. Costoro sono stati chiamati a libertà. Come già scritto da Paolo in questo capitolo, i Galati sono stati resi liberi da Gesù Cristo e ora sono chiamati a rimanere saldi nella libertà con la quale Cristo li ha liberati. (Galati 5:1). Sono stati liberati; ora la domanda è: “Come useranno la propria libertà?”
iii. Non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne: Chiaramente, possiamo scegliere di usare questa libertà per dare un’occasione alla carne. Questa opzione – questo pericolo – è a nostra disposizione. Possiamo prendere la gloriosa libertà che abbiamo in Gesù, stravolgerla e usarla per portare piacere a noi stessi a scapito degli altri. Dal momento che il contesto si concentra sui rapporti interpersonali nella chiesa, Paolo ci raccomanda di usare la nostra libertà in un modo da non calpestarci a vicenda.
iv. Occasione: “Nel gergo militare, questo termine indicava una base operativa, e, in generale, qualsiasi punto di partenza per le azioni militari.” (Rendall). Siamo tentati di utilizzare la nostra libertà in Gesù come una “base operativa”, il punto di partenza per il nostro peccato egoista.
v. È facile pensare che la libertà significhi “diritto di peccare” o “il privilegio di fare qualsiasi cosa malvagia il mio cuore desideri”. Anzi questa libertà consiste nel desiderio e nella capacità datici dallo Spirito di fare ciò che dovremmo fare davanti a Dio.
c. Ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore: Questo è l’antidoto contro l’uso della libertà quale occasione per la carne. La carne si aspetta che gli altri si conformino a noi e non si preoccupa molto degli altri. Ma quando per mezzo dell’amore serviamo gli uni gli altri, sottomettiamo la carne. Non la soggioghiamo tramite un atteggiamento d’introspezione ossessivo e contemplativo, ma uscendo dal nostro egoismo e mettendoci al servizio degli altri.
i. Questo è esattamente il modello stabilito da Gesù, il quale ebbe più libertà di chiunque abbia mai camminato su questa terra. Eppure, usò la sua libertà per servire gli altri per mezzo dell’amore.
d. Tutta la legge infatti si adempie: Questo atteggiamento di servizio gli uni verso gli altri adempie il grande comandamento (Ama il tuo prossimo come te stesso), e ci impedisce di distruggerci a vicenda nella discordia (guardate che non siate consumati gli uni dagli altri).È come se Paolo si rivolgesse di nuovo ai legalisti e dicesse: “Volete osservare la legge? Bene, mettete in pratica il comandamento che dice “ama il tuo prossimo come te stesso” e avrete adempiuto la legge in questa unica parola”.
i. “Se vuoi sapere come dovresti amare il tuo prossimo, chiediti quanto ami te stesso. Se ti trovassi nei guai o in pericolo, saresti felice di ricevere l’amore e l’aiuto di tutti gli uomini del mondo. Non hai bisogno di alcun manuale di istruzioni che ti insegni ad amare il tuo prossimo. Tutto quello che devi fare è guardare dentro il tuo cuore per scoprire come dovresti amare il tuo prossimo come te stesso.” (Lutero)
e. Vi mordete e vi divorate a vicenda: Quest’immagine ci fa pensare a un branco di animali selvatici. Purtroppo, è così che la chiesa si comporta, quando usa la propria “libertà” come un mezzo per promuovere il proprio egoismo. Se vuoi vedere un po’ d’azione, metti insieme due egoisti. Gli egoisti finiscono sempre per consumarsi gli uni dagli altri.
i. “Una vita senza amore è una vita vissuta allo stesso livello degli animali, che si preoccupano solo per sé stessi e mai per le conseguenze che ne derivano per gli altri.” (Morris)
2. (16-18) La libertà come mezzo per camminare in santità.
Or io dico: Camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne, la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste. Ma se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge.
a. Camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne: In parole povere, se camminiamo secondo lo Spirito (invece di cercare di vivere secondo la legge), ci verrà naturale non adempiere i desideri della carne. Come già visto, i legalisti hanno paura che camminare nello Spirito autorizzi al peccato, perché solo il legalismo può mantenerci santi. Ciò è semplicemente errato.
i. “Camminare secondo lo Spirito”prima di tutto significa che lo Spirito Santo vive dentro di te. Poi, significa essere aperti e recettivi all’influenza dello Spirito Santo. Infine, significa modellare la propria vita secondo l’influenza dello Spirito Santo.
ii. È possibile capire se qualcuno cammina secondo lo Spirito se assomiglia molto a Gesù. Gesù ci ha detto che la missione dello Spirito Santo sarebbe stata quella di testimoniare e parlare di Lui (Giovanni 14:16-17, Giovanni 14:26, Giovanni 15:26, Giovanni 16:13-15). Quando camminiamo secondo lo Spirito, ascoltiamo ciò che ci viene detto dallo Spirito Santo, mentre ci guida nel sentiero e nella natura di Gesù.
iii. “Vivere secondo lo Spirito non è né legalismo né lascivia, e nemmeno una via di mezzo tra i due. È una vita di fede e di amore che è al di sopra di tutte queste false vie.” (Boice)
b. E non adempirete i desideri della carne: Non è possibile adempiere i desideri della carne se camminano secondo lo Spirito. I due semplicemente non vanno di pari passo. Lo Spirito Santo non agisce in noi per gratificare i desideri e le passioni carnali, ma per insegnarci di Gesù e guidarci nelle Sue vie. Questa è la chiave per vivere in rettitudine: camminare nello Spirito e non vivere sotto il dominio della legge.
i. Desideri della carne: “Non nego che tra i desideri della carne ci sia la concupiscenza, ma c’è di più. Ci sono tutti i desideri corrotti di cui i credenti sono più o meno contaminati, come l’orgoglio, l’odio, la concupiscenza, l’impazienza.” (Lutero)
c. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne: Camminare nello Spirito è fondamentale, ma non è sempre facile. Anzi spesse volte si rivela essere una battaglia, una battaglia interiore in ogni Cristiano tra la carnee lo Spirito. Come dice Paolo, queste cose sono opposte l’una all’altra: non vanno per niente d’accordo. Quando la carne vince questa battaglia interiore, non fate quel che vorreste. In altre parole, non puoi vivere come ti pare, ma vivi in sottomissione alla carne e non allo Spirito
i. Quando Paolo usa il termine carne, non intende i nostri corpi fatti di carne e sangue. Per essere precisi, la carne non è neanche quella natura corrotta (il “vecchio uomo” che abbiamo ereditato da Adamo), perché la nostra vecchia natura è stata crocifissa con Gesù e ora è morta per sempre (Romani 6:6). Invece Paolo qua per carne intende l’uomo interiore che esiste separatamente dal “vecchio uomo” o dal “nuovo uomo”, che è addestrato alla ribellione dalla vecchia natura, dal mondo e dal diavolo.
ii. Sebbene il vecchio uomo sia stato crocifisso con Cristo e sia morto per sempre (Romani 6:6), la sua influenza vive nella nostra carne, e combatterà contro di noi fino a che non avremo sperimentato l’antidoto definitivo di Dio contro la carne: il corpo risorto.
iii. Così Boice commenta il termine “carne” e il suo corrispettivo nel greco sarx: “Con sarx, Paolo intende tutto ciò che l’uomo sarebbe e di cui sarebbe capace, in qualità di essere umano peccaminoso, se non fosse per l’immeritato intervento dello Spirito di Dio nella sua vita… Successivamente, il termine è arrivato a definire l’uomo quale essere corrotto, i cui desideri, persino i migliori, hanno origine nel peccato e ne sono macchiati. In altre parole, sarx indica tutta la malvagità di cui l’uomo sarebbe caratterizzato e di cui sarebbe capace, se non fosse per l’intervento della grazia di Dio nella sua vita.”
iv. “Quando la carne comincia a inquietarsi, l’unico rimedio è prendere la spada dello Spirito, la Parola di salvezza, e combattere contro la carne. Se perdi di vista la Parola, rimani scoperto senza difese. Lo so con certezza. Sono stato assalito da molte passioni violente, ma non appena mi sono aggrappato ad alcuni passi della Scrittura, le mie tentazioni mi hanno abbandonato. Senza la Parola non avrei potuto trionfare contro la carne.” (Lutero)
d. Ma se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge: L’antidoto alla carne non si trova nella legge, ma nello Spirito: e se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge. Non hai bisogno di essere sotto la legge, perché compi la volontà di Dio attraverso l’influenza interiore dello Spirito Santo anziché l’influenza esterna della legge di Dio.
i. Questo di fatto “scrive” la legge di Dio nei nostri cuori, dentro di noi. È proprio questa la grande opera del Nuovo Patto, promesso nell’Antico Testamento: Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo (Geremia 31:33).
ii. L’influenza interiore è molto più efficace dell’influenza esterna. “L’errore che viene commesso di frequente è di sostituire l’autocontrollo generato dallo Spirito Santo con la Legge di Mosè, il tutto con risultati disastrosi … Un poliziotto all’angolo della strada è un deterrente contro la violazione della legge molto più efficace di un qualsiasi numero di leggi affisse in giro per la città.” (Wuest)
3. (19-21a) Alcuni esempi delle opere della carne che possiamo vincere se camminiamo nello Spirito.
Ora le opere della carne sono manifeste e sono: adulterio, fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezze, ghiottonerie e cose simili a queste, circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio.
a. Ora le opere della carne sono manifeste: Paolo ha appena parlato della battaglia in ogni credente che intercorre tra la carne e lo Spirito. Nonostante sia una battaglia interiore e quindi invisibile, le conseguenze sono visibili e manifeste. Sembra che Paolo voglia quasi scusarsi per aver dovuto fare questo elenco, perché le opere della carne sono manifeste. Tuttavia, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, sa quanto sia importante essere specifici, perché dobbiamo conoscere in modo specifico che cosa significhi camminare nella carne. Non siamo in grado di vedere la carne, ma possiamo vederne gli effetti.
i. Molti dei lettori di Paolo avevano familiarità con elenchi di comportamenti buoni o cattivi. “In molti scritti antichi erano riportati elenchi di virtù o di vizi, o entrambi; tali liste si trovano nell’Antico Testamento, e altrove nel Nuovo.” (Morris)
ii. Alcuni hanno cercato di organizzare questo elenco in quattro categorie: i peccati sensuali, i peccati religiosi, i peccati interpersonali e i peccati sociali. Anche se non dovremmo considerarlo un elenco esaustivo, ci dà comunque una buona indicazione delle opere compiute da colui che cammina nella carne.
iii. Se leggi questo capitolo, noterai che l’apostolo ha utilizzato non meno di diciassette parole, si potrebbe quasi dire diciotto, per descrivere le opere della carne. Il linguaggio umano è sempre ricco di parole negative, che denotano la molteplice malvagità di cui è ripieno il cuore umano.” (Spurgeon)
b. Adulterio, fornicazione, impurità, dissolutezza: Questi sono tutti peccati sensuali, relativi al sesso. Spesso inorridiamo di fronte all’immoralità sessuale del giorno d’oggi, ma ricordiamoci che l’epoca di Paolo era caratterizzata da una simile, se non peggiore, depravazione. “Abbiamo prove abbondanti di quanto fosse assolutamente caotica la vita sessuale nel mondo Greco-Romano. Tali prove non derivano da scrittori cristiani, ma da quegli autori pagani, che erano disgustati dell’indicibile immoralità sessuale.” (Fung)
i. L’adulterio è la violazione del patto matrimoniale a causa dell’immoralità sessuale. Il termine, non essendo incluso nella lista di molti antichi manoscritti, viene omesso da parecchie traduzioni odierne (come la Nuova Riveduta). Ciò non significa che Dio dia un lasciapassare per l’adulterio, perché, se anche Paolo non l’avesse menzionato nella lista, sarebbe comunque sottinteso nel successivo, “fornicazione”.L’adulterio è peccato, e coloro che lo commetto dovrebbero confessare il loro peccato e ravvedersene anziché giustificarlo. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’adulterio.
ii. “Fornicazione” è la traduzione del termine greco porneia, che descrive l’immoralità sessuale in senso più ampio. Il significato originale di porneia era “fare uso di una prostituta”, ma ai tempi di Paolo “era usato per descrivere svariati peccati sessuali”. (Morris) Quindi la fornicazione comprende “una relazione illecita tra single o persone non sposate; tuttavia, indica spesso anche l’adulterio.” (Clarke) Il dizionario Webster definisce fornicazione come il “rapporto sessuale consensuale tra due persone non sposate o, comunque, non sposate l’una con l’altra”. Il sesso prima e fuori dal matrimonio – qui fornicazione – “era così diffuso che sembra fosse accettato come qualcosa di normale… Paolo non può accettare tale pratica in alcuna forma; la considera pienamente sbagliata.” (Morris) Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno alla fornicazione.
iii. “Impurità” è un altro termine generico, che si riferisce all’indecenza sessuale in generale, da considerarsi il contrario di purezza. Se qualcosa non è puro davanti a Dio, allora è impurità. Essa comprende molti peccati sessuali che non implicano l’atto sessuale in sé né interazioni di altro genere con un’altra persona (ad esempio, la pornografia). L’impurità comprende anche un linguaggio impuro o un parlare allusivo, pieno di doppi sensi. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’impurità.
iv. La dissolutezza (a volte tradotto con lascivia o immoralità) indica la “prontezza a peccare in qualsiasi momento”. Si riferisce a qualcuno che ostenta la propria immoralità e che non ha ritegno né alcun senso di vergogna, decoro o imbarazzo. Morris la definisce come “un disprezzo delle regole comunemente accettate … una condotta sfrenata”. La dissolutezza può essere vista come un’impurità pubblica e sfrontata. “Un uomo può essere impuro e nascondere il proprio peccato; non diventa lascivio finché non sciocca il pubblico decoro.” (Lightfoot) Viviamo in una cultura incredibilmente dissoluta, eppure lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno alla dissolutezza.
c. Idolatria, magia: Questi sono peccati religiosi. Sono peccati di culto che ci ricordano non solo che è tragico adorare un dio sbagliato o ricercare un’altra fonte di potere spirituale, ma ci rammentano anche che è peccato.
i. L’idolatria identifica l’adorazione di ogni altro dio che non sia l’ETERNO Dio rivelatoci dalla Bibbia e nella persona di Gesù Cristo. Quando le persone servono un dio di propria invenzione o in linea con il proprio modo di pensare, respingono il vero Dio vivente – questo è peccato. Qualcuno potrebbe dire: “Beh, io posso credere a quello che voglio!” Ed è vero, lo possono fare, ma portano anche le conseguenze per la loro fede mal riposta. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’idolatria.
ii. La magia (tradotta stregoneria nella Nuova Riveduta) si riferisce al servizio e all’adorazione delle potenze spirituali dell’occulto al di fuori del vero Dio. Ma c’è anche un altro aspetto, rivelato dal termine usato nel greco da Paolo per indicare la magia, ossia pharmakeia, da cui deriviamo la parola “farmacia”. Morris definisce la magia come “l’uso di qualsiasi tipo di droga, pozione o incantesimo”. Nel mondo antico, l’assunzione di droghe (soprattutto allucinogene) era sempre associata all’occulto. La Bibbia, facendo questa stessa associazione, sottolinea che l’uso di droghe spalanca le porte all’occulto, che sarebbe meglio lasciare chiuse. William Barclay scrisse: “Pharmakeia significa letteralmente l’uso di droghe … e divenne particolarmente connesso all’assunzione di droghe legato alla magia, che permeava il mondo antico”. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno alla magia o a sballarsi sotto l’effetto di droghe.
d. Inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, invidie, omicidi: Questi sono tutti peccati interpersonali, che si manifestano principalmente nel modo in cui trattiamo gli altri. Dio ha cura della nostra purezza sessuale e morale, e si preoccupa della purezza della nostra religione e della nostra adorazione. Non solo, ma ha anche a cuore come ci comportiamo gli uni verso gli altri. Il fatto che Paolo usi numerose parole per descrivere tali peccati interpersonali mostra quanto sia importante per Dio il nostro comportamento reciproco.
i. Inimicizie: L’inimicizia (ekthra) è un atteggiamento del cuore, che in qualche modo si esprime in azioni come contese, ire (scatti d’ira) o molte altre opere della carne. Invece l’inimicizia è ciò che interiormente ci motiva e ci porta a maltrattare gli altri. Proprio come l’amore è ciò che ci spinge interiormente a trattare gli altri con gentilezza e bontà, anche l’inimicizia è una motivazione interiore. Possono essere promulgate leggi volte a punire la malvagità dell’uomo contro i suoi simili, ma nessuna legge può trovare una soluzione al problema dell’odio (o inimicizia), che produce quegli atti. Ma lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’inimicizia.
ii. “Contese”è la traduzione del termine greco eris. “In origine, questa parola indicava principalmente la rivalità per vincere un premio … È una rivalità che risulta in litigi e discussioni”. (Barclay) A volte è anche tradotto con dispute (come 1 Corinzi 3:3), e identifica semplicemente uno spirito aggressivo e polemico. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno ad avere contese.
iii. “Gelosie” è la traduzione del termine greco zelos, a volte usato in senso positivo (come, per esempio, essere zelanti per qualcosa di buono). Ma qui, chiaramente, la connotazione è negativa. In questo contesto identifica “il desiderio di avere ciò che appartiene a qualcun altro; il desiderio sbagliato di qualcosa che non è per noi”. (Barclay) Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno a provare gelosie.
iv. “Ire” è la traduzione della parola greca thumos e indica un attacco improvviso di rabbia, non uno stato di rabbia prolungato. Significa “perdere la calma”, “non essere in grado di controllare la propria rabbia”. Lo Spirito Santo non ha mai portato guidato nessuno ad avere scatti d’ira.
v. “Ambizioni egoistiche” (in italiano reso con risse, che denota invidia, spirito di contesa e disposizione alle macchinazioni per un tornaconto personale) è la traduzione dell’antica parola greca eritheia, un termine dalla storia interessante. Inizialmente era una parola pienamente rispettabile che significava “lavorare per un compenso”. Nel tempo, ha subito variazioni di significato, indicando in un primo momento il tipo di lavoro che si fa solo per soldi e nient’altro. Poi è stata usata per descrivere i politici che si candidano, non per il servizio che possono offrire al governo e al popolo, ma solo per la propria gloria e il proprio vantaggio. “Finì per significare ‘ambizione egoistica’, l’ambizione che non ha alcuna intenzione di servire e i cui unici scopi sono il profitto e il potere.” (Barclay) Rappresenta il cuore di una persona la cui prima domanda è sempre “Io che cosa ci guadagno?” Di sicuro, lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno ad avere ambizioni egoistiche.
vi. “Divisioni” è la traduzione del termine greco dicostasia, che letteralmente significa “stare in disparte”. Nella traduzione inglese viene reso con dissensi. “La parola dissenso (o divisione) descrive una società … i cui membri si separano anziché unirsi.” (Barclay) Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno ad avere divisioni.
vii. “Sette” è la traduzione dell’antica parola greca hairesis (da cui deriva “eresia”), che in origine voleva dire semplicemente “scegliere”. Col tempo, ha assunto il significato di qualcuno che esprimeva in modo divisivo le proprie “scelte” o opinioni. Quando al giorno d’oggi si parla di eresie, si pensa sempre a idee e insegnamenti sbagliati, ma l’enfasi qui è in realtà sulla separazione ingiustificata sulla base di opinioni diverse. Le sette(o eresie)possono essere viste come divisioni recidive. “C’è un’enorme differenza tra credere che noi siamo nel giusto e credere che tutti gli altri siano nel torto. Una convinzione incrollabile è una virtù cristiana, ma un’intolleranza irremovibile è peccato.” (Barclay, Carne e Spirito, citato in Morris) Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno a creare sette.
viii. “Invidie” è la traduzione del termine greco phthonos, che non è tanto il desiderare ciò che appartiene a qualcun altro (come gelosie), quanto l’essere rancorosi solo perché qualcun altro possiede qualcosa e noi no. Gli antichi stoici chiamavano questo sentimento: “afflizione per il bene di qualcun altro”, su cui si espresse anche l’antico filosofo Euripide, definendolo “la più grande di tutte le malattie degli uomini”. Lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’invidia.
ix. “Omicidi” è tradotto correttamente dal termine greco phonos. Questa è un’altra parola (come già visto con adulterio) che non appare in tutti gli antichi manoscritti greci e non è inclusa in alcune traduzioni come la Nuova Riveduta. Non c’è però alcun dubbio che l’omicidio sia un’opera della carne, e che lo Spirito Santo non abbia mai guidato nessuno a commettere degli omicidi.
e. Ubriachezze… ghiottonerie: Questi si possono considerare peccati sociali, che vengono tendenzialmente commessi in compagnia di altre persone. Il fatto che Paolo includa questi due peccati nella sua lista mostra che erano opere della carne, da cui dovevano ben guardarsi i cristiani galati. Romani 13:12-13 riporta gozzoviglie ed ebbrezze come parte della nostra vecchia vita trascorsa nelle tenebre, che vanno gettate via ora che camminiamo nella luce.
i. “Ciò ci fa comprendere che la chiesa primitiva non era fatta di persone le cui vecchie vite fossero state caratterizzate dalle virtù più nobili… Paolo riconosce tale realtà e ricorda ai propri lettori che qualsiasi tipo di peccato avessero privilegiato prima di convertirsi avrebbe dovuto essere abbandonato una volta per tutte.” (Morris)
ii. Le ubriachezze sono chiaramente descritte come una delle opere della carne. Sebbene i cristiani abbiano opinioni diverse sulla possibilità di bere bevande alcoliche o no, le Scritture vietano più precisamente l’ubriachezza. Non dobbiamo pensare che solo chi si ubriaca fino a non reggersi in piedi commetta peccato; è peccato anche qualsiasi alterazione della percezione derivante dall’uso di alcol, così come bere con l’intenzione di diventare brilli. Efesini 5:18 descrive anche l’ubriachezza come dissolutezza, cioè “spreco”. Ubriacarsi è uno spreco; Trapp scrive riguardo al bere “tutte e tre le uscite” – “cioè, la birra dai barili, il denaro dal portafoglio e il senno dalla testa”. Senza ombra di dubbio, lo Spirito Santo non ha mai guidato nessuno all’ubriachezza.
iii. “Ghiottonerie” è la traduzione della parola greca komos, che non significa semplicemente far festa o divertirsi, ma fare feste sfrenate. “Descrive il tipo di baldoria che degrada la propria persona ed è una seccatura per gli altri”. (Barclay)
f. E cose simili a queste: Ciò dimostra che Paolo sa bene che la sua lista non è completa. Queste sono alcune delle opere della carne e non vuol dire che, se qualcuno trovasse un’opera della carne che non compare nella lista, sarebbe libero di compierla.
4. (21b) Il pericolo e il destino di coloro che vivono nelle opere della carne.
Circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio.
a. Circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima: Questo ci mostra che Paolo spesso istruiva i cristiani nella loro condotta, non trattandosi quindi questa solo di un’enfasi occasionale. Paolo sapeva che siamo salvati esclusivamente per la grazia di Dio e per l’opera salvifica di Gesù, non per ciò che abbiamo fatto, facciamo o promettiamo di fare. Inoltre, sapeva anche che coloro che sono salvati per la grazia di Dio hanno un alto obbligo morale, non per guadagnarsi la salvezza, ma come segno di gratitudine per la salvezza ricevuta e di semplice coerenza con chi sono in Gesù.
b. Che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio: Camminare nelle opere della carne significa vivere in aperta ribellione contro Dio, e coloro che vivono in evidente ribellione contro Dio non erediteranno il regno di Dio.
i. Che cosa c’è in gioco? Il regno di Dio, che rappresenta l’area di influenza del governo di Dio, dove si manifestano i benefici del Suo dominio. Visto che Paolo parla di ereditare il regno di Dio, si capisce che intende “il cielo”. Paolo dice espressamente che coloro che fanno tali cose non andranno in cielo, né conosceranno la meraviglia e la gloria del regno di Dio sulla terra.
ii. Chi è in pericolo? Coloro che fanno tali cose. Paolo non si riferisce a chi ha commesso adulterio, o fornicazione, o magia, o ubriachezze, ecc., ma a coloro che perseverano in questi peccati, ignorando la voce dello Spirito Santo che dice loro di “fermarsi”.
iii. “Il tempo verbale (presente) indica una condotta abituale nei peccati della carne, piuttosto che una sbandata occasionale, asserendo che coloro che perseverano in questi peccati dimostrano di non aver mai ricevuto lo Spirito di Dio.” (Boice)
iv. Che fanno: “nel testo originale troviamo il participio presente: ‘coloro facenti tali cose’, suggerendo un’azione costante” (Morris)
v. Il verbo prassontes [che fanno] si riferisce a un’azione abituale, piuttosto che ad un caso isolato.” (Stott)
c. Non erediteranno il regno di Dio: La forza e la certezza di Paolo in questo verso sono notevoli. Sebbene Paolo si dimostri severo o persino duro, è coerente con l’idea biblica di conversione. Quando ci accostiamo a Gesù per il perdono dei nostri peccati e per la salvezza delle nostre anime, Egli cambia anche le nostre vite. È un processo che non avviene all’istante ed è un’opera che non sarà mai completa in questa vita, ma c’è pur sempre un vero cambiamento (1 Giovanni 3:5-9). Si dice che Charles Spurgeon abbia reso così il concetto: “La grazia che non cambia la mia vita non salva la mia anima”. Non vuol dire che un cristiano non possa mai commettere alcuno di questi peccati, ma che non potrebbe mai rimanere in essi.
i. “Anche i cristiani cadono e cedono ai desideri della carne. Davide cadde orribilmente in adulterio. Anche Pietro fallì tristemente quando rinnegò Cristo. Per quanto gravi fossero i loro peccati, non furono commessi per disprezzo verso Dio, ma erano dovuti alle loro debolezze. Quando si resero conto del proprio peccato, non perseverarono ostinatamente in esso, ma si ravvidero. A coloro che peccano per debolezza non viene negato il perdono, a patto che si rialzino e smettano di peccare. Non c’è niente di peggio dell’ostinarsi nel peccato. Se non si ravvedono, ma continuano caparbiamente a soddisfare i desideri della carne, mostrano chiaramente di non essere sinceri.” (Lutero)
5. (22-23) Esempi del frutto dello Spirito, che lo Spirito produce in noi mentre camminiamo con Lui.
Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. Contro tali cose non vi è legge.
a. Ma il frutto dello Spirito: Le opere della carne sembrano schiaccianti, sia dentro di noi che intorno a noi. Dio è abbastanza buono e abbastanza grande da cambiare tutto per mezzo del frutto dello Spirito. Il frutto dello Spirito prevale sempre sulle opere della carne.
i. È significativo notare come il frutto dello Spirito sia contrapposto alle opere della carne. Le opere sono opere, e il frutto è frutto. Il frutto ha diverse caratteristiche importanti.
· Il frutto non si ottiene per le opere, ma nasce con la perseveranza.
· Il frutto è fragile.
· Il frutto si riproduce.
· Il frutto è gradevole.
· Il frutto nutre.
b. Frutto dello Spirito: Paolo ha usato il plurale per descrivere la vita secondo la carne (opere della carne), ma ora usa il singolare (frutto, non frutti, dello Spirito). Nel quadro generale, lo Spirito ha un’opera da compiere in ciascuno di noi. Questi non sono i doni dello Spirito, che sono distribuiti individualmente secondo la volontà dello Spirito; il frutto è per ogni credente.
i. “Non è a caso che la parola frutto sia al singolare; Paolo non sta parlando di una serie di frutti da distribuire, in modo che a un credente ne tocchi uno e ad un altro uno diverso. Piuttosto si riferisce a un insieme, tale che tutte le sue qualità siano evidenti in ogni credente.” (Morris)
c. Il frutto dello Spirito è: amore: È appropriato che il primo a essere menzionato sia l’amore, perché abbraccia tutti gli altri. Si potrebbe anche affermare che le otto parole seguenti rappresentino le caratteristiche dell’amore in azione. “Sarebbe stato sufficiente citare il solo frutto dell’amore, perché l’amore comprende tutti i frutti dello Spirito.” (Lutero)
i. “Amore” è la traduzione della parola in greco antico agape. In greco troviamo quattro parole distinte per esprimere il concetto di “amore”: eros indica l’amore romantico o passionale; philia definisce l’amore che si prova per i propri cari, come familiari o amici; storge indica l’amore che si manifesta nell’affetto e nella cura di qualcuno, specialmente in ambito familiare. Agape, tuttavia, è un tipo di amore diverso, che si basa su una scelta piuttosto che su un sentimento spontaneo del cuore; è più una questione di mente che di cuore, poiché sceglie di riversarsi su chi non lo merita. “Agape ha a che fare con la mente: non è semplicemente un’emozione che nasce spontanea nei nostri cuori; è un principio secondo il quale scegliamo di vivere.” (Barclay)
ii. Potremmo dire che agape è l’amore dello Spirito, essendo parte del frutto dello Spirito. Va al di sopra e al di là dell’affezione naturale e della devozione al sangue o alla famiglia. Significa amare persone che non sono facili da amare; vuol dire amare coloro che non ci vanno a genio.
iii. “Quando ti senti offeso perché sei stato maltrattato e pensi di rendere male per male, ricordati che ‘Il frutto dello Spirito è amore’. ‘Ah’, dirai, ‘sono stato trattato in modo vergognoso!’ Certo, è stato proprio vergognoso, ed è proprio per questo che non devi fare lo stesso: non rendere oltraggio per oltraggio, piuttosto benedici, poiché ‘il frutto dello Spirito è amore’. “(Spurgeon)
iv. Inoltre, è utile comprendere le opere della carne alla luce di questo amore dello Spirito. Ciascuna delle opere della carne è una violazione o una perversione di questo amore straordinario.
· Adulterio, fornicazione, impurità e dissolutezza sono contraffazioni dell’amore tra persone.
· Idolatria e magia sono contraffazioni dell’amore verso Dio
· Inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, invidie e omicidi sono tutti il contrario dell’amore.
· Ubriachezze e ghiottonerie sono vani tentativi di riempiere il vuoto che solo l’amore può riempire.
d. Il frutto dello Spirito è […] gioia: Una delle più grandi strategie di marketing mai adottata è quella di far apparire il regno di Satana come il posto del divertimento e il regno di Dio come il posto della depressione e della tristezza. Ma il frutto dello Spirito è gioia.
i. Si potrebbe dire che questa è la gioia dello Spirito, essendo una gioia più grande del brivido di un’esperienza emozionante o di un’incredibile serie di circostanze favorevoli. È una gioia che dimora e rimane in noi, anche quando le circostanze sembrano terribili. Paolo sperimentò personalmente questa gioia: poteva cantare quando era incatenato nella più oscura delle prigioni (Atti 16:25).
ii. Barclay scrive su chara, il termine in greco antico tradotto con gioia: “Non è la gioia che deriva da cose terrene, men che meno dal trionfare su qualcun altro in una competizione. È la gioia il cui fondamento è Dio.”
iii. I credenti non sono condizionati dalle circostanze. La loro gioia non dipende da quanto posseggono, ma da chi sono; non da dove si trovano, ma a Chi appartengono; non da quello che amano, ma da ciò che il loro Signore ha sofferto per loro.” (Spurgeon)
e. Il frutto dello Spirito è […] pace: Questa pace è pace con Dio e pace con gli altri; è una pace positiva, ricca di benedizione e bontà – non una semplice assenza di conflitto.
i. Si può affermare che questa pace sia la pace dello Spirito, essendo una pace più grande della sensazione che abbiamo quando tutto è calmo e in ordine. Questa è la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza (Filippesi 4:7).
ii. La parola greca usata per pace è eirene, che “non indica semplicemente un’assenza di problemi, ma tutto ciò che costituisce il bene supremo per l’uomo. Qui ha il significato di tranquillità del cuore che proviene dalla piena consapevolezza che la nostra vita è nelle mani di Dio.” (Barclay)
iii. I primi cristiani conoscevano e amavano davvero la gioia e la pace dello Spirito. Due nomi di persona molto comuni tra i cristiani nella chiesa primitiva erano proprio Chara (Cara) and Eirene (Irene).
f. Il frutto dello Spirito è […] pazienza: (resa con longanimità nella versione Riveduta Luzzi) significa che si può vivere anche a lungo in amore, gioia e pace, anche se messi a dura prova da persone o circostanze. Dio non si irrita facilmente con noi (Romani 2:4, 9:22), per cui non dovremmo irritarci facilmente con gli altri.
i. La pazienza in sé è un’opera dello Spirito. “La pazienza (o longanimità) è quella qualità che permette a una persona di sopportare avversità, ferite e rimproveri, rendendola paziente, nell’attesa che coloro che gli hanno fatto un torto cambino in meglio. Quando il diavolo scopre di non poter sopraffare certe persone con la forza, allora cerca di sfiancarle nel tempo… Per far fronte ai suoi continui assalti, dobbiamo essere pazienti (o longanimi) e aspettare pazientemente che il diavolo si stanchi dei propri giochetti.” (Lutero)
g. Il frutto dello Spirito è […] gentilezza, bontà: Queste due parole sono strettamente connesse. Essenzialmente la sola differenza è che la bontà comprende anche il concetto di generosità.
h. Il frutto dello Spirito è […] fede: Il concetto è che lo Spirito di Dio plasma la fedeltà in noi, verso Dio e verso gli altri. “È la caratteristica di un uomo affidabile”. (Barclay)
i. “La capacità di servire Dio fedelmente negli anni e attraverso le tentazioni della vita non è frutto di qualche spiccata qualità personale. Essa procede dallo Spirito” (Morris)
i. Il frutto dello Spirito è […] mansuetudine: Il termine porta con sé l’idea di qualcuno di ammaestrabile, che non ha un atteggiamento arrogante e non esige i propri diritti. Non riguarda la timidità né la passività; “È la caratteristica dell’uomo che è sempre arrabbiato al momento giusto e mai al momento sbagliato.” (Barclay)
i. Morris a proposito della mansuetudine: “È importante che il cristiano si assicuri di non attribuire all’autoaffermazione, di cui il XX secolo è così impregnato, un valore così alto. Sarebbe molto meglio se ciascuno di noi limitasse il proprio desiderio di primeggiare ed esercitasse un’adeguata mitezza (o mansuetudine).”
j. Ma il frutto dello Spirito è […] autocontrollo: Il mondo ha una nozione di autocontrollo, ma quasi sempre per motivi egoistici. Conosce l’autodisciplina e le rinunce che si sopportano per sé stessi, ma l’autocontrollo dello Spirito si adopera anche a beneficio degli altri.
k. Contro tali cose non vi è legge: Esprime l’ironia e lo sminuimento da parte di Paolo. Ovviamente non vi è alcuna legge contro l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la gentilezza, la bontà, la fede, la mansuetudine e l’autocontrollo. Inoltre, se una persona ha questo frutto dello Spirito, non ha bisogno della Legge, l’ha già adempiuta.
i. Morris aggiunge su “contro tali cose non vi è legge”: “Questo è un eufemismo sopraffino. Porta la nostra attenzione sul fatto che il tipo di condotta che Paolo ha descritto è quello che i legislatori di tutto il mondo vogliono ottenere.”
6. (24-26) Stare al passo con lo Spirito.
Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresì per lo Spirito. Non siamo vanagloriosi, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.
a. Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze: Dio ha un posto per la nostra carne, con tutte le sue passioni e i suoi desideri: vuole che la inchiodiamo alla Sua croce, affinché rimanga sotto controllo e sotto la sentenza di morte.
i. “Crocifisso”è una parola importante. Paolo avrebbe potuto semplicemente scegliere la parola “ucciso”, ma ha usato la parola “crocifisso”,perché porta con sé molti messaggi:
· Ci ricorda quello che Gesù ha fatto per noi sulla croce.
· Ci ricorda che siamo chiamati a prendere la nostra croce e seguirlo (Matteo 16:24).
· Ci ricorda che la morte della carne è spesso dolorosa.
· Ci ricorda che la nostra carne deve essere affrontata con decisione.
b. Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne: Questo passo indica qualcosa che il credente fa, sotto la guida e la forza dello Spirito di Dio. Non era e non è l’opera sovrana e unilaterale di Dio.
i. Il vecchio uomo, la natura ereditata da Adamo, viene crocifisso con Gesù alla nuova nascita come opera sovrana di Dio. Romani 6:6 afferma: sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui. Ci viene semplicemente detto di considerare il vecchio uomo come già morto (Romani 6:11), e non di metterlo noi a morte. La carne però è tutta un’altra storia. Siamo chiamati a scegliere di collaborare con Dio per fare alla carne esattamente quello che Dio ha fatto da solo al vecchio uomo: crocifiggere la carne.
ii. “È da notare che la ‘crocifissione’ della carne qui descritta è compiuta da noi e non per noi… la verità insegnata in Galati 5:24 è diversa da quella insegnata in Galati 2:20 o Romani 6:6. In questi due ultimi passaggi, ci viene detto che mediante la nostra unione con Cristo attraverso la fede ‘siamo stati crocifissi con Lui’. Ma qui siamo noi chiamati ad agire.” (Stott)
iii. Boice a proposito di “hanno crocifisso”: “Il verbo è nella voce attiva e indica piuttosto quello che il credente stesso ha fatto e deve continuare a considerare fatto.”
iv. Il problema della nostra carne sarà completamente risolto solo al momento della nostra risurrezione. Fino ad allora, dovremo continuamente “inchiodarla alla croce”, affinché resti appesa lì, viva ma impotente contro di noi. “Resistere alla carne… è inchiodarla alla Croce. Nonostante la carne sia ancora viva, non avrà molta libertà di agire secondo le proprie concupiscenze, perché è vincolata e inchiodata alla Croce” (Lutero)
c. Con le sue passioni e le sue concupiscenze: In Gesù Cristo, puoi vivere al di sopra delle passioni e delle concupiscenze della tua carne. Gli strumenti per farlo sono in Gesù. Poni il tuo sguardo su di Lui. Guarda la tua vita in Lui. Se sei uno di quelli che sono di Cristo, allora appartieni a Lui – non a questo mondo, né a te stesso, né alle tue passioni e concupiscenze.
d. Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresì per lo Spirito: Possiamo comprendere meglio ciò che scrive Paolo esaminando la differenza che c’è tra Galati 5:16 e Galati 5:25 nell’uso dei termini greci tradotti con camminiamo. Il primo (peripateo) è il verbo normalmente tradotto con “camminare”, e viene usato come immagine del “cammino della vita”. Il secondo (stoicheo) significa “camminare al passo con” o “essere allineato con”. Paolo sta praticamente dicendo: “Rimanete al passo con lo Spirito”.
i. Il concetto è il seguente: lo Spirito ti ha dato la vita. Ora permettiGli di dirigere i tuoi passi. O, come dice la Bibbia Inglese Riveduta: se lo Spirito è la fonte della tua vita, permetti allo Spirito di dirigerne anche il corso.
ii. “Il verbo stoicheo significa ‘essere in linea con, stare accanto a una persona o a una cosa, confidare in, essere d’accordo con, seguire’. L’imperativo presente indica che questa deve essere la prassi consueta.” (Morris)
e. Non siamo vanagloriosi: Paolo conclude la propria esortazione a camminare per lo Spirito con questo monito, sapendo che alcuni diventeranno vanagloriosi durante questo cammino. Ciò può rivelarsi un attacco ben orchestrato da parte di Satana. Prova a pensare ad un figlio di Dio che finalmente sta camminando per lo Spirito, che viene tentato da Satana affinché si inorgoglisca. Molto presto quest’uomo crederà di essere quasi sempre nel giusto e tutti gli altri nel torto. È un processo che spesso avviene gradatamente, da cui Paolo ci mette in guardia: non siate (o diventate) vanagloriosi.
i. Morris così commenta “vanagloriosi”: “Essere vanagloriosi, essere sicuri di avere sempre ragione (anche se ciò significa che gli altri hanno sempre torto!) è una tentazione perenne per i credenti… È facile presumere che, poiché apparteniamo a Cristo, diremo e faremo sempre la cosa giusta. Paolo avverte i propri lettori che i credenti possono sentirsi troppo sicuri di avere ragione in ciò che stanno meditando.”
f. Provocandoci […] gli uni gli altri: Essere vanagloriosi – sempre sicuri di avere ragione, sempre certi delle nostre opinioni e percezioni – è senz’altro una provocazione per le persone intorno a noi. Le infastidisce e diventa la causa di molti conflitti.
g. Invidiandoci gli uni gli altri: Quando siamo vanagloriosi, siamo anche suscettibili al peccato dell’invidia. Se sappiamo che qualcuno ha più ragione di noi, o ha più successo di noi, ce ne risentiamo e lo invidiamo.
i. Questo intero capitolo ci porta ad esaminare noi stessi. Spesso pensiamo che i nostri problemi e le nostre difficoltà abbiano tutti origine al di fuori di noi. Pensiamo che, se solo gli altri ci trattassero correttamente e le circostanze fossero migliori, staremmo bene. Ma questo modo di pensare ignora il senso di questo capitolo: i problemi sono dentro di noi e vanno affrontati per lo Spirito di Dio. Agostino spesso pregava: “Signore, liberami da quell’uomo malvagio, me stesso”. Quando si hanno i piedi per terra in quel modo, riusciamo a vedere un mondo nuovo e una vitanuova, e nessuna persona o circostanza ha bisogno di cambiare. Tutto quello che dobbiamo fare è arrenderci allo Spirito di Dio, e cominciare a camminare realmente per lo Spirito.
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