Galati 4 – Eredi e Schiavi, Grazia e Legge
A. Non essendo più sotto la schiavitù degli elementi del mondo, siamo figli di Dio.
1. (1-3) Un esempio che mette a confronto un bambino con uno schiavo.
Ora io dico che per tutto il tempo che l’erede è minorenne non è affatto differente dal servo, benché sia signore di tutto, ma egli è sotto tutori e amministratori fino al tempo prestabilito dal padre. Così anche noi, mentre eravamo minorenni, eravamo tenuti in servitù sotto gli elementi del mondo.
a. Per tutto il tempo che l’erede è minorenne: Il termine minorenne dà proprio un’indicazione precisa riguardo all’età, riferendosi a qualcuno che legalmente non è ancora considerato un adulto.
i. Sia nella cultura ebraica che in quella greca, esistevano cerimonie specifiche per marcare il passaggio nell’età adulta, dove il fanciullo cessava di essere un minorenne e diventava un uomo, con annessi i suoi diritti legali di erede.
ii. Nella cultura romana non c’era un’età specifica in cui un fanciullo diventava un uomo, ma era a discrezione del padre determinare se il figlio fosse pronto. Dal momento che Paolo usa la frase fino al tempo prestabilito dal padre, è chiaro che stesse pensando più all’usanza romana che a quella ebraica.
iii. “I fanciulli romani diventavano adulti durante la sacra festività familiare conosciuta come Liberalia, che si teneva ogni 17 marzo. In tale occasione, il fanciullo veniva formalmente adottato e riconosciuto dal padre quale suo figlio ed erede, e riceveva la toga virilis al posto della toga praetexta, che aveva indossato fino a quel momento.” (Boice)
iv. “Secondo una tradizione romana, il giorno in cui un fanciullo o una fanciulla diventavano adulti, il ragazzo offriva ad Apollo la propria palla e la ragazza la propria bambola, come dimostrazione di essersi lasciati alle spalle le proprie abitudini infantili.” (Barclay)
b. Per tutto il tempo che l’erede è minorenne non è affatto differente dal servo, benché sia signore di tutto: Si pensi ad un’antica famiglia abbiente, in cui un giovane ragazzo sia destinato a ereditare tutto quanto appartiene al padre. Mentre è ancora bambino, nella quotidianità ha in realtà meno libertà e autorità di un servo di alto rango nella stessa famiglia. Tuttavia, a differenza di quel servo, il figlio è destinato a ereditare tutto.
i. In effetti, l’erede è sotto la rigorosa custodia di tutori e amministratori fino al tempo prestabilito dal padre.
c. Così anche noi: Ora arriva il paragone con la nostra condizione spirituale. Noi siamo figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù (Galati 3:26), e siamo eredi secondo la promessa (Galati 3:29). La legge era il nostro precettore (Galati 3:24-25), che si prendeva cura di noi mentre eravamo ancora “bambini”. La conseguenza della legge sulla nostra natura corrotta fu quella di portarci in servitù sotto gli elementi del mondo.
d. Gli elementi del mondo: Qua Paolo usa un’espressione interessante. “Per descriverla, usa il termine stoicheia. Stoicheion originariamente stava a indicare una serie di oggetti sistemati in maniera ordinata; per esempio, può significare una schiera di soldati. Più tardi arrivò ad indicare l’A-B-C (o alfabeto) e successivamente qualsiasi tipo di sapere elementare.” (Barclay)
i. Cole traduce così il concetto: “Così anche noi, quando eravamo bambini, eravamo tenuti in schiavitù dall’A-B-C dell’universo”.
ii. Il concetto di “A-B-C dell’universo” è importante. Se c’è un “A-B-C dell’universo” (principio elementare) dal quale dobbiamo liberarci e che viene enfatizzato tanto dal paganesimo, quanto nella legge ebraica, è il principio di causa ed effetto. Qualcuno lo chiama karma, qualcun altro “te la sei cercata” o altro ancora; eppure, è un principio che regola la natura e la mentalità umana. Viviamo costantemente nella convinzione che ci accade quello che meritiamo: quando ci comportiamo bene, meritiamo di essere premiati e, quando ci comportiamo male, meritiamo di essere puniti.
iii. Paolo esortava i Galati a guardare oltre questo “A-B-C dell’universo” e ad entrare nella comprensione della grazia di Dio. La grazia contraddice il principio di causa ed effetto, perché in virtù della grazia Dio non ci tratta in base ai nostri meriti. Sotto la grazia, le nostre buone azioni non ci rendono giusti e le nostre cattive azioni non ci condannano. La benevolenza e il favore di Dio sono elargiti in base a un principio completamente diverso dall’“A-B-C dell’universo”. La benevolenza e il favore di Dio sono donati per motivi che hanno totalmente a che vedere conLui e niente a che fare con noi.
iv. L’“A-B-C dell’universo” non è di per sé malvagio. Lo usiamo e lo dobbiamo usare nella vita, e Dio gli ha assegnato uno scopo. Tuttavia, non dobbiamo basare la nostra relazione con Lui su questo principio, essendo noi ora sotto la grazia. Dio non si rapporta con noi in base ai nostri meriti, ma, poiché tale principio è alla base del nostro modo di ragionare, ci è difficile liberarcene. Nonostante ciò, è essenziale spogliarsi di questa mentalità, se vogliamo camminare nella grazia. Quando ci rapportiamo a Dio pensando di ottenere quanto meritiamo, viviamo in servitù sotto gli elementi del mondo.
v. La falsa dottrina è secondo questi principi elementari, e non secondo Gesù (Colossesi 2:8). In Cristo, siamo morti agli elementi del mondo (Colossesi 2:20).
2. (4-5) La liberazione degli eredi dalla schiavitù.
Ma, quando è venuto il compimento del tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione.
a. Ma, quando è venuto il compimento del tempo: Il significato di il compimento del tempo è “quando è arrivato il momento giusto”. Gesù arrivò al momento giusto nel piano di redenzione di Dio, quando il mondo era perfettamente pronto per l’opera di Dio.
i. “Ma introduce un contrasto. Il controllo dei principi elementari era solo per un periodo di tempo limitato”. (Morris) Per coloro che erano in schiavitù sotto la legge, poteva sembrare che il ritorno di Gesù stesse tardando. Paolo ci assicura che è avvenuto proprio al momento giusto.
ii. “In quel tempo la Pax Romana si estendeva nella maggior parte del mondo civilizzato, rendendo così possibili viaggi e commercio in un modo in cui non lo erano mai stati prima. Strade imponenti collegavano l’impero dei Cesari, le cui regioni erano connesse in modo ancora più significativo dalla lingua greca, ormai diffusa ovunque. A ciò si aggiunga che il mondo era sprofondato in un abisso morale tanto profondo da essere deplorato persino dai pagani e da evidenziare una diffusa sete spirituale: ecco il momento perfetto per la venuta di Cristo e per la diffusione iniziale del vangelo cristiano.” (Boice)
iii. Il momento era anche giusto perché i 483 anni profetizzati da Daniele stavano volgendo al termine (Daniele 9:24-26).
b. Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna: Gesù non venne solo come Figlio di Dio, ma anche come uno nato da donna, sottoposto alla legge. Il Figlio eterno di Dio aggiunse l’umanità alla propria Deità, divenendo un uomo, nato da donna, sottoposto alla legge
i. “Nato da donna” potrebbe essere un velato richiamo alla nascita virginale, perché Paolo non usa mai l’espressione “nato da uomo” in riferimento a Gesù. “Il termine più generico ‘donna’ indica che Cristo nacque vero uomo. Paolo non dice che Cristo nacque da uomo e da donna, ma solo da donna. È ovvio che abbia in mente la vergine.” (Lutero)
c. Perché riscattasse quelli che erano sotto la legge: Poiché Gesù è Dio, ha il potere e i mezzi per riscattarci. Poiché Gesù è uomo, ha il diritto e la capacità di riscattarci. Egli è venuto per riscattarci dal mercato degli schiavi, dalla nostra schiavitù del peccato e dagli elementi del mondo.
i. John Newton, l’uomo che scrisse l’inno più amato e famoso d’America, Amazing Grace (Grazia meravigliosa), sapeva come ricordare di essere stato riscattato. Era figlio unico e rimase orfano di madre a soli sette anni. A undici anni divenne marinaio e salpò in mare. Crescendo, divenne il capitano di una nave di schiavi e partecipò attivamente all’orrendo degrado e alla disumanità della tratta degli schiavi. Ma all’età di ventitré anni, il 10 marzo 1748, quando la sua nave era in procinto di inabissarsi al largo dell’isola di Terranova, invocò Dio, supplicandolo di avere misericordia, e la trovò. Non dimenticò mai quanto fosse meraviglioso (amazing) che Dio lo avesse accolto, nonostante la sua condotta malvagia. Per rinfrescarsi sempre la memoria, affrancò sul muro sopra la mensola del camino nel suo studio le parole di Deuteronomio 15:15: Ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha redento. Faremmo bene anche noi a continuare a rinfrescarci la memoria su ciò che eravamo un tempo e ciò che siamo ora in Gesù Cristo.
d. Affinché noi ricevessimo l’adozione: Sarebbe sufficiente essere riscattati dal mercato degli schiavi, ma l’opera di Dio non si ferma lì: ci ha infatti elevati al grado di figli e figlie di Dio per mezzo dell’adozione.
i. Ciascun essere umano è un figlio di Dio, nel senso che è sua progenie (Atti 17:28-29). Tuttavia, non tutti gli esseri umani sono figli di Dio, quando si considera quell’intima relazione di adozione descritta qui da Paolo. In tal senso, ci sono figli di Dio e figli del diavolo (Giovanni 8:44).
ii. Probabilmente Paolo ha in mente l’usanza romana dell’adozione, per cui i figli adottivi ricevevano gli stessi privilegi all’interno della famiglia e lo stesso status di eredi dei figli naturali.
iii. Si potrebbe quasi pensare che questa benedizione sia completamente superflua nel piano di salvezza di Dio, ma ci dona una dimostrazione del Suo vero e profondo amore per noi. Certo, si può immaginare che qualcuno aiuti o salvi qualcun altro, ma difficilmente lo farebbe diventare per questo parte della propria famiglia – ma questo è ciò che Dio ha fatto per noi.
iv. Noi riceviamo l’adozione di figli, non la ripristiniamo. Ciò significa che in Gesù otteniamo qualcosa che è più grande di quello che Adamo abbia mai avuto, non essendo mai stato adottato come figlio di Dio, come avviene per i credenti. Quindi non è corretto pensare alla redenzione come ad una semplice restituzione di ciò che è stato perso in Adamo. In Gesù ci è concesso molto di più di quanto Adamo abbia mai avuto.
3. (6-7) Celebriamo il nostro status di figli e figlie.
Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori che grida: «Abba, Padre». Perciò tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede di Dio per mezzo di Cristo.
a. Perché voi siete figli, […] «Abba, Padre»: È giusto che quelli che sono di fatto figli abbiano lo Spirito del Figlio nei loro cuori. Questo ci dà sia il diritto che la possibilità di rivolgerci a Dio nostro Padre come “Papà!”, così come Gesù fece con Suo Padre.
i. Alcuni ritengono che tradurre “Abba” con “Papà” sia troppo intimo, se non addirittura inappropriato. Cole scrive su Abba: “Sebbene sia il solito modo informale di un bambino nel rivolgersi a suo padre in casa, tradurlo come ‘Papà’ è eccessivamente sentimentale.”
ii. Ma come Boice fa notare, “I primi padri della chiesa – Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Cirro, tutti provenienti da Antiochia, dove si parlava l’aramaico, i quali probabilmente avevano avuto balie di lingua aramaica nella propria infanzia – testimoniano all’unanimità che Abba era il modo in cui i bambini piccoli si rivolgevano al proprio papà.”
iii. “Abba in aramaico è un diminutivo affettuoso per ‘padre’, utilizzato nell’intimità dell’ambiente familiare; passò poi senza modifiche nel vocabolario dei cristiani di lingua greca.” (Fung)
iv. Abbiamo accesso alla stessa intimità con Dio Padre, che Dio Figlio, Gesù Cristo, aveva. Gesù si rivolgeva a Dio Padre come “papà” quando pregò Abba, Padre come riportato Marco 14:36.
b. Che grida: «Abba, Padre»: Non sussurriamo “Papà”, come se fossimo esitanti nel parlargli in modo così affettuoso. No, invece lo gridiamo.
i. Che grida: “Ritengo che questo verbo sia usato per esprimere grande franchezza. L’incertezza non ci fa parlare con calma, ma ci fa tenere la bocca semiaperta, con parole poco distinte che a fatica sfuggono a una lingua balbettante. ‘Gridare’, al contrario, è un segno di certezza e incrollabile fiducia.” (Calvino)
ii. “Che la Legge, il peccato e il diavolo gridino pure contro di noi finché le loro grida non riempiano cielo e terra. Lo Spirito di Dio grida ancora più forte. I nostri flebili gemiti, “Abba, Padre”, saranno ascoltati da Dio prima del frastuono messo insieme dall’inferno, dal peccato e dalla Legge.” (Lutero)
c. Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori: Sappiamo che siamo figli e figlie di Dio per la testimonianza dello Spirito Santo dentro di noi. Come Paolo scrisse in Romani 8:16: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio.
i. “Pertanto, il proposito di Dio non era solo quello di rendere sicura la nostra figliolanza tramite Suo Figlio, ma anche di darcene la certezza tramite il Suo Spirito. Ha mandato Suo Figlio affinché potessimo avere lo status di figliolanza, e ha mandato il Suo Spirito affinché potessimo sperimentarla.” (Stott)
ii. Inoltre, non possiamo lasciarci sfuggire il modo in cui la verità della Trinità sia intessuta nel testo: Dio Padre manda Dio Spirito Santo, che è lo Spirito di Dio Figlio, nei nostri cuori per darci la certezza che siamo figli e figlie di Dio.
d. Lo Spirito del Figlio: Lo Spirito Santo può essere chiamato Spirito di Dio, Spirito di Cristo, o può essere collegato a Dio Padre. Questo perché la natura di Dio è coerente tra le persone della Trinità. Qui, lo Spirito Santo è chiamato lo Spirito del Figlio, perché l’idea della nostra condizione di figli si basa sulla figliolanza di Gesù.
i. La nostra figliolanza si basa su chi siamo in Gesù, tuttavia ci sono importanti distinzioni tra la nostra figliolanza e quella di Gesù. Egli è l’unigenito Figlio (Giovanni 3:16), rendendolo l’unico Figlio naturale. Noi invece siamo figli e figlie di Dio per adozione, resi tali da un decreto legale di Dio.
e. Perciò tu non sei più servo, ma figlio: I figli non sono mai schiavi e gli schiavi non sono mai figli nella casa dei loro padri. Gesù lo illustrò nella parabola del figliol prodigo, dove il figlio era determinato a tornare da suo padre come schiavo. Il padre tuttavia rifiutò, ricevendolo in qualità di figlio.
f. E se sei figlio, sei anche erede: Che magnifica progressione! Per prima cosa siamo liberati dalla schiavitù. Poi siamo dichiarati figli adottivi nella famiglia di Dio. Infine, in qualità di figli, siamo costituiti anche eredi.
i. Gli eredi sono tali perché ereditano qualcosa. Paolo rende chiaro che cosa ereditiamo: erede di Dio per mezzo di Cristo. Ereditiamo Dio stesso!
ii. Ad alcuni questa potrebbe sembrare una eredità di poco valore. Tuttavia, per coloro che sono realmente in Cristo e che amano veramente Dio, essere erede di Dio è l’eredità più ricca di tutte.
g. Per mezzo di Cristo: La nostra liberazione dalla schiavitù, la nostra figliolanza, lo Spirito di Gesù nei nostri cuori e il nostro status di eredi di Dio sono tutti diritti di nascita datici in Gesù. Li riceviamo per mezzo di Cristo. Queste sono le cose nelle quali dovremmo vivere e di cui dovremmo godere ogni giorno della nostra vita cristiana.
4. (8-11) Una decisione da prendere: scegliere se vivere soggetti agli elementi del mondo o come figli di Dio.
Ma allora, non conoscendo Dio, servivate a coloro che per natura non sono dèi; ora invece, avendo conosciuto Dio, anzi essendo piuttosto stati conosciuti da Dio, come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, ai quali desiderate di essere di nuovo asserviti? Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni. Io temo di essermi affaticato invano per voi.
a. Avendo conosciuto Dio, anzi essendo piuttosto stati conosciuti da Dio, come mai vi rivolgete di nuovo: La schiavitù era naturale quando non conoscevamo Dio e quando servivamo quelle cose che non sono dèi (Ma allora, non conoscendo Dio). Eppure, i Galati, pur avendo conosciuto Dio, si erano rimessi sotto un giogo di schiavitù. Ecco che cosa stupì Paolo.
i. Anzi essendo piuttosto stati conosciuti da Dio: Paolo fa una precisazione importante quando scrive “anzi essendo piuttosto stati conosciuti da Dio”; è davvero più importante che Dio ci conosca (nel senso di una relazione intima dove siamo accettati) piuttosto che siamo noi a conoscere Dio. Ricorda le terribili parole di giudizio in Matteo 7:21-23: Io non vi ho mai conosciuti.
b. Come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi: Nel volgersi al legalismo, i Galati non commettevano un nuovo errore, ma tornavano ad uno vecchio, ossia all’idea di un rapporto con Dio basato sulle opere.
i. Ai deboli e poveri elementi: Paolo usa per elementi la stessa parola che troviamo in Galati 4:3. Come cristiani, possiamo ritornare sotto la schiavitù di un rapporto con Dio basato sulle opere e sul principio di “causa ed effetto”, ma faremmo un passo indietro, non in avanti. Scrivendo vi rivolgete di nuovo, Paolo mostra che i Galati non stavano commettendo un nuovo errore, ma stavano tornando ad uno vecchio, ossia all’idea di un rapporto con Dio basato sulle opere.
ii. “Una delle tragedie del legalismo è che si spaccia per maturità spirituale quando, in realtà, fa regredire il credente ad una ‘seconda infanzia’ dell’esperienza cristiana.” (Wiersbe)
c. Ai deboli e poveri: Questi elementi del mondo sono deboli perché non offrono nessuna forza; sono poveri perché non conferiscono alcuna ricchezza. Tutto quello che possono fare è portarci di nuovo in schiavitù.
i. Stott ha parafrasato il concetto così: “Se tu fossi stato schiavo e ora fossi un figlio, se non avessi conosciuto Dio ma ora Lo conoscessi e fossi conosciuto da Lui, come potresti ritornare alla schiavitù di un tempo? Come puoi permettere a te stesso di tornare ad essere schiavo degli stessi spiriti di quegli elementi dai quali Gesù Cristo ti ha salvato?”
d. Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni: I falsi predicatori tra i Galati esigevano l’osservanza di giorni e mesi, stagioni e anni e altre simili questioni legalistiche, come se ciò li avrebbe portati ad un livello di spiritualità superiore. Tuttavia, tutto ciò che questi deboli e poveri elementi del legalismo fecero fu di ricondurli in schiavitù.
i. Paolo sembra stupito dal fatto che qualcuno volesse passare dalla libertà in Gesù a questo tipo di schiavitù. Il legalismo soddisfa e alimenta la nostra carne ponendo l’accento su ciò che riusciamo a fare noi per Dio, piuttosto che su ciò che Gesù ha fatto per noi. La libertà in Gesù ci dà lo status di figli e una ricca eredità, ma non soddisfa la nostra carne.
ii. “Da notare come questo versetto si ponga in netto contrasto con qualsiasi teoria del sabato cristiano, tagliando alla radice l’obbligo dell’osservanza di tali ricorrenze.” (Alford)
iii. “Se certi giorni sono visti come sacri di per sé, se un giorno si distingue da un altro per motivi religiosi, se i giorni sacri sono stimati parte del culto divino, allora si osservano i giorni in maniera inappropriata.” (Calvino)
e. Io temo di essermi affaticato invano per voi: Paolo temeva che quest’attrazione verso il legalismo avrebbe portato a nulla e vanificato ogni sforzo da lui compiuto tra i Galati.
i. Il termine “affaticato” significa letteralmente “aver faticato fino allo sfinimento”. Paolo lavorò duramente fra i Galati, come era solito fare (1 Corinzi 15:10). Egli non pensò mai che il vangelo della grazia fosse una scusa alla pigrizia nel servizio a Dio.
f. Invano: Alla fine di questa sezione, Paolo propone una scelta sia ai Galati che a noi. Possiamo scegliere di avere una relazione vivente e libera con Dio, quale Padre amorevole, sulla base di ciò che Gesù ha fatto per noi e di chi siamo noi in Lui. Oppure possiamo provare a compiacere Dio sforzandoci di osservare le regole, vivendo nel laccio della schiavitù, non come figli. Uno stile di vita del genere rende vano l’intero vangelo.
i. Un buon esempio di questo è John Wesley. Prima della sua conversione:
· Era figlio di un sacerdote ed era egli stesso un sacerdote.
· Era ortodosso nella fede, fedele nella moralità e pieno di buone opere.
· Svolgeva il ministero nelle carceri, nelle fabbriche sfruttatrici e nei bassifondi.
· Dava cibo, vestiti e istruzione ai bambini delle baraccopoli.
· Osservava sia il sabato che la domenica come il giorno di riposo.
· Navigò dall’Inghilterra alle colonie americane come missionario.
· Studiava la Bibbia, pregava, digiunava e faceva l’elemosina regolarmente.
ii. Eppure, per tutto quel tempo, rimase legato alle catene dei propri sforzi religiosi, perché si fidava di ciò che poteva fare per rendersi giusto davanti a Dio anziché confidare in ciò che Gesù aveva fatto. Più tardi, arrivò a “confidare in Cristo, e in Cristo solo per la salvezza”, e arrivò ad una certezza interiore che ora era perdonato, salvato e che era un figlio di Dio. Ripensando a tutta la sua attività religiosa prima della sua reale conversione, disse: “Già allora avevo la fede di un servo, ma non quella di un figlio”.
B. Una richiesta personale da parte dell’apostolo Paolo
1. (12) Paolo esorta i suoi lettori: “Siate come me”.
Siate come me, perché anch’io sono come voi; fratelli, ve ne prego, voi non mi avete fatto alcun torto.
a. Siate come me: Per molti di noi oggi queste parole di Paolo suonano strane. Come poté esortare i Galati a diventare come lui? Non avrebbe dovuto indirizzarli solamente a Gesù? In che modo i credenti galati sarebbero dovuti diventare come Paolo?
i. Paolo sapeva bene di non essere perfetto senza peccato. Infatti, ai cristiani galati non stava mica dicendo: “Guardate come sono perfetto. Non c’è bisogno di seguire Gesù; seguite me”. Voleva semplicemente che seguissero Gesù come lui seguiva Gesù.
ii. Al contrario, Paolo sapeva che i cristiani galati avrebbero dovuto imitare la sua coerenza. I Galati avevano iniziato con una giusta comprensione del vangelo, essendo stati ammaestrati da Paolo. Tuttavia, a differenza sua, alcuni di loro non perseverarono in quella giusta comprensione; ed è in questo senso che Paolo li esortò, dicendo: “Siate come me”.
iii. Paolo sapeva che i cristiani Galati avrebbero dovuto imitare la sua libertà. Paolo era libero in Gesù e voleva che anche loro sperimentassero la stessa libertà. In questo sarebbero dovuti diventare come lui. “Siate come me è un’esortazione per i Galati a diventare cristiani nello stesso senso in cui Paolo è un cristiano, cioè uno che non è schiavo dalla legge ebraica.” (Morris)
iv. In un certo senso, ogni credente dovrebbe essere in grado di dire agli altri: “Siate come me“. “Tutti i cristiani dovrebbero poter dire qualcosa del genere, soprattutto ai non credenti, cioè che tale è la nostra soddisfazione in Gesù Cristo, nella libertà che abbiamo in Lui, nella gioia e nella salvezza, che vogliamo che anche altri diventino come noi.” (Stott)
b. Perché anch’io sono come voi: Paolo potrebbe dire ai cristiani galati: “Quando si tratta di legalismo, so benissimo in che situazione vi trovate. Ho vissuto tutta la mia vita cercando di essere accettato da Dio in virtù delle mie opere. In tal senso, anch’io sono come voi e ho visto che era un vicolo cieco. Ascoltate qualcuno che sa in che situazione vi trovate”.
i. Oppure, ciò a cui Paolo pensava probabilmente era al suo divenire simile a un Gentile, mentre si trovava in mezzo a loro, secondo quanto espresso in 1 Corinzi 9:19-23. Nel suo modo di pensare, diventò “uno che vive libero dalle restrizioni imposte dalla legge. avendo rinunciato alla propria mentalità giudea ed essendosi fatto simile a un Gentile; per questo implorava i propri lettori a non diventare simili ai Giudei.” (Morris)
c. Voi non mi avete fatto alcun torto: Considerato che Paolo si era rivolto in modo così schietto ai Galati, sarebbe stato facile per loro pensare che il suo tono fosse dettato da una possibile offesa a livello personale. Per questa ragione Paolo li rassicurò che non era affatto così. Egli voleva che fosse loro ben chiaro che parlava per il loro bene, non per il proprio.
i. Possiamo percepire il cuore sincero di Paolo in questi versetti. Come osservò Stott: “In Galati 1-3 abbiamo ascoltato Paolo l’apostolo, Paolo il teologo, Paolo il difensore della fede; ma ora ascoltiamo Paolo l’uomo, Paolo il pastore, Paolo l’appassionato amante delle anime.”
2. (13-16) Paolo esorta i suoi lettori: “Ricordatevi di come mi accoglieste”.
Ora voi sapete come nel passato io vi evangelizzai a causa di una infermità della carne; e voi non disprezzaste né aveste a schifo la prova che era nella mia carne, ma mi accoglieste come un angelo di Dio, come Cristo Gesù stesso. Cos’è dunque avvenuto della vostra allegrezza? Poiché vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi e me li avreste dati. Sono dunque diventato vostro nemico, dicendovi la verità?
a. Voi sapete come nel passato io vi evangelizzai a causa di una infermità della carne: A quanto pare, Paolo fu costretto a viaggiare nella regione della Galazia a causa di un’infermità fisica sofferta durante il suo primo viaggio missionario. Il libro degli Atti non ci dice tutto quello che vorremmo sapere a questo riguardo, ma possiamo mettere insieme alcuni fatti.
i. Sappiamo che, quando Paolo era nella regione della Galazia meridionale, i persecutori cercarono di giustiziarlo per lapidazione nella città di Listra (Atti 14:19-20). I suoi aggressori lo diedero per morto, pur essendo sopravvissuto per miracolo. Alcuni pensano che quest’aggressione sia stata la causa dell’infermità della carne menzionata qui. Tuttavia, Paolo si trovava già nella regione della Galazia quando ciò accadde; infatti, quanto descritto in Galati 4 suggerisce che si fosse recato in quella regione proprio a causa di quella infermità della carne.
ii. “La posizione enfatica della frase suggerisce che Paolo avesse pianificato inizialmente di recarsi altrove (forse verso ovest ad Efeso) e che la sua visita missionaria ai Galati fosse dovuta unicamente alla sua malattia e al suo bisogno di ristabilimento.” (Fung)
iii. Che cos’era esattamente l’infermità della carne di Paolo? Alcuni credono che si trattasse di depressione, o di epilessia, o che la sua malattia fosse riconducibile alla spina nella carne menzionata in 2 Corinzi 12. Nessuna di queste ipotesi può essere stabilita con certezza.
iv. Secondo Atti 13, Paolo si recò nella regione della Galazia – in particolare nella città di Antiochia di Pisidia – dalla città di Perge, nella regione della Panfilia, di cui abbiamo qualche notizia: in primo luogo, Perge era il posto in cui Giovanni Marco aveva abbandonato Paolo e Barnaba (Atti 13:13), probabilmente a seguito delle difficoltà scaturite dall’infermità della carne. In secondo luogo, Perge era un’area pianeggiante e paludosa, ubicata ad un’altitudine di oltre 1,000 metri in meno rispetto alla città galata di Antiochia di Pisidia. Qualcuno dice che l’infermità della carne di Paolo fosse un tipo di malaria comune nelle pianure di Perge. William Barclay descrisse questa malaria come una malattia che produce un terribile dolore, come “una barra rovente spinta attraverso la fronte”.
v. Tuttavia, dovremmo ricordare quello che Morris scrisse, citando Stamm: “Le difficoltà che si incontrano oggi nel diagnosticare una malattia in un paziente vivente dovrebbe farci comprendere quanto sia inutile provarci con qualcuno che è morto da quasi millenovecento anni.”
b. Voi non disprezzaste né aveste a schifo la prova che era nella mia carne: Sebbene Paolo non fosse un grande esempio di forza e potere a causa della propria infermità fisica, i Galati lo accolsero comunque, ricevendolo con onore. Accettarono Paolo in modo così generoso che si sarebbero cavati gli occhi per darli a Paolo, se in qualche modo ciò avesse potuto soddisfare un suo bisogno.
i. “Ovviamente, un occhio cavato sarebbe stato un dono inutile per chiunque, ma era solo un modo di Paolo per dire che i Galati erano pronti a fare qualsiasi cosa per lui in quei primi momenti.” (Morris)
ii. Da questo alcuni hanno dedotto che l’infermità fisica di Paolo avesse qualcosa a che fare con i suoi occhi. Rinomati studiosi della lingua greca, come Wuest, Rendall e Robertson, ritengono che le sfumature del testo greco indichino che l’infermità fisica di Paolo fosse un problema agli occhi. Galati 6:11, dove Paolo scrive a lettere grandi di sua propria mano, potrebbe anche sostenere quest’ipotesi.
iii. Cole giustamente osserva: “Coloro che vedono in questo passo una prova che Paolo soffrisse di oftalmia o di qualche altra simile malattia agli occhi, lo facciano pure. Certamente con stufe fumose senza comignoli e lampade ad olio, ci si aspetterebbe un’alta incidenza di problemi agli occhi nel mondo mediterraneo del primo secolo. Per uno che ha passato anni a fissare le pagine di volumi ebraici contorti, il rischio si faceva ancora maggiore. Comunque sia, non abbiamo prove.”
iv. Ma la vera questione qui è che, indipendentemente dal tipo di infermità di Paolo, i Galati non lo disprezzarono né lo ebbero a schifo. “Dal momento che l’infermità fisica e la malattia erano considerate sia da ebrei che da Gentili come simbolo di disapprovazione o punizione divina, sarebbe stata una naturale tentazione per i Galati disprezzare Paolo e rifiutare il suo messaggio.” (Fung) Questo è esattamente ciò che i Galati non fecero. Sebbene Paolo apparisse debole e afflitto, lo accettarono e accolsero il suo messaggio di grazia e dell’amore di Dio.
c. Sono dunque diventato vostro nemico, dicendovi la verità?Alla luce del grande amore e dell’onore che i Galati avevano mostrato nei confronti di Paolo e in virtù della grande benedizione che ricevettero da Dio grazie al loro comportamento verso l’apostolo, i Galati non avrebbero dovuto pensare che Paolo fosse diventato loro avversario, avendoli affrontati con la verità. Avevano bisogno della verità più di quanto avessero bisogno di sentirsi a posto nella situazione in cui si trovavano.
i. “Non è sufficiente che i pastori siano rispettati, se non sono anche amati. Rispetto e amore sono entrambi necessari; altrimenti, il loro insegnamento non sarà accolto con benevolenza. E Paolo dichiara di aver ricevuto entrambi da parte dei Galati. Aveva già parlato del loro rispetto; ora parla del loro amore. “(Calvino)
ii. “Nella misura in cui i ministri e gli insegnanti della Parola di Dio insegnano la Parola, allo stesso modo dovrebbero essere ricevuti come anche i Galati hanno ricevuto l’apostolo Paolo. I ministri non dovrebbero essere ricevuti e valutati sulla base del loro aspetto personale, dei loro conseguimenti in campo intellettuale o dei loro modi più o meno accattivanti, ma sul fatto che siano o meno messaggeri di Dio e portatori della parola di Cristo.” (Boice)
3. (17-18) Paolo esorta i suoi lettori: “State attenti all’affetto che vi mostrano i legalisti”.
Quelli sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi essi vi vogliono separare affinché siate zelanti per loro. Or è buona cosa essere sempre zelanti nel bene, e non solo quando sono presente fra voi.
a. Quelli sono zelanti per voi, ma non per fini onesti: Paolo riconosce che lo zelo dei legalisti è inteso ad accattivarsi i Galati; il legalismo viene spesso avvolto in un mantello di “amore”, ma non per fini onesti.
i. Molte sette usano una tecnica informalmente conosciuta come “bombardamento d’amore”. Travolgono un potenziale membro con attenzioni, sostegno e affetto, quando in realtà non è amore sincero quello che dimostrano, ma solo una tecnica di reclutamento. I cristiani potrebbero usare la stessa tecnica in un modo o nell’altro.
b. Essi vi vogliono separare affinché siate zelanti per loro: Gli oppositori legalisti di Paolo volevano allontanare i cristiani galati e portarli nel proprio gruppo settario. In altre parole, volevano separare i Galati dagli altri cristiani e portarli nel gruppo “super-spirituale” dei legalisti.
i. Lo zelo coltivato dal legalismo è più spesso rivolto al gruppo che a Gesù Cristo. Sebbene pronuncino il nome di Gesù, nella pratica è il gruppo stesso a divenire l’obiettivo principale e ad essere generalmente esaltato quale ultimo rifugio dei veri “super-cristiani”.
c. Separare: Letteralmente significa “chiudere a chiave”. Per ora, i legalisti si limitano a corteggiare i Galati, ma, non appena riescono ad alienarli da Gesù e da Paolo, chiederanno ai Galati di servirli. Il legalismo è quasi sempre associato a qualche tipo di schiavitù religiosa.
i. “I giudaizzanti avevano scelto scaltramente di presentare ai Galati solo parte dei requisiti della Legge di Mosè, cioè quelle porzioni che i Gentili, in quanto tali, avrebbero rigettato con minore probabilità. Dopo averli convinti ad osservare le loro festività e forse i giorni di digiuno, i giudaizzanti volevano persuaderli a sottoporsi anche alla circoncisione.” (Wuest)
d. Or è buona cosa essere sempre zelanti nel bene: Paolo di certo non era contrario allo zelo, anzi voleva che i cristiani fossero sempre zelanti nel bene. È tuttavia importante assicurarsi che lo zelo sia per il bene, perché essere zelanti nel male è pericoloso.
i. I Galati furono senza dubbio colpiti dallo zelo dei legalisti; erano così sinceri, così entusiasti delle proprie convinzioni! Paolo era d’accordo nel dire che è buono essere zelanti, ma solo e sempre nel bene. Lo zelo al servizio di una menzogna è pericoloso.
ii. Paolo lo sapeva bene, perché, prima di diventare cristiano, era stato molto zelante quale persecutore della Chiesa (Atti 7:58-8:4). Successivamente, ripensò a quel periodo di grande zelo al servizio di una menzogna, pentendosene profondamente (1 Corinzi 15:9, 1 Timoteo 1:15).
e. E non solo quando sono presente fra voi: Paolo desiderava che i Galati fossero sempre zelanti per ciò che è buono anche nella sua assenza, non solo quando era presente fra loro.
4. (19-20) Paolo esorta i suoi lettori: “Vi amo come figli. Per favore, ascoltatemi!”.
Figli miei, che io partorisco di nuovo, finché Cristo sia formato in voi! Desidererei ora essere presente fra voi e cambiare il tono della mia voce, perché sono perplesso di voi.
a. Figli miei: Paolo si considera giustamente un padre nei confronti dei Galati. Eppure, questa minaccia lo ha fatto sentire come se dovesse condurli nuovamente a Gesù (che io partorisco di nuovo, finché Cristo sia formato in voi). Paolo sapeva che la sua opera di formare Cristo in loro non si sarebbe compiuta finché non fossero rimasti stabili nella propria fiducia in Gesù.
i. Il concetto di “Cristo sia formato in voi” è simile a quello di Romani 8:29: Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio
ii. Paolo sarebbe stato in errore, se avesse cercato di formare sé stesso nei Galati. Questo non deve mai essere l’obiettivo di un pastore. Giusto era il suo impegno a cercare di formare Cristo in loro.
b. Figli miei: In questo passaggio, Paolo ha fatto un uso magistrale di metafore per trasmettere un’immagine forte.
i. Paolo si paragona a una “madre” che ha dato alla “luce spirituale” i Galati (figli miei).
ii. È successo qualcosa di innaturale: i Galati si stanno allontanando da Gesù per avvicinarsi alla legge. Ne consegue che Paolo deve partorirli di nuovo, benché sia innaturale soffrire i dolori del travaglio e quindi partorire gli stessi figli una seconda volta.
iii. Mentre Paolo è in travaglio, Cristo è formato in loro. Paolo continuerà ad avere le doglie, fino a quando non sarà Natale per i Galati e Gesù sarà formatoin loro.
iv. Questo è un modello che si ripete in tutto il ministero biblico: “La Parola di Dio che esce dalle labbra dell’apostolo o dei ministri entra poi nel cuore degli uditori. Lo Spirito Santo feconda la Parola affinché produca il frutto della fede. In questo modo ogni pastore cristiano è un padre spirituale che forma Cristo nei cuori dei propri ascoltatori.” (Lutero)
v. “L’apostolo paragona il proprio dolore alle doglie del parto. Si trovò già in travaglio per loro in precedenza, al momento della loro conversione, quando vennero alla luce; ora il loro sviamento gli provoca altre doglie: Paolo è di nuovo in travaglio. La prima volta ci fu un aborto spontaneo; questa volta desidera che Cristo sia perfettamente formato in loro.” (Stott)
c. Desidererei ora essere presente fra voi e cambiare il tono della mia voce: Paolo desiderava due cose. Innanzitutto, voleva essere presente fra i Galati. Poi, desiderava anche poter cambiare il tono della propria voce, senza dover ricorrere a parole così forti nei loro riguardi. Tuttavia, il pericolo derivante dall’aver lasciato il vero vangelo aveva costretto Paolo ad usare parole molto schiette e ad affrontare i propri dubbi e le proprie perplessità.
i. Questa sezione, Galati 4:12-20, ci mostra i principi che dovrebbero influenzare l’atteggiamento dei credenti nei confronti del loro pastore.
· Il loro atteggiamento non deve essere determinato dal suo aspetto o dalla sua personalità.
· Il loro atteggiamento non deve essere determinato dai propri capricci teologici.
· Il loro atteggiamento dovrebbe essere determinato dalla sua lealtà al messaggio apostolico presente nella Bibbia.
ii. Questa sezione, Galati 4:12-20, ci mostra i principi che dovrebbero influenzare l’atteggiamento del pastore nei confronti dei credenti nella sua chiesa.
· Deve essere disposto a servire e a fare sacrifici per loro.
· Deve dir loro la verità.
· Deve amarli profondamente e mai per un motivo egoistico.
· Deve desiderare di vedere non solo semplice entusiasmo, ma un vero zelo per il bene.
· Deve desiderare di formare Gesù in loro e non sé stesso.
C. Paolo mostra attraverso l’Antico Testamento che i sistemi di grazia e legge non possono coesistere come principi nelle nostre vite.
1. (21) Paolo impugna la legge con coloro che rivendicano la legge.
Ditemi, voi che volete essere sotto la legge, non date ascolto alla legge?
a. Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: Ora Paolo scrive direttamente sia a coloro che promuovevano il legalismo sia a coloro che stavano soccombendo al legalismo. Scrive a coloro che desideravano essere sotto la legge, sulla cui osservanza basavano la propria relazione con Dio.
i. Ci sono molti vantaggi nell’essere sotto la legge, quale principio della tua relazione con Dio. In primo luogo, avresti sempre la certezza esteriore di un elenco di regole da seguire. In secondo luogo, potresti farti i complimenti da solo, perché osserveresti le regole meglio di altri. Infine, potresti prenderti tutto il merito della tua salvezza, perché te la saresti guadagnata grazie alla tua abilità di rispettare le regole.
ii. Sotto la legge è ciò che tu fai per Dio che ti rende giusto davanti a Lui. Sotto la grazia di Dio, è ciò che Dio ha fatto per noi in Gesù Cristo che ci rende giusti davanti a Lui. Sotto la legge, l’attenzione si concentra sulla mia performance. Sotto la grazia di Dio, l’attenzione si concentra su chi è Gesù e su ciò che ha fatto. Sotto la legge troviamo foglie di fico per coprire la nostra nudità. Sotto la grazia di Dio, riceviamo il nostro riparo tramite il sacrificio che Dio ha provveduto.
iii. Il cristiano dovrebbe voler stare ben lontano dal vivere sotto la legge. “Qual è la legge di Dio adesso? Non è al disopra del cristiano; è al disotto del cristiano. Alcuni considerano la legge di Dio come una verga di terrore, posta sul capo di tutti i cristiani, e dicono: “Se pecchi, sarai punito”. Ma non è così. La legge è al di sotto del cristiano; è il suo sentiero, la sua guida, la sua norma, il suo modello … La legge è la strada che ci guida, non la verga che ci trascina, né lo spirito che ci sprona.” (Spurgeon)
b. Non date ascolto alla legge? Paolo, percependo di non aver ancora espresso il nocciolo della questione, si accinge a dare un’ulteriore illustrazione dall’Antico Testamento. Essenzialmente, Paolo dice: “Studiamo la Scrittura. Aprite le vostre Bibbie in Genesi capitolo 16”.
i. Paolo dà per scontato che i suoi lettori conoscano la Bibbia. Spiega il suo concetto prendendo spunto dalla storia di Abrahamo, Agar e Sara in Genesi 16 senza entrare troppo nei dettagli. Parte dal presupposto che conoscano già la vicenda.
ii. È importante che Paolo faccia riferimento più volte alle Scritture. I legalisti che si erano infiltrati tra i Galati si presentavano come i sostenitori del “ritorno alla Bibbia”. Eppure, Paolo dimostrerà che questi usano impropriamente le Scritture dell’Antico Testamento e dichiarerà che una vera comprensione della Legge di Mosè è a sostegno del vero vangelo da lui predicato.
2. (22-23) L’Antico Testamento mostra il contrasto tra i due figli di Abrahamo: Isacco e Ismaele.
Infatti sta scritto che Abrahamo ebbe due figli: uno dalla serva e uno dalla libera. Or quello che nacque dalla serva fu generato secondo la carne, ma quello che nacque dalla libera fu generato in virtù della promessa.
a. Infatti sta scritto che Abrahamo ebbe due figli: I legalisti che importunavano i Galati affermavano di essere figli di Abrahamo e quindi benedetti. Paolo concorda con loro sul fatto che fossero figli di Abrahamo, ma dimenticavano che Abrahamo ebbe due figli.
b. Uno dalla serva e uno dalla libera: Il primo figlio di Abrahamo si chiamava Ismaele. Non nacque da sua moglie, ma dalla serva di sua moglie, secondo la convinzione errata che una madre surrogata avrebbe potuto “aiutare Dio” a dare una discendenza ad Abrahamo, dato che sua moglie Sarah non poteva avere figli.
i. Il primo contrasto che Paolo individua fra il vero cristianesimo e il legalismo è lo stesso contrasto che esiste tra libertà e schiavitù. Uno dei due figli di Abrahamo nacque da una donna libera, l’altro da una serva. La vera vita cristiana è contrassegnata dalla libertà.
c. Nacque […] secondo la carne: Ismaele era figlio di Abrahamo, ma era figlio secondo la carne, quale frutto dell’incredulità e del tentativo di arrivare a Dio per i propri sforzi.
i. Anche se spesso non sembra così, il legalismo è vivere secondo la carne, rifiutare la promessa di Dio e cercare di trovare una strada per giungere a Dio attraverso la legge. Vivere in questo modo è vivere come un discendente di Abrahamo – ma, in questo caso, come Ismaele.
ii. “Il legalismo non intende stabilire degli standard spirituali, ma portarci all’adorazione di questi standard e a farci credere di essere spirituali perché li osserviamo. Inoltre, ci porta a giudicare gli altri credenti sulla base di questi standard.” (Wiersbe)
iii. “Quanto più un uomo eccelle nel legalismo, tanto più sa di essere dannato; quanto più un uomo si crede santo per la fiducia che ripone nelle proprie opere, tanto più può avere la certezza che alla fine sarà rigettato e che condividerà la stessa sorte dei farisei per l’eternità.” (Spurgeon)
d. Quello che nacque dalla libera fu generato in virtù della promessa: Il secondo figlio di Abrahamo si chiamava Isacco, nato miracolosamente da sua moglie Sarah (la libera). Isacco era il figlio di Abrahamo, ed era il figlio della promessa e della fede in Dio e il miracolo di Dio per Abrahamo.
i. Il secondo contrasto che Paolo individua tra cristianesimo e legalismo è lo stesso contrato che esiste tra un’opera compiuta sulla base del miracolo promesso da Dio e un’opera compiuta nella carne. La vera vita cristiana è legata al miracolo promesso da Dio e non alla carne.
3. (24-27) L’Antico Testamento mostra il contrasto tra il Monte Sinai e il Monte Sion.
Tali cose hanno un senso allegorico, perché queste due donne sono due patti: uno dal monte Sinai che genera a schiavitù, ed è Agar. Or Agar è il monte Sinai in Arabia e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente; ed essa è schiava con i suoi figli. Invece la Gerusalemme di sopra è libera ed è la madre di noi tutti. Infatti sta scritto:
«Rallegrati, o sterile
che non partorisci!
Prorompi e grida,
tu che non senti doglie di parto,
perché i figli dell’abbandonata saranno più numerosi
di quelli di colei che aveva marito».
a. Tali cose hanno un senso allegorico: Paolo vuole rendere ben chiaro che sta utilizzando delle immagini dall’Antico Testamento. Ogni riferimento ad Agar e Ismaele è un esempio inteso ad illustrare il suo pensiero. Ed ora continua con un’altra immagine.
i. È chiaro che lo Spirito Santo stesse guidando Paolo in questi passaggi. Quanto a noi, dobbiamo porre molta attenzione quando conferiamo un significato allegorico o simbolico alle Scritture. “Qualcuno dice che la Scrittura sia fertile e che quindi assuma molteplici significati. Riconosco che la Bibbia è la fonte più ricca e inesauribile di ogni sapienza, ma rifiuto l’idea che la sua fertilità consenta a chiunque di assegnarle un significato arbitrario qualsiasi. Ricordiamoci, dunque, che il vero significato della Scrittura è quello naturale e semplice; accogliamolo e teniamocelo stretto.” (Calvino)
b. Perché queste due donne sono due patti: Nella Bibbia, un patto o alleanza è un “contratto” che stabilisce le regole della nostra relazione con Dio. Paolo usa l’allegoria delle due donne per spiegare i problemi che i cristiani della Galazia stanno affrontando. I legalisti pretendono che i Galati si rivolgano a Dio in base a una serie di regole ben precise, mentre Paolo li esorta a relazionarsi con Dio in accordo alle “regole” presentate dal vangelo.
c. Uno dal monte Sinai: Un patto è associato al monte Sinai, su cui Mosè ricevette la legge (Esodo 19-20).
i. Questa alleanza genera a schiavitù. Dato che ci mette di fronte a tutto quello che dobbiamo fare per essere accettati da Dio, essa non ci rende liberi. Ci mette su un tapis roulant perpetuo, dove dobbiamo dimostrare quanto valiamo e guadagnarci l’approvazione Dio.
ii. Questa alleanza è associata ad Agar, la “madre surrogata” che diede alla luce Ismaele. È quindi (se usata erroneamente) un’alleanza secondo la carne (Galati 4:23).
iii. Questo patto corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente, cioè la Gerusalemme terrena, la capitale del giudaismo. La maggior parte degli ebrei ai tempi di Paolo cercava di essere approvata da Dio e di compiacerlo, confidando nella propria capacità di osservare la legge.
d. Invece la Gerusalemme di sopra: L’altra alleanza è associata a Gerusalemme, al monte Sion – ma non al Monte Sion di questa terra. Piuttosto, è associata alla Gerusalemme di sopra – la Nuova Gerusalemme di Dio in cielo.
i. Il terzo contrasto che Paolo individua tra cristianesimo e legalismo è lo stesso contrasto che esiste tra cielo e terra. Il vero cristianesimo viene dal cielo e non dalla terra.
e. La Gerusalemme di sopra è libera: Paolo ora sta per dirci qualcosa di più sull’alleanza rappresentata dalla Gerusalemme celeste. Questa alleanza porta la libertà ed è gratuita, in virtù del prezzo pagato da Gesù al posto nostro.
f. Ed è la madre di noi tutti: Questa alleanza ha molti figli; è la madre di noi tutti. Ogni cristiano in ogni generazione appartiene a questo nuovo patto, l’alleanza della Gerusalemme celeste. E ogni nascita sotto questa alleanza è un miracolo, come il compimento della profezia di Isaia 54:1: Rallegrati, o sterile che non partorisci! Ognuno nasce per un miracolo di Dio.
g. I figli dell’abbandonata saranno più numerosi: La citazione di Isaia 54:1 suggerisce anche che di lì a poco ci sarebbero stati più cristiani che giudei – una promessa che si è già adempiuta.
i. Il quarto contrasto che Paolo individua tra cristianesimo e legalismo è lo stesso contrasto che esiste tra molti e più numerosi. L’abbondanza e la gloria del Nuovo Patto sono dimostrate dal fatto che presto i suoi seguaci sarebbero diventati più numerosi dei seguaci dell’Antico Patto.
Gli “Ismaeli” – Legalismo | Gli “Isacchi” – Il vero cristianesimo |
Schiavitù e catene | Libertà |
Ismaele: figlio secondo la carne | Isacco: figlio della promessa |
Provengono dalla Gerusalemme terrestre | Provengono dalla Gerusalemme celeste |
Molti figli | Figli più numerosi |
Persecutori | Perseguitati |
Non erediteranno nulla | Erediteranno tutto |
Relazione basata sull’osservanza della legge | Relazione basata sulla fede in Dio |
4. (28-31) Paolo applica alla situazione i contrasti fra i due sistemi.
Ora noi, fratelli, alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa. Ma, come allora colui che era generato secondo la carne perseguitava colui che era generato secondo lo Spirito, così avviene al presente. Ma che dice la Scrittura? «Caccia via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non sarà erede col figlio della libera». Così dunque, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera.
a. Ora noi, fratelli, alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa: Come cristiani, noi non ci identifichiamo con Ismaele. Piuttosto, ci identifichiamo con Isacco, quali figli di una promessa accolta per fede.
b. Ma, come allora colui che era generato secondo la carne perseguitava colui che era generato secondo lo Spirito, così avviene al presente: Ismaele e i suoi discendenti perseguitarono Isacco e la sua progenie. Pertanto, non dovremmo stupirci se coloro che al giorno d’oggi seguono Dio nella carne perseguitano coloro che, in virtù della promessa, seguono Dio nella fede.
i. Il quinto contrasto che Paolo individua tra cristianesimo e legalismo è lo stesso contrasto che esiste tra perseguitato e persecutore. I legalisti, rappresentati da Ismaele, hanno sempre perseguitato il vero cristianesimo, rappresentato da Isacco. Mentre camminiamo nella gloria, nella libertà, nella potenza miracolosa di questo Nuovo Patto, ci dovremmo aspettare di essere maltrattati da coloro che non lo fanno.
ii. Pur non essendoci alcun accenno specifico alla persecuzione di Isacco per mano di Ismaele, in Genesi 21:9 leggiamo che Ismaele derideva Isacco. Paolo fa riferimento probabilmente a questo episodio, ad una tradizione giudaica oppure ad un altro episodio di cui non abbiamo testimonianza, ma che Paolo menziona su ispirazione dello Spirito Santo.
iii. Le persecuzioni che i cristiani affrontano “non arrivano sempre dal mondo ma anche, e persino più spesso, dai loro fratellastri, gente religiosa ma incredula nella chiesa visibile. La storia la fa ancora da maestra … Oggi i più grandi nemici della chiesa credente si trovano tra i membri della chiesa incredula, e nella massiccia opposizione che procede dai pulpiti e dalle gerarchie ecclesiastiche.” (Boice)
c. Ma che dice la Scrittura? «Caccia via la schiava e suo figlio»: La soluzione a questo problema è chiara, anche se non è facile. Dobbiamo cacciare la schiava e suo figlio. La legge e la grazia non possono coesistere come principi per la nostra vita cristiana.
i. Agar e Sara non potevano convivere nella stessa casa (Genesi 21:8-14). Potremmo discutere tutto il giorno per capire di chi fosse la colpa, ma non è questo il punto. Il punto è che Dio disse ad Abrahamo di cacciare Agar. Allo stesso modo, anche ogni cristiano deve cacciare l’idea di relazionarsi a Dio sul principio della legge, sul principio di ciò che noi facciamo per Lui invece di ciò che Lui ha fatto per noi in Gesù Cristo.
ii. È significativo notare che Sarah poté convivere con Agar e Ismaele fino alla nascita del figlio della promessa. Una volta nato Isacco, Agar e Ismaele dovettero allontanarsi. Similmente, ognuno ha un determinato rapporto con la legge prima di ricevere la rivelazione della promessa del vangelo in Gesù Cristo. Una volta ricevuta però, non c’è altro da fare che cacciare via la schiava e suo figlio.
d. Perché il figlio della schiava non sarà erede col figlio della libera: Ismaele non era necessariamente un uomo cattivo o maledetto, ma non ricevette nemmeno la benedizione della promessa di ereditare il glorioso patto che Dio fece con Abrahamo e la sua progenie. Quell’eredità spettava ad un solo erede: Isacco, il figlio della libera.
i. Il sesto contrasto che Paolo individua tra cristianesimo e legalismo è lo stesso contrasto che esiste tra ereditare tutto e non ereditare nulla. Sebbene gli “Isacchi” di questo mondo possano essere perseguitati, hanno anche un’eredità gloriosa che gli “Ismaeli” di questo mondo non conosceranno mai. Siamo eredi di Dio per il principio della grazia, non delle opere.
e. Così dunque, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera: Per Paolo, uno dei maggiori problemi in tutto questo era la libertà. Conosceva bene il legame che deriva dal tentativo di guadagnarsi l’approvazione di Dio, avendo vissuto in quel modo per decenni. Ma conosceva anche la libertà di vivere come un figlio di Dio, libero in Gesù Cristo.
i. “Barclay sottolinea che chiunque metta al centro la legge è ‘in una condizione di schiavitù; per tutta la vita cercherà di soddisfare il proprio padrone, la legge’. Ma, quando al centro c’è la grazia, quella persona ‘ha fatto dell’amore il suo principio dominante […] Sarà la potenza dell’amore e non il vincolo della legge a conservarci giusti; e l’amore è sempre più forte della legge.’” (Morris)
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