Atti 16




Atti 16 – Inizio del Secondo Viaggio Missionario di Paolo

A. Dalla città di Derbe a Troas.

1. (1-2) Paolo incontra Timoteo a Listra.

Or egli giunse a Derbe e a Listra; qui c’era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna giudea credente, ma di padre greco, di cui rendevano buona testimonianza i fratelli di Listra e di Iconio.

a. Or egli giunse a Derbe e a Listra: Paolo (con Sila) arrivò a Derbe, dove durante il suo primo viaggio missionario ebbe grande successo (Atti 14:20-21), e a Listra, dove sempre nello stesso viaggio la folla cercò di onorare Paolo e Barnaba come se fossero divinità pagane (Atti 14:8-20).

i. Paolo intraprese il suo secondo viaggio missionario partendo da Antiochia. Prima di tutto, attraversò le regioni della Siria e della Cilicia, confermando le chiese (Atti 15:40-41).

ii. Secondo il calcolo effettuato da William Barclay, il primo viaggio missionario ebbe luogo cinque anni prima degli eventi di questo capitolo. Paolo era ansioso di vedere di persona come l’opera del Signore continuava nelle chiese che aveva fondato cinque anni prima.

b. Qui c’era un discepolo, di nome Timoteo: Da quando Paolo aveva lasciato Listra, un giovane di nome Timoteo stava servendo il Signore (di cui rendevano buona testimonianza i fratelli). Timoteo aveva una madre credente di origini ebraiche (figlio di una donna giudea credente) e un padre greco (probabilmente) non credente.

i. L’ultima volta che Paolo fu a Listra, prima lo venerarono come un dio e poi cercarono di ucciderlo mediante lapidazione (Atti 14:11-20). Il coraggio e la saggezza di Paolo di fronte a tali ostacoli costituirono un grande insegnamento nella vita di persone come Timoteo.

2. (3-5) Timoteo si unisce a Paolo e a Sila e la loro opera continua.

Paolo volle che questi andasse con lui; così presolo con sé, lo circoncise a motivo dei Giudei che erano in quei luoghi, perché tutti sapevano che suo padre era greco. E, come essi attraversavano le città, ordinavano loro di osservare le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme. Le chiese dunque erano fortificate nella fede e crescevano di numero ogni giorno.

a. Paolo volle che questi andasse con lui: Paolo rimase colpito da Timoteo tanto da chiedergli di unirsi al loro gruppo missionario. Qui si vede la provvidenza di Dio, visto che Giovanni Marco e Barnaba si erano appena separati da Paolo (Atti 15:36-41). Nessun operaio nel regno di Dio è insostituibile. Quando un Barnaba viene a mancare (per qualsiasi ragione), Dio ha sempre un Timoteo che vada con lui.

b. Presolo con sé, lo circoncise a motivo dei Giudei che erano in quei luoghi: Paolo fece circoncidere Timoteo, non a motivo della sua salvezza (Paolo non l’avrebbe mai fatto), ma affinché si riducessero al minimo gli ostacoli al ministero fra i Giudei.

i. In Atti 15, Paolo sostiene con forza che non è necessario che i Gentili si convertano alla legge di Mosè per ottenere la salvezza (Atti 15:2 e 15:12). Quando Paolo incontrò Timoteo, stava riferendo la notizia della decisione presa dal concilio in Atti 15 (come essi attraversavano le città, ordinavano loro di osservare le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme).

ii. Comunque sia, Paolo non contraddisse la propria convinzione o il verdetto del concilio quando fece circoncidere Timoteo. Infatti, Paolo non lo fece per la salvezza di Timoteo o per la sua posizione davanti a Dio, ma affinché lo status di uomo non circonciso e di madre ebrea non ostacolasse la loro opera in mezzo ai Giudei e nelle sinagoghe. Paolo fece per amore ciò che altrimenti non avrebbe fatto per piacere a Dio in modo legalistico. Paolo ripeté che Tito, un collaboratore gentile, non dovette farsi circoncidere (Galati 2:3-5).

iii. “Secondo la legge ebraica Timoteo era un giudeo, perché figlio di una donna ebrea, ma poiché non era circonciso era tecnicamente un giudeo apostata. Se Paolo desiderava mantenere i suoi legami con la sinagoga, non poteva essere visto come un sostenitore dell’apostasia.” (Bruce)

iv. “Per Paolo, essere un buon cristiano non voleva dire essere un cattivo ebreo.” (Longenecker) Le parole di Atti 16:3 lasciano intendere che fu Paolo stesso ad eseguire la circoncisione (presolo con sé, lo circoncise).

c. Le chiese dunque erano fortificate nella fede e crescevano di numero ogni giorno: Paolo, Sila e Timoteo ebbero insieme grandi risultati nella loro opera di consolidamento e sviluppo delle chiese.

i. Il loro lavoro ebbe successo perché consolidare le chiese era la loro preoccupazione primaria. Le chiese forti crescono naturalmente di numero ogni giorno, senza bisogno di affidarsi a metodi manipolatori e incentrati sull’uomo.

3. (6-8) Lo Spirito Santo impedisce a Paolo di dirigersi nella provincia dell’Asia Minore.

Mentre attraversavano la Frigia e la regione della Galazia, furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola in Asia. Giunti ai confini della Misia, essi tentavano di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro. Così, attraversata la Misia, discesero a Troas.

a. Furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola in Asia: Dopo aver fortificato le chiese della regione, Paolo provò ad andare a sud-ovest, verso l’importante città di Efeso, ma furono impediti dallo Spirito Santo.

i. Notiamo con interesse che lo Spirito Santo effettivamente proibì a Paolo di fare qualcosa che normalmente consideriamo buono: predicare la Parola di Dio a coloro che ne hanno bisogno. Eppure, era lo Spirito di Dio a dirigere l’opera e Paolo non era la persona giusta nel posto giusto al momento giusto per iniziare a portare il vangelo nella provincia romana dell’Asia Minore. Certamente, non c’era nulla di sbagliato nel desiderio di Paolo di annunziare la parola in Asia, ma, non essendo il tempo di Dio, furono impediti dallo Spirito Santo.

ii. È difficile dire con esattezza in che modo lo Spirito Santo disse di no: magari attraverso una parola profetica, la voce interiore dello Spirito Santo o le circostanze. In un modo o nell’altro, Paolo e la sua compagnia ricevettero il messaggio. Efeso sarebbe arrivata dopo, non ora.

iii. Asia non fa riferimento all’Estremo Oriente come lo intendiamo noi oggi, ma alla provincia romana dell’Asia Minore, l’odierna Turchia.

b. Tentavano di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro: Dopo il tentativo di recarsi in Asia, Paolo cercò di andare verso nord in Bitinia, ma anche questa volta gli fu impedito dallo Spirito Santo. Perciò, discesero a Troas.

i. Paolo non era partito con l’intenzione di andare a Troas. Per lui era almeno la terza opzione, ma andò per volontà dello Spirito Santo. Paolo, straordinariamente sensibile allo Spirito Santo, era disposto a deporre la propria volontà e i propri progetti per seguire la direzione che lo Spirito Santo gli impartiva.

ii. Paolo fu guidato dagli impedimenti. Lo Spirito Santo spesso ci guida tanto chiudendo le porte quanto aprendole.

iii. David Livingstone voleva andare in Cina, ma Dio lo mandò in Africa. William Carey voleva andare in Polinesia, ma Dio lo mandò in India. Adoniram Judson andò in India, ma Dio lo guidò in Birmania. Dio ci guida lungo la strada, al luogo perfetto.

4. (9-10) Dio dirige Paolo verso la regione della Macedonia.

Durante la notte apparve a Paolo una visione. Gli stava davanti un uomo Macedone, che lo supplicava e diceva: «Passa in Macedonia e soccorrici». Dopo che ebbe visto la visione, cercammo subito di passare in Macedonia, persuasi che il Signore ci aveva chiamati là per annunziare loro il vangelo.

a. Durante la notte apparve a Paolo una visione: A Troas, Dio diede a Paolo una direzione ben chiara. In una visione, Paolo fu invitato a recarsi in Macedonia, regione a ovest del mar Egeo.

i. L’episodio fece spostare Paolo e la sua squadra missionaria dal continente asiatico a quello europeo, dando il via alla prima impresa missionaria in Europa.

ii. La sapienza e la grandezza del piano di Dio cominciavano a manifestarsi. Nella mente di Paolo, la sua intenzione era di raggiungere alcune città della sua regione, ma Dio voleva dargli un continente da conquistare per Gesù Cristo.

b. Gli stava davanti un uomo Macedone, che lo supplicava e diceva: «Passa in Macedonia e soccorrici»: L’uomo macedone voleva aiuto. Allora Paolo si recò in Macedonia per portare il vangelo, il miglior aiuto possibile.

i. L’aiuto più grande che possiamo offrire a qualcuno è il vangelo di Gesù Cristo che cambia la vita. Insieme al vangelo è sempre bene offrire altri tipi di aiuto, ma senza di esso l’aiuto vero che viene dato è davvero poco.

c. Dopo che ebbe visto la visione, cercammo subito di passare: Paolo non esitò a rispondere alla chiamata di soccorso dell’uomo macedone e la sua squadra missionaria non esitò a seguirlo sulla base di quella chiamata. Paolo era un uomo forte e devoto a Dio, alla guida di una squadra altrettanto forte e devota.

i. Ancora oggi Dio chiama le persone nel campo di missione in modi a volte insoliti ed è ancora possibile che un certo uomo macedone rivolga una chiamata a servire Dio in un luogo lontano. Quando ciò accade, è importante rispondere così come fecero Paolo e la sua squadra.

d. Cercammo subito di passare: Il cambio di soggetto da essi (discesero a Troas, Atti 16:8) a noi in questo versetto significa probabilmente che Luca si unì al gruppo missionario a Troas, accodandosi forse anche come dottore personale di Paolo.

i. Ora vediamo un’altra ragione per cui furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola in Asia e vediamo un’altra ragione per cui lo Spirito non permise loro di andare in Bitinia. Dio voleva che Paolo e la sua squadra andassero a Troas a prendere un medico di nome Luca. Proprio perché Dio disse di “no” a Paolo per due volte, oggi abbiamo il vangelo e il libro degli Atti degli Apostoli scritti dal dottore Luca.

ii. In quel momento, Paolo probabilmente non era in grado di apprezzare la vera grandezza del proposito di Dio. Dio voleva dargli un continente da portare a Gesù, voleva dargli un dottore personale e voleva dare a tutti l’uomo che Dio avrebbe usato per scrivere la maggior parte del Nuovo Testamento. Dio sa quello che fa quando dice: “No”.

B. Opera di Paolo nella città macedone di Filippi.

1. (11-12) Arrivo a Filippi.

Perciò, salpando da Troas, ci dirigemmo a Samotracia, e il giorno seguente a Neapolis, e di là a Filippi, che è la prima città di quella parte della Macedonia e una colonia romana; e restammo in quella città diversi giorni.

a. Salpando da Troas: Paolo e il suo gruppo missionario (ora comprendente anche Luca) dovettero attraversare il mar Egeo, dal continente asiatico a quello europeo. Fu un grande passo, forse più grande di quanto Paolo riuscisse a immaginare.

i. “L’espressione ‘facemmo vela direttamente per la Samotracia’ (Ricciotti) è piuttosto eloquente, perché era usata nel mondo nautico per indicare che il vento soffiava alle loro spalle. Infatti, il vento fu così favorevole che navigarono circa 250 km in soli due giorni, mentre per tornare dall’altra parte successivamente (Atti 20:6) impiegarono cinque giorni.” (Hughes)

b. Di là a Filippi, che è la prima città di quella parte della Macedonia: Il piano seguito da Paolo era di fondare chiese nelle città più grandi, perché sapeva che il vangelo si sarebbe diffuso più facilmente da quelle città piuttosto che verso di esse.

i. Filippi era “il luogo dove le armate di Marco Antonio e di Ottaviano avevano sconfitto Bruto e Cassio durante la battaglia decisiva della seconda guerra civile romana nel 42 a.C.” (Hughes) Era per questo motivo che molti soldati romani si ritirarono nella zona e che Filippi era orgogliosa del suo legame con Roma.

2. (13-15) Conversione di Lidia.

Il giorno di sabato andammo fuori città lungo il fiume, dove era il luogo ordinario della preghiera; e, postici a sedere, parlavamo alle donne che erano là radunate.E una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, che adorava Dio, stava ad ascoltare. E il Signore aprì il suo cuore per dare ascolto alle cose dette da Paolo. Dopo essere stata battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate e rimanete in casa mia» E ci costrinse ad accettare.

a. Il giorno di sabato andammo fuori città lungo il fiume, dove era il luogo ordinario della preghiera: Il fatto che a Filippi non c’era una sinagoga e che i Giudei si radunavano nei pressi del fiume indica che nella città c’erano pochi uomini giudei.

i. “Se ci fossero stati dieci uomini ebrei, sarebbero stati in numero sufficiente per istituire una sinagoga. Nessun numero di donne avrebbe potuto compensare l’assenza di un solo uomo necessario a formare il quorum di dieci persone.” (Bruce)

b. Lidia, commerciante di porpora: Chiunque fosse commerciante di porpora trattava prodotti preziosi e di lusso. Le tinture utilizzate per la produzione di porpora, infatti, erano costose e molto apprezzate. Questa donna fu la prima convertita in Europa e si potrebbe dire che l’uomo macedone si rivelò essere in realtà una donna.

i. Della città di Tiatira: Tiatira era ben nota come centro per la tintura di porpora e per i tessuti che se ne ricavavano. In seguito, nella città sorse anche una chiesa, una delle sette chiese menzionate in Apocalisse (Apocalisse 2:18-29).

c. E il Signore aprì il suo cuore per dare ascolto alle cose dette da Paolo: Prima della conversione di Lidia (dimostrata dal battesimo), il Signore aprì il suo cuore. È un’opera che Dio deve fare in tutti coloro che credono. Come disse Gesù: Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira (Giovanni 6:44).

i. Pertanto, un elemento fondamentale nelle attività di evangelizzazione è quello di chiedere a Dio, attraverso la preghiera, di aprire i cuori, perché senza di questo non ci possono essere conversioni autentiche.

d. Ci pregò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate e rimanete in casa mia»: Subito Lidia si mise a fare del bene. La sua ospitalità fu toccante, costituendo un esempio meraviglioso.

3. (16-17) Una giovane schiava posseduta segue Paolo.

Ora, mentre andavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza».

a. Una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione… procurava molto guadagno ai suoi padroni: Pur essendo posseduta, la ragazza, in qualità di divinatrice, era una fonte di denaro per i suoi padroni, probabilmente perché i demoni le davano la capacità soprannaturale di vedere nella vita delle persone.

i. “In realtà dice: ‘Aveva uno di spirito di Pythona’. Non avendo per noi molto significato, non viene tradotto letteralmente, ma ‘pythona’, come suggerisce il termine, era un tipo di serpente, il pitone. Viene usato in questo passo perché il pitone era associato al dio Apollo… non molto lontano da Filippi, proprio in quella zona d’Europa, c’era un santuario dedicato all’Apollo Pitico.” (Boice)

ii. Oggi, gran parte di ciò che fanno cartomanti e sensitivi è solo una messinscena per fare soldi, ma quando è reale e ha un’origine soprannaturale (al contrario di una congettura arguta e perspicace), non c’è dubbio che sia di provenienza demoniaca. Ancora oggi ci sono quelli che hanno uno spirito di divinazione.

iii. Poiché i demoni sono esseri creati e non “divinità”, riteniamo che non siano in grado di leggere la mente né di predire il futuro; tuttavia, sono capaci di leggere e prevedere il comportamento umano, cercando di manipolare gli eventi verso la conclusione predetta in precedenza.

b. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza»: La giovane schiava posseduta dallo spirito maligno predicò per Paolo, dando una testimonianza demoniaca delle sue credenziali divine e del suo messaggio. Non lo fece solo una volta, ma continuò per molti giorni (Atti 16:18).

4. (18) Paolo scaccia il demone dalla schiava.

Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei». E lo spirito uscì in quell’istante.

a. Ma Paolo, infastidito: Paolo ne era infastidito e non apprezzava la pubblicità gratuita del demone. Non apprezzava la fonte della raccomandazione e la sua opera non aveva bisogno dell’approvazione demoniaca.

i. Paolo sapeva che un uomo è identificato sia dai suoi amici che dai suoi nemici, e poteva fare a meno di una lettera demoniaca di accompagnamento. In questo, Paolo fu proprio come Gesù, il quale diceva spesso ai demoni di tacere, nonostante dicessero la verità a suo riguardo (Matteo 8:28-34, Marco 3:11-12).

b. Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei: Gesù scacciava i demoni con la propria autorità. Paolo, invece, faceva attenzione a rivolgersi ai demoni solo con l’autorità di Gesù Cristo, parlando in questo caso direttamente al demone che affliggeva la ragazza con la stessa autorità.

c. E lo spirito uscì in quell’istante: In questo caso, lo spirito uscì immediatamente, anche se Gesù disse che alcuni demoni sarebbero stati più difficili da scacciare di altri (Matteo 17:21).

i. Bruce traduce la frase, lo spirito uscì lì e subito, e commenta: “Paolo aveva a malapena finito di pronunciare quelle parole quando la giovane fu liberata dal potere demoniaco”.

5. (19-24) Paolo e Sila vengono arrestati, picchiati e imprigionati per aver liberato la giovane schiava dalla possessione demoniaca.

Ora i padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza del mercato davanti ai magistrati; e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare». Allora la folla insorse tutta insieme contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero frustati. E, dopo averli battuti con molti colpi, li gettarono in prigione, comandando al carceriere di tenerli al sicuro. Questi, ricevuto un tale ordine, li gettò nella parte più interna della prigione e fissò i loro piedi ai ceppi.

a. I padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita: Questo spiega il pessimo trattamento ricevuto da Paolo e Sila. Ai padroni della giovane posseduta non interessava nulla della ragazza; a loro importava solo della loro possibilità di trarre profitto dalla possessione della giovane. In pratica, erano i “papponi” dell’occulto, costringendo la ragazza a prostituirsi spiritualmente.

b. Presero Paolo e Sila: Paolo e Sila furono individuati non solo perché erano i leader del gruppo evangelistico, ma anche per il loro aspetto, che era palesemente ebraico. Ciò si evince anche dal modo in cui gli avversari cominciarono ad accusarli: “Questi uomini, che sono Giudei”.

i. Luca era un gentile e Timoteo era giudeo solo per metà. Paolo e Sila, invece, sembravano ebrei e “il sentimento antiebraico era molto palpabile nell’antichità pagana.” (Bruce) L’obiezione che quegli uomini fossero ebrei è ancora più interessante se si considera che la comunità ebraica di Filippi era piccola.

c. Turbano la nostra città, e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare: Le loro accuse erano vaghe, imputando a Paolo e a Sila di essere semplicemente dei piantagrane. Tuttavia, quelle vaghe accuse furono sufficienti, perché sia la folla che i pretori erano prevenuti nei loro confronti. Erano prevenuti a causa del loro aspetto giudaico e perché davano per scontato che Paolo e Sila non fossero cittadini romani.

i. Nell’Impero romano c’erano due legislazioni molto diverse: una per i cittadini dell’impero e una per i non cittadini. I cittadini romani godevano di diritti civili specifici e custoditi con grande zelo. I non cittadini non avevano diritti civili ed erano alla mercé sia della folla che dei pretori.

ii. Dando per scontato che Paolo e Sila non fossero cittadini dell’impero, si sentirono offesi dal fatto che quegli uomini, palesemente ebrei, molestassero i cittadini romani con la loro strana religione di un Salvatore crocifisso. Inoltre, poiché credevano che Paolo e Sila non fossero cittadini, la folla e i pretori si sentirono liberi di abusare di loro.

iii. “C’era grande indignazione per il fatto che i cittadini romani erano molestati da venditori ambulanti appartenenti a una religione stravagante. Bisognava insegnare a queste persone a conoscere il loro posto e a non disturbare i loro superiori.” (Bruce)

d. Dopo averli battuti con molti colpi, li gettarono in prigione: Dopo essere stati picchiati brutalmente, Paolo e Sila vennero imprigionati in condizioni di massima sicurezza (comandando al carceriere di tenerli al sicuro… nella parte più interna della prigione… fissò i loro piedi ai ceppi).

i. La tradizione giuridica ebraica prevedeva un numero massimo di colpi che potevano essere inferti quando si percuoteva una persona, a differenza dei Romani che non avevano alcun limite. Sappiamo soltanto che Paolo e Sila furono picchiati duramente. Paolo scrisse in seguito della sua vita: nelle fatiche molto di più, nelle battiture grandemente di più, molto più nelle prigionie e spesso in pericolo di morte. (2 Corinzi 11:23)

ii. Dopo essere stati picchiati così duramente, vennero messi in condizioni disagevoli (fissò i loro piedi ai ceppi). “Quei ceppi avevano più di due fori per le gambe, che potevano così essere distanziate l’una dall’altra a tal punto da provocare il massimo fastidio e dolore da crampi.” (Bruce)

iii. Anche nel loro dolore, Dio non era lontano da Paolo e Sila. Tertulliano disse: “Le gambe non sentono nulla nei ceppi quando il cuore è in cielo”.

6. (25) Paolo e Sila cantano in prigione.

Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio; e i prigionieri li udivano.

a. Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio: Pur essendo stati arrestati, battuti e imprigionati per aver fatto del bene, Paolo e Sila erano ripieni di gioia e cantavano lodi a Dio. Sembrava come se nulla potesse impedir loro di lodare il Signore.

i. Chiunque è in grado di essere felice in circostanze favorevoli, ma la vera gioia viene solo dal di dentro, un dono a disposizione di ogni cristiano in ogni tempo. “Invece di maledire gli uomini, benedicevano Dio.” (Stott)

b. E i prigionieri li udivano: Dev’essere stato strano per gli altri prigionieri udire preghiere e lodi a Dio a mezzanotte, nel cuore di una prigione orrenda, le cui pareti probabilmente non avevano mai sentito un suono simile.

7. (26-29) Il grande terremoto e le sue conseguenze.

Improvvisamente si fece un gran terremoto, tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero. Il carceriere, destatosi e viste le porte della prigione spalancate, trasse fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò ad alta voce: «Non farti alcun male, perché noi siamo tutti qui». E, chiesto un lume, egli corse dentro, e tutto tremante si gettò ai piedi di Paolo e Sila;

a. Improvvisamente si fece un gran terremoto: Un terremoto di origine chiaramente soprannaturale, non solo a causa del momento e del luogo, ma anche per il modo in cui tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero.

b. Il carceriere… stava per uccidersi: Il carceriere aveva una buona ragione per farlo. Secondo la legge e la tradizione romana, le guardie che facevano scappare i propri prigionieri ne ricevevano la pena. Conscio di questo, Paolo gridò ad alta voce: «Non farti alcun male, perché noi siamo tutti qui». Assicurò al carceriere che nessuno era scappato.

i. Sarebbe stato facile per Paolo e Sila scappare, pensando che Dio avesse provveduto un’altra evasione miracolosa, ma per loro le vite degli altri erano più importanti della loro libertà o del loro comfort personale.

ii. Non fuggendo, dimostrarono grande discernimento. Le circostanze dicevano: “Fuggite!”, invece l’amore diceva: “Rimanete per il bene di quest’unica anima”. Non erano guidati semplicemente dalle circostanze, ma erano costretti dall’amore.

c. Egli corse dentro, e tutto tremante si gettò ai piedi di Paolo e Sila: Il carceriere intransigente tutto tremante si gettò a terra, compiendo un gesto drastico. L’uomo fu colpito più dall’amore e dalla grazia dimostrati da Paolo e Sila che dal terremoto. Inoltre, è probabile che si trattasse della stessa guardia che qualche ora prima li aveva percossi.

8. (30-32) Conversione del carceriere di Filippi.

Poi li condusse fuori e disse: «Signori, cosa devo fare per essere salvato?». Ed essi dissero: «Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato tu e la casa tua». Poi essi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua.

a. Signori, cosa devo fare per essere salvato? Il carceriere fu colpito a tal punto da Paolo e Sila, dall’amore che gli avevano mostrato e dalla loro capacità di provare gioia anche nella miseria, che desiderò immediatamente di vivere la stessa vita di Paolo e Sila.

i. Dio vuole che le nostre vite siano così: dei magneti naturali che attirano persone a Lui. Il nostro cristianesimo dovrebbe portare gli altri a volere ciò che noi abbiamo con Dio.

b. Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato: La risposta di Paolo al carceriere è una classica dichiarazione dell’essenza del vangelo, la salvezza per grazia soltanto, mediante la fede soltanto.

i. Alcuni temono che l’invito di Paolo alla salvezza sia troppo facile e che promuova una fede troppo facile o una grazia da poco. Altri si rifiutano di predicare il ravvedimento, sostenendo che questo testo dice che non è necessario.

ii. Paolo non chiamò mai espressamente il carceriere a pentirsi, perché si stava già ravvedendo. Vediamo l’umile ravvedimento del carceriere nel fatto che tutto tremante si gettò a terra, nel senso pieno della parola credere (pistis, che significa confidare, affidarsi e aggrapparsi) e nel comando di credere al Signore Gesù Cristo).

iii. Nel caso del carceriere di Filippi, Paolo non lo indirizzò a una consulenza. Non gli fece una lezione di teologia. Non discusse la sua terminologia spirituale. Non gli parlò di sacramenti e nemmeno di chiese. Indicò a quell’uomo, chiaramente ravveduto, la fede in Gesù Cristo.

iv. C’era un vecchio cappellano generale dell’esercito britannico, il vescovo John Taylor Smith, che sottoponeva i candidati alla carica di cappellano a un test unico nel suo genere. Chiedeva loro di dire in che modo avrebbero parlato a un uomo ferito in battaglia, a cui restavano tre minuti di vita, del modo in cui si sarebbe salvato e si sarebbe riconciliato con Dio. Se non fossero riusciti a farlo entro tre minuti, non sarebbero stati adatti al servizio di cappellano. Paolo, invece, sarebbe stato qualificato.

c. Tu e la casa tua: Sembra trattarsi di una promessa specifica per il carceriere di Filippi. Per ispirazione dello Spirito Santo, Paolo disse al carceriere che, come lui, anche la sua famiglia avrebbe messo la propria fiducia in Gesù.

i. Si trattava di una promessa fatta specificamente al carceriere, ma è una promessa che lo Spirito Santo potrebbe ravvivare benissimo anche per noi, aiutandoci a confidare in lui per la salvezza delle nostre famiglie.

ii. Tuttavia, la famiglia del carceriere non fu salvata semplicemente perché lo fu lui; Paolo andò e annunziò la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua. Furono salvati perché avevano messo la propria fede nella Parola di Dio e in Gesù, che ci è rivelato mediante le Scritture.

9. (33-34) Il carceriere di Filippi si prende cura di Paolo e Sila.

Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati. Condottili quindi in casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio.

a. Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe: Lo stesso carceriere che li aveva puniti ora si prendeva cura di Paolo e Sila, delle loro ferite e apparecchiò loro la tavola. Ciò dimostra quanto fosse ravveduto e come avesse seguito l’esempio di amore mostrato da Paolo e Sila.

b. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati: Per il carceriere e la sua famiglia non c’era alcuna ragione di ritardare il battesimo; furono battezzati quella stessa notte, più o meno da mezzanotte in poi (Atti 16:25).

c. E si rallegrava: L’uomo fu portato in pochi minuti dalla paura suicida a una gioia sovrabbondante. Lo Spirito Santo aveva usato la lode coraggiosa di Paolo e Sila mentre si trovavano in tremenda avversità.

10. (35-36) Paolo e Sila tornano in prigione e vengono liberati dai pretori il giorno successivo.

Fattosi giorno i pretori mandarono i littori a dire al carceriere: «Lascia liberi quegli uomini». E il carceriere riferì a Paolo queste parole: «I pretori hanno mandato a dire che siate lasciati liberi; quindi uscite e andate in pace».

a. I pretori mandarono i littori: Paolo e Sila lasciarono la prigione (sotto la custodia del carceriere) per ministrare alla famiglia del carceriere, poi ritornarono alla prigione volontariamente per risparmiare al carceriere morte certa.

b. Lascia liberi quegli uomini: In quelle società che riconoscono pochi diritti ai propri cittadini è normale essere arrestati, percossi, imprigionati e poi rilasciati rapidamente e inaspettatamente. È un tipo di trattamento che riesce a terrorizzare la popolazione, riducendola in sottomissione.

c. I pretori hanno mandato a dire che siate lasciati liberi; quindi uscite e andate in pace: Visto che Paolo e Sila sarebbero stati rilasciati il giorno dopo le percosse, l’arresto e la prigionia, perché Dio mandò il terremoto? In effetti, il terremoto non ebbe assolutamente nulla a che fare con la liberazione di Paolo e Sila dalla prigione, ma era servito esclusivamente per la salvezza di una determinata persona e della sua famiglia.

11. (37-39) Paolo e Sila rivelano di essere cittadini romani.

Ma Paolo disse loro: «Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati in giudizio, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a condurci fuori». I littori riferirono queste parole ai pretori; ed essi, quando udirono che erano cittadini romani, ebbero paura. Or essi vennero e li pregarono di scusarli e, condottili fuori, chiesero loro di lasciare la città.

a. Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati in giudizio, noi che siamo cittadini romani: Essendo cittadini romani, Paolo e Sila godevano di diritti civili riconosciuti, violati dai pretori di Filippi. Appresa la notizia, i pretori furono assaliti dalla paura, perché trattare i cittadini romani come erano stati trattati Paolo e Sila era un grave reato.

i. Perché Paolo e Sila non rivelarono prima la propria cittadinanza? È possibile che non ne avessero avuto l’opportunità, ma è più probabile che lo Spirito Santo li avesse guidati a non rivelarla fino al momento opportuno.

ii. I nostri diritti non sono importanti quanto la nostra ubbidienza alla volontà di Dio. Dio potrebbe chiederci di rinunciare ai nostri diritti per il bene di qualcun altro (in questo caso, per il bene del carceriere di Filippi).

iii. In che modo Paolo e Sila dimostrarono di essere cittadini romani? “È probabile che entrambi avessero una copia della propria professio (o certificato di nascita), su cui veniva registrato il proprio status romano. Le dimensioni li rendevano facili da portare… dichiarare falsamente di essere cittadini romani era punibile con la morte.” (Williams)

b. Essi vennero e li pregarono di scusarli e, condottili fuori, chiesero loro di lasciare la città: I pretori agirono d’istinto, proprio come fanno spesso i politici. Cercarono di far passare il problema in sordina, nascondendolo sotto il tappeto.

12. (40) Paolo e Sila lasciano Filippi alle loro condizioni.

Allora essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia e, visti i fratelli, li consolarono; poi partirono.

a. Visti i fratelli, li consolarono: Solo dopo aver consolato i fratelli acconsentirono a partire. Paolo e Sila non si sarebbero affrettati a lasciare la città finché non avessero portato a termine il loro lavoro lì.

i. Il grande missionario David Livingstone sintetizzò lo spirito di Paolo quando disse: “Sono pronto ad andare ovunque, purché sia in avanti”. (Citato in Barclay)

b. Li consolarono; poi partirono: A Filippi, Paolo e Sila lasciarono due importanti convertiti: Lidia e il carceriere. Gesù aveva toccato le vite di entrambi in modi molto diversi.

i. Lidia frequentava assiduamente la chiesa, la guardia no. Lidia aveva un’attività fiorente; la guardia stava per suicidarsi. Il cuore di Lidia si aprì dolcemente; quello della guardia ebbe uno scontro violento. La guardia ricevette un segno straordinario, un terremoto, ma a Lidia bastò il movimento dello Spirito Santo nel suo cuore. Entrambi udirono il vangelo e credettero e attraverso di loro furono toccate anche le loro intere famiglie!

ii. A Filippi lasciarono una chiesa strana, ma al contempo meravigliosa: Lidia, forse la giovane schiava, il carceriere e la sua famiglia e altri. L’uso della terza persona plurale suggerisce che Luca si sia trattenuto a Filippi per qualche tempo, probabilmente per prendersi cura della nuova congregazione.

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