Filemone




Filemone – L’appello di Paolo ad un amico per conto di uno schiavo

Abbiamo a che fare con un’epistola notevole e di gran valore; ogni parola ha il proprio peso, ogni sillaba la propria sostanza. Da un argomento abietto, l’accoglienza di un servitore in fuga, San Paolo spicca il volo come un’aquila e aleggia sulle note di un alto discorso celestiale.” (John Trapp)

A. Saluti e introduzione.

1. (1) Lo scrittore e il destinatario.

Paolo, prigioniero di Gesù Cristo, e il fratello Timoteo, a Filemone, il nostro amato fratello e compagno d’opera.

a. Paolo, prigioniero: Questa è una breve lettera scritta da Paolo durante la sua prigionia romana, descritta in Atti 28:30-31. Alcuni credono che l’abbia composta durante la prigionia ad Efeso, anche se si tratta di una possibilità abbastanza remota.

b. Prigioniero di Cristo Gesù: Come sempre, Paolo non si considerava prigioniero di Roma, delle circostanze o dei capi religiosi che diedero inizio ai suoi problemi legali (Atti 23-24). Paolo era un prigioniero di Gesù Cristo.

i. “Non erano dei ceppi che lui stesso si era messo, ma era una catena con cui Cristo lo aveva investito; era quindi il suo distintivo d’ufficio”. (Lightfoot, citato da Oesterley)

c. A Filemone, il nostro amato fratello: Paolo indirizzò la lettera a Filemone, un fratello nella fede con residenza a Colosse. In tutto il Nuovo Testamento, questo è l’unico punto in cui Filemone è menzionato, ma sappiamo che era un caro amico (cfr. Nuova Riveduta) di Paolo.

i. L’amicizia di Paolo con Filemone è dimostrata dalla mancanza di un importante dettaglio dal suo saluto. Delle 13 lettere scritte da Paolo a chiese o individui, in 9 troviamo la designazione di apostolo nella formula di apertura. In questa epistola (come in Filippesi e 1 e 2 Tessalonicesi), Paolo fa invece appello al proprio lettore più come amico che come apostolo.

2. (2-3) Saluti alla famiglia di Filemone.

Alla cara Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che è in casa tua: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo.

a. Alla cara Apfia: Si tratta probabilmente di Apfia, moglie di Filemone, e di Archippo, suo figlio. Il rivolgersi ai familiari è un elemento unico tra le epistole di Paolo, ma ha comunque senso, considerato il contenuto della lettera. Qui Paolo farà appello a Filemone riguardo ad uno schiavo fuggiasco che ha incontrato Gesù e ha trovato rifugio presso di lui. Secondo le usanze del tempo, la moglie di Filemone, Apfia, era la responsabile degli schiavi della loro casa, quindi la lettera era rivolta anche a lei.

i. Per quanto riguarda lo schiavo fuggito, “ella è coinvolta nella decisione tanto quanto suo marito, perché secondo l’usanza del tempo aveva la responsabilità quotidiana degli schiavi” (Rupprecht).

b. Alla chiesa che è in casa tua: Questo significa che la chiesa a Colosse – o parte di essa – si riuniva in casa di Filemone. I primi cristiani non possedevano delle proprietà che potevano adibire ad edifici di culto. Gli ebrei avevano le loro sinagoghe, ma i cristiani si incontravano nelle case dei loro membri. I credenti di una città si riunivano in diverse “case-chiese” con un “vescovo” cittadino che sovrintendeva ai diversi gruppi. Troviamo accenni alle case-chiese anche in Romani 16:5 e Colossesi 4:15.

i. “Fino al III secolo, non abbiamo prove certe dell’esistenza di edifici ecclesiastici adibiti a luoghi di culto; tutti i riferimenti mostrano che a questo scopo venivano utilizzate le abitazioni private. A Roma sembra che alcune delle chiese più antiche siano state costruite sui siti dove sorgevano case destinate al culto cristiano.” (Oesterley)

ii. Spurgeon fa notare che, a quanto pare, Filemone era parte di una chiesa che si riuniva in casa sua. Questo suggerisce ai credenti che anche la loro casa dovrebbe essere una chiesa e che ogni casa può avere le caratteristiche di una chiesa sana:

· Essere composta da persone convertite e salvate.

· Adorare insieme.

· Avere insieme un legame di unità.

· Essere fornita di supervisione.

· Presenza costante dell’insegnamento.

· Un cuore per ministrare a quelli di fuori.

c. Grazia a voi e pace: Paolo porge il suo consueto saluto di grazia e pace, presente in ogni sua lettera. In questo caso, tuttavia, il saluto non è rivolto ad un’intera congregazione ma alla persona di Filemone, rendendo l’epistola unica tra gli scritti di Paolo.

i. Sebbene anche le altre Epistole Pastorali (1 e 2 Timoteo e Tito) fossero indirizzate in primo luogo a degli individui, la natura del loro contenuto indica che erano destinate a essere condivise con l’intera congregazione. Filemone è una nota personale di Paolo ad un altro individuo.

i. “È solo una delle innumerevoli lettere che San Paolo, dal temperamento zelante e dal caloroso affetto, deve aver scritto ai suoi numerosi amici e discepoli nel corso di una vita lunga e travagliata.” (Lightfoot)

3. (4-7) Paolo ringrazia Dio per Filemone.

Io rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, sentendo parlare del tuo amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi, affinché la comunione della tua fede sia efficace, nel riconoscimento di tutto il bene che è in voi, a motivo di Cristo Gesù. Noi infatti abbiamo provato una grande gioia e consolazione a motivo del tuo amore, poiché per mezzo tuo, fratello, i cuori dei santi sono stati ricreati.

a. Io rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere: Filemone era stato una grande benedizione per Paolo, il quale pregava spesso e con gratitudine per lui.

i. Per quattro volte Paolo fa riferimento a individui nelle proprie lettere: ai Romani (Romani 1:9), agli Efesini (Efesini 1:16), ai Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 1:2) e qui a Filemone 1:4.

ii. Ricordandomi significa che Paolo non sempre pregava per Filemone in maniera prolissa ed intricata, ma che spesso lo menzionava nelle proprie preghiere.

b. Sentendo parlare del tuo amore e della fede: Paolo ringraziava Dio per Filemone a motivo del suo amore e fede, prima di tutto verso Gesù e poi verso tutti i santi. La parola “santi” nel Nuovo Testamento descrive ogni vero cristiano, non solo alcuni cristiani fuori dal comune.

c. La comunione della tua fede: Paolo pregava per Filemone, desiderando che la comunione (o condivisione, versione New King James) della sua fede diventasse efficace, mentre Filemone acquisiva una maggiore comprensione dell’opera che Dio compiva in lui (tutto il bene che è in voi).

i. Tale è il fondamento di ogni evangelizzazione efficace: l’effusione di una vita toccata e cambiata da Dio. Dio aveva fatto tutto bene nella vita di Filemone. Ora, si trattava che quel bene fosse riconosciuto sia da Filemone che da coloro con cui condivideva la fede. Una volta compreso il bene, altri sarebbero venuti a Gesù. Il motivo per cui la condivisione della fede non è efficace è perché non sappiamo o non riusciamo a comunicare tutto il bene che Dio ha fatto per noi.

ii. La comunione della tua fede: È possibile che Paolo intendesse la comunione (o condivisione) delle cose materiali, spronata dalla fede. La parola in greco antico per comunione è koinonia, che significa “comunione, condivisione”, usata talvolta da Paolo per descrivere il dare (2 Corinzi 8:4; 9:13; Romani 15:6).

iii. “L’apostolo fa riferimento alle opere di carità di cui abbondava Filemone verso i cristiani poveri”. (Clarke)

d. Poiché per mezzo tuo, fratello, i cuori dei santi sono stati ricreati: Paolo si ricordò di come Filemone avesse soddisfatto meravigliosamente i bisogni degli altri cristiani. Aveva efficacemente ricreato i cuori degli altri.

B. L’appello di Paolo in favore di Onesimo.

1. (8-11) Paolo parla a Filemone di Onesimo.

Perciò, benché io abbia molta libertà in Cristo di comandarti ciò che è opportuno fare, preferisco pregarti per amore, così come io sono, Paolo, vecchio ed ora anche prigioniero di Gesù Cristo; ti prego per il mio figlio Onesimo, che ho generato nelle mie catene, il quale un tempo ti è stato inutile, ma che ora è utile a te e a me.

a. Perciò, benché io abbia molta libertà in Cristo di comandarti ciò che è opportuno fare, preferisco pregarti per amore: Si evince subito dalle sue parole che Paolo era in procinto di chiedere un favore a Filemone. Prima di avanzare la richiesta, tuttavia, si rivolse a lui per amore invece di dargli un comando. Certo, Paolo disse chiaramente che avrebbe avuto il diritto di comandargli ciò che è opportuno fare, ma preferì fare appello con amore.

i. Un appello amorevole è spesso meglio di un comando autorevole. Paolo non esitava a comandare quando la situazione lo richiedeva (1 Corinzi 5:4-5), ma con sapienza sapeva quando ricorrere ad un appello fatto con amore.

b. Così come io sono, Paolo, vecchio ed ora anche prigioniero di Gesù Cristo: è chiaro che Paolo volesse chiedere un favore a Filemone, ma si appellò prima alla sua compassione, come si deduce dal modo in cui descrisse sé stesso (Paolo, vecchio) e le circostanze in cui si trovava (prigioniero).

i. Poiché Paolo stava per fare appello sulla base dell’amore, fece il possibile per suscitare l’amorevole compassione di Filemone. “Filemone, prima che ti dica ciò di cui ho bisogno da te, ricorda che sono un uomo vecchio e, per di più, un prigioniero”.

ii. Alcune traduzioni riportano ambasciatore invece di vecchio. C’è una differenza di una sola lettera tra le due parole nel greco.

c. Ti prego per il mio figlio Onesimo: Onesimo era uno schiavo che era fuggito dal proprio padrone Filemone. Sembra che, nella sua fuga, Onesimo si fosse diretto a Roma e che, intenzionalmente o meno, avesse incontrato Paolo. Questi, benché fosse agli arresti domiciliari, condusse Onesimo alla fede in Gesù Cristo (che ho generato nelle mie catene).

i. Era logico che Onesimo scappasse a Roma, la più grande città dell’Impero Romano. Lightfoot dice: “Roma era la fogna naturale per questi rifiuti dell’umanità”. Ma nel suo incontro provvidenziale con Paolo a Roma, Onesimo incontrò l’uomo che aveva condotto il suo padrone Filemone a Gesù (Filemone 1:19).

ii. Quando Paolo fece questo appello a nome di Onesimo, si attenne ad alcune tradizioni ben radicate nella cultura romana. C’era un’antica legge greca (adottata in seguito dai Romani) che permetteva ad un qualsiasi schiavo fuggitivo di trovare rifugio presso un altare. L’altare poteva anche essere il focolare domestico di un’abitazione privata; accolto lo schiavo, il capofamiglia era obbligato a dargli protezione mentre faceva il possibile per persuaderlo a tornare dal suo padrone. Se lo schiavo si rifiutava, il capofamiglia lo metteva all’asta e informava l’ex padrone del prezzo dello schiavo. Paolo aveva accolto Onesimo sotto la propria protezione e cercava ora di risolvere la questione con Filemone.

d. Mio figlio Onesimo: Paolo chiamava spesso suoi “figli” coloro che erano giunti alla fede per mezzo di lui. Timoteo (1 Corinzi 4:17), Tito (Tito 1:4), i cristiani di Corinto (1 Corinzi 4:14) e della Galazia (Galati 4:19) erano chiamati tutti “figli” di Paolo.

e. Il quale un tempo ti è stato inutile, ma che ora è utile a te e a me: In qualche modo, Onesimo divenne utile a Paolo, probabilmente servendo come assistente l’apostolo, che si trovava gli arresti domiciliari. Fino a quel momento Onesimo era stato inutile a Filemone, essendo fuggito da lui. Nel frattempo, però, era diventato utile a Paolo – e per estensione, anche a Filemone (utile a te e a me). Poiché Filemone amava Paolo, qualsiasi aiuto Onesimo avesse offerto a Paolo era come se lo avesse offerto anche a Filemone.

i. Con le parole inutile e utile Paolo fece un gioco di parole. Il nome Onesimo ha il significato di utile, vantaggioso. Ora che era diventato un cristiano, Onesimo poteva essere all’altezza del proprio nome.

ii. “È significativo notare l’affermazione di Paolo, secondo cui in Cristo l’inutile è stato reso utile”. (Barclay)

ii. Rivolgendosi in questi termini a Filemone, Paolo gli lasciò intendere garbatamente che avrebbe voluto continuare a beneficiare dell’assistenza dello schiavo fuggiasco, sebbene non fosse intenzionato a comandargli tale concessione.

2. (12-14) Paolo rimanda Onesimo indietro nella speranza che Filemone gli permetta di tornare di nuovo da Paolo.

Te l’ho rimandato; or tu accoglilo, come se ricevessi il mio stesso cuore. Avrei voluto trattenerlo presso di me, perché mi servisse al tuo posto nelle catene che porto a motivo dell’evangelo; ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, affinché il bene che farai non venga da costrizione, ma da spontanea volontà.

a. Te l’ho rimandato; or tu accoglilo, come se ricevessi il mio stesso cuore: Onesimo aveva commesso uno sbaglio a fuggire dal suo padrone. Era arrivato il momento di sistemare le cose, pertanto Paolo era disposto a rimandarlo indietro, chiedendo espressamente a Filemone di usare clemenza nei confronti di Onesimo. Secondo il diritto romano un padrone aveva il pieno e totale controllo sui propri schiavi, i quali spesso venivano crocifissi per reati meno gravi della fuga.

i. Un antico scrittore descrive l’episodio di uno schiavo che, avendo in mano un vassoio di calici di cristallo, ne fece cadere uno, il quale si ruppe. Il padrone ordinò subito che lo schiavo fosse gettato in una peschiera piena di lamprede, che lo fecero a pezzi. “La legge romana… praticamente non imponeva limiti al potere che il padrone poteva esercitare sullo schiavo. La decisione di vita o di morte spettava esclusivamente a Filemone, visto che gli schiavi venivano costantemente crocifissi per crimini molto meno gravi di questo.” (Lightfood)

ii. Dato l’enorme numero di schiavi presenti nell’Impero Romano, si pensava che fosse necessario punire duramente quelli che fuggivano o si ribellavano. In un impero con ben 60 milioni di schiavi, il timore di una rivolta era costante. Pertanto, le leggi contro i fuggiaschi erano severe. Una volta catturato, uno schiavo fuggitivo poteva essere crocifisso o marchiato con un ferro rovente sulla fronte con la lettera “F”, che stava per fuggitivo.

iii. Considerando questo, comprendiamo la frase di Paolo “come se ricevessi il mio stesso cuore”. “Filemone, so che quest’uomo ti ha fatto un torto e merita di essere punito. Ma consideralo come il mio stesso cuore e sii misericordioso con lui”.

b. Avrei voluto trattenerlo presso di me, perché mi servisse al tuo posto nelle catene che porto a motivo dell’evangelo: Chiaramente, Paolo voleva che Onesimo restasse, essendosi rivelato un grande aiuto. Paolo addolcì il proprio appello in tre modi.

i. Prima di tutto, se Onesimo fosse rimasto, avrebbe potuto servire Paolo al tuo posto. “Filemone, se lasci Onesimo qui da me, è come se fossi tu a servirmi, dato che Onesimo è il tuo legittimo servitore”.

ii. In secondo luogo, se Onesimo fosse rimasto, avrebbe aiutato un uomo in catene. “Filemone, so che Onesimo potrebbe esserti utile. Tuttavia, mi trovo in catene e necessito di tutto l’aiuto possibile”.

iii. Infine, se Onesimo fosse rimasto, avrebbe aiutato un uomo in catene a motivo dell’evangelo. “Filemone, per favore, non dimenticare perché sono qui in catene. Ricorda che è per amore dell’evangelo”.

c. Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere: Paolo fece il proprio appello in maniera forte e abile. Allo stesso tempo, lasciò la decisione a Filemone. Si appellò per amore, ma non calpestò i diritti di Filemone.

d. Affinché il bene che farai non venga da costrizione, ma da spontanea volontà: Questo spiega perché Paolo non voleva imporre alcuna decisione a Filemone. Se Paolo l’avesse preteso, allora la buona azione di Filemone sarebbe venuta da costrizione e non da spontanea volontà. Ciò avrebbe reso spiacevole l’intera faccenda e avrebbe privato Filemone di qualsiasi ricompensa che altrimenti avrebbe potuto ricevere.

i. In sostanza, Paolo diede a Filemone la libertà di fare ciò che era giusto nell’amore davanti al Signore, offrendogli la libertà di farlo per sua scelta e non per costrizione di Paolo.

3. (15-16) Paolo mette in risalto la mano provvidenziale di Dio all’opera nella fuga di Onesimo.

Infatti, forse per questo motivo egli è stato separato da te per breve tempo, perché tu lo riavessi per sempre, non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello a me carissimo, ma ora molto più a te, tanto nella carne che nel Signore.

a. Separato per breve tempo: Era vero che Onesimo si era allontanato, ma Paolo stava per rimandarlo indietro. In un certo senso, pensare ad una separazione per breve tempo non aveva la stessa connotazione negativa di uno schiavo che si era dato alla fuga.

i. Con le parole separato per breve tempo, Paolo si espresse in maniera soft riguardo alla fuga di uno schiavo. Clarke scrive riguardo a questa frase: “Si tratta di un altro colpo dato con la massima delicatezza”.

b. Infatti, forse per questo motivo egli è stato separato: In qualche modo la fuga di Onesimo non causò altro che problemi: privò Filemone di un lavoratore e di un bene e fece di Onesimo un criminale, esponendolo al rischio della pena di morte. Eppure, in tutto ciò, Paolo scorgeva il proposito (motivo) di Dio, un proposito che voleva che anche Filemone vedesse.

i. L’espressione “Infatti, forse” è importante, perché mostra che Paolo non si rivolgeva a Filemone nel modo seguente: “Filemone, Dio mi ha mostrato la sua mano celata all’opera in questa circostanza e devi accettare anche quello che vedo io”. Invece, “Infatti, forse” è un’indicazione di quello che c’era nel cuore di Paolo: “Filemone, mi sembra che in questa situazione Dio stia agendo in maniera alquanto insolita. Lascia che ti dica quello che vedo e forse avrà senso per te”.

c. Perché tu lo riavessi per sempre: Questo era un aspetto del proposito di Dio che Paolo intravide nella fuga di Onesimo. Filemone, il padrone, perse uno schiavo; invece, Filemone, il cristiano, guadagnò un fratello; guadagnò quel fratello per sempre.

i. “Qui l’apostolo trae il meglio da un tema delicato. I nuovi convertiti devono essere trattati con delicatezza, senza eccessivamente aggravare le pratiche malvagie che hanno commesso in precedenza.” (Trapp)

d. Perché tu lo riavessi per sempre, non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello a me carissimo: Paolo “ripresentò” Onesimo a Filemone – non come schiavo, ma come fratello. In questo rapporto ora da fratelli e non più da schiavi, Paolo abolì di fatto il male nel rapporto “padrone-schiavo” e pose le basi per la futura abolizione giuridica della schiavitù. Uno straniero potrebbe essere mio schiavo, ma come potrebbe esserlo mio fratello?

i. L’annullamento della distinzione tra padrone e schiavo fu uno sviluppo assolutamente rivoluzionario. Portò molti più cambiamenti nella società di quanto abbia mai fatto l’approvazione di leggi contro la schiavitù.

ii. “Il ruolo della lettera a Filemone è portare la realtà della schiavitù in un’atmosfera in cui sarebbe potuta solo appassire e morire. Laddove padrone e schiavo fossero uniti nell’affetto come fratelli in Cristo, l’emancipazione formale sarebbe diventata solo una questione di opportunità, la conferma giuridica della loro nuova relazione”. (Bruce)

iii. La trasformazione dell’individuo è la chiave per la trasformazione della società e dell’ambiente morale. “Ma fate attenzione a questa parola: la vera riforma di un ubriacone sta nel dargli un cuore nuovo; il vero riscatto di una prostituta è da ricercarsi in una natura rinnovata…. Vedo alcuni miei fratelli perdere tempo con le loro seghe di legno a cercare di tagliare i rami dell’albero del vizio, quando invece il vangelo pone l’ascia alle radici dell’intera foresta della malvagità e, se ricevuto nel cuore nel modo giusto, abbatte tutti gli alberi cattivi in una volta sola e al loro posto spuntano insieme l’abete, il pino e il bosso, per abbellire la casa della gloria del nostro Maestro.” (Spurgeon)

4. (17-19) La promessa personale di Paolo di un risarcimento nei confronti di Filemone.

Se dunque mi ritieni come socio, accoglilo come me stesso. E se ti ha fatto qualche torto, o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, ho scritto questo di mia propria mano. Pagherò io stesso; per non dirti che mi sei debitore perfino di te stesso.

a. Se dunque mi ritieni come socio, accoglilo come me stesso: Ancora una volta, Paolo prese le parti di Onesimo, chiedendo misericordia. “Se mi consideri tuo compagno nel Vangelo, allora tratta Onesimo come tratteresti me”.

i. L’appello di Paolo era potente, perché rimase accanto a un uomo colpevole, al cui padrone disse: “So che quest’uomo è un criminale e merita una punizione. Ciononostante, egli è mio amico; se punisci lui, devi punire anche me. Sono al suo fianco per ricevere la sua punizione”. Questo è ciò che Gesù fa per noi davanti al nostro padrone, Dio Padre.

b. E se ti ha fatto qualche torto, o ti deve qualcosa, addebitalo a me: A quanto pare, quando Onesimo fuggì, rubò anche qualcosa a Filemone. Questo di per sé era già un delitto capitale. Paolo chiese che il valore del maltolto gli fosse addebitato. “Mettilo pure sul mio conto, Filemone.”

c. Io, Paolo, ho scritto questo di mia propria mano. Pagherò io stesso: Paolo prese la situazione così sul serio da dare a Filemone una cambiale personale, scritta di suo pugno. Quando Paolo disse a Filemone: “Addebita a me il torto di Onesimo”, essenzialmente fece per Onesimo ciò che Gesù fece per noi prendendo su di sé i nostri peccati e addebitandoli sul Suo conto.

i. “Qui si vede Paolo che si espone per il povero Onesimo e con ogni mezzo perora la sua causa davanti al suo padrone, tanto da porsi come se lui fosse Onesimo stesso e fosse stato lui a fare un torto a Filemone. Come Cristo ha fatto per noi dinanzi a Dio Padre, così fa anche Paolo per Onesimo con Filemone. A mio avviso, siamo tutti suoi Onesimi.” (Luther)

d. Per non dirti che mi sei debitore perfino di te stesso: Mentre si pareggiavano i “conti”, Paolo menzionò un altro aspetto. “Filemone, ricordati che sono in credito con te, perché mi sei debitore perfino di te stesso”. Paolo poteva permettersi di pagare le spese di Onesimo, perché, in un certo senso, Filemone doveva a Paolo la propria salvezza!

5. (20-22) Paolo pone fiducia nella risposta di Filemone.

Sì, fratello, possa io avere questo favore nel Signore; ricrea il mio cuore nel Signore. Ti ho scritto fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che tu farai anche più di ciò che dico.Nel medesimo tempo preparami anche un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi ridato.

a. Possa io avere questo favore nel Signore: Favore sarebbe meglio reso con profitto. Il termine traduce la parola in greco antico oninemi, la radice del nome “Onesimus”. Paolo fece uso di un altro gioco di parole e del nome di Onesimo per presentare una richiesta non così sottile: “Permettimi di riavere Onesimo con me nel Signore”.

b. Ricrea il mio cuore nel Signore: All’inizio della lettera, Paolo scrive che Filemone era un uomo che ricreava il cuore dei santi (Filemone 1:7). Ora gli dice specificamente come avrebbe potuto ricreare il suo cuore: permettendo ad Onesimo di stare con lui.

c. Sapendo che tu farai anche più di ciò che dico: La lettera di Paolo, ricca di appello, è anche ricca di speranza. Filemone non era un uomo cattivo o duro. Paolo aveva tutte le ragioni per aspettarsi che Filemone avrebbe adempiuto il proprio dovere cristiano e fatto anche più di quanto Paolo avesse chiesto.

d. Nel medesimo tempo preparami anche un alloggio: Ciò va a conferma della stretta relazione tra Paolo e Filemone. Paolo sapeva che avrebbe sempre trovato ospitalità a casa di Filemone.

e. Spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi ridato: Paolo chiese a Filemone di pregare, perché non pensava che le preghiere fossero una mera formalità. Paolo credeva che attraverso le preghiere di Filemone sarebbero stati di nuovo insieme.

C. Conclusione.

1. (23-24) Paolo manda a Filemone i saluti dei loro amici in comune di Roma.

Epafra, prigioniero con me in Cristo Gesù, Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei compagni d’opera, ti salutano.

a. Epafra… Marco… Aristarco… miei compagni d’opera: Ciascuno di questi nomi è citato anche nella conclusione della lettera ai Colossesi (Colossesi 4:10-17). Ciò conferma che le due lettere sono state inviate allo stesso luogo. Filemone viveva a Colosse.

i. Prigioniero con me: “Letteralmente ‘un prigioniero di guerra’, usato metaforicamente”. (Osterley)

b. Dema: “Si suppone che Dema sia la stessa persona che rimase con Paolo fino alla sua ultima prigionia a Roma: dopo di che lo lasciò per quello che sarebbe stato l’amore per il mondo, 2 Timoteo 4:10”. (Clarke)

2. (25) Conclusione della lettera.

La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito. Amen.

a. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito: Notiamo alcuni principi duraturi nella lettera di Paolo a Filemone.

i. Paolo non ebbe mai l’intenzione di sovvertire il sistema della schiavitù, tuttavia i principi contenuti nella lettera a Filemone ne demoliscono il concetto. I più grandi cambiamenti sociali avvengono quando le persone cambiano, un cuore alla volta. Nella nostra società, il razzismo e lo scarso valore che diamo al nascituro non possono essere eliminati attraverso delle leggi; deve avvenire un cambiamento di cuore.

ii. Onesimo fu obbligato a tornare dal proprio padrone. Quando facciamo qualcosa di sbagliato, dobbiamo fare del nostro meglio per sistemare le cose. Diventare una nuova creatura in Cristo (2 Corinzi 5:17) non ci esime dalla nostra responsabilità di riparare un torto fatto; anzi, ci espone ad un obbligo maggiore, anche quando la riparazione è difficile.

iii. Onesimo era moralmente responsabile dei propri errori. La lettera a Filemone dimostra che noi non siamo guidati principalmente dall’economia, nonostante le idee dei marxisti e dei liberali moderni. Ricchi o poveri, dobbiamo essere guidati dallo Spirito di Dio, non dalla nostra condizione economica.

iv. “In nessun altro luogo del Nuovo Testamento c’è una dimostrazione più chiara del pensiero cristiano integrato alla vita. Viene offerta una miscela, assolutamente tipica di Paolo, di amore, saggezza, umorismo, dolcezza, tatto e, soprattutto, maturità cristiana e umana”. (Wright)

b. Amen: La conclusione della lettera può portarci a chiederci: “Perché la lettera a Filemone si trova nelle nostre Bibbie?” Nel 110 d.C., il vescovo di Efeso si chiamava Onesimo e potrebbe trattarsi dello stesso uomo. Se Onesimo avesse avuto un’età compresa tra la tarda adolescenza o i primi vent’anni quando Paolo scrisse questa lettera, avrebbe avuto circa 70 anni nel 110 d.C., un’età a quel tempo non irragionevole per un vescovo.

i. “Ignazio, nella sua Lettera agli Efesini, fa menzione di Onesimo quale pastore di Efeso, come diretto successore di Timoteo. Il Martirologio Romano afferma che fu lapidato a Roma, sotto l’imperatore Traiano.” (Trapp)

ii. Ci sono anche alcune prove storiche che le epistole di Paolo furono raggruppate per la prima volta nella città di Efeso. Forse Onesimo fu il primo a mettere insieme le lettere e voleva assicurarsi che la sua lettera – la sua carta della libertà – fosse inclusa.

(c) 2021 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

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