1 Giovanni 1 – Comunione con Dio
La maggior parte delle persone comprende che le cose più importanti della vita non sono affatto “cose” – sono le nostre relazioni. Dio ha posto dentro ognuno di noi il desiderio di volersi relazionare, un desiderio che Dio ha voluto venisse soddisfatto attraverso i legami con altre persone, ma soprattutto attraverso una relazione con Lui. Giovanni, mediante questa lettera straordinaria, ci parla della verità riguardo alle relazioni e ci mostra come poterne avere di reali, sia in questo tempo che nell’eternità.
A. Scopo della lettera: portarci a instaurare una relazione con Dio.
1. (1-2) Giovanni inizia con il centro della relazione: Gesù Cristo.
Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita (e la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che è stata manifestata a noi),
a. Quel che era dal principio: Il principio inteso da Giovanni non è il principio del mondo né il principio della creazione. Si tratta del principio di Genesi 1:1 e Giovanni 1:1, il principio che c’era ancora prima di ogni cosa, quando tutto ciò che esisteva era Dio.
i. Il principio di Genesi 1:1 è semplice: Nel principio Dio creò i cieli e la terra. Il principio di Giovanni 1:1 è profondo: Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. Giovanni ci riporta indietro nell’eternità passata per incontrare Colui che era dal principio.
ii. Chiunque o qualsiasi cosa sia il soggetto di cui Giovanni scrive, lo scrittore ci dice che è un soggetto eterno e perciò è Dio, perché esso esisteva prima di ogni cosa ed è la fonte e la base dell’esistenza di tutte le cose.
b. Quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato: Ciò indica che questo essere eterno – Colui che era dal principio – venne sulla terra e Giovanni (insieme ad altri) sperimentò personalmente Colui che è eterno.
i. “Non riportiamo nulla per sentito dire, né per tradizione, né sulla base di congetture; noi abbiamo la piena certezza di ciò che scriviamo e predichiamo” (Clarke). L’idea è che questo soggetto eterno, di cui parla Giovanni, è stato udito chiaramente, visto fisicamente, osservato attentamente (abbiamo contemplato) e toccato tangibilmente (le mani hanno toccato). Questa idea avrebbe avuto implicazioni importanti per i suoi lettori.
ii. Le implicazioni erano importanti, perché dichiaravano che questo Dio eterno era diventato accessibile all’uomo nella maniera più semplice, attraverso cui tutti si sarebbero potuti relazionare. Questo Essere eterno si è rivelato a noi e può essere conosciuto.
iii. Le implicazioni erano importanti, perché dimostravano che le parole di Giovanni portavano il peso della testimonianza oculare. Non parlava di un mito, né di una storia ingegnosamente architettata. Egli studiava attentamente questo Essere eterno e conosceva colui del quale stava parlando.
iv. Erano importanti, perché confutavano quegli insegnamenti pericolosi che si stavano insinuando nella chiesa, conosciuti con il nome di gnosticismo. Parte dell’insegnamento dello gnosticismo dichiarava che, benché Gesù fosse Dio, non era in realtà un uomo in carne ed ossa, bensì un fantasma con le sembianze di un uomo. Eppure, Giovanni afferma: “L’ho sentito! L’ho visto! L’ho osservato! L’ho toccato!”
c. La Parola della Vita: Giovanni identifica questo essere esistente sin dall’eternità, che fu presente fisicamente insieme a lui e ad altri (da notare la ripetizione di nostri/e, e non “miei/e”), come la Parola della Vita. Questa è lo stesso Logos menzionato in Giovanni 1:1.
i. Il concetto di Logos – di Parola – era importante sia per Giovanni che per entrambe le culture greca ed ebraica di quei giorni. Gli Ebrei descrivevano Dio come la Parola, perché sapevano che Egli si era rivelato perfettamente in essa. I filosofi greci avevano parlato per secoli del Logos – la base dell’organizzazione e dell’intelligenza nell’universo, la Ragione Suprema che controlla ogni cosa.
ii. È un po’ come se Giovanni stesse dicendo a tutti: “Questo Logos di cui avete parlato e scritto per secoli – ecco, noi Lo abbiamo sentito, L’abbiamo visto, studiato e toccato. Lasciate che adesso vi parli di Lui”.
d. La vita è stata manifestata: Questa vita è stata manifestata, ovvero è stata resa concreta fisicamente a tutti gli effetti. Giovanni ha solennemente affermato in qualità di testimone oculare (noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo) che ciò era la verità. Non si trattava di una favola né di una fiaba. Tutto ciò era reale e Giovanni ce ne ha parlato come testimone diretto.
e. La vita eterna che era presso il Padre: Giovanni riprende le parole di Gesù quando Lo chiama vita eterna (Giovanni 5:26, 6:48 e 11:25). Ripete anche l’idea già espressa nelle prime parole di questa lettera: che Gesù stesso è eterno ed è, dunque, Dio.
i. Possiamo affermare con piena consapevolezza che le persone sono eterne per quanto riguarda il loro futuro, cioè che non moriranno mai, essendo immortali (Giovanni 5:29). Tuttavia, le persone non sono eterne in quanto al passato; dichiarare che qualcosa sia eterno nel passato vuol dire renderlo al pari di Dio o della Sua Parola.
ii. L’esistenza eterna di Gesù è anche dichiarata in Michea 5:2 – Ma tu, o Betlemme Efratah, anche se sei piccola fra le migliaia di Giuda, da te uscirà per me colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini sono dai tempi antichi, dai giorni eterni. Qui l’espressione giorni eterni significa letteralmente “prima dell’inizio di tutte le cose”.
f. Che era presso il Padre: Questo si riferisce al legame eterno tra il Padre ed il Figlio, una relazione eterna di amore e comunione. Gesù ne fa menzione in Giovanni 17:24: “Perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo”.
i. Questa relazione eterna viene descritta chiaramente nelle Scritture, ma è altrettanto possibile comprenderla da un semplice ragionamento logico. Se Dio è amore (1 Giovanni 4:8) ed è eterno (Michea 5:2), realizziamo che l’amore non ha alcun senso se non è condiviso. L’amore ha bisogno di un oggetto e c’è stato un tempo, prima ancora che ogni cosa fosse creata, dove l’unico amore presente nell’universo era quello tra le Persone della Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
g. Era presso il Padre: La parola presso indica che questo essere, che è eterno ed è Lui stesso vita eterna, è distinto dal Padre. Giovanni qui sviluppa la comprensione neotestamentaria della Trinità, cioè l’esistenza di un solo Dio in tre Persone, eguali ed unite, ma distinte.
i. La Bibbia collega i nomi del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in un modo in cui sarebbe impensabile fare con altre persone. Si legge: “Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19). Non diremmo mai, “Andate dunque e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dell’Arcangelo Michele”.
ii. In 2 Corinzi 13:14 leggiamo: La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Non diremmo mai: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore dell’Apostolo Paolo e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”.
iii. Inoltre, si legge: “Eletti secondo la preordinazione di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per ubbidire e per essere aspersi col sangue di Gesù Cristo” (1 Pietro 1:2). Non diremmo mai: “Eletti secondo la preordinazione di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per ubbidire e per essere aspersi col sangue dell’Apostolo Pietro”.
2. (3) Un invito alla relazione.
Quello che abbiamo visto e udito, noi ve lo annunziamo, affinché anche voi abbiate comunione con noi; e la nostra comunione è col Padre e col suo Figlio, Gesù Cristo.
a. Affinché anche voi abbiate comunione con noi; e la nostra comunione è col Padre e col suo Figlio, Gesù Cristo: La dichiarazione di Giovanni riguardo alla Parola della Vita, esistente sin dall’eternità e presente corporalmente, che è Dio, ma che è comunque una persona distinta dal Padre, ha lo scopo di portare i suoi lettori ad avere comunione sia con il popolo di Dio che con Dio stesso.
i. Si può godere di questa comunione, anche se non si comprende per intero la complessità della trinità. Si possono usare gli occhi, anche se non si è a conoscenza di come funzioni dettagliatamente la vista. Si può conoscere Dio e credere in Lui, essendosi Egli rivelato, anche se non si comprende tutto ciò che riguarda la Sua persona o la Sua natura.
b. Comunione: L’idea di comunione è uno dei concetti più importanti nella lettera di Giovanni. È l’antica parola greca koinonia, che vuol dire condivisione, comunità, un legame o una vita condivisa. Dà l’idea di una relazione vivente di amore e condivisione con un’altra persona.
i. “Questa è una delle più grandi affermazioni del Nuovo Testamento e si può dire, senza alcun dubbio, che la sua grandezza sia dovuta alla ricchezza della parola enfatica comunione.” (Morgan)
ii. “La parola greca koinonia deriva dalla parola koinos, che letteralmente significa comune, nel senso di essere in condivisione con tutti” (Morgan). Aiuta considerare l’uso della parola in Atti 2:44: Or tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. La parola comune è l’antica parola greca koinonia.
iii. “Coloro che hanno comunione gli uni con gli altri sono quelli che condividono le stesse risorse e sono legati dalle stesse responsabilità. Ci si sente quasi sopraffatti dall’idea, quando la si applica alla relazione che i credenti hanno con il Padre e con il Suo Figliolo Gesù Cristo… Il Padre, Suo Figlio Gesù Cristo e tutti i credenti hanno ogni cosa in comune. In questa meravigliosa relazione tutte le risorse di ognuno sono a disposizione degli altri. Tale è la grazia del nostro Dio e del Figlio Suo.” (Morgan)
c. Comunione… col Padre e col suo Figlio, Gesù Cristo: questa dichiarazione semplice ed audace attesta che si può avere una relazione con Dio. Tale concetto avrebbe sorpreso molti dei lettori di Giovanni dell’epoca e dovrebbe sbalordire anche noi oggi. La mentalità greca dava grande valore all’idea di comunione, benché fosse limitata ai soli uomini. Avere una relazione intima con Dio era un’idea rivoluzionaria.
i. Gesù diede inizio allo stesso tipo di rivoluzione tra i Giudei quando invitò gli uomini a rivolgersi a Dio come Padre (Matteo 6:9). È davvero possibile avere una relazione vivente e attiva con Dio Padre e con Gesù Cristo. Non solo Egli può essere il nostro Salvatore, ma anche nostro amico e la persona più vicina a noi.
ii. In realtà, per molte persone tale concetto di relazione non è molto invitante, perché in alcuni casi non conoscono Dio ed un invito ad avere una relazione personale con Lui sarebbe come dire ad un ragazzino delle medie che “può essere amico del vicepreside”. Tuttavia, quando scopriamo la grandezza, la bontà e la gloria di Dio, desideriamo avere un rapporto personale con Lui.
iii. Altre persone, invece, si allontanano dalla propria relazione con Dio, perché si sentono molto lontane da Lui. Sebbene vogliano avere un rapporto con Dio, credono di non esserne adeguati, sentendosi perciò distanti. Per rendere possibile questa relazione, hanno bisogno di conoscere ciò che Dio ha fatto.
d. Comunione… col Padre e col suo Figlio, Gesù Cristo: Il tipo di relazione che Giovanni descrive è possibile unicamente perché Gesù è chi Giovanni afferma che Egli sia in 1 Giovanni 1:1-2. Se qualcuno ti invitasse ad avere una “relazione personale” con Napoleone, o Alessandro il Grande, o Abraham Lincoln – o addirittura Mosè o l’Apostolo Paolo, – lo considereresti un pazzo. Non si può avere una relazione “spirituale” genuina con un morto. Ma con il Dio eterno, che divenne uomo, è possibile.
i. La parola comunione non ha in sé solo l’idea di relazione, ma anche della condivisione di una vita insieme. Quando abbiamo comunione con Gesù, diventiamo sempre di più simili a Lui.
ii. I discepoli non avevano questo tipo di comunione con Gesù quando Egli camminò sulla terra insieme a loro. Alla fine del Suo ministero terreno, Gesù disse a Filippo: “Da tanto tempo io sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo?” (Giovanni 14:9). La loro vera comunione non dipendeva dalla loro vicinanza fisica al Gesù uomo, ma dall’opera dello Spirito Santo dopo il sacrificio perfetto di Gesù sulla croce. Perciò, anche noi possiamo entrare in quella comunione con Dio, a cui anche gli apostoli avevano accesso.
e. La nostra comunione è col Padre e col suo Figlio, Gesù Cristo: Abbiamo il potenziale di instaurare una relazione di una vita condivisa con il Padre e con Suo Figlio Gesù Cristo, come se il Padre ed il Figlio fossero in accordo nel farci entrare in questo legame di amore e comunione.
i. L’idea di vita condivisa è essenziale. Ciò non significa che, quando Gesù entra nella nostra vita, ci aiuta a fare le stesse cose, ma ci aiuta a farle meglio di prima. Gesù non viene semplicemente aggiunto alla nostra vita, ma siamo noi che entriamo in una relazione di vita condivisa con Lui. Noi condividiamo le nostre vite con Lui ed Egli condivide la Sua vita con noi.
f. Affinché anche voi abbiate comunione con noi: Potremmo trovare curioso che Giovanni consideri, in primo luogo, l’avere comunione con il popolo di Dio; ma spesse volte è così che le persone sperimentano una relazione con Lui: esse incontrano Dio innanzitutto attraverso il Suo popolo.
i. “Quando non c’è comunione più dolce, il tuo più grande desiderio è che gli altri abbiano comunione con te; quando la tua comunione è veramente con il Padre e col Figlio Suo Gesù Cristo, inizi a desiderare ardentemente che tutta la fratellanza cristiana condivida tale benedizione con te.” (Spurgeon)
g. Col Padre e col Suo Figlio, Gesù Cristo: A questo punto Giovanni rivela finalmente il nome di questo essere esistente dall’eternità, corporalmente presente, la Parola della Vita, il vero Dio (eppure distinto dal Padre): è Dio Figlio, il cui nome è Gesù, che è il Cristo (Messia).
3. (4) Il risultato della relazione.
E vi scriviamo queste cose affinché la vostra gioia sia completa.
a. Affinché la vostra gioia sia completa: Il risultato di questa comunione è pienezza di gioia. Questa gioia è una percezione interiore di ottimismo e contentezza basata su Dio, in contrapposizione alla felicità, un sentimento di ottimismo e contentezza basato sulle circostanze.
i. Giovanni riprende chiaramente un’idea che Gesù condivise con i Suoi discepoli la notte prima della crocifissione. Egli voleva che avessero pienezza di gioia, nonostante sapessero che la croce era proprio davanti a loro.
• Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena (Giovanni 15:11).
• Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa (Giovanni 16:24).
• Ma ora io vengo a te e dico queste cose nel mondo, affinché la mia gioia giunga a compimento in loro (Giovanni 17:13).
b. Affinché la vostra gioia sia completa: La pienezza di gioia è sicuramente possibile nel cristiano, ma non è assolutamente da dare per scontata. Giovanni scrive col desiderio che i credenti godano di questa pienezza di gioia. Se fosse stato facile o inevitabile ottenerla, non avrebbe scritto queste parole.
i. La gioia del cristiano è tanto importante quanto attaccata su molti fronti. Circostanze, stati d’animo ed emozioni o il peccato possono privarci della nostra gioia. La gioia del cristiano, tuttavia, non si trova nelle cose di questo mondo, per quanto buone possano apparire. Quando Giovanni scrive queste cose, lo fa a proposito di questo rapporto di comunione e di amore in cui possiamo avere parte con Dio Padre ed il Figlio Gesù Cristo.
ii. Troppi cristiani rimangono passivi di fronte alla perdita di gioia. Hanno bisogno di realizzare che è una grande perdita e devono fare tutto il possibile per riavvicinarsi a Dio e reclamare quella pienezza di gioia. “Se qualcuno tra di voi ha perso la gioia del Signore, prego che non la ritenga una piccola perdita.” (Spurgeon)
4. Osservazioni sulla prima parte del libro, che in realtà è un’unica frase nel manoscritto originale.
a. Giovanni inizia con il principio: il Dio eterno, che era prima di tutte le cose.
b. Ci dice che questo Dio è stato manifestato fisicamente e che sia lui che altre persone hanno potuto testimoniare dell’accaduto quali testimoni oculari.
c. Ci dice che questo Dio è la Parola di Vita, il Logos.
d. Ci dice che questo Dio è distinto dalla persona di Dio Padre.
e. Ci dice che possiamo avere comunione con questo Dio e che spesso siamo introdotti in questa relazione attraverso la comunione con il popolo di Dio.
f. Ci dice che questo Dio esistente sin dall’eternità, la Parola di Vita, che è stato fisicamente presente con i discepoli ed altre persone (presente per avere comunione), è Dio Figlio, il cui nome è Gesù Cristo.
g. Ci dice che la comunione con Gesù conduce ad una vita vissuta con pienezza di gioia.
h. Potremmo quindi affermare che in questi quattro versetti Giovanni ci dà il necessario su cui basare tutta la nostra vita cristiana. Non c’è da meravigliarsi se uno studioso una volta scrisse: “Osservate lo stupore che si evince dal linguaggio dell’Apostolo, come se le parole gli venissero meno. Si sforza di trovare le giuste espressioni, aggiungendo definizione su definizione.” (Expositor’s)
B. Il messaggio di Giovanni da parte di Dio: affrontare il peccato e salvaguardare la relazione.
1. (5) Il peccato e la natura di Dio.
Or questo è il messaggio che abbiamo udito da lui, e che vi annunziamo: Dio è luce e in lui non vi è tenebra alcuna.
a. Or questo è il messaggio: Questa è una dichiarazione di autorità. Giovanni non se lo sta inventando; queste non sono le sue opinioni né le sue idee personali intorno a Dio. Questo è il messaggio di Dio riguardo a sé stesso (che abbiamo udito da Lui), che adesso Giovanni ci rivelerà (e che vi annunziamo).
i. Ciò che Giovanni ci dirà riguardo a Dio è ciò che Dio ci ha detto di sé stesso. Non possiamo affidarci alle nostre opinioni o idee riguardo a Lui, a meno che queste non siano davvero fondate su ciò che Dio ha detto di sé stesso.
b. Dio è luce e in lui non vi è tenebra alcuna: La nostra comprensione di Dio deve iniziare da qui. Giovanni fa questa dichiarazione sulla semplice base che Dio stesso è luce; e la luce per definizione non ha tenebra alcuna, poiché le tenebre sono solo dove c’è assenza di luce.
i. Una buona definizione di Dio è: “Dio è l’unico spirito infinito, eterno e immutabile, l’unico essere perfetto, da cui tutte le cose prendono forma, sussistono e finiscono”. Un altro modo per dire che Dio è perfetto è dire che Dio è luce.
ii. “La LUCE è la più pura, la più delicata, la più utile e la più permeante tra tutte le creature di Dio; è dunque un vero e proprio emblema della purezza, perfezione e bontà della natura Divina.” (Clarke)
iii. “Ci sono macchie sul sole, grandi distese nere sulla sua brillante superficie, ma in Dio c’è una purezza perfetta e incontaminata.” (Maclaren)
c. Dio è luce e in lui non vi è tenebra alcuna: Dunque, se c’è un problema nella nostra comunione con Dio, è colpa nostra. Non è colpa di Dio, perché non c’è peccato o tenebra alcuna in Lui.
i. Qualsiasi approccio a Dio che presuma, o semplicemente insinui, che Dio abbia torto e che forse debba essere perdonato da noi è blasfemo alla radice e contraddice direttamente ciò che Giovanni qui dichiara con chiarezza.
2. (6) L’assenza di peccato in Dio e la nostra relazione con Lui.
Se diciamo di avere comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità;
a. Se diciamo di avere comunione con lui: Prima di tutto Giovanni tratta di una falsa pretesa di comunione. Da questo comprendiamo che è possibile per alcuni affermare di avere una relazione con Dio che in realtà non hanno. Oltretutto, possiamo dire che è possibile per alcuni pensare di avere una relazione con Dio, ma che in effetti non hanno.
i. Molti cristiani non hanno consapevolezza della propria vera condizione. Sanno di essere salvati, hanno sperimentato la conversione e si sono ravveduti in un dato momento delle loro vite. Eppure, non vivono in vera comunione con Dio.
b. E camminiamo nelle tenebre: Giovanni parla di un cammino nelle tenebre, indicando un modello di vita. Non si parla quindi di errori occasionali, ma di uno stile di vita di tenebre.
c. Noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità: Dio non ha tenebra alcuna (1 Giovanni 1:5). Dunque, se uno attesta di avere comunione con Dio (una relazione di interessi comuni e condivisione), ma cammina nelle tenebre, quella persona non afferma il vero.
i. Il problema qui è la comunione, non la salvezza. Il cristiano che temporaneamente cammina nelle tenebre è comunque salvato, ma non ha comunione con Dio.
ii. Se Giovanni ha detto: “È una menzogna”, vuol dire che ragiona in termini di ciò che è vero e ciò che è falso. Egli vede le cose molto più chiaramente di quanto oggi si faccia nella nostra epoca tanto sofisticata, la quale non considera più nulla o bianco o nero, ma ogni cosa diventa una pallida tonalità di grigio. Il mondo moderno pensa spesso alla “mia verità” in senso individualistico. Giovanni si concentra sull’idea della verità di Dio, la verità universale.
3. (7) La benedizione di camminare nella luce.
Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
a. Ma se camminiamo nella luce: Cioè, se camminiamo in una vita di ubbidienza, senza nascondere un peccato risaputo e senza resistere alla compunzione dello Spirito Santo in un’area particolare della nostra vita.
i. Il messaggio che Giovanni vuole trasmettere è che è possibile camminare nella luce. Da questo lato dell’eternità sappiamo che non è possibile vivere perfettamente senza peccato. Nonostante ciò, possiamo comunque camminare nella luce, pertanto Giovanni fa riferimento ad un’obbedienza perfetta.
ii. La vita cristiana è descritta come un cammino, che a sua volta implica un’attività. La vita cristiana cresce nutrendosi di contemplazione, ma si mostra nell’azione. “Camminare” comporta azione, continuità e avanzamento. Considerato che Dio è attivo ed è in cammino, se hai comunione con Lui, anche tu sarai attivo e avanzerai in questo cammino.
b. Come Egli è nella luce: Essendo Dio luce (1 Giovanni 1:5), quando camminiamo nella luce, camminiamo dove Egli è e siamo così in comunione con Lui in maniera naturale.
c. Abbiamo comunione gli uni con gli altri: Ci saremmo aspettati da Giovanni un “Abbiamo comunione con Dio”. Il che è vero, ma il concetto è già presente nell’idea di camminare insieme a Dio nella luce. Giovanni vuole rendere chiaro il fatto che i credenti che camminano nella luce godono della comunione gli uni con gli altri.
i. Ciò ci porta ad un altro concetto importante: se non abbiamo comunione gli uni con gli altri, vuol dire che una delle due parti, se non entrambe, non sta camminando nella luce. Due cristiani che hanno una sana relazione con Dio avranno anche naturalmente una sana relazione l’uno con l’altro.
d. Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato: mentre camminiamo nella luce, veniamo anche continuamente purificati da Gesù. Questo ci lascia intendere che Giovanni non si riferisce ad una perfezione senza peccato con l’espressione “camminare nella luce”; altrimenti non ci sarebbe alcun peccato da purificare.
i. Necessitiamo di una purificazione costante, perché la Bibbia dice che pecchiamo continuamente e siamo privi della gloria di Dio (Romani 3:23). Benché i cristiani siano stati purificati in senso generale, sebbene importante, i nostri “piedi” hanno bisogno di essere lavati (Giovanni 13:10).
ii. Il verbo usato da Giovanni nella frase “ci purifica da ogni peccato” è al tempo presente, non al futuro. Possiamo fare di più che semplicemente sperare di essere un giorno purificati. Grazie a ciò che Gesù ha fatto per me sulla croce, posso essere purificato oggi.
iii. “Osservate come, di nuovo, in questo verso non ci sia alcun accenno ad emozioni, sentimenti o conquiste che collaborino col sangue nel togliere il peccato. Cristo ha preso su di sé i peccati del suo popolo ed è stato punito per quei peccati, come se lui stesso fosse stato un peccatore, ed è per questo che il peccato viene rimosso da noi; ma in nessun caso, maniera o misura, il peccato viene rimosso per mezzo di successi ottenuti, emozioni, sentimenti o esperienze.” (Spurgeon)
e. Il sangue di Gesù Cristo: Questa continua purificazione ci appartiene per mezzo del sangue di Gesù. Ovviamente, non ci si riferisce alle gocce o alle molecole vere e proprie del suo sangue, ma letteralmente alla Sua morte avvenuta al posto nostro e all’ira del Padre che Egli ha sopportato per noi. Il sangue di Gesù Cristo ha pagato la pena per tutti i nostri peccati passati, presenti e futuri.
i. L’opera di Gesù sulla croce non elimina solamente la colpa del peccato che potrebbe mandarci all’inferno. Essa elimina anche la macchia del peccato che impedisce una relazione costante con Dio. Dobbiamo rivolgerci continuamente a Dio con questa semplice richiesta: “Purificami con il sangue di Gesù”. Non perché non siamo stati mai lavati, ma perché abbiamo incessantemente bisogno di questa purificazione per poter godere di una relazione continua.
ii. “Il sangue” è più specifico de “la morte”, perché “il sangue” denota il sacrificio. È sempre il sangue ad essere sparso.” (Lenski)
iii. “Osservate come qui non si parli né di riti né di cerimoniali. Non inizia dicendo: ‘E le acque battesimali insieme al sangue di Gesù, suo Figlio, ci purificano’. Sia che si parli di battesimo per aspersione dell’infante che per immersione del credente, non c’è alcuna parola al riguardo: è il sangue, solo il sangue, senza nemmeno una goccia di acqua battesimale. Non c’è alcun accenno ai sacramenti. Quella che alcuni chiamano “la beata Eucarestia” non viene menzionata, non c’è nulla sullo spezzare il pane o sul bere il vino; è il sangue, nient’altro che il sangue.” (Spurgeon)
iv. “Camminare nella luce toglie via i miei peccati? Niente affatto. Sono un peccatore tanto nella luce quanto nelle tenebre, come se potessi camminare nella luce senza essere stato lavato nel sangue. Beh, veramente abbiamo comunione con Dio. Avere comunione con Dio non toglie via il peccato? Cari, non fraintendetemi. Nessun uomo può vivere in comunione con Dio, a meno che il peccato non sia stato rimosso; ma la sua comunione con Dio ed il suo camminare nella luce non rimuovono il peccato, assolutamente no! Il processo di rimozione del peccato si basa interamente su questo: ‘E il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato’.” (Spurgeon)
f. Da ogni peccato: Per mezzo del sangue di Gesù possiamo essere purificati da ogni peccato. Il peccato che abbiamo ereditato da Adamo, il peccato che abbiamo commesso da bambini, i peccati della nostra adolescenza; peccati contro nostro padre, contro nostra madre, contro nostro fratello e sorella; peccati contro i nostri mariti o mogli, contro i nostri figli; peccati contro i nostri datori di lavoro o i nostri dipendenti, peccati contro i nostri amici e i nostri nemici; mentire, rubare, imbrogliare, adulterio, bestemmiare, droghe, abuso di alcolici, promiscuità, omicidio; peccati che ci perseguitano ogni giorno, peccati che non sapevamo nemmeno di aver commesso. Ogni peccato può essere lavato via per mezzo del sangue di Gesù.
i. Il peccato è l’ostacolo alla nostra comunione con Dio e il sangue di Gesù, ricevuto per fede come riscatto per il nostro peccato, elimina il problema del peccato e apre la via alla nostra comunione con Lui.
• Non puoi avere comunione con Dio attraverso speculazioni filosofiche. Non puoi entrare in comunione con Dio attraverso un’istruzione intellettuale.
• Non puoi avere comunione con Dio attraverso droghe o intrattenimento.
• Non puoi avere comunione con Dio attraverso ricerche scientifiche.
• Puoi avere comunione con Dio solamente affrontando il problema del tuo peccato attraverso il sangue di Gesù.
ii. Possiamo affermare che l’unico peccato che non può essere lavato via dal sangue di Gesù è quello che si commette nel rigettare continuamente il sangue come pagamento per il peccato stesso.
4. (8-10) La presenza del peccato, la confessione del peccato e la purificazione dal peccato.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi.
a. Se diciamo di essere senza peccato: Giovanni ha introdotto il concetto di camminare nella luce e di essere purificati dal peccato, ma non ha mai creduto neanche per un momento che un cristiano possa giungere ad una perfezione senza peccato.
i. Pensare questo di noi vuol dire ingannare noi stessi e dichiarare una cosa del genere riguardo a noi vuol dire mentire – la verità non è in noi.
ii. “Nell’ingannare noi stessi, il nostro cuore malvagio rivela un’astuzia quasi satanica… se dici di essere senza peccato, allora hai raggiunto un successo che fa paura, hai accecato i tuoi stessi occhi e pervertito la tua stessa ragione!” (Spurgeon)
iii. Esistono poche persone al giorno d’oggi che pensano di essere perfette senza peccato, ma non ci sono nemmeno molte persone che si considerano peccatori. Molti dicono: “Commetto errori” o “non sono perfetto” o “sono solo un essere umano”, ma di solito dicono tali cose per scusare o difendere sé stessi. Ciò è diverso dal riconoscere ed ammettere: “Sono un peccatore”.
iv. Dichiarare che siamo senza peccato, ci pone in una posizione pericolosa, perché la grazia e la misericordia di Dio sono estese al peccatore, non a “coloro che commettono errori”, o a coloro che dicono: “Sono solo un essere umano” o “nessuno è perfetto”, ma ai peccatori. Dobbiamo realizzare la vittoria ed il perdono che vengono dal dire: “Sono un peccatore, un grande peccatore, ma ho un Salvatore che mi lava da ogni peccato”.
b. Se confessiamo i nostri peccati: Anche se il peccato è presente, non deve rimanere un impedimento alla nostra relazione con Dio. Confessando i nostri peccati, troviamo completa purificazione (da ogni iniquità).
i. Confessare significa “dichiarare la stessa cosa di”. Quando confessiamo il nostro peccato, siamo disposti a dichiarare (e credere) ciò che Dio afferma riguardo ad esso. Gesù racconta la storia di un uomo religioso e di un peccatore che pregano davanti a Dio: il Fariseo si vanta di quanto giusto sia, mentre il peccatore dice semplicemente: O Dio, sii placato verso me peccatore (Luca 18:10-14). Colui che confessa il proprio peccato è l’uomo che, in accordo con Dio, riconosce la propria malvagità.
ii. Confessiamo traduce un verbo al presente indicativo. L’idea, però, è che dovremmo continuamente confessare il nostro peccato, invece di fare una confessione “una volta per tutte” al momento della nostra conversione.
iii. Non devi entrare in un confessionale per confessare i tuoi peccati. Nell’essere battezzato, confessi il tuo peccato dichiarando il tuo bisogno di essere lavato e di nascere di nuovo. Nel ricevere la santa cena, confessi il tuo peccato riconoscendo la necessità dell’opera di Gesù compiuta sulla croce per rimuovere i tuoi falli. Ovviamente, ciò non toglie che dobbiamo confessare il nostro peccato nella maniera più diretta possibile: ammettendo davanti a Dio che ciò che abbiamo commesso è peccato, chiedendo di ricevere il Suo perdono divino, che trova fondamento in ciò che Gesù ha fatto sulla croce per noi.
iv. I nostri peccati non sono perdonati perché li confessiamo. Se fosse davvero così, cioè se il perdono per un peccato fosse concesso solo laddove c’è confessione, saremmo tutti già condannati, perché sarebbe per noi impossibile confessare ogni singolo peccato commesso. Siamo perdonati, perché la nostra punizione è stata posta su Gesù; siamo lavati per mezzo del Suo sangue.
v. Tuttavia, la confessione rimane vitale per mantenere il rapporto con Dio, che è il contesto in cui si esprime Giovanni. Quando Dio ci compunge del peccato che ostacola la nostra comunione con Lui, noi siamo chiamati a confessarlo e a ricevere perdono e purificazione affinché la nostra relazione con Dio continui senza impedimenti.
vi. La confessione deve essere personale. Dire: “Dio, se abbiamo commesso qualche sbaglio, perdonaci” non è confessione, perché non nasce da una convinzione (se abbiamo commesso), non è personale (se abbiamo commesso), non è specifico (se abbiamo commesso qualche) e non è onesto (sbaglio).
c. Egli è fedele e giusto da perdonarci: Grazie all’opera di Gesù adesso la giustizia di Dio è nostra amica e ci assicura che saremo perdonati, perché Gesù ha pagato la pena del nostro peccato. Dio è fedele e giusto da perdonarci in virtù di Gesù.
i. “Il testo sta semplicemente dicendo questo: sii onesto con Dio ed Egli sarà onesto con te. Non avere pretese davanti a Dio, ma metti a nudo la tua anima, lascia che Egli la veda per quella che è e Lui sarà fedele e giusto da perdonarti i tuoi peccati e da purificarti da ogni iniquità.” (Spurgeon)
ii. La promessa di 1 Giovanni 1:9 non dovrebbe condurci verso il peccato, pensando: “Peccherò, tanto Dio mi perdonerà”. Dovrebbe invece portarci fuori dal peccato, sapendo che Dio può solamente essere fedele e giusto da perdonarci i nostri peccati, perché l’ira che noi meritavamo è stata riversata sul peccato. Ogni trasgressione porta con sé il proprio peso d’ira, quindi è come se ogni peccato che commettiamo aggiungesse ulteriore agonia all’agonia di Gesù sulla croce.
iii. Non c’è prova più evidente che una persona non sia in comunione con Dio di qualcuno che contempla o commette peccato pensando: “Posso sempre chiedere di essere perdonato più tardi”. Essendo Dio luce e non essendoci in Lui tenebra alcuna, possiamo essere certi che una persona che pecca con questa mentalità non è in comunione con Dio.
d. Se diciamo di non aver peccato: Se neghiamo la presenza del peccato, stiamo ingannando noi stessi e stiamo rinnegando la Parola di Dio. Ciononostante, anche se il peccato è sempre presente, lo è anche il suo rimedio – pertanto, il peccato non deve mai essere un ostacolo alla nostra relazione con Dio.
i. L’espressione “la sua parola non è in noi” si collega al concetto di Gesù come Parola di vita (1 Giovanni 1:1); se ci rifiutiamo di vedere il peccato dentro di noi, dimostriamo che Gesù non è in noi.
ii. “Nessun uomo è stato mai escluso dal regno di Dio per la malvagità confessata; molti lo sono a causa della loro presunta bontà.” (Trapp)
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