Galati 3




Galati 3 – Il cristiano, la legge e la vita per fede

A. Il principio di perseverare nella fede.

1. (1) Paolo affronta la loro visione offuscata di Gesù e della Sua opera di redenzione per loro.

O Galati insensati! Chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato ritratto crocifisso fra voi?

a. O Galati insensati! Parole schiette ma ben meritate. Nella sua traduzione della Bibbia, Phillips addirittura tradusse questo verso “O cari idioti della Galazia.” Nel chiamare i Galati insensati, Paolo non intendeva dire che fossero moralmente o mentalmente inferiori (la parola in greco antico moros aveva quel significato e fu usata da Gesù in alcune parabole, come in Matteo 7:26 e 25:1-13). Qua invece, Paolo usò la parola anoetos, che sta a indicare una persona che è capace di pensare, ma sbaglia ad utilizzare la propria capacità di percezione.

i. Paolo si riferiva a dei principi che i Galati conoscevano bene, concetti che gli erano stati insegnate. Avevano l’intelletto e gli strumenti per capirli, ma non li stavano usando.

b. Chi vi ha ammaliati: Ammaliati dà l’idea che i Galati fossero sotto qualche sorta d’incantesimo. Paolo non lo intendeva in senso letterale, ma il loro modo di pensare era così annebbiato – e così non biblico – che sembrava che i Galati fossero vittime di qualche incantesimo.

i. Barclay tradusse chi vi ha ammaliati come “chi vi ha fatto il malocchio”. Gli antichi greci erano abituati all’idea che qualcuno potesse fargli il malocchio, e ne avevano paura.

ii. Si pensava che il malocchio avesse effetto sulle sue vittime nello stesso modo in cui un serpente ipnotizza la preda con i propri occhi. Dopo aver guardato l’occhio cattivo (malocchio), uno sarebbe potuto diventare vittima di un sortilegio. Pertanto, il modo per evitare il malocchio era semplicemente non guardarlo. Usando questa vivida espressione, Paolo incoraggiò i Galati a tenere gli occhi sempre fissi su Gesù.

iii. Avere un cuore morbido e tenero verso Dio è meraviglioso. Alcuni però hanno la testa più accomodante del cuore. La loro mente accetta troppo facilmente idee sbagliate e non bibliche, e non riflettono a fondo per vedere se queste idee siano vere o biblicamente infondate. È un segno di immaturità spirituale, proprio come un bimbo che mette qualunque cosa in bocca.

c. Voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato ritratto crocifisso fra voi: Quando Paolo dice “è stato ritratto”, sta puntando sulla chiarezza del messaggio: chiaro come è chiaro un cartellone pubblicitario, in mostra davanti a tutti. Paolo si chiedeva come fosse possibile che i Galati avessero potuto non vedere il messaggio, visto che glielo aveva reso inequivocabilmente chiaro.

i. Abbandonando il messaggio di Gesù e della Sua crocifissione, i Galati abbandonarono il messaggio predicato da Paolo. Con la sua predicazione, era come se Paolo avesse affisso poster di Gesù in ogni angolo del paese: bastava guardarsi in giro per vedere Gesù.

ii. Quando Gesù è chiaramente rappresentato davanti a noi, nulla ci può ingannare. “Se gli viene presentato un messaggio contrario a quello [di Gesù], non dice timidamente: ‘Tutti hanno diritto alla propria opinione’; ma dice: ‘Sì, tutti possono avere diritto alla propria opinione, e anch’io alla mia; e la mia opinione è che ogni altra opinione che toglie gloria al sacrificio sostitutivo di Cristo è un’opinione abominevole’. Ricevi interamente la vera redenzione di Cristo nella tua anima, e non sarai ammaliato.” (Spurgeon)

d. Davanti ai cui occhi: Paolo non stava dicendo che i Galati avessero letteralmente visto la crocifissione di Gesù o che ne avessero avuto una visione spirituale. Intendeva dire che la verità di Gesù, della Sua crocifissione e la grandezza della Sua opera redentrice per loro erano state illustrate loro in modo tanto chiaro da renderli quasi in grado di vederle. Guardare in prima persona la morte di Gesù sulla croce non era il punto chiave: centinaia di persone, se non migliaia, avevano visto Gesù morire sulla croce, eppure la maggior parte di loro Lo derise e basta.

2. (2-3) Paolo affronta l’allontanamento dei Galati dalla fede.

Questo solo desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito mediante le opere della legge o attraverso la predicazione della fede? Siete così insensati che, avendo cominciato nello Spirito, vorreste finire nella carne?

a. Questo solo desidero sapere da voi: “Ditemi semplicemente questo”, disse Paolo. Avete ricevuto lo Spirito mediante le opere della legge o attraverso la predicazione della fede? Ovviamente, i Galati avevano ricevuto lo Spirito Santo puramente attraverso la fede. Lo Spirito Santo non è un premio che si guadagna mediante le opere della legge.

i. Immagina la situazione: qualcuno dice a un Gentile che deve osservare la Legge di Mosè per poter ricevere la benedizione di Dio. Ciò implica che deve farsi circoncidere come prescritto dalla Legge di Mosè. Quindi il Gentile si fa operare e, non appena la circoncisione è completata, lo Spirito Santo viene riversato su di lui. Ovviamente, non è così che funziona. Riceviamo lo Spirito Santo per fede e non perché obbediamo alla legge.

b. Avendo cominciato nello Spirito, vorreste finire nella carne? I Galati furono ingannati nel pensare che la crescita e la maturità spirituale potessero essere raggiunte attraverso le opere della carne, quando invece vengono raggiunte tramite una fede semplice e costante, e dimorando in Cristo.

i. Paolo praticamente stava dicendo: “Avete ricevuto il dono più grande – lo Spirito Santo di Dio – per fede. Adesso però volete proseguire non per fede, ma facendo affidamento sulla vostra capacità di obbedire alla Legge di Mosè?”

ii. Qua Paolo espone una delle differenze fondamentali tra il principio della legge e il principio della grazia. Sotto la legge, dobbiamo guadagnare e meritare la benedizione di Dio e la nostra crescita spirituale. Sotto la grazia, ci basta credere e ricevere per essere benedetti e crescere spiritualmente. Dio interagisce con noi sotto l’alleanza della grazia; non dovremmo reagire secondo il principio della legge.

c. Siete così insensati […]? Si trattava di vera e propria insensatezza. Quest’inganno è stato architettato da Satana per farci deragliare dalla nostra vita cristiana. Visto che non può impedirci di essere salvati per fede, allora tenterà di ostacolare le benedizioni, la crescita e la maturità che riceviamo mediante la fede.

3. (4) Una domanda sul loro passato: non è valso a nulla?

Avete sofferto tante cose invano, se pur è stato veramente invano?

a. Avete sofferto tante cose invano: A quanto pare, i Galati (forse mentre Paolo era con loro) avevano sofferto, perché credevano nel principio della fede (probabilmente per le mani di cristiani legalisti). Il fatto che si stavano allontanando da questo principio voleva allora dire che avevano sofferto invano?

i. Sappiamo che Paolo fu vittima di persecuzioni in questa regione. Atti 14 racconta che Paolo e i suoi compagni furono perseguitati vigorosamente (Paolo fu lapidato e dato per morto) dai giudei mentre si trovavano in Galazia. Sicuramente, alcune di queste persecuzioni si estesero anche alle congregazioni cristiane della regione, nelle quali Paolo aveva predicato.

b. Avete sofferto tante cose invano: Una traduzione alternativa di questa frase potrebbe essere “A che cosa sono valse tutte le meravigliose esperienze spirituali che avete avuto?” Spiegato in questo modo, forse si capisce meglio che cosa Paolo stava chiedendo loro: cioè, se tutti i doni che avevano ricevuto dallo Spirito non avessero alcun valore duraturo, visto che adesso i Galati stavano cercando di vivere secondo la legge e non per fede.

4. (5) Paolo chiede loro di esaminare da dove deriva l’opera dello Spirito.

Colui dunque che vi dispensa lo Spirito e opera tra voi potenti operazioni, lo fa mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede?

a. Colui dunque che vi dispensa lo Spirito: Chi ha donato lo Spirito Santo? Ovviamente, lo Spirito è un dono di Dio.

b. Lo fa mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede? Dio dona lo Spirito Santo in risposta alla fede. I miracoli sono il risultato della fede. Eppure, i Galati con l’inganno furono indotti a pensare che le vere ricchezze spirituali consistessero nel perseguire Dio attraverso una relazione basata sulle opere della legge.

c. Mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede? Paolo ripete la stessa frase che si trova in Galati 3:2, perché vuole sottolineare che la scelta è una sola. Quale? Credi di essere benedetto mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede? Vorrai guadagnare e meritare la tua benedizione da Dio, o ti basterà credere e riceverla?

i. Questa frase parla a coloro che percepiscono un’assenza di benedizione. Perché? Non perché non sono sufficientemente devoti e nemmeno perché non l’hanno meritata abbastanza, ma perché non stanno riponendo la propria fede, né una speranza gioiosa e fiduciosa in Gesù Cristo, il Figlio di Dio.

ii. Questa frase parla anche a coloro che vivono la pienezza della benedizione di Dio. In che modo? Essere orgogliosi per loro sarebbe come essere ciechi. Non hanno guadagnato le benedizioni che stanno godendo, quindi non dovrebbero insuperbirsi. A maggior ragione dovrebbero guardare a Gesù e riporre tutte le proprie aspettative in Lui.

B. Abrahamo: un esempio di coloro che sono giustificati e camminano per fede.

1. (6) Abrahamo fu reso giusto agli occhi di Dio per fede.

Così Abrahamo «credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia»

a. Così Abrahamo: La pressione, a cui erano sottoposti i cristiani della Galazia, verso una relazione con Dio basata sulle opere proveniva da alcuni credenti nati giudei, che rivendicavano in Abrahamo il loro antenato spirituale. Pertanto, Paolo usò Abrahamo come esempio di una persona resa giusta dinanzi a Dio per fede e non per la fede più le opere.

i. “Era molto importante per l’apostolo Paolo il principio che Dio salva le persone per grazia e non sulla base dei loro meriti umani, e trovò che Abrahamo fosse un esempio lampante di questa verità.” (Morris)

b. Così Abrahamo «credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia»: Paolo qui cita Genesi 15:6, dove ci viene mostrato semplicemente che la giustizia fu attribuita ad Abrahamo perché credette a Dio. Non perché avesse fatto qualche cosa di particolare e certamente non perché fosse stato circonciso, dato che il patto della circoncisione non era stato ancora ratificato.

i. Genesi 15:1-6 illustra che, quando Abrahamo ripose la propria fiducia in Dio e in particolare nella promessa che Egli gli avrebbe dato dei figli, dai quali alla fine sarebbe nato il Messia, Dio prese la fede di Abrahamo e gliela attribuì come giustizia. “Abrahamo non fu giustificato solo perché aveva creduto che Dio avrebbe moltiplicato la sua stirpe, ma perché aveva accolto la grazia di Dio, confidando nella promessa di un Mediatore.” (Calvino)

ii. Ci sono essenzialmente due tipi di giustizia: la giustizia che conseguiamo con i nostri stessi sforzi e la giustizia che ci è imputata per opera di Dio, quando riponiamo in Lui la nostra fede. Dal momento che nessuno di noi sarà mai così bravo da conseguire una giustizia perfetta, dobbiamo farci imputare la giustizia di Dio nel stesso modo in cui fu imputata ad Abrahamo: Abrahamo credette a Dio.

c. Abrahamo «credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia»: Questa citazione da Genesi 15:6 è una delle espressioni più chiare nella Bibbia riguardo alla verità della salvezza per grazia, mediante la sola fede. È il vangelo nell’Antico Testamento, citato quattro volte nel Nuovo Testamento (Romani 4:3, Romani 4:9-10, Romani 4:22 e qui, in Galati 3:6).

i. Romani 4:9-10 punta molto sul fatto che questa giustizia fu attribuita ad Abrahamo prima di essere circonciso (Genesi 17). Nessuno può dire che Abrahamo fu reso giusto per via della sua obbedienza o del rispetto della legge o di rituali religiosi. La fede e la fede soltanto portarono Dio ad accettare Abrahamo come giusto.

ii. Facciamo però attenzione: non fu la fede di Abrahamo a renderlo giusto, ma fu il Dio di Abrahamo che lo giustificò, conferendogli giustizia per la sua fede. “La sua fede di per sé non era la sua giustizia, ma Dio ricompensò così l’esercizio della sua fede, imputando sulla base di essa la giustizia di Colui nel quale credeva Abrahamo”. (Poole)

d. Gli fu messo in conto di giustizia: L’esperienza di Abrahamo mostra che Dio ci considera giusti per via di quanto Gesù ha fatto per noi, quando riceviamo ciò che ha fatto per noi mediante la fede.

i. Gli fu messo in conto: Questa forma verbale “significa ‘stimare, calcolare’, e può essere usata nel senso di accreditare qualcosa a qualcuno; in questo caso accreditare giustizia ‘sul conto’ di Abrahamo.” (Morris)

ii. Se Dio considerava Abrahamo giusto, allora è così che Abrahamo doveva considerare sé stesso. Quella era la sua condizione davanti a Dio, e quanto Dio pensa di noi non è una messa in scena. Dio non ci attribuisce una giustizia finta, ma una giustizia vera in Gesù Cristo.

e. Credette a Dio: Non è che Abrahamo credesse in Dio (come di solito intendiamo noi il credere in Dio). Bensì, Abrahamo credette a Dio. Coloro che si limitano a credere in Dio, cioè nella Sua esistenza, credono la stessa cosa che credono anche i demoni (Giacomo 2:19).

i. Credette, naturalmente, significa più che accettare come vero ciò che Dio gli disse (anche se ovviamente lo fece); significa che Abrahamo si fidò di Dio.” (Morris)

ii. In linea di massima, i rabbini antichi non ammiravano particolarmente la fede di Abrahamo. Credevano che fosse stato amato così tanto da Dio, perché si pensava che avesse rispettato la legge per centinaia di anni, prima ancora che questa venisse stabilita. Per questo e altri motivi, quando Paolo tirò in ballo Abrahamo, probabilmente si trattò di una vera e propria sorpresa per i suoi avversari, che credevano che Abrahamo dimostrasse il loro punto di vista. “L’enfasi di Paolo sulla fede di Abrahamo deve essere stata una vera e propria sorpresa per i Galati.” (Morris)

iii. Tuttavia, alcuni rabbini avevano visto l’importanza della fede di Abrahamo. “È straordinario che gli stessi giudei sostenevano che Abrahamo fu salvato per fede. Mehilta, inYalcut Simeoni [una raccolta di testi rabbinici], pag. 1, c. 69, afferma: “È evidente che Abrahamo non avrebbe potuto ottenere un’eredità né in questo mondo né nel mondo a venire, se non per fede.” (Clarke)

iv. “La fede in Dio costituisce la più alta adorazione, il principale dovere, la prima obbedienza e il più importante sacrificio. Senza fede, rinunciamo alla gloria di Dio, saggezza, verità e misericordia in noi. Il primo dovere dell’uomo è credere in Dio e onorarlo con la sua fede. La fede è davvero l’apice della saggezza, il vero tipo di giustizia, l’unica vera religione … La fede dice a Dio: ‘Credo a quello che dici.’” (Lutero)

2. (7) I veri figli di Abrahamo.

Sappiate pure che coloro che sono dalla fede sono figli di Abrahamo.

a. Sappiate pure: L’enfasi è chiara. Paolo sta marcando un punto importante, e vuole che tutti i suoi lettori lo capiscano.

i. Sappiate è un imperativo; Paolo ordina ai Galati di acquisire questa conoscenza.” (Morris)

b. Che coloro che sono dalla fede sono figli di Abrahamo: Poiché Abrahamo fu reso giusto davanti a Dio per la propria fede e non per le opere, egli fu quindi il padre di tutti coloro che credono a Dio e a cui la fede è imputata come giustizia.

i. “È sempre possibile tradurre huioi Abraam non tanto come bambini (o ‘figli’) di Abrahamo quanto invece ‘veri Abrahami.’” (Cole)

c. Sono figli di Abrahamo: Questo era un forte rimprovero ai credenti giudei che cercavano di sottomettere i cristiani Gentili alla Legge di Mosè. Credevano di essere superiori, in quanto progenie di Abrahamo e osservanti della legge. Ma qua Paolo dice che il legame più importante con Abrahamo non è il legame genetico né quello delle opere, ma è il legame della fede.

i. Paolo chiedeva a questi suoi particolari avversari un incredibile cambio nel modo di pensare. Essi credevano profondamente di avere una legittimazione davanti a Dio, perché discendevano geneticamente da Abrahamo. A quel tempo, alcuni rabbini ebrei insegnavano che Abrahamo stava alle porte dell’inferno solo per assicurarsi che nessuno dei suoi discendenti vi scivolasse dentro accidentalmente. Giovanni Battista affrontò questa stessa convinzione quando disse: E non pensate di dir fra voi stessi: “Noi abbiamo Abrahamo per padre”; perché io vi dico che Dio può far sorgere dei figli di Abrahamo anche da queste pietre. (Matteo 3:9). Paolo demolì la loro fiducia cieca nella relazione genetica che avevano con Abrahamo e dimostrò che ciò che contava davvero era la fede in Gesù.

ii. Succede la stessa cosa oggi quando certe persone credono di essere accettate da Dio, perché provengono da una famiglia cristiana. Dio è un Padre, non un nonno; ciascuno deve riporre la propria fede in Dio.

d. Sono figli di Abrahamo: Questo fu senz’altro di grande conforto per i cristiani Gentili che erano considerati da alcuni “cristiani di serie B”. Ora sapevano di avere un legame vero e importante con Abrahamo e potevano considerarsi figli di Abrahamo.

i. Purtroppo, nei secoli, i cristiani hanno applicato erroneamente questa gloriosa verità. Questo è un versetto che molti citano in supporto della cosiddetta Teologia della Sostituzione, ossia l’idea che Dio abbia terminato la sua opera con il popolo di Israele come nazione o come gruppo etnico specifico, e che la Chiesa abbia ereditato spiritualmente tutte le promesse fatte ad Israele.

ii. La Teologia della Sostituzione ha fatto enormi danni nella Chiesa, alimentando teologicamente le orribili persecuzioni antisemitiche. Se Galati 3:7 fosse l’unico versetto della Bibbia a parlare della questione, ci sarebbe qualcosa sul quale attaccarsi per dire che la Chiesa abbia completamente sostituito Israele. Ma la Bibbia è da comprendersi nella sua interezza, dove un passaggio spesso dà luce ad altri.

iii. Per esempio, Romani 11:25 (ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili) afferma chiaramente che Dio non ha chiuso con Israele come nazione o gruppo etnico distinto. Anche se Dio ha spostato l’attenzione della Sua misericordia salvifica da Israele ai Gentili, la sposterà di nuovo sul Suo popolo. Questo semplice passaggio smentisce coloro che insistono sul fatto che Dio abbia per sempre chiuso con Israele, e che la Chiesa sia diventata il Nuovo Israele ed erediti ogni promessa mai fatta alla nazione e al popolo d’Israele nell’Antico Testamento.

iv. Ci viene ricordato il carattere duraturo delle promesse fatte a Israele come nazione e gruppo etnico (come Genesi 13:15 e Genesi 17:7-8). Dio non ha “chiuso” con Israele, e la chiesa non è vista come la continuazione spirituale di Israele. Mentre osserviamo e ci rallegriamo della continuità dell’opera di Dio nel Suo popolo e attraverso tutte le generazioni, vediamo ancora una distinzione tra Israele e la Chiesa, una distinzione che Paolo comprendeva bene.

v. Tutti coloro che hanno riposto la propria fede in Gesù Cristo sono figli di Abrahamo; tuttavia, Abrahamo ha figli spirituali e figli genetici, e Dio ha un piano e un posto per entrambi. Eppure, nessuno può negare che sia molto più importante essere un figlio spirituale di Abrahamo che non un figlio genetico.

3. (8-9) La benedizione della giustizia mediante la fede è per tutte le nazioni.

E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede, diede prima ad Abrahamo una buona notizia: «Tutte le nazioni saranno benedette in te». Perciò coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo.

a. E la Scrittura: Paolo fece riferimento direttamente alle Scritture. Aveva già parlato della propria esperienza personale e di quella dei cristiani della Galazia. Questo passaggio però è ancora più importante, perché mostra come l’insegnamento di Paolo sia corretto secondo la Bibbia stessa.

i. Gli oppositori di Paolo avrebbero potuto obiettare giustamente: “Le esperienze sono belle storie, Paolo, ma mostraci le Scritture”. Paolo era più che pronto ad accettare la sfida.

ii. La Scrittura, prevedendo […] diede […] una buona notizia: Sorprendentemente, Paolo si riferì alle Scritture come a una persona che prevede e dà una buona notizia. Questo dimostra quanto Paolo ritenesse fermamente la Bibbia quale Parola di Dio; sapeva che ogni parola delle Scritture era uscita dalla bocca di Dio.

iii. “Paolo personifica le Scritture”. (Morris) “Non poté esprimersi in maniera più sublime colui che chiamò la Scrittura: Cor et animam Dei, Il cuore e l’anima di Dio.” (Trapp)

b. Prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede: Paolo osservò che anche ai tempi di Abrahamo fosse già chiaro che la benedizione della giustizia mediante la fede era destinata a ogni nazione, ai Gentili così come ai giudei, perché Dio disse che in Abrahamo tutte le nazioni saranno benedette in te (Genesi 12:3).

i. L’intenzione di Paolo era di eliminare la convinzione che un Gentile dovesse diventare giudeo prima di poter diventare cristiano. Se questo fosse stato necessario, Dio non avrebbe mai detto che la Sua benedizione si sarebbe estesa a ogni nazione, perché i Gentili sarebbero dovuti diventare parte della nazione israelita per ricevere la salvezza.

ii. L’intenzione è che il vangelo vada fuori e venga distribuito alle nazioni, e non che le nazioni vengano assimilate in Israele.

c. Coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo: La benedizione che riceviamo col fedele Abrahamo non è la benedizione di grandi ricchezze ed enorme potere, sebbene Abrahamo fosse estremamente ricco e potente. La benedizione è molto più preziosa: la benedizione di essere resi giusti davanti a Dio attraverso la fede.

i. “La fede dei padri era diretta al Cristo che doveva venire, mentre la nostra è riposta nel Cristo che è venuto.” (Lutero)

ii. Coloro che si fondano sulla fede sono quelli la cui caratteristica è la fede; non sono quelli che occasionalmente hanno un impulso di credere, ma piuttosto quelli la cui costante attitudine è credere; la fede è ciò che li distingue.” (Morris)

C. La legge alla luce dell’Antico e del Nuovo Testamento.

1. (10) L’Antico Testamento ci dice che la Legge di Mosè porta con sé una maledizione.

Ora tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione, perché sta scritto: «Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle».

a. Ora tutti coloro che si fondano sulle opere della legge: Paolo qui si rivolge a coloro che pensavano che la loro osservanza scrupolosa della legge potesse renderli giusti dinanzi a Dio.

i. Paolo passa dal parlare del fedele Abrahamo (Galati 3:9) a coloro che si fondano sulle opere della legge per un motivo: “Se anche il grande patriarca fu accettato da Dio solo per la sua fede, allora ne consegue che i mortali di calibro inferiore ad Abrahamo non riusciranno a compiere le buone azioni in grado di renderli accettevoli a Dio.” (Morris)

ii. “Gli ipocriti che rispettano la legge sono coloro che cercano di ottenere la giustizia mediante un’esecuzione meccanica di buone opere, benché i loro cuori siano ben lontani da Dio. Si comportano come un carpentiere stolto che inizia a costruire la casa partendo dal tetto.” (Lutero)

b. Ora tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione: I cristiani di origini ebraiche che credevano che i Gentili dovessero vivere secondo la Legge di Mosè pensavano che ciò fosse il sentiero che li avrebbe condotti alla benedizione. Paolo qua dichiara con fermezza che invece di essere benedetti, vivere sottomessi alla legge li avrebbe messi sotto la maledizione.

i. Non è difficile capire perché questi cristiani credessero che obbedire alla legge li avrebbe benedetti. Ci sono molto passaggi nell’Antico Testamento che supportano questo modo di pensare. Salmo 119:1 dice: Beati quelli la cui via è senza macchia e che camminano nella legge dell’Eterno. Salmo 1:1-2 dice: Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte.

ii. Bisogna capire in che modo la legge possa benedirci. Per prima cosa, vediamo che la parola legge è usata con due significati nella Bibbia. A volte significa “La Legge di Mosè, con tutti i comandi che un uomo deve seguire per poter essere accettato da Dio”. Altre volte significa “Parola di Dio” in senso più generale. Molto spesso, quando l’Antico Testamento parla della legge, ne parla nel senso generale, come Parola di Dio. Quando il Salmo 119:97 dice: “Oh, quanto amo la tua legge! Essa è la mia meditazione per tutto il giorno,” il salmista intendeva qualcosa di più importante della semplice Legge di Mosè; alludeva a tutta la Parola di Dio. Alla luce di questo si capisce meglio perché la Bibbia sia piena di elogi per la legge. In secondo luogo, siamo benedetti quando osserviamo la legge, perché viviamo seguendo il “manuale di istruzioni” della vita. Vivere nel modo in cui Dio ci dice, ossia seguendo le “raccomandazioni del produttore” porta con sé una benedizione intrinseca.

iii. Quando Paolo disse che tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione, non intendeva dire che la legge fosse malvagia o che la Parola di Dio fosse sbagliata. Intendeva semplicemente dire che non era mai stato il desiderio di Dio quello di renderci giusti davanti a Lui tramite la legge. Sapeva che non saremmo mai riusciti a rispettare la legge, quindi istituì il sistema di sacrifici espiatori, oltre alla legge. E l’intero sistema sacrificale attese con ansia ciò che Gesù avrebbe compiuto per noi sulla croce.

c. Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle: Per dimostrare il punto della questione biblicamente, Paolo citò Deuteronomio 27:26. È proprio l’Antico Testamento a spiegare che, se non seguiamo tutte le cose scritte nel libro della legge e non le mettiamo in pratica, allora siamo maledetti.

i. Le parole importanti sono “tutte” e “praticarle”. Per ricevere l’approvazione di Dio sulla base della legge, devi per prima cosa praticarla. Non basta semplicemente conoscerla, né semplicemente amarla, né semplicemente insegnarla, né semplicemente volerla, devi praticarla. E poi, devi praticarla tutta, non solo in parte. Non solo quando hai più di 18 o più di 40 anni. Non solo a sufficienza per essere considerato più buono che cattivo. Deuteronomio 27:26 dice inequivocabilmente che per essere giustificati dalla legge, devi praticarle, e devi farlo per tutte le cose scritte nel libro della legge.

ii. Tutte è davvero tanto. Significa che, benché alcuni peccati siano peggiori di altri, non ci sono peccati piccoli davanti a un Dio così grande. “I custodi giudei della legge chiudevano un occhio sulle piccole trasgressioni. Paolo no.” (Morris)

iii. “Vale la pena osservare che nessuna copia stampata della Bibbia ebraica conserva la parola col (= tutti/e) in Deuteronomio 27:26, come citato qui invece dall’apostolo. San Girolamo dice che i giudei tolsero questa parola, cosicché non sembrasse che fossero tenuti a rispettare tutte le cose scritte nel libro della legge. Non c’è motivo di dubitare la veridicità di questa teoria: tale parola è presente in sei manoscritti di Kennicott e De Rossi, nel testo Samaritano, in diverse copie del Targum, nella Septuaginta, e nella citazione fatta qui dall’apostolo, senza variazione né nei manoscritti né nelle traduzioni.” (Clarke)

d. Maledetto chiunque: Il commento di Paolo è pesante; è così pesante perché porta con sé una maledizione. Chi è sottomesso alla legge ha un solo modo per essere accettato e benedetto agli occhi di Dio: deve perseverare in tutte le cose scritte nel libro della legge e praticarle tutte. Se non lo fa, è maledetto.

i. Maledetto”è una parola che suona un po’ strana alle nostre orecchie. Eppure, nella Bibbia, l’idea di essere maledetto esiste ed è spaventosa, perché significa essere maledetto da Dio. Non solo maledetto dalle nostre scelte sbagliate, non solo maledetto da questo mondo malvagio, non solo maledetto dal Diavolo, ma soprattutto maledetto da Dio. È la sola Persona dalla quale nessuno vorrebbe mai essere maledetto.

2. (11) L’Antico Testamento afferma che la nostra giustizia agli occhi di Dio proviene dalla fede, non dalla legge.

Poiché è manifesto che nessuno è giustificato mediante la legge davanti a Dio, perché: «Il giusto vivrà per la fede».

a. Poiché è manifesto che nessuno è giustificato mediante la legge davanti a Dio: Paolo ha già mostrato in Galati 3:5-9 come le Sacre Scritture (nello specifico nella vita di Abrahamo), asseriscono che nessuno è giustificato tramite la legge. Qua introduce un altro passo dell’Antico Testamento, Abacuc 2:4, che ci ricorda che i giusti vivono per fede e non per la legge.

i. Gli stessi ebrei intuivano che la salvezza non poteva essere ricevuta attraverso il rispetto della legge, poiché nessuno sarebbe stato in grado di osservarla perfettamente. Per questo motivo, mettevano in risalto la loro discendenza da Abrahamo, sperando che i suoi meriti li avrebbero salvati, perché capivano che i loro non erano sufficienti.

b. «Il giusto vivrà per la fede»: Questa breve dichiarazione del profeta Abacuc è una delle citazioni dell’Antico Testamento più importanti e frequenti nel Nuovo Testamento. Paolo qua la usò per mostrare che i giusti vivono per la fede, non per la legge. Essere sotto la legge non è il modo per essere resi giusti davanti a Dio; solo vivere per fede lo è.

i. Se vieni trovato giusto– accettato – da Dio, è grazie a una vita di fede. Se la tua vita si basa solo sul vivere rispettando la legge, allora Dio non ti ha accettato.

c. «Il giusto vivrà per la fede»: Ogni parola in Abacuc 2:4 è importante e Dio la cita tre volte nel Nuovo Testamento proprio per dare risalto alla pienezza del suo significato.

i. In Romani 1:17, quando Paolo cita questo stesso passaggio da Abacuc 2:4, l’enfasi è sulla fede: “Il giusto vivrà per fede”.

ii. In Ebrei 10:38, quando lo scrittore agli Ebrei cita questo stesso passaggio da Abacuc 2:4, l’enfasi è sul verbo vivere: “Il giusto vivrà per fede”.

iii. Qui in Galati 3:11, quando Paolo cita questo passaggio di Abacuc 2:4, l’enfasi è rivolta su il giusto: “Il giusto vivrà per fede”.

3. (12) L’Antico Testamento ci dice che l’approvazione di Dio attraverso la legge viene guadagnata obbedendo effettivamente alla legge, non solo provandoci.

Ora la legge non proviene dalla fede, ma «l’uomo che farà queste cose vivrà per mezzo di esse».

a. Ora la legge non proviene dalla fede: Qualcuno potrebbe dire a Paolo: “Guarda, io faccio del mio meglio per obbedire alla legge e poi lascio che la fede faccia il resto. Dio noterà la mia prestazione, il mio impegno e le mie buone intenzioni e me le metterà in conto di giustizia. La cosa importante è che io ci provi con tutto me stesso”. Ma Paolo, citando lo stesso Antico Testamento, dimostrò che tutto ciò è semplicemente insufficiente. No: legge e fede non sono due vie di salvezza che si compensano l’una con l’altra, perché la legge non proviene dalla fede.

b. L’uomo che farà queste cose vivrà per mezzo di esse: La citazione di Levitico 18:5 è chiara. Se vuoi vivere secondo la legge, devi fare queste cose. Non provare a farle, non avere intenzione di farle, e nemmeno aver voglia di farle. No, è solo l’uomo che farà queste cose che vivrà per mezzo di esse.

i. È molto facile trovare conforto nelle nostre buone intenzioni. Tutti abbiamo buone intenzioni; ma se vogliamo essere accettati da Dio mediante le opere della legge, le buone intenzioni non saranno mai abbastanza. Impegno e sforzi non sono abbastanza. Solo i risultati effettivi andranno bene.

ii. Il passo tratto da Levitico 18:5 è un altro principio dell’Antico Testamento citato di frequente nella Bibbia. Fu citato da Neemia nella sua lunga preghiera a Dio per il popolo d’Israele (Neemia 9:29). Il Signore stesso lo citò per mezzo del profeta Ezechiele (Ezechiele 20:11,13,21). Anche Paolo lo cita di nuovo in Romani 10:5.

iii. L’uso da parte di Paolo della Scrittura in Galati 3:10-12 ha un effetto travolgente. Ci fa capire che in realtà noi non mettiamo in pratica la legge. Ci fa capire che in realtà non mettiamo in pratica tutta la legge. E ci fa capire che questa situazione ci rende schiavi di una maledizione. Galati 3:10-12 è la brutta notizia; ora Paolo inizia a darci la buona notizia.

4. (13-14) Gesù ci riscatta dalla maledizione della legge.

Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»), affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede.

a. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge: Dal momento che in realtà non l’abbiamo messa in pratica e non l’abbiamo messa in pratica tutta, la legge ci ha incatenati a una maledizione. Ma ora Gesù ci ha riscattati dalla maledizione della legge. Il verbo “riscattare”qui sta a indicare “ricomprare” o “pagare la cauzione/caparra”. Non vuol dire semplicemente “salvare”; vuol dire “pagare un prezzo per salvare”. Gesù ha pagato il nostro riscatto dalla maledizione della legge.

i. In altre parole, in Gesù non siamo più maledetti. Galati 3:10-12 ci ha come lasciati sotto una maledizione; ora però non lo siamo più, perché Gesù ha pagato il riscatto per liberarci dalla maledizione della legge.

ii. Il concetto di riscatto è importante. “Il riscatto indica il prezzo pagato per liberare i peccatori.” (Morris) Il riscatto era una pratica comune nelle tattiche di guerra del tempo. Dopo una battaglia, i vincitori spesso catturavano alcuni dei vinti. Tra i vinti, i più poveri venivano venduti come schiavi, mentre i ricchi e quelli che contavano nella loro comunità, venivano tenuti in ostaggio. Quando i loro connazionali avevano racimolato il riscatto richiesto, lo pagavano ai vincitori e i prigionieri venivano liberati. Il processo si chiamava “redenzione” e il prezzo si chiamava “riscatto”.

iii. Questo concetto veniva usato anche in altri contesti. Quando uno schiavo otteneva la libertà (perché gli era stata acquistata da un parente o perché se l’era guadagnata con la costanza di un lavoro diligente e con risparmi), il processo veniva chiamato “redenzione”. A volte l’operazione si svolgeva presso il tempio, e veniva incisa un’inscrizione su un muro, in modo che tutti potessero leggere in qualunque momento che quell’ex schiavo ora era un uomo libero e redento. Oppure, un uomo condannato a morte poteva essere liberato a fronte del pagamento di un determinato prezzo; anche questo era considerato un atto di “redenzione”.
La cosa più importante è che Gesù ha pagato il riscatto necessario per liberarci dalla nostra sconfitta, dalla schiavitù e dalla condanna a morte per regnare assieme a Lui per sempre come re e sacerdoti.

b. Essendo diventato maledizione per noi: Questo verso spiega come Gesù abbia pagato il prezzo per salvarci. Gesù è diventato maledizione per noi; ha preso il nostro posto e la maledizione che noi meritavamo.

i. Fermiamoci un attimo a meditare sul fatto che il prezzo che Gesù ha pagato per riscattarci dalla maledizione della legge è stato Sé stesso. Non Gli è costato qualcosa di piccolo o qualcosa di grande: gli è costato tutto Sé stesso. Sappiamo che, mentre Gesù era appeso alla croce, gli uomini lo maledicevano; eppure, ciò non si avvicina minimamente alla maledizione ricevuta da Dio Padre. Gesù si è fatto bersaglio di tale maledizione, liberando dalla condanna tutti quelli che credono.

ii. “Paolo non dice che Cristo fu maledetto a causa di sé stesso. L’enfasi è su due parole specifiche: “per noi”. Cristo di per sé era completamente innocente. A livello personale, non meritava di essere crocifisso per alcun crimine, non avendone commessi. Ma, poiché prese il posto di altri che erano peccatori, fu giustiziato come ogni altro trasgressore.” (Lutero)

iii. “Tutti i peccati che io, voi, noi tutti abbiamo commesso o commetteremo sono diventati i peccati di Cristo, come se li avesse commessi Lui stesso. Se i nostri peccati non diventano i peccati di Cristo, ci aspetta morte certa.” (Lutero)

c. Poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno». Quando pagò questo prezzo Gesù? Il principio di Deuteronomio 21:23 indica che Gesù prese questa maledizione su di Sé mentre era appeso sulla croce, in adempimento della promessa di maledizione espressa in Deuteronomio 21:23, che si riferisce a tutti coloro che sono stati giustiziati e il cui corpo viene esposto pubblicamente all’infamia.

i. “Questo passaggio non ha nulla a che fare con la crocifissione, non essendo stata praticata dai giudei, ma col cadavere di un criminale che veniva appeso ad un albero o ad un palo di legno dopo essere stato giustiziato. Inoltre, ai tempi del Nuovo Testamento la croce era spesso chiamata “albero” o “legno”, e non c’è dubbio che qui Paolo avesse proprio questo in mente.” (Morris)

ii. È appeso al legno: Nella mentalità dell’antico Israele c’era qualcosa di peggio dell’essere condannato a morte. Era essere condannato a morte e avere il proprio cadavere lasciato all’aperto, esposto alla vergogna, all’umiliazione, preda di animali e uccelli. “È appeso al legno” non si riferisce a qualcuno giustiziato per impiccagione, ma a qualcuno, il cui cadavere è stato issato e appeso a un albero o a un altro posto prominente, per essere esposto alle intemperie e alla massima vergogna.

iii. Tuttavia, se qualcuno veniva giustiziato e ritenuto degno di tale disonore, l’umiliazione sua e della sua famiglia non doveva essere eccessiva. Deuteronomio 21:23 dice anche che “il suo cadavere non rimarrà tutta la notte sull’albero”. Questo era un modo per mitigare con misericordia anche il giudizio più severo. È significativo che Gesù abbia adempiuto anche questo passaggio, essendo stato deposto dalla croce prima che fosse notte fonda (Giovanni 19:31-33).

d. Affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse: Gesù ricevette questa maledizione, che noi meritavamo ma Lui no, così che noi potessimo ricevere la benedizione di Abrahamo, che Lui meritava e che noi non meritavamo. Sarebbe stato abbastanza, se Gesù avesse tolto semplicemente la maledizione che meritavamo; ha fatto molto di più: ci ha anche dato la benedizione che non meritavamo.

i. La benedizione di Abrahamo è quanto Paolo ha già descritto in Galati 3:8-9: la benedizione di essere giustificati davanti a Dio per la fede anziché per le opere.

e. Gentili in Cristo Gesù: ecco per chi è la benedizione di Abrahamo. Paolo non intendeva dire che fosse disponibile solo per i Gentili, come se gli ebrei ne fossero esclusi, ma che può essere ricevuta anche dai gentili in Cristo Gesù.

i. L’espressione in Cristo Gesù è importante. La benedizione dell’essere giusti agli occhi di Dio non scende sui Gentili perché sono Gentili, come non scende sui giudei perché sono giudei. È disponibile per tutti coloro, giudei e Gentili, che ripongono la propria fede in Cristo Gesù e non cercano di essere giustificati per i propri sforzi.

f. Perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede: significa che questa benedizione è nostra mediante la fede in Gesù e non mediante la legge. La promessa è ricevuta, non guadagnata.

5. (15-18) La natura immutabile dell’alleanza di Dio con Abrahamo.

Fratelli, io parlo alla maniera degli uomini: se un patto è ratificato, benché sia patto d’uomo, nessuno l’annulla o vi aggiunge qualche cosa. Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo. Or io dico questo: la legge, venuta dopo quattrocento trent’anni, non annulla il patto ratificato prima da Dio in Cristo, in modo da annullare la promessa. Infatti, se l’eredità derivasse dalla legge, non verrebbe più dalla promessa. Or Dio la donò ad Abrahamo mediante la promessa.

a. Fratelli, io parlo alla maniera degli uomini: Paolo stabilisce anzitutto un principio importante, per il quale persino un patto tra uomini resta immutabile una volta stipulato – nessuno l’annulla o vi aggiunge qualche cosa. Più che di parlare di un accordo fra uomini, Paolo vuole dire: “Tanto più è immutabile un patto ratificato da Dio!”

i. Non dobbiamo farci sfuggire però la prima parola di Galati 3:15: Fratelli. Per quanto difficili e pericolosi fossero gli avversari di Paolo in Galazia, erano comunque suoi fratelli. E li affrontò e cercò di persuaderli come tali.

b. Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza: In Genesi 22:18, Dio promise ad Abrahamo: tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza. Paolo nota che il passaggio usa il singolare per “discendenza”, e non il plurale. Il punto è chiaro: «E alla tua discendenza», cioè Cristo. Dio allude a uno specifico discendente di Abrahamo, non a tutti i suoi discendenti in generale.

c. Se l’eredità derivasse dalla legge, non verrebbe più dalla promessa. Or Dio la donò ad Abrahamo mediante la promessa: Se l’eredità offerta ad Abrahamo fosse stata basata sulla legge, non avrebbe potuto essere immutabile, perché sarebba dipesa, almeno in parte, dall’osservanza della legge da parte di Abrahamo. Essendo stata offerta invece sulla base di una promessa, la promessa di Dio, l’eredità è certa.

d. Dio la donò ad Abrahamo mediante la promessa: Il verbo greco qui utilizzato per “donò” è kecharistai, proveniente dal termine charis (grazia). Il dono di Dio ad Abrahamo è stato il dono gratuito di grazia. Il tempo verbale in cui questo verbo è coniugato sta a indicare un dono permanente.

i. “I giudaizzanti possono aver citato Mosè; Paolo cita Abrahamo. Che citino pure la legge; Paolo cita la promessa. Se questi fanno appello a secoli di tradizione e alla gloriosa storia della Legge di Mosè, Paolo si rifà al superiore ‘patto con Abrahamo’, di molti secoli più vecchio.” (Cole)

D. Lo scopo della legge ci aiuta a capire la nostra libertà dalla legge.

1. (19-21) La legge è stata data a causa della trasgressione dell’uomo.

Perché dunque fu data la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché fosse venuta la discendenza a cui era stata fatta la promessa; essa fu promulgata dagli angeli per mano di un mediatore. Or il mediatore non è mediatore di una sola parte, ma Dio è uno. La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? Così non sia; perché se fosse stata data una legge capace di dare la vita, allora veramente la giustizia sarebbe venuta dalla legge.

a. Perché dunque fu data la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni: Uno dei motivi per cui ci è stata data la legge è quello di mettere un freno alla trasgressione degli uomini, dando una chiara rivelazione dello standard di santità di Dio, che ha dovuto mostrarci per evitare che ci autodistruggessimo prima dell’arrivo del Messia. Inoltre, la legge è stata aggiunta a causa delle trasgressioni in un altro modo: essa suscita quel senso innato di ribellione dell’uomo quando si trova di fronte ad uno standard, rendendo ancora più chiaro il bisogno di salvezza in Gesù (Romani 7:5-8).

b. Finché fosse venuta la discendenza a cui era stata fatta la promessa: Così come è vero che la legge aveva lo scopo di prepararci per l’opera del Messia, è anche vero che ci è stata data fino a quando la discendenza (Gesù) fosse venuta. Non è che all’arrivo di Gesù la Legge di Mosè sia stata revocata (Gesù disse: “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento” Matteo 5:17), anzi la Legge di Mosè non è più il modello attraverso cui ci avviciniamo a Dio.

c. Fu promulgata dagli angeli per mano di un mediatore: Secondo le antiche tradizioni – vere tradizioni, secondo Paolo – la legge fu consegnata a Mosè sul monte Sinai dalle mani degli angeli. Gli angeli funsero da “mediatore” per Mosè quando ricevette la legge da Dio.

d. Or il mediatore non è mediatore di una sola parte, ma Dio è uno: Mosè aveva bisogno di un mediatore tra sé stesso e Dio; noi, al contrario, non abbiamo bisogno di un mediatore tra noi e Gesù – Egli è il nostro mediatore. La legge era un accordo tra due parti, in cui c’era la necessità di mediatori per esserci consegnata. La salvezza in Gesù per fede non ha bisogno di mediatori: è semplicemente ricevuta per mezzo di una promessa.

i. James Montgomery Boice chiamò Galati 3:20 “probabilmente il versetto più difficile da interpretare della lettera ai Galati, se non addirittura dell’intero Nuovo Testamento”. Un altro commentatore ha affermato di aver letto più di 250 interpretazioni diverse di questo verso; un altro ancora alza la cifra persino a 300.

ii. “Il pensiero generale sembra essere che la promessa debba essere considerata superiore alla legge, perché la legge necessita di due parti e di un mediatore; l’uomo era una parte di questo accordo bilaterale. La promessa, al contrario, è unilaterale; l’uomo non deve fare niente.” (Boice)

e. La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? Così non sia: La legge non è qualcosa di malvagio, che si contrappone alla promessa di Dio. Il problema della legge è che non può dare forza a coloro che desiderano osservarla. Se la legge fosse capace di dare la vita, allora avrebbe potuto renderci giusti. Ma la Legge di Mosè non può dare la vita; la legge dà semplicemente una lista di comandi, ci dice di rispettarli e ci elenca quali sono le conseguenze della nostra disubbidienza.

i. “Le persone folli, ma sagge nella propria arroganza, saltano a questa conclusione: se la legge non ci rende giusti, allora non è buona a nulla. Perciò, per la stessa logica, visto che il denaro non può giustificare, affermeresti che esso non serve a nulla? Perché gli occhi non ci rendono giusti, vorresti che ti fossero cavati? Il fatto che la legge non giustifica non significa che la legge sia priva di valore.” (Lutero)

2. (22) L’immagine della nostra prigionia sotto il peccato.

Ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché fosse data ai credenti la promessa mediante la fede di Gesù Cristo.

a. Ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato: Paolo fornisce un’immagine dell’idea di prigionia. Le sbarre della cella rappresentano il peccato, che ci tiene rinchiusi. La Scritturaci ha messo in prigione, perché ha portato alla luce la nostra condizione di peccato. Quindi rimaniamo prigionieri del peccato, e la legge non può aiutarci, perché è la legge stessa ad averci messo in prigione.

i. “Il peccato viene rappresentato come un carceriere che tiene i peccatori sotto controllo, in modo che non possano liberarsi”. (Morris)

ii. Alcuni, protestando, dicono: “Non sono un prigioniero del peccato”. Beh, c’è un modo facile per dimostrarlo: smetti di peccare! Ma, se non riesci a smettere di peccare e ad avere una condotta impeccabile, allora anche tu, come tutti, sei prigioniero della legge di Dio.

iii. “Quando la legge ti spinge alla disperazione, lascia che ti spinga ancora un po’; lascia che ti spinga dritto nelle braccia di Gesù, che dice: ‘Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo.’” (Lutero)

b. Data ai credenti: Solo la fede può farci uscire dalla prigione del peccato. La Legge di Mosè sa mostrarci chiaramente qual è il nostro problema e qual è lo standard che Dio si aspetta da noi, ma non può darci la libertà che solo Gesù può dare. La libertà è data ai credenti.

i. Le sbarre del nostro peccato sono talmente robuste e resistenti che non siamo in grado di segarle per evadere. Non c’è alcuna speranza. Tuttavia, il direttore della prigione in persona offre di aprire la porta della tua cella e di lasciarti uscire: tutto quello che devi fare è riconoscere che sei prigioniero, che meriti di essere in quella cella e chiedergli di liberarti. Quando il pubblico ministero accusa il direttore di non aver agito con giustizia liberandoti, il direttore gli fa semplicemente notare che la condanna del prigioniero liberato è stata pagata in pieno da Lui stesso.

ii. “Lungi dall’essere la porta che conduce ad una gloriosa libertà, la legge si rivela essere un carceriere che rinchiude le persone. Il risultato è che l’unica via di fuga è attraverso la fede.” (Morris)

3. (23-25) La Legge di Mosè è il nostro precettore, un tutore che ci conduce a Gesù.

Ora, prima che venisse la fede noi eravamo custoditi sotto la legge, come rinchiusi, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede. Ma, venuta la fede, non siamo più sotto un precettore.

a. Prima che venisse la fede: Cioè, prima di essere salvati per fede. Prima di vivere la nostra vita per fede, eravamo custoditi sotto la legge. Qui, Paolo usa una parola e un’idea diversa rispetto a quanto scritto nel versetto precedente: la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato. L’idea che sta dietro l’essere rinchiuso è l’imprigionamento; l’idea che sta dietro l’essere custoditi è la custodia cautelare. Da un lato, siamo stati imprigionati dal nostro stesso peccato sotto la legge; dall’altro, ci ha protetti per mezzo della custodia cautelare.

i. Come ci protegge la legge? Ci protegge mostrandoci il cuore di Dio. Ci protegge mostrandoci il modo migliore di vivere. Ci protegge mostrando che cosa dovrebbe essere approvato e disapprovato dagli uomini. Ci protegge dandoci un punto di riferimento per la legge civile. In questi e altri modi, eravamo custoditi sotto la legge.

b. Come rinchiusi, in attesa della fede che doveva essere rivelata: La Legge di Mosè ci ha preparato ad aprire il nostro cuore a Gesù, rivelandoci il carattere di Dio e facendoci vedere il nostro peccato. Così la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede. Lo scopo della Legge di Mosè si realizza quando smettiamo di cercare di giustificarci da soli e giungiamo alla fede in Gesù.

i. L’intero scopo della legge è di portarci a Gesù. Quindi, se qualcuno non presenta la Legge in un modo che avvicina le persone alla fede in Cristo, significa che non lo sta facendo correttamente. Il modo in cui Gesù presentava la legge era di far capire a chi lo ascoltava che non avrebbero potuto rispettarla totalmente, ma che avrebbero dovuto guardare al di là dei propri sforzi per trovare una giustizia più grande di quella degli scribi e dei farisei (Matteo 5: 17-48).

ii. “Satana vorrebbe che ci dimostrassimo santi per mezzo della legge, quando Dio l’ha data per dimostrarci che siamo peccatori.” (Andrew Jukes, citato in Stott)

c. Ma, venuta la fede, non siamo più sotto un precettore: Una volta che siamo entrati in una relazione di fede, non dobbiamo più vivere sotto il nostro precettore, pur ricordandoci quello che ci ha insegnato. Per questa ragione, rispettiamo il nostro tutore (la legge), ma non viviamo sottomessi a lui. Viviamo sottomessi a Gesù per mezzo della fede.

i. Precettore non è una traduzione molto accurata dell’idea dell’antica parola greca paidagogos. Il paidagogos non si limitava a insegnare al bambino, ma ne era il guardiano, sorvegliando lui e il suo comportamento. Sarebbe più appropriato fare un paragone con una tata che con un insegnante. Ma, visto che il precettore poteva disciplinare il bambino, questi era anche il “decano (responsabile) della disciplina”.

ii. Morris traduce precettore con custode. “Il custode non era un insegnante, ma uno schiavo il cui compito particolare era quello di prendersi cura di un bambino. Egli esercitava una supervisione generale sulle attività del fanciullo, ed era sua responsabilità portarlo dall’insegnante che gli avrebbe dato l’istruzione che gli si addiceva.” (Morris)

iii. Una volta cresciuto, il bambino non dimenticava la disciplina e le lezioni imparate dal precettore, anche se non viveva più a lui sottomesso. Il nostro rapporto con la legge di Dio è simile: Impariamo da essa; ricordiamo le lezioni che ci ha insegnato, ma non viviamo più sotto la legge. “Il paragone con il precettore è impressionante. I precettori sono indispensabili. Ma indicami un alunno che ami il proprio precettore.” (Lutero)

4. (26-27) Per fede troviamo la nostra identità in Gesù Cristo.

Perché voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.

a. Perché voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù: Tale dichiarazione era rivoluzionaria, se paragonata a ciò che veniva insegnato tra i Galati. Nel pensiero tradizionale ebraico (portato nel cristianesimo dai giudei cristiani), la condizione di un credente davanti a Dio era misurata dalla sua osservanza della legge. Per essere veramente vicini a Dio – considerati figli di Dio – il credente doveva osservare la legge in modo estremamente meticoloso, allo stesso modo degli scribi e dei farisei (Matteo 23). Qui, Paolo dice che possiamo essere considerati figli di Dio in un modo completamente diverso: per mezzo della fede in Cristo Gesù.

i. La condizione è straordinaria. Essere figli di Dio significa che abbiamo una relazione speciale con Dio, un Padre amorevole e premuroso. È un luogo di vicinanza, di affetto, di premura e attenzione speciale.

ii. Il metodo è straordinario. Diventare un figlio di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù ha un significato molto più profondo del semplice credere che Egli esista o che abbia fatto determinate cose. Al contrario, significa riporre la nostra fiducia in Lui, sia ora che per l’eternità.

b. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo: Qui, usando l’immagine del battesimo, Paolo illustra che cosa significa avere fede in Cristo Gesù. Non dice che siamo stati battezzati in acqua, ma che siamo stati battezzati in Cristo. Proprio come nel battesimo in acqua una persona è immersa nell’acqua, così quando riponiamo la nostra fede in Cristo Gesù, siamo immersi in Gesù.

i. Molti cristiani sembrano contenti di “bagnarsi solo i piedi” in Gesù. Dio ci vuole completamente immersi in Lui; non vuole che riceviamo una spruzzatina, né che ci immergiamo solo in parte. Quando una persona si immerge in acqua, non la si vede quasi più: si vede solamente acqua. Quando viviamo battezzati in Cristo, non si vede più tanto la nostra persona; è Gesù a diventare visibile.

ii. Va sottolineato che questo è il battesimo che ci salva davvero: la nostra immersione in Gesù. Se una persona non è battezzatain Cristo Gesù, potrebbe essere immersa mille volte nell’acqua, ma non farebbe alcuna differenza nell’eternità. Se una persona è stata battezzatain Cristo Gesù, allora dovrebbe andare fino in fondo e fare ciò che Gesù gli ha detto di fare: ricevere il battesimo come dimostrazione della propria dedizione nei confronti del Maestro (Matteo 28:19-20).

c. Vi siete rivestiti di Cristo: Un altro modo di esprimere la nostra immersione in Gesù è dire che ci siamo rivestiti di Cristo. Nella lingua originale, la frase indica proprio l’azione di indossare un vestito. Quindi “indossiamo” Gesù, in modo da identificarci in Lui.

i. Il modo in cui ci vestiamo ha un impatto reale su come pensiamo e agiamo. Il modo in cui ci vestiamo ha un impatto reale su come appariamo agli altri. Dobbiamo anche essere in grado di vestirci in modo appropriato per ogni occasione. Paolo ci sta dicendo: “Il tuo abbigliamento giusto per ogni giorno e occasione è quello di rivestirti di Cristo. Osservando la tua vita, la gente dovrebbe vedere che tu appartieni a Lui. Dovresti vivere con la consapevolezza di essere adornato con Gesù stesso”.

ii. Alcuni potrebbero chiedersi se si tratta solo di una messa in scena, se è un’illusione, come un bambino che gioca a travestirsi. La risposta è semplice: è un’illusione solo se non è supportata da alcuna realtà spirituale. In questo versetto, Paolo parla proprio di questa realtà spirituale: coloro che sono stati battezzati in Cristo si sono davvero rivestiti di Cristo. Ora sono chiamati a vivere ogni giorno in coerenza con la loro realtà spirituale.

5. (28-29) La nostra posizione alla pari degli altri che giungono a Dio mediante la fede.

Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa.

a. Non c’è né Giudeo né Greco: Questa fu una rivoluzione sorprendente. Il problema sostanziale che affliggeva i cristiani della Galazia è che alcuni volevano ancora mantenere la distinzione tra Giudei e Greci. Paolo scrive: “In Gesù Cristo la distinzione è annullata. Quando siamo in Gesù, non c’è né Giudeo né Greco.”

b. Non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù: La separazione tra Giudei e Greci non è la sola ad essere cancellata. Quando consideriamo la nostra condizione davanti a Dio in Gesù, ogni linea di divisione viene abolita. Ora che in Gesù troviamo la nostra identità, ogni altra identità che possedevamo prima non è più importante. Tutti siamo uno in Cristo Gesù.

i. A quel tempo, alcuni rabbini recitavano una preghiera mattutina molto conosciuta da molti Giudei di allora. Secondo William Barclay, in quella preghiera i maschi ebrei ringraziavano Dio di non essere nati Gentili, schiavi o donne. Paolo prende ciascuna di queste categorie e mostra che non c’è alcuna distinzione in Gesù.

ii. Purtroppo, alcuni cristiani continuano ancora oggi a tracciare linee discriminatorie. Divisioni tra denominazioni, tra razze, tra nazioni, tra partiti politici e tra classi economiche. Se per esempio ritieni di avere più cose in comune con un non credente, che condivide la tua stessa razza o il tuo stesso pensiero politico, piuttosto che con un vero cristiano di un’altra razza o di altre vedute politiche, hai tracciato una linea di divisione che Gesù cancellò mediante la propria morte sulla croce.

iii. Ciò non significa che le differenze non esistano. Paolo era cosciente della distinzione tra Giudei e Greci, e la sua predicazione si adattava a seconda del suo pubblico (1 Corinzi 9:19-21). Lo schiavo aveva ancora l’obbligo quotidiano di obbedire al proprio padrone, benché fosse un suo pari in Gesù (Efesini 6:5-8). Esistono ancora ruoli diversi per maschi e femmine, sia nel nucleo familiare che nella chiesa (1 Timoteo 2:1-15, Efesini 5:22-33), sebbene siano entrambi di pari dignità davanti a Dio. Ci sono differenze nei ruoli e negli incarichi, ma non c’è alcuna distinzione nella loro condizione di fronte a Dio attraverso la fede in Gesù. “Quando diciamo che Cristo ha abolito queste distinzioni, non intendiamo che non esistono più, ma che non diventano più un ostacolo alla comunione fraterna.” (Stott)

iv. “Paolo non allude ad un’unità che viene raggiunta come risultato di uno sforzo umano. Sta dicendo che, quando le persone vengono salvate da Gesù Cristo, entrano a far parte di un’unione meravigliosa, un’unità tra redenti e Redentore e un’unità che lega insieme tutti i salvati.” (Morris)

c. Tutti siete uno in Cristo Gesù: Che frase sorprendente! Alcuni avrebbero voluto che Paolo escludesse i credenti Gentili, perché non si erano sottomessi alla Legge di Mosè. Al contrario, Paolo li include, dicendo: “Tutti siete uno in Cristo Gesù”. Altri magari avrebbero voluto che Paolo escludesse i cristiani di origine ebraica, a causa della loro errata posizione teologica sull’argomento, per la quale Paolo li corregge. L’apostolo invece li include, dicendo: “Tutti siete uno in Cristo Gesù”.

i. “Molti figli di Dio non hanno una profonda comprensione della via cristiana, ma ciò non significa che non siano veri cristiani. Essere cristiano è essere un credente e non avere una risposta intellettuale a tutti i problemi che incontriamo nel nostro cammino cristiano. “(Morris)

d. Se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo: Dal momento che tutti i cristiani appartengono a Gesù il Messia, tutti i cristiani sono discendenti spirituali di Abrahamo ed eredi di Dio. Questa posizione di alto privilegio viene ottenuta secondo la promessa e non secondo la legge o le opere. Siamo tutti parte del popolo di Dio, che si estende attraverso le generazioni.

i. Alcuni Giudei cristiani dicevano ai Galati che, se si fossero sottomessi alla legge e si fossero fatti circoncidere, avrebbero potuto godere dello status di progenie d’Abrahamo. Paolo sottolinea che questo status era già loro grazie alla fede in Gesù.

ii. In questa sezione della lettera, Paolo ha rafforzato questo principio, utilizzando ripetutamente l’appellativo “Cristo” in riferimento a Gesù (usato 11 volte negli ultimi 17 versi). Quando Paolo si riferisce a Gesù come “Cristo”, enfatizza il ruolo di Gesù come il Messia promesso al popolo ebraico – e a tutto il mondo, come sottolineato da Paolo.

e. Se siete di Cristo: È proprio questo il problema. Il problema non è “Se siete sotto la legge”. Il problema non è “Se siete Giudei o Gentili”. Il problema non è “Se siete schiavi o liberi”. Il problema non è “Se siete maschi o femmine”. L’unico problema è “Se siete di Cristo”.

i. Se siamo di Cristo, allora…

· Abbiamo il nostro posto nell’eternità, perché siamo figli e figlie di Dio.

· Abbiamo il nostro posto nella società, perché siamo fratelli e sorelle nella famiglia di Dio.

· Abbiamo il nostro posto nella storia, perché facciamo parte del piano di Dio attraverso le generazioni, essendo discendenti spirituali di Abrahamo tramite la nostra fede in Gesù.

ii. “Ora sono in grado di rispondere alla più basilare di tutte le domande umane: ‘Chi sono io?’ e di dire: ‘In Cristo, sono figlio di Dio. In Cristo, sono unito a tutto il popolo redento da Dio, passato, presente, e futuro. In Cristo, scopro la mia identità. In Cristo, trovo il mio equilibrio. In Cristo, torno a casa.” (Stott)

(c) 2021 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

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