Atti 28 – Arrivo di Paolo a Roma.
A. Ministero di Paolo sull’isola di Malta.
1. (1-2) Gli isolani di Malta sono sbalorditi quando Paolo rimane miracolosamente illeso dal morso di un serpente.
Dopo essere giunti in salvo a terra, seppero allora che quell’isola si chiamava Malta. Gli abitanti del luogo usarono verso di noi una gentilezza non comune, perché accesero un gran fuoco e accolsero tutti per la pioggia che cadeva e per il freddo.
a. Seppero allora che quell’isola si chiamava Malta: Quei marinai esperti conoscevano certamente Malta, ma non quel lato dell’isola. Quasi tutto il traffico di Malta arrivava al porto principale, sul lato opposto; questo lato dell’isola era per loro sconosciuto.
b. Accolsero tutti per la pioggia che cadeva e per il freddo: Luca scrive come uno che ha vissuto questa esperienza, sia la gentilezza degli abitanti di Malta che il freddo e l’umidità della tempesta. Malta potrebbe significare rifugio, un nome appropriato.
i. Il significato del nome Malta è alquanto controverso, a seconda che il nome affondi le sue radici nella lingua degli antichi Fenici o degli antichi Greci. Se il nome ha origini greche, è probabile che abbia il significato di “miele” a causa dell’apicoltura praticata sull’isola. Se invece il nome deriva dalla lingua degli antichi Fenici, probabilmente assume il significato di “rifugio”.
2. (3-6) Paolo morso da un serpente.
Ora mentre Paolo raccoglieva un gran fascio di rami secchi e li posava sul fuoco, a motivo del calore ne uscì una vipera e gli si attaccò alla mano. Quando gli abitanti del luogo videro la serpe che gli pendeva dalla mano, dissero l’un l’altro: «Quest’uomo è certamente un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la giustizia divina non gli permette di sopravvivere». Ma Paolo, scossa la serpe nel fuoco, non ne risentì alcun male. Or essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto all’istante; ma dopo aver lungamente aspettato e vedendo che non gli avveniva nulla di insolito, mutarono parere e cominciarono a dire che egli era un dio.
a. Mentre Paolo raccoglieva un gran fascio di rami secchi: Il grande apostolo raccoglieva la legna per il fuoco, anche se probabilmente tra i 276 passeggeri e l’equipaggio c’erano decine di persone molto più adatte a questo compito. Il cuore di servitore di Paolo era sempre evidente.
b. Ne uscì una vipera e gli si attaccò alla mano: Paolo era fedele a Dio e viveva da vero servitore, ma ciò non gli impedì di affrontare tale prova. Il suo umile servizio fece emergere una vipera, che non si limitò a mordicchiare Paolo, ma gli si attaccò alla mano.
i. Paolo non si lasciò turbare. Non gridò: “Perché Dio? Non ne posso più!” o “Non vedi che ti sto servendo?”. Paolo non guardò quelli seduti attorno al fuoco e disse: “Siete dei pigri! Se aveste raccolto la legna al posto mio, questo non mi sarebbe successo!”.
ii. La reazione di Paolo sembrava calma e non preoccupata: scosse la serpe nel fuoco.
c. Quest’uomo è certamente un omicida… la giustizia divina non gli permette di sopravvivere: Gli indigeni erano convinti che la giustizia avesse finalmente raggiunto il prigioniero. Giustizia è in realtà un riferimento alla dea greca della giustizia, Dike. Gli abitanti del luogo, sapendo che Paolo era prigioniero, pensavano che avesse commesso un grande crimine e che la dea della giustizia non avrebbe permesso a Paolo di fuggire impunito.
d. Non ne risentì alcun male: Dio non preservò Paolo dalla tempesta solo per lasciarlo morire a causa di un serpente. Paolo era al sicuro. Gli era stato promesso che sarebbe andato a Roma (come tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma, Atti 23:11), e non era ancora arrivato là. Non si trattava tanto del fatto che nulla avrebbe fermato Paolo, quanto del fatto che nulla avrebbe impedito alla promessa di Dio di realizzarsi.
i. Paolo poteva considerare la fedeltà passata di Dio come una promessa di benedizione e protezione futura.
ii. Per estensione, vediamo anche che la “giustizia divina” non aveva più alcuna pretesa nei confronti di Paolo: era stata interamente ripagata dall’opera di Gesù sulla croce. La giustizia di Dio non avrebbe mai potuto nuocere a Paolo, né a chiunque abbia ricevuto il perdono di tutti i suoi peccati mediante l’opera di Gesù sulla croce.
e. Cominciarono a dire che egli era un dio: È una reazione tipicamente umana. Per la gente del posto, Paolo doveva essere visto agli estremi: o era terribilmente malvagio o era considerato un dio. In realtà, Paolo non era né un criminale che meritava una punizione né un dio. Questo è un motivo in più per essere cauti su ciò che gli altri pensano di noi, sia nel bene che nel male.
3. (7-10) Paolo guarisce il padre di Publio e molti altri.
In quei dintorni aveva i suoi poderi il capo dell’isola di nome Publio; egli ci accolse e ci ospitò con tanta cortesia per tre giorni. Or avvenne che il padre di Publio giaceva a letto, malato di febbre e di dissenteria; Paolo andò a trovarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano delle malattie venivano ed erano guariti; e questi ci colmarono di grandi onori e, quando salpammo, ci fornirono delle cose necessarie.
a. Il capo dell’isola… ci accolse e ci ospitò con tanta cortesia per tre giorni: Fu una grande benedizione e un forte contrasto con la miseria delle due settimane precedenti in mare. Dio concesse a Paolo, Luca e Aristarco una stagione di sollievo e di ristoro.
i. Il capo dell’isola: Si tratta del “termine tecnico esatto per indicare la persona che rappresentava Roma in quel luogo; è un altro esempio della straordinaria precisione di Luca.” (Boice)
b. Il padre di Publio giaceva a letto, malato di febbre e di dissenteria: Alcuni pensano che si trattasse di una malattia nota come febbre di Malta, che deriva da un microrganismo presente nel latte delle capre maltesi. I suoi sintomi durano di solito circa quattro mesi.
c. Paolo andò a trovarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì: Dio guarì quell’uomo, ma ciò avvenne grazie alla volontà e all’attività di Paolo. Dio fece l’opera, ma Paolo si rese pronto e disponibile a compierla.
d. Anche gli altri isolani che avevano delle malattie venivano ed erano guariti: Ben presto, l’opera svolta da Paolo si estese a molte altre persone. La parola “guariti” non è la parola abituale usata per indicare una guarigione miracolosa. La parola significa più letteralmente “ricevere cure mediche”. È possibile che Luca (che era un medico secondo Colossesi 4:14) abbia prestato servizio come missionario medico a Malta.
B. Paolo a Roma.
1. (11-15) Parte finale del viaggio di Paolo verso Roma.
Tre mesi dopo, partimmo su una nave di Alessandria, che aveva svernato nell’isola, avente per insegna Castore e Polluce. Arrivati a Siracusa, vi restammo tre giorni. E di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. Il giorno dopo si levò lo scirocco, e in due giorni arrivammo a Pozzuoli. Avendo trovato qui dei fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E così giungemmo a Roma. Or i fratelli di là, avute nostre notizie, ci vennero incontro fino al Foro Appio e alle Tre Taverne; e Paolo, quando li vide, rese grazie a Dio e prese coraggio.
a. Tre mesi dopo: Trascorsero tre mesi a Malta, raccogliendo le forze e aspettando la fine dell’inverno.
b. Arrivati a Siracusa: Fu la prima tappa da Malta. Siracusa era una città famosa nel mondo antico, essendo la capitale dell’isola di Sicilia.
i. Archimede, il famoso matematico, aveva vissuto a Siracusa. Quando i Romani conquistarono l’isola, un soldato gli puntò un pugnale alla gola mentre lavorava a un problema di matematica, disegnando nella terra. Archimede disse: “Fermati, stai disturbando la mia equazione!” e il soldato lo uccise.
c. Reggio… Pozzuoli… e così giungemmo a Roma: Mentre Paolo e gli altri si dirigevano verso il nord della penisola italiana, passarono del tempo con i seguaci di Gesù che incontrarono lungo la strada (avendo trovato qui dei fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni).
d. Or i fratelli di là, avute nostre notizie, ci vennero incontro fino al Foro Appio e alle Tre Taverne: Alla fine furono accolti fuori Roma dai cristiani della città che vennero loro incontro. Essi onorarono Paolo salutandolo come si salutavano gli imperatori quando arrivavano a Roma: gli andarono incontro mentre entrava in città, percorrendo il lungo tragitto (circa 69 chilometri) fino al Foro Appio per accogliere Paolo e i suoi compagni.
i. Avendo ricevuto la famosa lettera di Paolo ai Romani qualche anno prima, probabilmente avevano la sensazione di conoscerlo già – e certamente volevano onorarlo. Alla luce dell’amore e dell’onore che si celavano dietro il saluto, non c’è da stupirsi che Paolo abbia reso grazie a Dio e si sia fatto coraggio.
ii. “Luca è ben lontano dal dare l’impressione che Paolo sia stato il primo a portare il vangelo a Roma… la presenza di quei cristiani – i fratelli, come li chiama Luca – fornisce una prova sufficiente che il vangelo era già arrivato a Roma.” (Bruce) C’erano dei Giudei di Roma presenti alla predicazione di Pietro a Pentecoste molti anni prima (Atti 2:10), quindi probabilmente c’erano dei cristiani originari di Roma fin dall’inizio.
iii. Si può dire che trattarono Paolo alla stregua di un re. “Era consuetudine, quando un imperatore visitava una città, che il popolo gli andasse incontro e lo scortasse di nuovo in città.” (Horton)
iv. Eppure, durante la sua seconda prigionia romana, Paolo fu lasciato solo e dimenticato (2 Timoteo 4:9-16), il che significa che, in un certo senso, i cristiani di Roma non mantennero (o forse non poterono mantenere) l’amore e l’onore per Paolo.
2. (16) Lo status di Paolo come prigioniero a Roma.
Quando giungemmo a Roma, il centurione consegnò i prigionieri al capitano della guardia; ma a Paolo fu concesso di abitare per conto suo con un soldato di guardia.
a. Quando giungemmo a Roma: Alla fine, si realizzò la promessa di Gesù. Paolo aveva deciso di recarsi a Roma già nel suo terzo viaggio missionario (Atti 19:21, Romani 1:15). A Gerusalemme, Gesù aveva promesso a Paolo che sarebbe arrivato a Roma (Atti 23:11) e aveva rinnovato la promessa durante le due settimane di tempesta in mare (Atti 27:23-25).
i. “Ora, proprio alla fine del libro, l’apostolo arriva a Roma. Si realizza così la profezia di Gesù secondo cui i suoi discepoli sarebbero stati Suoi testimoni “fino agli estremi confini della terra”. (Boice)
ii. Quando Paolo arrivò a Roma, la città esisteva già da quasi 800 anni. Il famoso Colosseo non era ancora stato costruito e gli edifici più importanti erano il tempio di Giove, i palazzi di Cesare e il tempio di Marte (il dio della guerra). All’epoca, Roma aveva una popolazione di circa due milioni di abitanti: un milione di schiavi e un milione di liberi. La società era divisa grossomodo in tre classi: Una piccola classe superiore, una grande classe di poveri e gli schiavi.
b. Il centurione consegnò i prigionieri al capitano della guardia: Questo fu un momento felice per il centurione Giulio, che compì il suo dovere e riuscì a portare a Roma tutti i prigionieri di Cesarea (Atti 27:1) con l’aiuto prezioso di Paolo.
c. Un soldato di guardia: Paolo non si trovava in una prigione normale. Gli era stato concesso di abitare per conto suo e di provvedere al proprio spazio vitale (una casa in affitto, secondo Atti 28:30). Ciononostante, era costantemente sotto la supervisione di una guardia romana e spesso era incatenato. La rotazione delle guardie gli permetteva di avere sempre a disposizione persone con cui parlare.
i. “Veniva leggermente incatenato a un soldato per il polso… Il soldato veniva sostituito ogni quattro ore circa, ma per Paolo non c’era un sollievo analogo.” (Bruce)
ii. In Filippesi 1:13, scritto durante questo periodo di custodia romana, Paolo racconta come il suo messaggio raggiunse le guardie del palazzo di Roma. Pur essendo prigioniero, era il suo pubblico a essere veramente prigioniero.
3. (17-20) Paolo si rivolge alla comunità ebraica di Roma.
Tre giorni dopo, Paolo chiamò i capi dei Giudei. Quando furono radunati, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il popolo né contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Dopo aver esaminato il mio caso, essi volevano liberarmi, perché non vi era in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, fui costretto ad appellarmi a Cesare; non che io avessi alcuna accusa da fare contro la mia nazione. Per questa ragione dunque vi ho fatti chiamare per vedervi e per parlarvi, poiché è a motivo della speranza d’Israele che io porto questa catena».
a. Paolo chiamò i capi dei Giudei: Paolo seguì la sua regolare consuetudine di andare prima dai Giudei in ogni città in cui si recava come evangelista. Gli bastarono tre giorni per avere un incontro con i capi dei Giudei a Roma.
b. Fratelli: Paolo voleva che sapessero che non aveva abbandonato Israele e che li considerava ancora fratelli. Allo stesso modo, Paolo spiegò alla folla sul monte del tempio all’inizio di questa prova: In verità io sono un Giudeo (Atti 22:3).
c. Senza aver fatto nulla contro il popolo né contro le usanze dei padri: Paolo voleva che sapessero che era innocente di qualsiasi crimine contro la legge o il popolo ebraico.
d. Dopo aver esaminato il mio caso, essi volevano liberarmi: Paolo voleva che sapessero che i Romani erano pronti e disposti a liberarlo.
e. Non che io avessi alcuna accusa da fare contro la mia nazione: Paolo voleva che sapessero che non aveva intentato una contro-causa o un’accusa contro la leadership ebraica che lo aveva accusato.
f. È a motivo della speranza d’Israele che io porto questa catena: Paolo voleva che sapessero che era prigioniero a causa della sua fede nel Messia di Israele, la speranza d’Israele.
i. Con l’avvicinarsi dell’anno 70 d.C., il tempo stava per scadere prima che una calamità nazionale senza precedenti colpisse un Israele che rifiutava Gesù. In circa dieci anni sarebbe stato chiaro che Gesù era la speranza d’Israele, ma una speranza che molti di loro avevano rifiutato.
4. (21-22) Risposta dei capi dei Giudei a Paolo.
Ma essi gli dissero: «Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera a tuo riguardo dalla Giudea, né è venuto alcuno dei fratelli a riferire o a dire alcun male di te. Ma desideriamo sapere da te ciò che pensi perché, quanto a questa setta, ci è noto che ne parlano male ovunque».
a. Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera a tuo riguardo dalla Giudea: Questo dimostra che i capi religiosi che avevano accusato Paolo a Gerusalemme e a Cesarea sapevano che il loro caso era senza speranza. Non provarono nemmeno a mandare avanti i documenti che avvaloravano il loro caso contro di lui.
b. Né è venuto alcuno dei fratelli a riferire o a dire alcun male di te: Paolo voleva sapere cosa avevano sentito da Gerusalemme su di lui, ma i Giudei di Roma non avevano ancora sentito parlare di Paolo.
c. Desideriamo sapere da te ciò che pensi perché, quanto a questa setta, ci è noto che ne parlano male ovunque: Pur non sapendo nulla di Paolo, avevano sentito dire che il cristianesimo era impopolare tra alcuni e che se ne parlava male ovunque. Bisogna elogiarli per aver voluto ascoltare la storia da Paolo in persona.
5. (23-24) La comunità ebraica di Roma ascolta il vangelo da Paolo.
Avendogli fissato un giorno, vennero in gran numero da lui nel suo alloggio; ed egli, da mattina a sera, esponeva e testimoniava loro del regno di Dio e, tramite la legge di Mosè e i profeti, cercava di persuaderli sulle cose che riguardano Gesù. Alcuni si lasciarono convincere dalle cose dette, ma gli altri rimasero increduli.
a. Da mattina a sera, esponeva e testimoniava loro del regno di Dio e, tramite la legge di Mosè e i profeti, cercava di persuaderli sulle cose che riguardano Gesù: In quello che deve essere stato un meraviglioso momento di insegnamento, Paolo parlò loro del regno di Dio e fece uno studio esaustivo di come l’Antico Testamento parlava di Gesù – da mattina a sera.
b. Testimoniava loro del regno di Dio: Parlando del regno di Dio, Paolo insegnava senza dubbio ciò che aveva insegnato Gesù: in Gesù Dio ha portato un regno spirituale che si sarebbe radicato nel cuore degli uomini prima di prendere il controllo dei governi di questo mondo. La maggior parte del popolo ebraico del tempo di Gesù e di Paolo cercava un regno politico, non un regno spirituale.
c. Alcuni si lasciarono convincere dalle cose dette, ma gli altri rimasero increduli: In risposta allo straordinario insegnamento di Paolo, durato un intero giorno, alcuni credettero e misero la propria fiducia in Gesù. Altri no e rimasero increduli. Nemmeno il miglior insegnamento del miglior apostolo nelle migliori circostanze riuscì a persuaderli.
6. (25-27) Paolo spiega il rifiuto al vangelo a partire da Isaia 6:9-10.
Or essendo in disaccordo gli uni con gli altri, se ne andarono, ma non prima che Paolo avesse detto queste precise parole: «Lo Spirito Santo ben parlò ai nostri padri per mezzo del profeta Isaia, dicendo:
“Va’ da questo popolo e digli:
Voi udrete ma non intenderete,
Guarderete ma non vedrete;
Infatti il cuore di questo popolo si è indurito,
E sono diventati duri di orecchi
E hanno chiuso gli occhi,
Affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi,
E non intendano col cuore e non si convertano,
Ed io non li guarisca”».
a. Essendo in disaccordo gli uni con gli altri: Ciò suggerisce che coloro che erano persuasi e coloro che erano increduli iniziarono a discutere tra di loro.
b. Se ne andarono, ma non prima che Paolo avesse detto queste precise parole: «Lo Spirito Santo ben parlò ai nostri padri per mezzo del profeta Isaia»: Paolo sapeva che Isaia aveva profetizzato riguardo alla loro durezza di cuore. Certamente Paolo era felice che alcuni avessero ricevuto il vangelo, ma era indubbiamente angosciato anche quando uno solo di loro respingeva Gesù.
c. Voi udrete ma non intenderete: Fondamentalmente, viene detto questo in Isaia 6:9-10: “Se rifiutate Gesù, potete udire, ma non capirete mai; potete vedere, ma non percepirete mai. Il vostro cuore è e sarà duro, le vostre orecchie e i vostri occhi chiusi, perché non volete davvero rivolgervi a Dio ed essere guariti dal vostro peccato”.
i. Questo messaggio è vero oggi come lo era quando Isaia lo disse per la prima volta o quando Paolo lo citò. Molti ascoltano e rifiutano semplicemente perché non vogliono rivolgersi a Dio ed essere guariti dal loro peccato.
7. (28-29) Paolo li informa che porterà il messaggio di salvezza ai Gentili.
«Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è mandata ai gentili, ed essi l’ascolteranno!». Quando ebbe dette queste cose, i Giudei se ne andarono avendo tra di loro un’accesa discussione.
a. Sappiate dunque: Se alcuni di loro rifiutarono la salvezza di Dio, non per questo la salvezza non ebbe effetto. Significava solo che Dio avrebbe trovato coloro che l’avrebbero ascoltata – in questo caso, i Gentili.
i. Paolo implorava gli uomini di ricevere Gesù, ma non alla stregua di un mendicante. Paolo non soffriva per sé, ma per coloro che rifiutavano, mettendoli solennemente in guardia dalle conseguenze.
ii. Il predicatore del vangelo predica in realtà due messaggi. Per coloro che rispondono al vangelo con fede, egli è un messaggero di vita. Per coloro che rifiutano Gesù, invece, il predicatore aggrava la loro condanna. Per questi un odore di morte a morte, ma per quelli un odore di vita a vita. (2 Corinzi 2:16)
b. Quando ebbe dette queste cose, i Giudei se ne andarono: Questo gruppo misto – alcuni che credevano, altri no – lasciò Paolo a discutere tra loro (tra di loro un’accesa discussione).
i. Qualche anno dopo il richiamo di Paolo ai Giudei che avevano rifiutato Gesù, il popolo ebraico della Giudea fu massacrato in massa e Gerusalemme fu distrutta. Il giudizio di Dio stava arrivando e parte della frustrazione di Paolo dipendeva dal fatto che lo percepiva.
8. (30-31) Paolo trascorre due anni a Roma prima del processo davanti al tribunale di Cesare.
E Paolo rimase due anni interi nella casa che aveva presa in affitto e accoglieva tutti coloro che venivano da lui, predicando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo con tutta franchezza senza alcun impedimento.
a. E Paolo rimase due anni: Paolo aveva trascorso più di due anni a Cesarea in attesa che il suo caso si risolvesse (Atti 24:27). Ora trascorre altri due anni in attesa che il suo caso venga discusso davanti a Cesare.
i. “Il prolungamento di due anni della permanenza di Paolo a Roma può essere adeguatamente spiegato con la congestione degli affari giudiziari. Ci volle tutto questo tempo perché il suo caso venisse sottoposto a udienza.” (Bruce)
b. Nella casa che aveva presa in affitto: Probabilmente Paolo continuò il suo lavoro di fabbricante di tende (lavoratore del cuoio) per permettersi l’affitto di casa (come in Atti 18:1-2 e 20:33-35). Paolo era un uomo che lavorava sempre sodo.
c. Accoglieva tutti coloro che venivano da lui: Un esempio di persona che accolse a Roma fu un convertito di Paolo, uno schiavo fuggito di nome Onesimo (Filemone 1:10), al quale l’apostolo disse di tornare dal padrone Filemone.
d. Predicando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo con tutta franchezza: Pur non potendo viaggiare, Paolo poteva insegnare e predicare a tutti coloro che si rivolgevano a lui, e così fece. Scrisse anche delle lettere; dobbiamo ringraziare questi due anni di custodia romana per le lettere agli Efesini, ai Filippesi e ai Colossesi.
i. Quei due anni non furono sprecati e nemmeno Dio sprecò il tempo trascorso da Paolo a Roma. Dio non spreca mai il nostro tempo, ma noi possiamo sprecarlo se non percepiamo lo scopo di Dio per la nostra vita in questo momento.
ii. Paolo alla fine si presentò davanti a Cesare Nerone. È del tutto ragionevole credere che egli gli abbia annunciato con coraggio e potenza il vangelo, come Dio aveva promesso (Atti 9:15 e 23:11).
iii. Sembra probabile che Paolo sia stato assolto da queste accuse e, secondo la maggior parte delle stime, sia stato libero per altri quattro o cinque anni, finché non fu nuovamente arrestato, imprigionato, condannato e giustiziato a Roma per ordine di Nerone nel 66 o 67 d.C., come affermano le tradizioni storiche della chiesa primitiva.
iv. Probabilmente Luca non registrò l’apparizione di Paolo davanti a Cesare perché il vangelo di Luca e il libro degli Atti furono scritti per fornire al tribunale romano gli antefatti e i fatti del caso di Paolo nel suo processo davanti a Cesare.
e. Senza alcun impedimento: Le catene e la custodia di Paolo non avevano alcuna importanza. La parola di Dio era libera.
i. Durante il viaggio di Paolo verso Roma, il mare, i soldati e il serpente minacciarono la sua vita, ma Dio lo liberò da tutto ciò. Attraverso Paolo, Dio dimostra che l’uomo di Dio, che compie la Sua volontà, non può essere fermato, anche se può incontrare difficoltà di ogni genere.
ii. Infine, anche l’incredulità di alcuni Giudei – o il rifiuto di Gesù da parte di chiunque altro – non ostacolerà il vangelo. Il vangelo andrà avanti e troverà coloro che crederanno.
iii. Matteo 22:1-14 è un’illustrazione sotto forma di parabola del libro degli Atti degli Apostoli. Dio aveva preparato un banchetto per Israele e li aveva invitati a parteciparvi (ai tempi del ministero di Gesù), ma essi non vollero accettare. Poi mandò un secondo invito, dopo che tutto era pronto, ma non vennero nemmeno allora; anzi, uccisero i servi di Dio che portavano il messaggio della festa. Infine, Dio invitò tutti coloro che sarebbero venuti, compresi i Gentili – ma potevano venire solo se erano vestiti con le vesti di Gesù.
f. Con tutta franchezza senza alcun impedimento: Non c’è fine alla storia, perché la storia della chiesa continua nei secoli. Confidando in Gesù, affidandosi alla potenza dello Spirito Santo e alla guida del Padre, la Parola di Dio continuerà a diffondersi senza ostacoli e a cambiare le vite per la gloria di Dio. Il libro degli Atti degli Apostoli è in realtà una storia senza fine.
i. “Ora a Colui che è in grado di operare in modo che nessuno possa impedirlo, sia ogni onore e gloria, dominio e potenza, nei secoli dei secoli. Amen.” (Poole)
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