Colossesi 3 – Spogliarsi, Rivestirsi
A. Spogliarsi del vecchio uomo.
1. (1-4) Le basi dell’istruzione pratica di Paolo.
Se dunque siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra, perché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo che è la nostra vita apparirà, allora anche voi apparirete con lui in gloria.
a. Se dunque siete risuscitati con Cristo: Paolo dà il via ad una nuova sezione in cui rivolge la propria attenzione alla vita pratica cristiana, con la chiara consapevolezza che essa si basa sul fondamento di verità teologiche. Proprio perché sappiamo che Gesù è veramente risorto dai morti, la nostra identificazione con Lui diventa realtà. È solo perché siamo risuscitati con Cristo che possiamo cercare le cose di lassù.
i. L’idea di essere risuscitati con Cristo è stata introdotta precedentemente in Colossesi 2:12, dove Paolo ha usato il battesimo per illustrare tale realtà spirituale. Dunque, dato che siamo risuscitati con Cristo, è opportuno che ci comportiamo in un certo modo.
ii. “I primi versetti del capitolo 3 mantengono una forte connessione con gli ultimi versetti del capitolo 2. L’apostolo ricorda ai Colossesi che i dettami dell’ascetismo non posseggono alcun valore nel frenare l’intemperanza della carne. L’unico rimedio contro le passioni peccaminose si trova nell’esperienza del credente della sua unione con Cristo.” (Vaughan)
iii. Poiché siamo risuscitati con Cristo, dovremmo comportarci come fece Gesù dopo essere risorto.
·Dopo la Sua risurrezione, Gesù lasciò il sepolcro. Anche noi dovremmo fare lo stesso – non è più lì che viviamo.
·Dopo la Sua risurrezione, Gesù trascorse il tempo che gli rimaneva con i propri discepoli, ministrando a loro. Anche noi dovremmo fare lo stesso – vivere le nostre vite servendo gli altri e passando il nostro tempo con loro.
·Dopo la Sua risurrezione, Gesù visse nella potenza soprannaturale, avendo l’abilità di compiere cose impossibili. Anche noi dovremmo fare lo stesso – con la potenza e l’aiuto dello Spirito Santo.
·Dopo la Sua risurrezione, Gesù guardava con impazienza al cielo, sapendo che molto presto vi sarebbe ritornato. Anche noi dovremmo fare lo stesso – realizzando che la nostra cittadinanza è nei cieli.
iv. Per dare maggiore enfasi, Paolo aggiunse la frase “seduto alla destra di Dio”: “Questa frase, soprattutto per il suo riferimento al Salmo 110, pone l’attenzione sulla sovranità esercitata ora da Cristo nel Suo dominio. Il comandamento a desiderare le cose del cielo è un comandamento a meditare e a soffermarsi sul tipo di vita che Cristo visse e sulla realtà che Egli ora siede sul trono quale Signore del mondo.” (Wright)
b. Abbiate in mente le cose di lassù: Il miglior modo di vivere la vita cristiana deriva da quelle menti che sono rivolte costantemente al cielo. Queste realizzano che le loro vite sono ora nascoste con Cristo in Dio e, poiché Gesù è seduto sul trono nei cieli, anche i loro pensieri ed i loro cuori sono legati al cielo.
i. “Il credente deve ‘cercare le cose di lassù’. Il verbo ‘cercare’ denota aspirazione, desiderio e passione… Per poter ricercare queste cose, la mente deve essere rivolta verso di loro.” (Morgan)
ii. “Amate le cose celesti; studiatele; che i vostri cuori ne siano completamente assorbiti. Ora che siete convertiti a Dio, comportatevi verso le cose celesti proprio come facevate un tempo verso le cose terrene.” (Vaughan)
iii. “Non tutte le ‘cose terrene’ sono malvagie, ma alcune lo sono. Anche ciò che è innocuo in sé stesso diventa pericoloso quando gli viene permesso di prendere il posto riservato alle cose di lassù.” (Vaughan)
c. Quando Cristo che è la nostra vita apparirà, allora anche voi apparirete con Lui in gloria: La promessa del ritorno di Gesù non riguarda solamente il fatto che vedremola Sua gloria, ma anche che appariremo con Lui in gloria. Questa è la manifestazione dei figli di Dio menzionata in Romani 8:19.
i. Cristo che è la nostra vita: In un altro punto, Paolo scrive: “Per me infatti il vivere è Cristo” (Filippesi 1:21). In questo passaggio vediamo che tale concetto non è valido solamente per gli apostoli speciali, ma per tutti i credenti – Cristo che è la nostra vita. A volte si dice: “La musica è la sua vita” o “Lo sport è la sua vita” o “Vive per il suo lavoro”. Di un cristiano, invece, si dovrebbe dire: “Gesù Cristo è la sua vita”.
ii. In quel giorno, tutti vedranno i santi di Dio per quello che realmente sono, non semplicemente come appaiono a questo mondo. “Paolo, il prigioniero, un giudeo eccentrico agli occhi dei romani ed un traditore peggiore dei gentili agli occhi dei giudei, verrà visto come Paolo l’apostolo, il servo del Re. I Colossesi, ex pagani insignificanti provenienti da una povera città di campagna, verranno visti in una tale gloria che, se apparisse in questo momento, qualcuno potrebbe avere la tentazione di adorare.” (Wright)
2. (5-7) Fate morire le cose che sono contro Dio e che fanno parte di questo mondo.
Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e avidità, che è idolatria; per queste cose l’ira di Dio viene sui figli della disubbidienza, fra cui un tempo camminaste anche voi, quando vivevate in esse.
a. Fate dunque morire le vostre membra: “Dunque” si ricollega alla nostra identificazione con il Signore Gesù risorto e seduto sul trono, menzionata in Colossesi 3:1-4. È perché comprendiamo questa realtà che possiamo far morire quelle cose nella nostra vita che sono in contraddizione alla nostra identità con Gesù.
i. “Il verbo nekrosate, che significa letteralmente ‘rendere morto, mortificare’, è molto forte. Suggerisce che non dobbiamo semplicemente sopprimere o controllare le azioni e gli atteggiamenti malvagi, ma siamo chiamati a liberarcene, a sterminare completamente il nostro vecchio modo di vivere.” (Vaughan)
ii. Facciamo morire queste cose rinnegandole e considerandole morte a noi stessi e noi morti a loro. “Gratificare un qualsiasi appetito sensuale significa dargli quel cibo, quel nutrimento che gli permette di vivere, crescere e operare.” (Clarke)
iii. Non è un caso che Paolo faccia un elenco e chiami per nome tutti questi peccati in questa sezione. “È più facile cadere in un peccato di cui non si conosce il nome, piuttosto che sceglierne deliberatamente uno, il cui stesso titolo dovrebbe essere ripugnante per un cristiano.” (Wright)
b. Fornicazione, impurità, passioni e desideri cattivi: Ognuno di questi termini fa riferimento a peccati sessuali. La concupiscenza è semplice ma ingannevole avidità, che non è altro che idolatria. Gesù non camminerebbe mai in alcuno di questi peccati, perciò, se ci identifichiamo con Lui, nemmeno noi cammineremo in essi.
i. Fornicazione: “La parola qui tradotta con immoralità sessuale si riferisce ad ogni tipo di rapporto sessuale al di fuori del matrimonio; nel mondo antico, come in quello moderno, il rapporto sessuale con una prostituta sarebbe stato un esempio specifico e soprattutto frequente in una cultura pagana.” (Wright)
ii. Impurità: “Ha un significato più ampio di fornicazione. Include l’uso improprio del sesso, ma è utilizzabile per varie forme di malvagità morale.” (Bruce)
iii. Morgan elenca tre modi in cui l’avidità è terribilmente distruttiva:
·“Prima di tutto, è idolatria, in quanto sussiste solo quando l’uomo ritiene che la vita consista di possedimenti piuttosto che di una giusta relazione con Dio.”
·“È anche un peccato contro gli altri, perché il soddisfacimento del proprio desiderio va a discapito altrui.”
·“Infine, è autodistruttiva, perché queste concezioni e attività sbagliate hanno ripercussioni sull’anima, portandola alla rovina.”
·Morgan aggiunge: “Eppure, quale corte ecclesiastica ha finora accusato un membro della chiesa di avidità?”
iv. “Il giusto cerca la propria felicità in Dio, l’avido la ricerca nel proprio denaro, che solo Dio può provvedere; dunque, la sua avidità è correttamente definita idolatria.” (Clarke)
c. Per queste cose: I peccati appena menzionati fanno parte del modo di vivere del mondo e non di quello di Gesù. Ogni cristiano si trova di fronte ad una domanda: “Con chi mi identificherò, con il mondo o con Gesù?”
d. L’ira di Dio viene sui figli della disubbidienza: Questi peccati sono un invito per l’ira di Dio. Poiché il mondo ama questo stile di vita peccaminoso, esso non si presenta a Gesù con umiltà. Perseverando in questi peccati, gli uomini accrescono la propria condanna. Un singolo peccato è sufficiente a mandare chiunque all’inferno (Giacomo 2:10), anche se esistono livelli maggiori di condanna (Matteo 23:14).
i. In parte, l’ira di Dio viene mentre Dio permette agli uomini di continuare nei loro comportamenti peccaminosi – e dunque autodistruttivi (come in Romani 1:24-32).
e. Fra cui un tempo camminaste anche voi: Sebbene questi peccati siano il segno distintivo di un mondo in ribellione a Dio, per il cristiano se ne parla al tempo passato.
i. In parole povere, il cristiano non dovrebbe vivere come i figli della disubbidienza. Un vero cristiano non può sentirsi a proprio agio nel peccato abituale.
ii. Paolo afferma che i cristiani un tempo camminavano in questi peccati. È possibile, per quanto tragico, che questi peccati segnino di tanto in tanto la vita di un cristiano, ma non devono rappresentare il suo cammino, il suo stile di vita.
3. (8-9) La rimozione di altre tracce di mondanità.
Ma ora deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, cattiveria; e non esca dalla vostra bocca maldicenza e alcun parlare disonesto. Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti.
a. Ma ora deponete anche voi tutte queste cose: I peccati elencati da Paolo in questa lista (ira, collera e così via) sono considerati da molti peccati “minori”, che i cristiani possono trascurare con poco pericolo. Paolo ci sfida a spogliarci del vecchio uomo in ogni area della nostra vita.
i. “Spogliati di tutte quelle vecchie abitudini proprio come getteresti via un abito logoro che non ti sta più bene.” (Bruce)
b. Ira, collera, cattiveria; e non esca dalla vostra bocca maldicenza e alcun parlare disonesto: Ognuno di questi è principalmente un peccato di parola. Quando Paolo chiama il credente ad un’obbedienza più profonda, ci dice di tenere a freno la nostra lingua (come fa Giacomo nella sua lettera in 1:26 e 3:1-9).
i. Ciononostante, è possibile mentire gli uni agli altri senza necessariamente proferire parola. “È facile distorcere la verità; basta un’alterazione del tono della voce o uno sguardo eloquente; ci sono silenzi che sono tanto falsi e tanto ingannevoli quanto può essere una parola.” (Barclay)
c. Perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti: Non c’è alcuna difficoltà nel ritenere i peccati più conosciuti di Colossesi 3:5 incompatibili con la natura di Gesù. Tuttavia, anche questi peccati “minori” sono altrettanto incompatibili, perciò spogliatevi anche di questi.
i. In questa sezione (Colossesi 3:5-9), Paolo illustra due grandi priorità nella vita cristiana: la moralità sessuale, collegata ad un giusto atteggiamento nei confronti delle cose materiali, e andare d’accordo gli uni con gli altri nell’amore. È facile per una comunità cristiana compromettere l’una a discapito dell’altra, ma Paolo (per ispirazione dello Spirito Santo) insiste che entrambe occupano un ruolo importante nella pratica cristiana.
ii. Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti significa che, in Gesù Cristo, i santi di Dio sono persone differenti. Dunque, “Quando si viene travolti da un’ondata di passione o da un impulso d’ira, bisogna trattarlo come un intruso quale realmente è e cacciarlo via di casa, perché non ha alcun diritto di rimanervi, tantomeno di dare ordini.” (Wright)
B. Rivestirsi dell’uomo nuovo.
1. (10-11) Spogliandoci del vecchio uomo, dobbiamo anche rivestirci dell’uomo nuovo.
E vi siete rivestiti dell’uomo nuovo, che si va rinnovando nella conoscenza ad immagine di colui che l’ha creato. Qui non c’è più Greco e Giudeo, circonciso e incirconciso, barbaro e Scita, servo e libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
a. Rivestiti dell’uomo nuovo: La frase adottata da Paolo veniva usata comunemente per fare riferimento al cambio di vestiti. Possiamo quasi immaginare una persona che si spoglia del vecchio e si riveste dell’uomo nuovo in Gesù.
b. Che si va rinnovando nella conoscenza: Poiché l’uomo nuovo si va rinnovando nella conoscenza, egli ha fame di conoscere ciò che Diodice nella Sua Parola.
c. Ad immagine di Colui che l’ha creato: Paolo fece una chiara allusione a Genesi 1:27, dove si dice che Dio creò Adamo a Sua immagine. Ciononostante, il primo Adamo è il vecchio uomo di cui dobbiamo spogliarci e liberarci, perché ora siamo creati ad immagine del secondo Adamo, Gesù Cristo.
d. Qui non c’è più Greco e Giudeo, circonciso e incirconciso, barbaro e Scita, servo e libero: L’uomo nuovo fa parte di una famiglia che non predilige nessuna razza, nazionalità, classe sociale, cultura o etnia. Predilige solo Gesù, perché in questa nuova famiglia Cristo è tutto e in tutti.
i. L’opera della nuova creazione non solo ha a che fare con il vecchio uomo e ci dà l’uomo nuovo ad immagine di Gesù Cristo, essa distrugge anche le barriere che separano le persone nella società. Tra le nuove creature, non importa se uno è Greco o Giudeo, circonciso o incirconciso, Scita, schiavo o libero. Tutte queste barriere sono abbattute.
ii. “Egli, dunque, aggiunge al barbaro lo Scita come esempio estremo.”
iii. Sono tutte barriere che esistevano nell’antico mondo romano, che la potenza di Dio ha annientato attraverso il Vangelo di Gesù Cristo. Particolarmente forte era il muro di separazione tra servo e libero, ma il cristianesimo ha trasformato questa realtà.
iv. “Durante la persecuzione, gli schiavi dimostrarono di poter affrontare la prova e soffrire per la propria fede con un coraggio caratteristico dei romani nati liberi. Sia la schiava Blandina che la sua padrona soffrirono la persecuzione che scoppiò contro le chiese della Valle del Rodano nel 177 d.C., ma fu la schiava ad essere l’eroina della persecuzione, lasciando stupiti sia gli amici che i nemici, come una ‘nobile atleta’ nella corsa verso il martirio.” (Bruce)
v. “Nel 202 d.C., nell’arena di Cartagine, gli spettatori rimasero senza parole quando la matrona romana Perpetua rimase mano nella mano con la propria schiava Felicitas, mentre si trovavano entrambe a fronteggiare la stessa morte a motivo della loro stessa fede.” (Bruce)
2. (12-17) La vita dell’uomo nuovo.
Vestitevi dunque come eletti di Dio, santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro un altro; e come Cristo vi ha perdonato, così fate pure voi. E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore. E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui.
a. Dunque come eletti di Dio: L’uomo nuovo è un eletto di Dio. Ciò significa che Dio ha scelto il cristiano affinché abbia un ruolo speciale nel Suo piano. “Eletto” è una parola che spaventa alcuni, ma dovrebbe invece essere vista sia come una consolazione che un destino da adempiere.
b. Vestitevi […] di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà: Ognuna delle qualità menzionate in questo passaggio si esprime tramite relazioni. Una parte significante della nostra vita cristiana si trova semplicemente nel modo in cui trattiamo le persone e nella qualità della nostra relazione con loro.
i. “È molto importante notare che ognuna delle qualità qui elencate ha a che fare con le relazioni personali tra gli uomini. Non viene fatta alcuna menzione di virtù quali l’efficienza o l’intelligenza, la diligenza o la laboriosità – non che queste non siano importanti. Tuttavia, le grandi virtù cristiane basilari sono quelle che regolano le relazioni umane.” (Barclay)
ii. Viscere di misericordia: Altre versioni traducono con “tenera misericordia”. Se qualcosa è tenero, vuol dire che è sensibile al tocco. “L’apostolo vuole che provino anche la più piccola delle miserie altrui e, come i loro vestiti ricoprono i loro corpi, così il loro sentimento più tenero dovrebbe essere sempre alla portata del miserabile.” (Clarke)
iii. Benignità: “Gli scrittori antichi definivano chrestotes come la virtù dell’uomo che riteneva il bene del prossimo tanto prezioso quanto il proprio… Veniva usato in riferimento al vino che col tempo diveniva dolce e perdeva la propria asprezza. È la stessa parola che viene usata da Gesù quando disse: ‘Il mio giogo è dolce’ (Matteo 11:30).” (Barclay)
iv. Possiamo affermare che l’umiltà (che non era considerata una virtù tra gli antichi greci) è la “madre” sia della mansuetudine che della pazienza. La mansuetudine mostra l’effetto che l’umiltà ha sulle mie azioni nei confronti degli altri; non dominerò, non manipolerò né estorcerò per i miei propri scopi, anche se ho il potere e l’abilità di farlo. La pazienza mostra l’effetto che l’umiltà ha sulle mie reazioni nei confronti degli altri; non sarò impaziente, intemperato o pieno di risentimento verso le debolezze e i peccati degli altri.
c. E perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro un altro; e come Cristo vi ha perdonato, così fate pure voi: Ci viene detto di vivere perdonandoci gli uni gli altri, così come Gesù elargisce il perdono verso di noi. Comprendere il modo in cui Gesù ci ha perdonati ci renderà sempre più generosi – e mai avidi – nel perdonare.
i. Quando consideriamo l’incredibile debito che Gesù ci ha perdonato, in confronto alla piccolezza dei debiti che gli altri hanno nei nostri confronti, sarebbe ingrato da parte nostra non perdonare (come vediamo nella parabola narrata da Gesù in Matteo 18:21-35). “Il perdono che hanno ricevuto viene usato per rafforzare il dovere di perdonare gli altri.” (Peake)
ii. Quando meditiamo su come Cristo ci ha perdonato, ciò dovrebbe spingerci ad essere più generosi nel perdonare.
·Dio trattiene la propria ira per molto tempo quando pecchiamo contro di Lui. Egli ci sopporta a lungo, anche quando Lo provochiamo duramente.
·Dio tende la mano alle persone malvagie per offrire loro il perdono; la tendenza dell’uomo non è quella di riconciliarsi, se la persona che reca l’offesa ha un carattere intrattabile.
·Dio fa il primo passo verso di noi nel perdono; la tendenza dell’uomo è quella di riconciliarsi, solamente se la persona che reca l’offesa desidera il perdono e fa il primo passo.
·Dio perdona sapendo già che peccheremo di nuovo, a volte anche nello stesso modo. La tendenza dell’uomo è quella di perdonare, solo se la persona che reca l’offesa promette solennemente di non commettere più lo stesso errore.
·Il perdono di Dio è tanto completo e glorioso che Egli concede l’adozione a coloro che in precedenza erano colpevoli. La tendenza dell’uomo, anche quando viene offerto il perdono, è quella di non conferire di nuovo al trasgressore una posizione elevata o di collaborazione.
·Dio ha portato tutta la punizione per il peccato che abbiamo commesso contro di Lui. La tendenza dell’uomo, quando riceve un’offesa, è quella di non perdonare, a meno che il colpevole non accetti di subire tutte le conseguenze del torto arrecato.
·Dio tende costantemente la mano all’uomo come offerta di riconciliazione, anche quando l’uomo si rifiuta volta dopo volta. La tendenza dell’uomo è quella di non continuare ad offrire riconciliazione, se questa viene rigettata anche solo una volta.
·Dio non richiede alcun periodo di prova per poter ricevere il Suo perdono. La tendenza dell’uomo è quella di non riappacificarsi con il colpevole senza prima fargli attraversare un periodo di prova.
·Il perdono di Dio offre completa restaurazione e onore. La tendenza dell’uomo è quella di voler essere lodati anche solo per la tolleranza mostrata verso coloro che peccano contro di noi.
·Dopo averci perdonato, Dio ripone la propria fiducia in noi e ci reinvita a lavorare con Lui come Suoi collaboratori. La tendenza dell’uomo è quella di non fidarsi di coloro che nel passato lo hanno ferito.
iii. “Supponiamo che qualcuno vi abbia offeso profondamente e che poi vi chieda perdono; non gli direste probabilmente: ‘Beh, sì, ti perdono, ma io – io – io non posso dimenticare’? Ah! Cari amici, questo è un perdono con una gamba amputata, è un perdono zoppo che non vale molto.” (Spurgeon)
d. E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione: L’amore è il riassunto di tutte le cose descritte in questo passaggio. L’amore adempie perfettamente ciò che Dio richiede da noi nelle relazioni.
i. E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore: “Sopra tutte, al di sopra di tutte; come un soprabito ricopre tutti gli indumenti indossati, così la carità o l’amore copre ed avvolge tutto il resto… Che questo sia dunque il soprabito che ricopre l’intero uomo.” (Clarke)
ii. “Tutte le virtù elencate nei versetti 12 e 13 sono, nella loro massima espressione, manifestazioni d’amore; tuttavia, l’amore è più grande di esse, anzi, è più grande di tutte loro messe insieme.” (Vaughan)
iii. “Le altre virtù, ricercate senza amore, sono distorte e senza equilibrio.” (Wright)
e. E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori: Il regnare della pace di Dio significa che la pace dovrebbe caratterizzare la comunità del popolo di Dio e che la pace è lo standard attraverso cui discernere la volontà di Dio.
i. “L’apostolo dice: ‘Che regni’. In greco ha il significato di “arbitrare”. Ogni qual volta avete a che fare con decisioni da prendere su questioni incerte, da cui dipende il vostro turbamento o la vostra pace, adoperatevi per quelle scelte che promuovono la pace sia vostra che altrui. Che la pace di Dio faccia da arbitro.” (Meyer)
ii. “La pace di Cristo giudichi, decida e governi nei vostri cuori, così come il brabeus, o giudice, fa nelle gare olimpiche… Quando un uomo perde la propria pace, è la terribile prova che ha perso qualcos’altro, che egli ha ceduto al male, e ha rattristato lo Spirito di Dio.” (Clarke)
iii. Wright vede il contesto della comunità: “La ‘pace’ qui non è la serenità interiore ed individuale che accompagna una fiducia umile e piena nell’amore di Dio, ma è una pace che caratterizza la comunità, il ‘corpo’ nella sua interezza.”
f. La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali: L’uomo nuovo cammina nella parola di Dio e nell’adorazione insieme ad altri credenti.
i. Abiti in voi: “Sembra trattarsi di un’allusione alla Shekhinah, il simbolo della presenza Divina, che dimorava nel tabernacolo e nel primo tempio.” (Clarke)
ii. Salmi, inni e cantici spirituali: Questa differenziazione suggerisce che Dio si compiace di un’adorazione creativa e spontanea. L’enfasi è più sulla varietà che sulle categorie specifiche. “Possiamo vedere a malapena quale sia l’esatta differenza tra queste tre espressioni.” (Clarke)
iii. “La parola di Cristo deve abitare in loro tanto copiosamente da trovare spontanea espressione nel canto religioso nelle assemblee cristiane o nelle case.” (Peake)
g. Fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù: L’uomo nuovo vive la propria vita, ogni giorno della propria vita, per Gesù. Cerca di fare solo quelle cose che può fare nel nome del Signore Gesù e persevera nonostante le difficoltà incontrate nel farle, consapevole che sono fatte nel nome del Signore Gesù.
3. (18-19) La relazione matrimoniale dell’uomo nuovo.
Mogli, siate sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. Mariti, amate le mogli e non v’inasprite contro di loro.
a. Mogli, siate sottomesse: La parola in greco antico tradotta con sottomesse è sostanzialmente un termine preso in prestito dall’esercito, il cui significato letterale è “essere inferiore di grado”. Parla di come l’esercito sia suddiviso in diversi livelli di gerarchia, come generali, colonnelli, maggiori, capitani, sergenti e soldati semplici. Ci sono diversi gradi ed ognuno è obbligato a rispettare coloro che sono più in alto nella scala gerarchica.
i. Sappiamo che, in quanto persona, un soldato semplice può essere più intelligente, più talentuoso e una persona migliore di un generale, ma rimane pur sempre di grado inferiore. Non è sottomesso al generale in quanto persona, ma proprio perché è un generale. Allo stesso modo, la moglie non si sottomette al marito perché ne è meritevole, ma perché è suo marito.
ii. Il concetto di sottomissione non ha nulla a che fare con l’intelligenza, il valore o il talento di una persona. Ha a che fare invece con l’ordine stabilito da Dio. “Chiunque abbia servito nell’esercito sa che il ‘grado’ si riferisce all’ordine e all’autorità, non al valore o all’abilità.” (Wiersbe)
iii. “L’uguaglianza tra uomini e donne davanti al Signore, di cui Paolo scrisse in Galati 3:28, non è stata ritrattata, ma non ha nemmeno il significato di identicità del ruolo o della funzione.” (Wright)
iv. Dunque, sottomissione vuol dire far parte di una squadra. Se la famiglia è una squadra, allora il marito ne è il “capitano”. La moglie ha la propria posizione in relazione al “capitano” e, similmente, i figli hanno la propria posizione rispetto al “capitano” e alla moglie.
v. “La forma riflessiva del verbo (hypotassesthe) mostra che la sottomissione deve essere volontaria. La sottomissione della moglie non deve mai essere forzata da un marito esigente; è anzi il rispetto che una moglie amorevole mostra volentieri, consapevole del fatto che la sua casa (proprio come qualsiasi altra istituzione) ha bisogno di un capo.” (Vaughan)
b. Mogli, siate sottomesse ai mariti: Ciò determina il destinatario della sottomissione di una moglie – il proprio marito. La Bibbia non comanda né raccomanda una sottomissione generale delle donne agli uomini. È un comando che riguarda solamente gli ambiti della casa e della chiesa. Dio non ordina che sia l’uomo ad avere l’autorità esclusiva nelle aree della politica, dell’economia, dell’istruzione e così via.
c. Come si conviene nel Signore: Si tratta di una frase cruciale che determina il modo in cui comprendiamo questo passaggio. Ci sono due principali interpretazioni “sbagliate” di questa frase, ognuna delle quali predilige una determinata “posizione”.
i. L’interpretazione che “favorisce” il marito sostiene che secondo “come si conviene nel Signore” una moglie deve sottomettersi al marito come se fosse Dio stesso. In altre parole, “come ti sottometti a Dio in ogni cosa e in maniera assoluta senza fare domande, così devi sottometterti a tuo marito”. Questo pensiero presuppone che “come si conviene nel Signore” definisca l’estensione della sottomissione. Ciò però è sbagliato. In parole povere, da nessuna parte la Scrittura dice che una persona debba sottomettersi a un’altra in questa maniera. Ci sono limiti alla sottomissione che un datore di lavoro può aspettarsi da te. Ci sono limiti alla sottomissione che il governo può aspettarsi da te. Ci sono limiti alla sottomissione che i genitori possono aspettarsi dai propri figli. Mai e poi mai la Scrittura insegna una sottomissione incondizionata e senza eccezioni – se non a Dio e Dio soltanto. Contravvenire a ciò è peccare di idolatria.
ii. L’interpretazione che “favorisce” la moglie sostiene che “come si conviene nel Signore” significa “Mi sottometterò a lui finché fa ciò che vuole il Signore”. Diviene dunque il compito della moglie decidere quello che è il volere di Dio. Secondo questa idea, “come si conviene nel Signore” definisce il limite della sottomissione. Anche questo è sbagliato. Sebbene sia vero che ci sono limiti alla sottomissione di una moglie, un approccio del genere a “come si conviene nel Signore” fa degenerare la situazione fino a renderla “Mi sottometterò a mio marito quando sono d’accordo con lui. Mi sottometterò a lui quando prenderà le giuste decisioni e le realizzerà nel modo giusto. Quando prende una decisione sbagliata, vuol dire che non è nel Signore, perciò in quel caso non sono chiamata a sottomettermi. Non conviene farlo”. In poche parole, è tutto fuorché sottomissione. Eccetto che per coloro che sono palesemente litigiosi e polemici, ognuno si sottomette all’altro quando c’è accordo. È solo nel disaccordo che la sottomissione viene messa alla prova.
iii. “Come si conviene nel Signore” non definisce l’estensione della sottomissione di una moglie, né ne traccia il limite. Determina piuttosto la ragione dietro tale sottomissione e significa “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, perché ciò è parte del vostro dovere verso il Signore e perché è un’espressione della vostra sottomissione a Lui”. Si sottomettono semplicemente perché conviene farlo nel Signore. Porta onore alla Parola di Dio e all’ordine di autorità da Lui stabilito, ed è parte del loro dovere e discepolato cristiano.
iv. “La frase ‘nel Signore’ indica che la sottomissione della moglie è il comportamento corretto da seguire non solo nell’ordine naturale ma anche in quello cristiano. Il tutto viene portato così ad un livello nuovo e più elevato.” (Vaughan)
v. Dunque, “come si conviene nel Signore” significa:
·Per le mogli la sottomissione verso i loro mariti fa parte della loro vita cristiana.
·Quando una moglie non obbedisce a questa parola di sottomettersi al proprio marito come si conviene nel Signore, non solo viene meno come moglie, ma viene meno anche come seguace di Gesù Cristo.
·Ciò significa che il comandamento a sottomettersi non ha niente a che vedere con “la mia natura” o “la mia personalità”. Le mogli non devono sottomettersi, perché sono “la parte remissiva”. Si devono sottomettere, perché così è come si conviene nel Signore.
·Non ha a che fare con l’intelligenza, il talento o le capacità di tuo marito. Ha a che fare con l’onorare il Signore Gesù Cristo.
·Ciò non ha a che fare con il fatto che tuo marito possa avere “ragione” o meno rispetto a una data situazione. Ha a che fare con il fatto che Gesù ha ragione.
·Questo significa che una donna dovrebbe fare tanta attenzione a come sceglie suo marito. Signore, ricordate: questo è ciò che Dio vuole dal vostro matrimonio. Questo è ciò che Egli si aspetta da voi. Invece di cercare un uomo attraente, invece di cercare un uomo ricco, invece di cercare un uomo romantico, è meglio cercare un uomo che siete in grado di rispettare.
vi. Come per ogni relazione umana, il comandamento a sottomettersi non è assoluto. Ci sono eccezioni per una moglie al comandamento di sottomettersi al proprio marito.
·Quando il marito chiede a sua moglie di peccare, lei non deve sottomettersi.
·Quando il marito è clinicamente incapace di intendere e di volere, pazzo o sotto l’influenza di sostanze che alterano le capacità mentali, la moglie non è chiamata a sottomettersi.
·Quando il marito è violento e pericoloso fisicamente, la moglie non è chiamata a sottomettersi.
·Quando il marito infrange il vincolo matrimoniale con l’adulterio, la moglie non deve sottomettersi al marito adultero.
vii. “Se un discepolo stoico avesse chiesto perché si sarebbe dovuto comportare in un certo modo, il suo maestro gli avrebbe detto senza alcun dubbio che era ciò che si “conviene” fare, perché in conformità con la natura. Quando un neofita cristiano poneva la stessa domanda, la risposta che riceveva era che tale comportamento è ciò che ‘si conviene nel Signore’; i membri della comunità di credenti dovrebbero dunque vivere così per amore di Cristo.” (Bruce)
d. Mariti, amate le mogli: Le parole di Paolo ai mariti salvaguardano le sue parole dirette alle mogli. Sebbene le mogli debbano sottomettersi ai propri mariti, ciò non dà il diritto a questi ultimi di comportarsi da tiranni nei confronti delle proprie mogli. Piuttosto, il marito deve amare sua moglie. Il termine in greco antico utilizzato qui per il verbo amate è agape.
i. Questo pone i mariti sotto un obbligo significativo. Nel mondo antico – nelle usanze ebraiche, greche e romane – tutto il potere ed i privilegi appartenevano ai mariti per quanto riguardava le mogli, ai padri per quanto riguardava i figli, ai padroni per quanto riguardava gli schiavi. Non c’erano poteri o privilegi complementari da parte delle mogli, dei figli o degli schiavi.
ii. “Agapao non denota un legame affettivo o romantico; indica, piuttosto, un amore premuroso, un atteggiamento mentale intenzionale che si preoccupa del benessere del proprio caro.” (Vaughan)
iii. Per essere precisi, agape non può essere definito come “l’amore di Dio”, perché la Scrittura dichiara che gli uomini agape il peccato ed il mondo (Giovanni 3:19, 1 Giovanni 2:15). Cionondimeno, può essere descritto come un amore coinvolgente e generoso che si sacrifica. La parola ha poco a che vedere con le emozioni; ha più a che fare con la rinuncia a sé stessi per il bene di un altro.
·È un amore che ama senza cambiare.
·È un amore che si dona senza pretendere né aspettarsi nulla in cambio.
·È un amore così grande che può essere esteso agli odiosi e sgradevoli.
·È un amore che ama anche quando viene rigettato.
·L’amore agape dà e ama, perché lo vuole; non pretende né si aspetta un contraccambio per l’amore dato. Dà perché ama, non ama con lo scopo di ottenere.
iv. Leggendo questo passaggio, possiamo pensare che Paolo intenda questo: “Marito, sii buono con tua moglie” oppure “marito, sii gentile con tua moglie”. Non c’è dubbio che questo già sarebbe un grande progresso per molti matrimoni, ma non è quello che Paolo sta cercando di comunicare con le proprie parole. Ciò che sta dicendo è: “Marito, rinnega continuamente te stesso per amore di tua moglie”.
v. Ovviamente, questo amore agape è il tipo di amore che Gesù ha per il Suo popolo ed è l’amore che i mariti dovrebbero imitare ed avere verso le proprie mogli (Efesini 5:25).
e. E non v’inasprite contro di loro: Ciò sembra suggerire che forse la moglie abbia dato al marito alcuni motivi per inasprirsi. Paolo dice: “Marito, non ha importanza”. Il marito può sentirsi perfettamente giustificato nell’avere un atteggiamento e un comportamento duro o insensibile nei confronti della propria moglie, ma non c’è in realtà alcuna giustificazione – non importa come si sia comportata la moglie nei suoi confronti.
i. Agape ama anche quando ci sono mancanze ovvie e lampanti, anche quando il ricevente non è degno di quell’amore.
4. (20-21) Il rapporto genitore-figlio dell’uomo nuovo.
Figli, ubbidite ai genitori in ogni cosa, poiché questo è accettevole al Signore. Padri, non provocate ad ira i vostri figli, affinché non si scoraggino.
a. Figli, ubbidite ai genitori in ogni cosa: Paolo allude a quei figli che vivono ancora a casa con i propri genitori e sono sotto la loro autorità. Questi non solo devono onorare i propri padri e le proprie madri (come si legge in Efesini 6:2), ma devono anche ubbidire loro e ubbidir loro in ogni cosa.
i. Quando il figlio cresce e lascia la casa dei genitori, non è più sotto lo stesso vincolo di obbedienza, sebbene l’obbligo di onorare il padre e la madre permanga.
b. Poiché questo è accettevole al Signore: Questo è uno dei motivi importanti alla base dell’obbedienza di un figlio. Quando un figlio rispetta l’autorità dei propri genitori, rispetta l’ordine di autorità stabilito da Dio in altre aree della vita.
i. I concetti di ordine di autorità e di sottomissione ad un ordine di autorità sono talmente importanti per Dio che fanno parte del Suo stesso essere. La Prima Persona della Santa Trinità è il Padre, la Seconda Persona della Santa Trinità è il Figlio. Implicito in questi titoli è il rapporto di autorità e sottomissione all’autorità.
ii. Il Padre esercita autorità sul Figlio ed il Figlio si sottomette all’autorità del Padre – e questa è la natura ed il vero essere di Dio! Il nostro fallimento di esercitare l’autorità biblica e di sottometterci ad essa non è solamente sbagliato e triste, ma va contro la natura stessa di Dio. Ricordiamo cosa dice 1 Samuele 15:23: Poiché la ribellione è come il peccato di divinazione.
c. Padri, non provocate ad ira i vostri figli: I figli hanno la responsabilità di obbedire, ma i genitori – qui racchiusi nella parola padri – hanno la responsabilità di non provocare i propri figli. I genitori possono provocare i propri figli con un comportamento troppo duro, troppo esigente, esercitando un eccessivo controllo, senza misericordia o semplicemente rabbioso. Questa durezza si può esprimere attraverso parole, azioni o anche una comunicazione non verbale.
i. Nella maggior parte dei problemi genitoriali, il genitore incolpa il figlio. Questo è facile da fare, perché il problema è solitamente più evidente nel comportamento negativo del figlio. Paolo, però, saggiamente ci ricorda che il cattivo comportamento può effettivamente essere provocato dal genitore. In questo caso, il comportamento negativo del figlio non è giustificato, ma può spiegare parte della causa. Il comando dato ai genitori è di fare tutto ciò che possono per non provocare i loro figli.
ii. Provocare: “Esasperare con comandi esigenti, una perpetua ipercritica e disturbare per il semplice gusto di farlo.” (Peake)
iii. “I genitori, soprattutto i padri, vengono esortati a non irritare i propri figli con richieste tanto irragionevoli da portarli allo scoraggiamento e da far loro credere che sia inutile cercare di compiacere i propri genitori.” (Bruce)
iv. “Il termine ‘padri’ può riferirsi ai genitori di entrambi i sessi, sebbene rivolga un occhio di riguardo al ruolo del padre, nei limiti dell’ordine stabilito da Dio, nella crescita dei figli.” (Wright)
d. Affinché non si scoraggino: I figli che crescono con genitori che li provocano si scoraggeranno. Non sperimenteranno l’amore e il sostegno dei propri genitori come dovrebbero e inizieranno a credere che tutto il mondo sia contro di loro, secondo la percezione che hanno dei loro genitori. Questo ci ricorda quanto sia importante condire il nostro ruolo di genitori con molta grazia. Forse dovremmo essere misericordiosi, mansueti, clementi e longanimi con i nostri figli, così come Dio lo è con noi.
5. (3:22-4:1) Il rapporto padrone-servo dell’uomo nuovo.
Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne, non servendo solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo Dio. E qualunque cosa facciate, fatelo di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete la ricompensa dell’eredità, poiché voi servite a Cristo, il Signore. Ma chi opera ingiustamente riceverà la retribuzione delle cose ingiuste che ha fatte, e non c’è parzialità con alcuno. Padroni, fate ciò che è giusto e ragionevole verso i servi, sapendo che anche voi avete un Padrone nei cieli.
a. Ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne: I cristiani, rivestendosi dell’uomo nuovo, dimostreranno un giusto atteggiamento di sottomissione verso i propri padroni – nel contesto moderno ciò si traduce verso i loro datori di lavoro o supervisori.
i. Si tratta di un altro ambito dell’ordine di autorità di Dio. Il ruolo stabilito da Dio per i lavoratori è quello di ubbidienza e sottomissione ai loro datori di lavoro e supervisori.
ii. “Si sarà notato che questa sezione è molto più lunga delle altre due; la sua lunghezza si potrebbe attribuire alle lunghe conversazioni che Paolo deve aver avuto con Onesimo, uno schiavo in fuga, il quale successivamente fu rimandato indietro al proprio padrone Filemone.” (Barclay)
iii. “Più della metà delle persone presenti sulle strade delle grandi città del mondo romano erano schiavi, condizione condivisa dalla maggior parte dei professionisti del tempo, quali insegnanti e dottori, domestici e artigiani.” (Vaughan)
b. Non servendo solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo Dio: Siamo sempre tentati di lavorare facendo il minimo indispensabile, pensando di dover piacere solo agli uomini. Tuttavia, Dio vuole che ogni lavoratore capisca che, alla fine, lavora per Lui. Perciò, dovrebbero farlo di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini. Dio promette di ricompensare coloro che lavorano con questa disposizione di cuore.
i. Il lavoratore cristiano disonesto, pigro e inaffidabile ha qualcosa di molto più grave di cui preoccuparsi che di un rimprovero da parte del suo supervisore terreno. Anche il suo supervisore celeste potrebbe preparare un richiamo per lui.
ii. “Molto più riprovevole è l’atteggiamento degli “scansafatiche” odierni, i quali hanno stipulato un contratto per servire il proprio datore di lavoro e ricevono una remunerazione concordata in cambio della propria prestazione. Gli schiavi cristiani, tuttavia – o i dipendenti cristiani dei giorni nostri – hanno la più alta delle motivazioni per svolgere il proprio dovere in maniera fedele e coscienziosa; sono, al di sopra di ogni altra cosa, servi di Cristo ed il loro lavoro sarà, prima di tutto, per piacere a Lui.” (Bruce)
iii. La ricompensa dell’eredità: “Bisognerebbe interpretare ‘eredità’ nel modo giusto; il riferimento è chiaramente diretto alla vita nell’età a venire. Ciò è ironico, dato che in termini terreni gli schiavi non potevano ereditare alcuna proprietà.” (Wright)
iv. Poiché voi servite a Cristo, il Signore: “Il vigore di questa frase insolita (da nessun’altra parte Paolo usa i titoli ‘Signore’ e ‘Cristo’ senza affiancarvi il nome ‘Gesù’) potrebbe essere evidenziato da una parafrasi del tipo: ‘Lavorate dunque per il vero Padrone – Cristo!’” (Wright)
c. Ma chi opera ingiustamente riceverà la retribuzione delle cose ingiuste che ha fatte: Quando un operaio cristiano svolge male il proprio lavoro, non dovrebbe aspettarsi una benevolenza speciale da parte del suo capo, soprattutto se il suo capo è un cristiano. Essere cristiani dovrebbe renderci maggiormente responsabili, non meno.
i. “È possibile che un servo infedele faccia un torto o truffi il proprio padrone in molti modi senza essere scoperto; è bene però ricordare ciò che viene detto qui: colui che opera ingiustamente riceverà la retribuzione delle cose ingiuste che ha fatte; Dio lo vede e lo punirà per aver violato onestà e fiducia.” (Clarke)
ii. Riceverà la retribuzione… e non c’è parzialità con alcuno: Per gli antichi schiavi cristiani e gli odierni operai cristiani, non c’è alcuna garanzia sulla terra di imparzialità nel trattamento da parte di coloro per cui lavorano. A volte, parzialità significa che i cattivi operai vengono ricompensati ingiustamente, mentre i buoni dipendenti vengono penalizzati o lasciati senza ricompensa. Paolo rassicura sia i fratelli di allora che noi ricordandoci che ci sono una ricompensa ed una punizione finali, in cui non c’è parzialità.
iii. In Efesini 6:9 Paolo si rivolge ai padroni avvertendoli che non c’è parzialità presso Dio. In questo testo Paolo avvisa i servi che non c’è parzialità presso Dio. “In Efesini i padroni non devono pensare che Dio sia influenzato dalla posizione sociale; in questo passaggio gli schiavi non devono comportarsi impudentemente, solo perché sanno che gli uomini li trattano come degli schiavi irresponsabili.” (Vaughan)
d. Padroni, fate ciò che è giusto e ragionevole verso i servi: Rivestendosi dell’uomo nuovo, i cristiani saranno giusti e ragionevoli verso quelli che lavorano per loro. Imbrogliare o maltrattare i propri dipendenti è una cosa terribile da fare per un capo, ma è molto peggio se a farlo è un cristiano.
i. Giusto e ragionevole: Tale comandamento rivolto ai padroni è di gran lunga più potente di un comando ad essere gentili o amichevoli nei confronti degli schiavi. Si può essere gentili o amichevoli con gli animali, ma siamo giusti e ragionevoli solo verso altri esseri umani. Paolo chiese ai padroni di fare qualcosa che avrebbe danneggiato le stesse fondamenta della schiavitù.
ii. In tutta la storia del cristianesimo ci sono stati alcuni che hanno usato questi passaggi, in cui Paolo parla agli schiavi e ai loro padroni, per giustificare o, addirittura, promuovere la pratica della schiavitù. Altri, invece, hanno incolpato questi passaggi per averle dato il via. Eppure, non si può dare la colpa al cristianesimo per la schiavitù; era una pratica universale che ha preceduto sia la nascita del cristianesimo che della nazione giudaica. Al contrario, l’abolizione della schiavitù è giunta da persone e comportamenti cristiani e non da una delle altre religioni – tantomeno dal secolarismo.
iii. Senza iniziare un’ovvia protesta contro la schiavitù, sembra che Paolo sapesse che, se avesse potuto stabilire l’uguaglianza degli schiavi nel corpo di Cristo, che si trattava di esseri umani come tutti gli altri con responsabilità e diritti (da trattare in modo giusto e ragionevole), allora col tempo l’intera struttura della schiavitù all’interno dell’Impero Romano sarebbe crollata – e così è stato.
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