2 Timoteo 1 – Uno Spirito di Coraggio
A. Saluti e introduzione.
1. (1) Una lettera da parte di Paolo.
Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù,
a. Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio: L’introduzione di Paolo qui rispecchia quelle delle altre sue lettere, dove dichiara immediatamente di essere un apostolo secondo la volontà di Dio, non per propria ambizione o per decisione umana.
i. Paolo aveva un ruolo da svolgere nel piano di Dio per raggiungere il mondo per Gesù Cristo, e quel ruolo era di apostolo – un ambasciatore unico da parte di Dio per il mondo. Ognuno ha il proprio ruolo da svolgere e lo adempie per volontà di Dio.
b. Secondo la promessa della vita: Si tratta di un’affermazione unica, se paragonata ai saluti nelle altre lettere di Paolo. È giusto che si trovi qui perché in quel momento Paolo era nuovamente prigioniero a Roma, in attesa di essere giustiziato (2 Timoteo 4:6). Perciò, questa promessa di vita gli era particolarmente preziosa.
i. La Bibbia non entra nei particolari, ma sembra che, dopo la liberazione di Paolo dalla prigionia romana riportata alla fine del libro degli Atti, abbia goduto di alcuni anni di libertà fino a che non fu nuovamente arrestato e fatto prigioniero a Roma.
ii. Oggi si può andare a Roma e osservare il luogo in cui si dice Paolo abbia trascorso la prigionia. In realtà, non è altro che una fredda prigione, una grotta nel terreno, con delle pareti spoglie e un piccolo buco nel soffitto da dove veniva calato il cibo. Non c’erano finestre; era solo una piccola cella fredda che sarebbe stata particolarmente disagevole durante l’inverno.
iii. Paolo scrisse questa lettera durante la sua seconda prigionia romana, dopo di che fu immediatamente condannato e giustiziato a Roma per ordine di Nerone. Paolo lo aveva intuito; perciò, 2 Timoteo non è solo l’ultima lettera lasciataci da Paolo, ma c’è anche una nota di urgenza e passione che ci saremmo potuti aspettare da un uomo consapevole che presto sarebbe stato giustiziato.
2. (2-5) Un saluto e un felice ricordo.
A Timoteo, mio caro figlio: grazia, misericordia e pace da Dio il Padre e da Cristo Gesù, il nostro Signore. Rendo grazie a Dio, che servo come già fecero i miei antenati con pura coscienza, poiché non cesso mai di ricordarmi di te nelle mie preghiere giorno e notte; ripensando alle tue lacrime, desidero vivamente di vederti per essere ripieno di gioia, mentre ricordo la fede non finta che è in te, e che abitò prima in Loide tua nonna ed in Eunice tua madre, e sono persuaso che abita anche in te.
a. A Timoteo, mio caro figlio: Paolo pensava molto alla sua famiglia spirituale – a Timoteo, mio caro figlio, e ai suoi veri antenati, quei giudei precedenti al tempo di Paolo che avevano seguito genuinamente Dio con un cuore puro, non nell’ipocrisia dei farisei.
b. Grazia, misericordia e pace: Spurgeon usò questo versetto, insieme a 1 Timoteo 1:2 e Tito 1:4, per dimostrare che i ministri hanno bisogno di più misericordia di altri. Dopotutto, all’inizio delle sue lettere alle chiese in generale, Paolo menzionava nel proprio saluto solo grazia e pace (Romani 1:7, 1 Corinzi 1:3, 2 Corinzi 1:2, Galati 1:3, Efesini 1:2, Filippesi 1:2, Colossesi 1:2, 1 Tessalonicesi 1:1, 2 Tessalonicesi 1:2). Ma quando scriveva ai pastori – Timoteo e Tito – sentiva il dovere di salutarli con grazia, misericordia e pace.
i. “Avete mai notato che i ministri cristiani hanno bisogno di ancora più misericordia delle altre persone? Sebbene tutti abbiano bisogno di misericordia, i ministri ne hanno bisogno più di chiunque altro; e così noi, perché, se non siamo fedeli, saremo ritenuti più peccatori anche dei nostri ascoltatori; c’è bisogno di molta grazia per essere sempre fedeli e ci vorrà molta misericordia per coprire le nostre mancanze. Perciò, farò mie queste tre cose: ’Grazia, misericordia e pace’. Voi potete averne due: ‘Grazia e pace’, ma io ho bisogno di misericordia più di chiunque di voi; per questo la prendo dalla mano amorevole del mio Signore, mi fiderò e non avrò paura, malgrado tutte le mie mancanze, le debolezze, gli errori e gli sbagli nel corso di tutto il mio ministero.” (Spurgeon)
c. Non cesso mai di ricordarmi di te nelle mie preghiere giorno e notte: Timoteo era sulla lista di preghiera di Paolo, il quale aveva la consuetudine di pregare con una lista e di menzionare nella preghiera almeno coloro che gli erano preziosi.
i. Le preghiere giorno e notte sono dimostrazione anche di quanto pregava Paolo: in qualunque momento della notte e in qualunque momento del giorno. Certo, si potrebbe dire che questo gli veniva facile, visto che si trovava in prigione; al contrario, preghiere del genere non vengono mai facili.
ii. Paolo è da ammirare per aver voluto fare per Gesù il massimo che poteva ovunque si trovasse. Se non poteva predicare, allora pregava.
d. Ripensando alle tue lacrime: Forse le lacrime che Paolo ricordava erano le lacrime che Timoteo aveva versato alla loro ultima separazione.
e. Ripieno di gioia, mentre ricordo la fede non finta che è in te: Ricordare la fede di uomini fedeli come Timoteo, che amava e serviva Gesù e il Suo popolo, rese Paolo profondamente felice (ripieno di gioia).
f. Che abitò prima in Loide tua nonna ed in Eunice tua madre: La fede non finta di Timoteo era dovuta, in non piccola misura, alla sua educazione nel Signore e all’influenza di sua nonna e di sua madre.
i. Timoteo e la sua famiglia erano originari dall’antica città di Listra, che Paolo visitò durante il suo primo viaggio missionario (Atti 14:16-20). Mentre Paolo e Barnaba si trovavano lì, Dio usò Paolo per guarire un paralitico. Gli abitanti della città, vedendo ciò, iniziarono a lodarli come fossero delle divinità greche discese dall’Olimpo e a sacrificare persino un toro in loro onore. Paolo riuscì a stento a impedirglielo. Ben presto i nemici del vangelo rivoltarono la folla contro gli evangelisti missionari, la quale cacciò Paolo dalla città e lo lapidò. Ciononostante, la sua vita fu preservata miracolosamente da Dio e continuò ad andare avanti.
ii. Durante il suo secondo viaggio missionario, Paolo tornò a Listra, dove incontrò un giovane che aveva conosciuto Gesù e si era dedicato al servizio al Signore (Atti 16:1-5). Questo giovane era Timoteo, descritto come il figlio di una donna giudea credente, ma di padre greco.
iii. Quindi, la madre e la nonna di Timoteo erano credenti, ma non suo padre (almeno non all’inizio). Nel mondo romano, i padri avevano un’autorità assoluta sulla famiglia e, dato che il padre di Timoteo non era cristiano, la sua situazione familiare non era proprio ideale (anche se non necessariamente terribile). Cionondimeno, sua madre e sua nonna lo condussero a Gesù o, comunque, gli insegnarono i fondamenti della fede. Dio vuole usare i genitori e i nonni per trasmettere un’eredità eterna ai loro figli e ai loro nipoti.
iv. Quando Paolo lasciò Listra, prese con sé Timoteo (Atti 16:3-4), dando inizio ad una relazione mentore-allievo che ha toccato il mondo intero.
g. E sono persuaso che abita anche in te: Non bastava che questa fede non finta fosse nella nonna e nella madre di Timoteo; doveva abitare anche in lui. I nostri figli, una volta raggiunta l’età dalla quale in poi possono rendere conto a Dio, devono instaurare una propria relazione con Gesù Cristo. La relazione di mamma e papà con Dio non darà loro la vita eterna.
i. L’espressione fede non finta potrebbe essere tradotta letteralmente, fede non ipocrita – cioè una fede che non è solo una facciata. Era reale e non ne aveva solo l’apparenza. Si tratta di un tema importante del Libro di Giacomo.
B. Paolo esorta Timoteo a essere coraggioso.
1. (6) Ravviva il dono di Dio che è in te.
Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani.
a. Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio: Timoteo era un uomo dotato e prezioso per il regno di Dio, ma sembra che ci fosse una vena di timidezza in lui. Per questa ragione, Paolo spesso lo incoraggiava ad essere forte e coraggioso.
i. Può darsi che Timoteo fosse un po’ timido, ma è altrettanto vero che su di lui poggiava una responsabilità grande e pesante quale sorvegliante dell’opera di Dio a Efeso e nelle aree circostanti. C’erano molti cristiani in molte congregazioni che si radunavano in tutta la regione (Atti 19:9-19 e 17-20). Probabilmente Timoteo era un uomo con un normale coraggio che aveva enormi responsabilità.
ii. Se è vero che Timoteo era il tipo di uomo che evitava il confronto, era un bene che avesse l’esempio di Paolo. Paolo era un uomo di profondo amore, ma che anche non indietreggiava mai davanti al confronto. Un esempio significativo fu quando rimproverò pubblicamente l’apostolo Pietro (Galati 2:11-21). Timoteo aveva già un tenero cuore di pastore per le pecore; Paolo voleva sviluppare in lui la franchezza necessaria per guidare e proteggere realmente il gregge.
iii. In 1 e 2 Timoteo ci sono non meno di 25 passi diversi in cui Paolo incoraggia Timoteo ad essere coraggioso, a non tirarsi indietro dal confronto e a prendere posizione dove c’è bisogno di prendere posizione ed essere forte. Considerata la persona di Timoteo e le responsabilità che gli erano state affidate, era proprio ciò che aveva bisogno di sentirsi dire.
b. Per questa ragione ti ricordo: Le persone possono trovarsi in punti molto diversi. Per alcuni, l’ultima cosa di cui hanno bisogno è sentirsi dire: “Devi essere più coraggioso”, perché questo non è il loro problema. Molti altri si trovano ad un punto in cui hanno bisogno di sentire: “Ravviva il dono di Dio in te; sii coraggioso, vai avanti, forza”. Timoteo faceva parte di questo secondo gruppo.
i. Alcuni di quelli che sembrano coraggiosi, in realtà, sono semplicemente bravi a fingere. Adottano un atteggiamento conflittuale e sfrontato per mascherare molto dolore e insicurezza. Devono diventare realmente coraggiosi e sicuri nel Signore, invece di fingere e nascondersi dietro una maschera di falso coraggio.
c. Ravvivare il dono di Dio che è in te: Timoteo non poteva essere passivo e lasciare che accadesse tutto da sé; aveva bisogno di essere coraggioso e di ravvivare il dono di Dio che è in te. Alcuni hanno dei doni da parte di Dio, ma li trascurano. Questi doni hanno bisogno di essere ravvivati e di essere messi all’opera.
i. Questo ci ricorda che Dio non usa i Suoi doni attraverso di noi come se fossimo dei robot. Anche quando dona dei doni a un uomo o a una donna, aggiunge un elemento che richiede la cooperazione della loro volontà, del loro desiderio e della loro determinazione per realizzare lo scopo dei Suoi doni.
ii. Alcuni aspettano passivamente che Dio si usi di loro, ma Dio, dal canto Suo, aspetta che questi ravvivino i doni che sono dentro di loro. Altri aspettano un’unzione nuova e visibile da Dio, ma Dio aspetta che questi ravvivino ciò che Egli ha già elargito.
d. Ravviva: Questo indica l’atto di ravvivare un fuoco per mantenerlo acceso, luminoso e forte; un fuoco lasciato a sé stesso finirà sempre per estinguersi, ma Dio desidera che continuiamo a far ardere intensamente i nostri doni per Lui.
i. “Il greco anazopureo (ravvivare) significa ‘accendere nuovamente’ o ‘mantenere a fiamma viva’. Non necessariamente è un’indicazione che Timoteo avesse perso il suo primo fuoco, anche se senza dubbio, come ogni cristiano, aveva bisogno di un incentivo per far bruciare continuamente e intensamente il fuoco.” (Guthrie)
e. Che è in te per l’imposizione delle mie mani: Dio usò l’imposizione delle mani per trasmettere doni spirituali a Timoteo. Questo non è l’unico modo in cui Dio elargisce i propri doni, ma è un modo frequente, che non dovremmo mai trascurare. È bene che gli altri preghino per noi e che Dio ci dia dei doni che possano essere usati per benedire e edificare la famiglia di Dio.
i. “Non abbiamo alcun diritto di supporre che a Timoteo fossero state imposte le mani solo una volta. In Atti 9:17 e 13:3 ci sono due occasioni nella vita spirituale di San Paolo. Potrebbero essercene state altre.” (White)
2. (7) Timoteo può essere coraggioso nell’usare i doni che Dio gli ha dato, perché da Lui ha ricevuto uno spirito di forza, di amore e di disciplina.
Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di disciplina.
a. Dio non ci ha dato uno spirito di paura: Paolo notò la timidezza che era in Timoteo, il quale era consapevole della paura che a volte provava. Dio voleva che Timoteo sapesse che tale paura non proveniva dal Dio che serviva; aveva bisogno di sapere che Dio non ci ha dato uno spirito di paura.
i. Tutti affrontiamo situazioni in cui ci sentiamo intimiditi e impauriti. Per alcuni, parlare davanti agli altri fa paura; altri hanno paura del confronto, altri di fare una brutta figura, altri ancora temono il rifiuto. Tutti abbiamo a che fare con la paura.
ii. Il primo passo per affrontare tali paure è capire che non sono da Dio. È un passo non indifferente dire: “Non è Dio che mi fa sentire così; non è da parte di Dio”. Forse dipende dalla personalità, forse è una debolezza della carne, forse un attacco demoniaco – ma sicuramente non viene da Dio.
b. Ma di forza, di amore e di disciplina: Il secondo passo per affrontare tali paure è comprendere ciò che Dio ci ha dato: uno spirito di forza, di amore e di disciplina.
i. Dio ci ha dato uno spirito di forza: quando facciamo la Sua opera, proclamiamo la Sua parola, rappresentiamo il Suo regno, tutta la Sua forza ci sostiene. Siamo al sicuro nelle Sue mani.
ii. Dio ci ha dato uno spirito d’amore: questo ci dice molto sulla forza che ci ha dato. Molti pensano alla forza in termini del controllo che possiamo esercitare sugli altri; la forza di Gesù, tuttavia, si esprime nella quantità di amore e di servizio che mostriamo agli altri. La notte prima della crocifissione, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani – cosa fece di tutto quel potere? Lavò umilmente i piedi dei Suoi discepoli (Giovanni 13:1-11).
iii. Dio ci ha dato uno spirito di disciplina: La parola in greco antico comunica qui l’idea di una mente calma e dotata di autocontrollo, in contrasto con il panico e la confusione generati da una situazione spaventosa.
c. Non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore: Non dobbiamo accettare ciò che Dio non ci ha dato (uno spirito di paura), ma abbiamo la necessità di ricevere e camminare umilmente in ciò che Egli ci ha dato (uno spirito… di forza, di amore e di disciplina).
i. Paolo scrisse questo a Timoteo per l’importanza che il coraggio ha; senza di esso non possiamo realizzare lo scopo di Dio per le nostre vite. Il proposito di Dio per noi vale di più del fare soldi, del divertimento e dell’agio; sta a ciascuno di noi usare i doni che Egli dà per toccare il Suo popolo e aiutare un mondo bisognoso.
ii. La paura e la timidezza ci impediranno di usare i doni che Dio ci dà. Egli vuole che ognuno di noi prenda la Sua forza, il Suo amore, la Sua mente tranquilla e superi la paura, per essere usato da Lui con tutti i doni che Egli dona.
3. (8) Mediante il coraggio che viene da Dio, non vergognarti dell’apostolo in catene.
Non vergognarti dunque della testimonianza del Signor nostro, né di me suo prigioniero, ma soffri anche tu con me per l’evangelo, sostenuto dalla potenza di Dio,
a. Dunque: Paolo ha appena parlato a Timoteo dello spirito di forza, di amore e di disciplina, con coraggio, che è il diritto di nascita di ogni credente in Gesù Cristo. Ora dice a Timoteo come lasciare che ciò che Dio gli ha dato guidi il suo modo di pensare.
b. Non vergognarti della testimonianza del Signor nostro: Afferrando il coraggio che Dio dava, Timoteo non si sarebbe vergognato della testimonianza del Signor nostro. Molte volte non comprendiamo che non era facile seguire un Maestro crocifisso.
i. Oggi abbiamo sterilizzato Gesù e disinfettato la croce, rendendo tutto sicuro. Ma nel giorno in cui Paolo scrisse queste cose, sembrava davvero strano seguire un uomo crocifisso e chiamarlo salvatore.
ii. Pensate all’insegnamento di Gesù; se volete essere grandi, siate servitori di tutti; siate come un bambino, come uno schiavo, come il più giovane, come gli ultimi invece dei primi. È una testimonianza di cui alcuni si vergognerebbero.
iii. Paolo sapeva che il piano di Dio in Gesù Cristo era ritenuto da molti una pazzia; ma sapeva anche che era la potenza vivente e attiva di Dio a salvare le anime e a trasformare le vite. Paolo non se ne vergognerebbe, né avrebbe dovuto Timoteo – né noi oggi.
c. Né di me suo prigioniero: Afferrando il coraggio che Dio dava, Timoteo non si sarebbe vergognato di Paolo il prigioniero. Non era facile sostenere un apostolo in catene.
i. Nota come Paolo si considerasse prigioniero di Gesù (né di me suo prigioniero). Paolo non si considerava prigioniero di Roma, ma un prigioniero di Dio. Vedeva Dio come il Signore di ogni circostanza e, se era libero, era l’uomo libero del Signore; se era in catene, era il prigioniero del Signore.
d. Ma soffri anche tu con me: Non bastava che Paolo dicesse a Timoteo di non vergognarsi di lui e delle sue catene; lo invitò anche a soffrire insieme a lui.
i. Soffriamo anche noi nello stesso modo descritto da Paolo in Romani 12:15: Rallegratevi con quelli che sono allegri, piangete con quelli che piangono. Ci identifichiamo con i nostri fratelli sofferenti in tutto il mondo attraverso la preghiera, attraverso un cuore premuroso e attraverso un agire sapiente.
e. Sostenuto dalla potenza di Dio: Paolo ha sofferto sostenuto dalla potenza di Dio. La potenza di Dio c’è sempre, ma non sempre per rimuovere le difficoltà. A volte è lì per accompagnarci attraverso l’avversità.
i. In un certo senso, era strano che Paolo il prigioniero scrivesse sulla potenza di Dio – il potere di Roma, per certi versi, sembrava molto più reale. Ma la potenza di Dio è stata confermata dalla storia; l’Impero Romano è caduto, ma il vangelo di Gesù Cristo, che Paolo viveva per predicare, vive ancora.
4. (9-10) Timoteo non deve vergognarsi del messaggio del piano di salvezza di Dio.
Che ci ha salvati e ci ha chiamati con una santa vocazione, non in base alle nostre opere, ma secondo il suo scopo e grazia, che ci è stata data in Cristo Gesù prima dell’inizio dei tempi, ed ora è stata manifestata con l’apparizione del Salvator nostro Gesù Cristo, che ha distrutto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo dell’evangelo,
a. Che ci ha salvati e ci ha chiamati: Veniamo a Dio come risposta alla Sua chiamata nella nostra vita. Non abbiamo iniziato noi la ricerca; non siamo noi a trovare Dio, è Lui che trova noi; quindi dobbiamo rispondere alla Sua chiamata quando la percepiamo.
b. Non in base alle nostre opere, ma secondo il suo scopo: Questo spiega perché Dio ci ha chiamati. Non perché eravamo chissà che di eccezionale o perché abbiamo fatto qualcosa di grande, ma perché si adattava al Suo scopo – perché Lui voleva farlo.
c. Grazia, che ci è stata data in Cristo Gesù prima dell’inizio dei tempi: Dio ha diretto la Sua opera di grazia verso di noi quando ancora esistevamo solo nella Sua mente. Proprio come una coppia pianifica amorevolmente di avere un bambino prima che questo nasca, così Dio ha pianificato noi.
i. Prima dell’inizio dei tempi ci ricorda che il tempo è qualcosa che Dio ha creato per dare ordine e disposizione al nostro mondo attuale; il tempo non è essenziale per l’esistenza di Dio. Egli esisteva prima che il tempo fosse creato e rimarrà quando il tempo finirà, e noi vivremo nell’eternità con Lui.
d. Ed ora è stata manifestata con l’apparizione del Salvator nostro Gesù Cristo: L’apparizione di Gesù ha rivelato il proposito e la grazia di Dio. Egli ha realizzato il piano eterno di Dio e ci mostra veramente chi è Dio e qual è il Suo piano. Ecco perché non potremo mai conoscere Gesù abbastanza.
e. Che ha distrutto la morte: A motivo dell’apparizione di Gesù, la morte non è più morte. Per quanto riguarda i credenti, viene chiamata sonno – non perché siamo in uno stato di incoscienza, ma perché è piacevole e pacifico. La morte non toglie nulla al cristiano; lo promuove alla gloria.
i. Qualcuno ha suggerito che non c’è posto per le lettere “RIP” sulla lapide di un cristiano, perché “Riposa in Pace” non descrive adeguatamente il nostro destino eterno. È stato proposto invece l’acronimo “CAM”, che significa “Cristo Abolì la Morte”.
f. E ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo dell’evangelo: A motivo dell’apparizione di Gesù, sappiamo più di prima sulla vita e l’immortalità. La conoscenza dell’aldilà era, nella migliore delle ipotesi, nebulosa nell’Antico Testamento; Gesù, invece, ci ha fatto conoscere di più sul paradiso – e sull’inferno – di chiunque altro.
i. Gesù ha gettato luce sulla verità riguardo al nostro stato immortale attraverso la Sua risurrezione; Egli ci ha mostrato come saranno i nostri corpi immortali e ci ha assicurato che anche noi li avremo. Gesù è quindi un portavoce più affidabile per quanto riguarda il mondo dell’aldilà di chiunque abbia avuto un’esperienza di premorte.
g. Per mezzo dell’evangelo: La buona notizia di chi Gesù è e di cosa ha fatto per noi si può pensare come a degli anelli collegati tra loro in una bellissima catena dell’opera di Dio.
·Il piano di salvezza di Dio è iniziato per noi nell’eternità passata, prima dell’inizio dei tempi.
·È continuato con l’apparizione del Salvator nostro Gesù Cristo.
·È venuto a noi quando ci ha salvati e ci ha chiamati.
·Continua mentre viviamo la nostra santa vocazione.
·Un giorno si manifesterà nell’immortalità – la vita eterna.
i. Quando consideriamo la grandezza di questo messaggio, non c’è da meravigliarsi che Paolo lo abbia chiamato l’evangelo – la buona notizia. È una buona notizia che Dio ti ha pensato e ti ha amato prima che esistessi; è una buona notizia che Gesù è venuto a mostrarci perfettamente Dio, è una buona notizia che ci ha chiamati e salvati, è una buona notizia che Egli ci rivolge una santa vocazione ed è una buona notizia che Egli ci mostra e ci dona la vita eterna.
ii. Per l’Apostolo Paolo si trattava di un messaggio per cui valeva la pena essere in catene.
5. (11-12) L’opera affidata a Paolo e la certezza che essa gli dava.
Di cui io sono stato costituito araldo, apostolo e dottore dei gentili. Per questo motivo io soffro anche queste cose, ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e sono persuaso che egli è capace di custodire il mio deposito fino a quel giorno.
a. Di cui io sono stato costituito araldo: Possiamo quasi sentire Paolo crescere in intensità mentre scriveva queste parole; si rese conto ancora una volta che era un privilegio soffrire per un vangelo tanto grande – provava tutt’altro che vergogna, si sentiva onorato.
i. Nella sua mente si susseguivano i sermoni che aveva predicato (un araldo), le chiese che aveva fondato e guidava (un apostolo) e le diverse nazioni che aveva portato a Gesù Cristo (un dottore dei Gentili). Senza alcun dubbio ringraziava Gesù mentre considerava questi punti a uno a uno.
b. Per questo motivo io soffro anche queste cose: Paolo sapeva che, sebbene predicasse un messaggio meraviglioso, gli costò caro. La sua attuale sofferenza in prigione era a motivo di questo incarico divino.
c. Perché so in chi ho creduto, e sono persuaso: Questo spiega sia perché Paolo era così coraggioso nella sua opera, sia il modo in cui poteva sentirsi onorato da delle circostanze che avrebbero potuto far vergognare altri. Affermò che la ragione era “so in chi ho creduto”. Paolo conosceva il Dio di cui si fidava e che serviva.
i. Dobbiamo conoscere ciò in cui crediamo, ma è ancora più importante sapere in chi crediamo. Quando sappiamo quanto è grande Dio; quando Dio e la Sua gloria diventano la realtà delle nostre vite, allora abbiamo vero coraggio.
ii. “‘Conosci te stesso’, diceva il filosofo pagano; va bene, ma quella conoscenza può solo condurre un uomo all’inferno. ‘Conosci Cristo’, dice il filosofo cristiano, ‘conoscilo e allora conoscerai te stesso’, e questo certamente ti condurrà in cielo, poiché la conoscenza di Cristo Gesù è una conoscenza che salva.” (Spurgeon)
d. E sono persuaso che Egli è capace di custodire il mio deposito: Questa è la seconda ragione alla base del coraggio di Paolo. Paolo aveva dato la propria vita a Gesù e sapeva che Gesù era perfettamente in grado di custodirla!
i. Qual era questo deposito che Paolo aveva affidato a Lui? Sicuramente, pensava innanzitutto alla propria vita. Paolo sapeva di non poter custodire la propria vita da sé; sapeva che solo Dio ne era in grado. Dio era capace; Paolo no. Sapere questo riempiva Paolo di coraggio, ma non di un coraggio che poteva trovare in sé stesso, ma in Dio.
ii. Paolo non aveva affidato a Dio solo la propria vita; aveva affidato a Gesù ogni cosa: la vita, il corpo, il carattere e la reputazione, il lavoro di una vita, tutto ciò che era prezioso.
e. Fino a quel giorno: Paolo pensava al giorno in cui avrebbe visto Gesù o al giorno in cui Gesù sarebbe venuto per lui. Paolo e Timoteo vivevano entrambi in una tale consapevolezza di quel giorno che non c’era bisogno di chiamarlo in alcun un altro modo.
i. Quel giorno era prezioso per Paolo perché aveva affidato tutto a Gesù. Quanto più affidiamo la nostra vita e tutto ciò che siamo e abbiamo a Gesù, tanto più quel giorno diventerà prezioso per noi.
C. Paolo esorta Timoteo a rimanere fedele alla verità.
1. (13-14) La fedeltà è importante, perciò ritieni la verità.
Ritieni il modello delle sane parole che hai udito da me nella fede e nell’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito che ti è stato affidato mediante lo Spirito Santo che abita in noi.
a. Ritieni il modello delle sane parole: Dopo aver scritto dell’importanza del coraggio, Paolo chiama Timoteo (e tutti i ministri devoti) ad essere fedeli alla verità di Dio, il modello delle sane parole.
i. Ritieni suggerisce che qualcuno o qualcosa cercava di portar via la verità a Timoteo. Se non avesse perseverato nella fedeltà, gli sarebbe stata strappata via.
ii. Ci vuole un uomo o una donna speciale per ritenere veramente; ci vuole qualcuno che non è sballottato e trasportato da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini (Efesini 4:14).
iii. Questo è uno standard importante per qualsiasi pastore, il quale deve ritenere il modello delle sane parole. Lo standard principale non dovrebbe essere l’umorismo, l’euforia, la personalità, il carisma o persino l’interesse evangelistico. Alcuni di quelli che affermano di avere un cuore evangelistico abbandonano il modello delle sane parole e si mostrano infedeli al loro Signore e alla loro chiamata.
b. Il modello delle sane parole: Ciò ci lascia intendere che il vero insegnamento, in accordo alla verità di Dio, segue un certo modello – un modello che può essere avvertito dal cuore che ha discernimento.
c. Che hai udito da me: Le sane parole che Timoteo doveva ritenere gli vennero da un uomo – l’apostolo Paolo. Dio si è usato di strumenti umani per comunicare la Sua verità eterna.
i. Dobbiamo stare sempre attenti alla persona che rifiuta tutti gli insegnanti umani e dice: “Siamo io e la mia Bibbia”. Dio usò Paolo per comunicare il modello delle sane parole, a cui ci si aspettava che Timoteo fosse fedele. Dio usa altri uomini e donne per trasmettere la stessa verità oggi.
d. Nella fede e nell’amore, che sono in Cristo Gesù: La fedeltà di Timoteo deve essere mitigata con la fede e l’amore che sono in Cristo Gesù. Alcune persone prendono la parola di Dio e la considerano una questione puramente intellettuale, tralasciando la fede e l’amore.
i. Fede e amore descrivono in che modo bisogna ritenere la verità. La riteniamo nella fede, credendo veramente e basandoci la nostra vita; la riteniamo nell’amore, non nella superbia o in una superiorità egoistica.
ii. Se qualcuno crede di essere fedele alla verità, ma non mostra fede e amore nella vita, magari non è altro che un fariseo. I farisei erano un gruppo ai tempi di Gesù dedito a sostenere certi insegnamenti, ma non avevano alcun frutto di fede e di amore evidente nella loro vita.
e. Custodisci il buon deposito che ti è stato affidato: Timoteo aveva qualcosa che gli era stato affidato – Paolo lo chiamava il buon deposito, senza dubbio con riferimento al vangelo e alla verità di Dio. Timoteo aveva bisogno di fedeltà per custodire il buon deposito.
i. Dio ci ha affidato molte cose buone; dobbiamo essere fedeli nel custodirle. Custodire vuol dire di più del semplice aggrapparsi a qualcosa; significa anche proteggerlo e farne un uso saggio. Dio ci ha dato la Sua Parola, le relazioni familiari, il tempo, i talenti, le risorse, l’educazione e così via. Dobbiamo essere fedeli nel custodire queste cose buone in un modo che porti gloria e onore a Gesù.
ii. Viviamo in un’epoca in cui ci si aspetta fedeltà finché serve ai propri interessi. Quando essere fedeli non è più un vantaggio, molte persone sentono che va benissimo venir meno alle proprie responsabilità. Questo non è onorare Dio.
iii. Essere fedeli a Dio significa avere il cuore che vuole ciò che è giusto anche quando non sembra a nostro vantaggio. Ma egli onora quelli che temono l’Eterno; anche se ha giurato a suo danno, egli non ritratta (Salmo 15:4). La vera fedeltà si manifesta quando essere fedeli ha un costo.
iv. Dio è fedele nel custodire il nostro deposito (2 Timoteo 1:12). Noi saremo fedeli nel custodire ciò che Lui ha affidato a noi?
f. Custodisci… mediante lo Spirito Santo che abita in noi: Questa è la chiave della fedeltà. Dio richiede da noi una fedeltà più grande di quella che possiamo avere con le nostre forze. Se non camminiamo nello Spirito e non siamo ripieni di Spirito Santo, non possiamo rimanere fedeli a ciò a cui dobbiamo rimanere fedeli.
2. (15) Esempio di uomini infedeli.
Tu sai che tutti quelli che sono nell’Asia, fra i quali Figello ed Ermogene, mi hanno abbandonato.
a. Tutti quelli che sono nell’Asia… mi hanno abbandonato: Il grande apostolo Paolo, alla fine dei suoi giorni e della sua meravigliosa carriera missionaria, si ritrovò quasi completamente solo. Non ricevette lode dal mondo, né tantomeno apprezzamento dagli altri cristiani.
i. Se ci fosse stata una radio cristiana in quel periodo, nessuno avrebbe voluto intervistare Paolo. Se ci fossero state riviste cristiane, Paolo non sarebbe stato in copertina. Paolo avrebbe avuto difficoltà a trovare un editore per i propri libri. Per molti cristiani di quel tempo, Paolo sembrava troppo estremo, troppo dedicato, non abbastanza appariscente né abbastanza famoso. Anche i cristiani dell’Asia – dove Paolo aveva compiuto un’opera incredibile (Atti 19) – lo abbandonarono.
ii. Geograficamente, l’Asia del Nuovo Testamento non include il continente dell’Estremo Oriente come invece fa oggi. Si riferisce piuttosto alla provincia Romana dell’Asia, corrispondente per la maggior parte all’odierna Turchia.
b. Figello ed Ermogene: Erano due uomini degni di nota tra quelli che abbandonarono Paolo. Non furono fedeli e non ritennero.
i. Questi due non furono gli unici, ma Paolo ritenne necessario segnalare in particolare Figello ed Ermogene: “Egli nomina due dei disertori – probabilmente i più noti – per porre fine a questi attacchi diffamatori. Infatti, di solito accade che i disertori della guerra cristiana cerchino di giustificare la propria condotta disonorevole inventandosi tutte le accuse possibili contro i ministri fedeli e integri del vangelo.” (Calvino)
ii. Non sappiamo molto di Figello ed Ermogene, i quali vengono menzionati solo qui in tutta la Bibbia. È una cosa terribile avere il proprio nome menzionato nella parola di Dio come esempio di infedeltà.
3. (16-18) Esempio di uomo fedele.
Conceda il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo, perché spesse volte egli mi ha confortato e non si è vergognato delle mie catene; anzi, venendo a Roma, mi ha cercato con molta sollecitudine e mi ha trovato. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso di lui in quel giorno. Tu sai molto bene quanti servizi egli mi abbia reso in Efeso.
a. Conceda il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo: Onesiforo era un uomo diverso da Figello ed Ermogene; rimase fedele a Paolo in circostanze avverse. Perciò, Paolo pregò affinché Onesiforo e tutta la sua famiglia ricevessero misericordia.
i. Non sappiamo molto di Onesiforo, se non che abitava vicino a Timoteo, al quale, alla fine della lettera, Paolo chiederà di salutare la famiglia di Onesiforo.
b. Onesiforo: Paolo descrive molti aspetti che lo rendevano speciale.
i. Spesse volte egli mi ha confortato: Fu intenzionalmente una benedizione per Paolo e si adoperò per confortare l’apostolo che aveva fatto così tanto per altre persone.
ii. Non si è vergognato delle mie catene: Onesiforo si dimostrò un vero amico di Paolo durante la prigionia dell’apostolo.
iii. Mi ha cercato con molta sollecitudine e mi ha trovato: Poiché c’erano molte prigioni a Roma, probabilmente fu difficile per Onesiforo trovare Paolo, ma ci riuscì.
c. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso di lui in quel giorno: Questa era una preghiera speciale per Onesiforo. Se un servo fedele come Onesiforo aveva bisogno di una tale preghiera, quanto più ne abbiamo bisogno noi.
d. Tu sai molto bene: A quanto pare, il servizio di Onesiforo era così fedele, così eccezionale, da essere rinomato – Paolo non poteva fare altro che dire a Timoteo: “Tu sai molto bene quanto ha servito bene”.
i. Onesiforo fu all’altezza del significato del suo nome, che vuol dire “portatore di aiuto”.
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