2 Corinzi 11




2 Corinzi 11 – Il “Folle Vanto” dell’Apostolo Paolo

A. Il motivo per cui Paolo difende le sue credenziali.

1. (1) Introduzione: sopportate con me!

Oh, quanto desidererei pure che voi sopportaste con me un po’ di follia! Ma infatti voi mi sopportate.

a. Oh, quanto desidererei pure che voi sopportaste con me un po’ di follia: Paolo non definisce follia la difesa del suo apostolato perché è una cosa stupida o insensata, ma perché lo fa con riluttanza, sapendo che il suo tempo e i suoi sforzi potrebbero essere sfruttati per cose migliori. La definisce follia perché sa che le cose che considera onorabili riguardo al suo apostolato sono invece considerate pazzia da alcuni dei cristiani di Corinto.

b. Ma infatti voi mi sopportate: Qualcuno potrebbe chiedere: “Paolo, se pensi che tutto questo sia un po’ di follia, perché ti prendi il disturbo? Eppure, ne vale la pena, per le ragioni che Paolo elencherà nel passo successivo.

2. (2-4) Il motivo per cui le credenziali apostoliche di Paolo sono importanti.

Io sono infatti geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi a Cristo come una casta vergine. Ma io temo che, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così talora le vostre menti non siano corrotte e sviate dalla semplicità che si deve avere riguardo a Cristo. Se uno infatti venisse a voi predicando un altro Gesù che noi non abbiamo predicato, o se voi riceveste un altro spirito che non avete ricevuto, o un altro evangelo che non avete accettato, ben lo sopportereste.

a. Io sono infatti geloso di voi della gelosia di Dio: È importante che i Corinzi comprendano e si fidino delle credenziali apostoliche di Paolo, perché l’apostolo è geloso dei loro cuori della gelosia di Dio. La gelosia di Dio che Paolo prova è una cosa buona e la prende come un’offesa se i Corinzi si lasciano sedurre da una falsa comprensione di ciò che vuol dire essere un apostolo.

i. La gelosia umana è un difetto, ma il Signore dice: Io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso (Esodo 20:5). “La gelosia di Dio è amore in azione. Egli si rifiuta di condividere il cuore umano con qualcun altro, non perché sia egoista e lo voglia solo per sé, ma perché sa che la nostra stessa vita morale dipende dalla nostra fedeltà a Lui… Dio non è geloso di noi: è geloso per noi.” (Redpath in Legge e Libertà). Provare la gelosia di Dio per il Suo popolo è una virtù.

ii. “La gelosia di Dio, dunque, si preoccupa per la santità, l’integrità, la purezza dell’etica e gli standard cristiani del Suo popolo. Per questo motivo, Egli si rifiuta di tollerare un rivale nel nostro affetto per Lui, non a motivo di un’avidità egoistica che ci vuole tutti per sé, ma semplicemente perché sa che il Suo grande scopo per noi di una vita pura e santa dipende dalla nostra arresa e sottomissione personale al Suo proposito.” (Redpath)

b. Perché vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi a Cristo come una casta vergine: È importante che i Corinzi comprendano e si fidino delle credenziali apostoliche di Paolo, perché l’apostolo è come l’amico dello sposo, che veglia sulla sposa nel periodo tra il fidanzamento e le nozze.

i. Paolo si considera l’amico di Gesù, lo sposo, e farà del suo meglio per presentare la sposa a Cristo come una casta vergine nel “giorno delle nozze” – quando un giorno i Corinzi compariranno davanti a Gesù.

ii. Nella cultura ebraica del tempo, l’amico dello sposo (menzionato anche in Giovanni 3:29) aveva un compito importante. “Procurare un marito per la vergine, proteggerla e testimoniare delle sue doti corporali e coniugali. Sulla base della testimonianza dell’amico, lo sposo sceglieva la sua sposa. Era l’internunzio tra lei e lo sposo; portava tutti i messaggi da lei a lui e da lui a lei: infatti, prima del matrimonio, le donne erano rigorosamente protette dai loro genitori o amici”. Inoltre, l’amico dello sposo aveva il compito, se necessario, di “difendere la reputazione della sposa.” (Clarke)

iii. Dobbiamo, inoltre, tenere a mente che il fidanzamento non veniva preso alla leggera ai tempi di Paolo. L’infedeltà durante il periodo del fidanzamento sarebbe stata considerata adulterio e la promessa di matrimonio si sarebbe potuta sciogliere solo con il divorzio.

iv. Ogni volta che diamo i nostri cuori a qualcosa che non sia Dio, commettiamo “adulterio spirituale” durante il periodo del nostro fidanzamento.

c. Ma io temo che… le vostre menti non siano corrotte e sviate dalla semplicità che si deve avere riguardo a Cristo: È importante che i Corinzi comprendano e si fidino delle credenziali apostoliche di Paolo, perché egli conosce la natura subdola degli inganni di Satana.

i. In sostanza, i cristiani di Corinto non ammiravano le credenziali apostoliche di Paolo, perché avevano una mente carnale e non la mente di Gesù. A loro non piacevano la debolezza apparente di Paolo e il suo aspetto anonimo. Ciò era un fatto importante, perché la debolezza apparente di Paolo era come quella di Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò sé stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò sé stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce (Filippesi 2:6-8). Le credenziali apostoliche di Paolo non erano l’unica cosa a essere sotto attacco, ma anche la natura stessa di Gesù.

ii. Come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia: Paolo comprese che l’inganno di Satana nei confronti di Eva nel Giardino dell’Eden (Genesi 3:1-5) è un buon esempio delle tattiche ingannevoli di Satana. La sua bugia a Eva (voi non morrete affatto) era circondata da mezze verità e da un inganno allettante. I Corinzi avevano a che fare con l’inganno del “trionfalismo”, che era avvolto nella verità della vita trionfante che possiamo vivere in Gesù Cristo.

iii. La menzogna di Satana a Eva ricorda i versi di Tennyson:

Una bugia che è tutta una bugia può essere affrontata e combattuta apertamente;
Ma una bugia che è in parte la verità è più difficile da combattere.

d. Se uno infatti venisse a voi predicando un altro Gesù: È importante che i Corinzi comprendano e si fidino delle credenziali apostoliche di Paolo, perché Paolo sa che sono attratti dai falsi apostoli che predicano un altro Gesù.

i. I provocatori tra i Corinzi che fomentavano la contesa contro Paolo non attaccavano solo Paolo, ma anche il vero Gesù, predicandone un altro. Chi era questo “altro Gesù”? A causa del modo in cui i cristiani di Corinto disprezzavano l’immagine di debolezza e l’aspetto insignificante di Paolo, l’“altro Gesù” era probabilmente uno che non conosceva debolezza, persecuzione, umiliazione, sofferenza o morte. Un “super Gesù” è un altro Gesù, non il vero Gesù – e un altro Gesù non può salvare.

ii. Che noi non abbiamo predicato… un altro spirito… un altro evangelo: Paolo aveva avvertito i Galati contro il pericolo di ricevere un altro Gesù. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Come abbiamo già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto. (Galati 1:8-9)

e. Se uno infatti venisse: Un apostolo è “colui che è mandato”. Quei provocatori erano l’esatto opposto di un apostolo. Di loro si poteva dire: “Se uno venisse”. Di un apostolo, invece, si diceva “colui che è stato mandato” da Dio. Quei falsi apostoli erano venuti, ma non erano stati mandati realmente da Dio.

f. Ben lo sopportereste: Il problema non era tanto il fatto che quei falsi insegnanti erano venuti fra i Corinzi. Il problema era che i Corinzi li tolleravano.

i. Oggi c’è lo stesso problema. Non c’è da stupirsi che ci siano ancora dei falsi insegnanti nella chiesa; il problema è che la chiesa li tollera e li accetta. I cristiani di questa generazione, come i cristiani di molte altre generazioni, dovranno rispondere a Gesù della loro mancanza di discernimento in merito ai falsi insegnanti e ai falsi leader accettati e accolti dalla chiesa.

3. (5-9) La “folle” umiltà di Paolo.

Ora io ritengo di non essere stato in nulla inferiore ai sommi apostoli. E se anche sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella conoscenza; anzi lo abbiamo dimostrato a voi in ogni modo e in tutte le cose. Ho forse io commesso peccato abbassando me stesso affinché voi foste innalzati, per il fatto che vi ho annunziato l’evangelo di Dio gratuitamente? Io ho spogliato altre chiese, ricevendo uno stipendio da loro per servire voi. Inoltre, quando ero tra di voi e mi trovavo nel bisogno, non sono stato di aggravio ad alcuno, perché supplirono al mio bisogno i fratelli che vennero dalla Macedonia; e in ogni cosa mi sono guardato dall’esservi di aggravio, e anche per l’avvenire me ne guarderò.

a. Ora io ritengo di non essere stato in nulla inferiore ai sommi apostoli: Paolo si paragona a certuni, che egli chiama sommi apostoli. A quanto pare, i Corinzi preferivano questi a Paolo.

i. I commentatori discutono vivacemente sull’identità di questi sommi apostoli. Alcuni pensano che fossero altri apostoli di spicco, come Pietro o Apollo (come si vede in 1 Corinzi 1:12), ma è improbabile. È più probabile invece che Paolo parli con sarcasmo dei falsi apostoli che si dichiaravano superiori a lui.

ii. Nel testo originale, l’idea alla base di “sommi apostoli” è “apostoli super-fantastici”. Paolo, probabilmente, scrive in maniera sarcastica riferendosi a coloro che si reputavano e si presentavano come “super-mega apostoli”.

iii. Io ritengo di non essere stato in nulla inferiore: Chiunque siano questi sommi apostoli, Paolo dice di non essere affatto inferiore a loro. Anzi, più avanti spiegherà come lui (in una maniera inaspettata) sia più grande di questi presunti sommi apostoli.

b. Se anche sono rozzo nel parlare: Secondo gli standard della retorica greca, Paolo era rozzo nel parlare. A quel tempo, saper articolare i discorsi in maniera raffinata, sofisticata e coinvolgente andava di moda. C’era chi (come i sommi apostoli che i Corinzi amavano tanto) aveva questa capacità, ma Paolo non era disposto, o forse non era in grado, di predicare così. A lui non importava, perché non gli interessava adeguarsi agli standard dell’epoca, usando parole “raffinate” o “coinvolgenti”; a lui interessava solamente predicare fedelmente il vangelo.

i. Si racconta di una cena in cui gli ospiti dovevano alzarsi dopo il pasto e recitare qualcosa per il gruppo. Era presente un famoso attore che recitò il Salmo 23 con grande drammaticità ed emozione e si sedette ricevendo un grande applauso. Poi un uomo molto semplice si alzò e cominciò a recitare lo stesso Salmo. Non era molto eloquente, quindi all’inizio la gente pensò che fosse un po’ buffo. Ma la sua presentazione veniva direttamente dal cuore, così quando finì il gruppo si sedette in rispettoso silenzio. Era ovvio che la presentazione dell’uomo semplice era più potente di quella dell’attore, e in seguito l’attore gli disse: “Io conosco il Salmo, ma tu conosci il Pastore”.

ii. Questa era la differenza tra la predicazione di Paolo e quella dei sommi apostoli. Paolo non aveva la raffinatezza e l’eleganza di un grande oratore, ma, poiché conosceva Dio, predicava il vangelo con potenza.

c. Lo abbiamo dimostrato a voi in ogni modo e in tutte le cose: Paolo non poteva – o non voleva – dare ai Corinzi la predicazione raffinata e coinvolgente che volevano, ma ha dato sé stesso. Ha dimostrato sé stesso ai Corinzi in tutte le cose. Non era un oratore raffinato (secondo gli standard dell’epoca), ma era un oratore onesto e trasparente.

d. Ho forse io commesso peccato abbassando me stesso… per il fatto che vi ho annunziato l’evangelo di Dio gratuitamente? Nella cultura di quel tempo, se un oratore pubblico non accettava denaro per i suoi discorsi veniva spesso ignorato come un oratore scadente, con un insegnamento inutile. Molti consideravano chi non si faceva pagare per parlare come un dilettante. Ma a Paolo non importava l’opinione degli altri quando si trattava del suo cuore per la predicazione del Vangelo senza essere accusato di farlo per denaro.

i. Ho forse io commesso peccato? Qui l’ironia di Paolo raggiunge il picco. I cristiani di Corinto che disprezzavano Paolo erano così carnali nei loro ragionamenti che pensavano davvero che Paolo potesse essere in peccato perché annunziava l’evangelo di Dio gratuitamente!

e. Io ho spogliato altre chiese, ricevendo uno stipendio da loro per servire voi: Ho spogliato è un’espressione molto forte. Nel greco classico, si utilizzava nel contesto di un soldato morto che veniva spogliato dell’armatura.

i. Paolo allude al sostentamento economico ricevuto dai cristiani di altre città mentre si trovava a Corinto. Diceva di aver spogliato le altre chiese perché i Corinzi avrebbero dovuto sostenerlo mentre ministrava ai loro bisogni spirituali (1 Corinzi 9:4-11). Invece, Paolo non era stato di aggravio ad alcuno tra i Corinzi.

ii. Perché supplirono al mio bisogno i fratelli che vennero dalla Macedonia: Le altre chiese che Paolo aveva “spogliato” si trovavano nella regione della Macedonia, inclusa la chiesa di Filippi. Paolo li ringrazia della loro generosità in Filippesi 4:14-18.

4. (10-15) Paolo contro i falsi apostoli.

Come la verità di Cristo è in me, questo vanto nei miei confronti non sarà messo a tacere nelle contrade dell’Acaia. Perché? Forse perché non vi amo? Dio lo sa. Anzi ciò che io faccio lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che desiderano un pretesto, per essere trovati simili a noi in ciò di cui si gloriano. Tali falsi apostoli infatti sono degli operai fraudolenti, che si trasformano in apostoli di Cristo. E non c’è da meravigliarsi, perché Satana stesso si trasforma in angelo di luce. Non è dunque gran cosa se anche i suoi ministri si trasformano in ministri di giustizia, la cui fine sarà secondo le loro opere.

a. Questo vanto nei miei confronti non sarà messo a tacere: Essendo un vero apostolo, Paolo poteva “vantarsi” di non aver preso nemmeno un centesimo e di essere più interessato all’integrità del messaggio che ai suoi stessi bisogni.

b. Perché? Forse perché non vi amo? Dio lo sa: Il vanto di Paolo nella sua immagine debole e mediocre era una vergogna per i Corinzi. Perché li ha messi in imbarazzo in questo modo? Solo perché li amava e per farli rinsavire dalla loro mentalità carnale.

c. Anzi ciò che io faccio lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che desiderano un pretesto, per essere trovati simili a noi: Paolo voleva smascherare questi sommi apostoli per quello che erano, truffatori. Se il sarcasmo pungente o l’essere messi in imbarazzo era ciò che occorreva per smascherarli, allora questi erano gli strumenti che Paolo avrebbe usato.

d. Tali falsi apostoli infatti sono degli operai fraudolenti, che si trasformano in apostoli di Cristo: Qui Paolo parla in maniera ancora più diretta. Senza ricorrere al sarcasmo, chiama apertamente i suoi detrattori (o almeno i loro leader tra di loro) falsi apostoli e operatori fraudolenti.

i. Solamente pochi cristiani oggi sono disposti ad affrontare il problema dei falsi apostoli e degli operai fraudolenti nelle chiese. Ciononostante, ai giorni di Paolo la loro presenza era palese, e lo è ancora oggi.

ii. I falsi apostoli sono coloro che si trasformano in apostoli di Cristo. Infatti, nessuno può trasformare sé stesso in un vero apostolo di Gesù; è una chiamata che viene solo da Dio. “Non sono mai stati apostoli di Cristo, ma si sono travestiti da tali, affinché avessero più possibilità di ingannare.” (Poole) Come Paolo spiegherà nella frase seguente, coloro che si trasformano sono più simili a Satana che a Dio.

e. Perché Satana stesso si trasforma in angelo di luce. Non è dunque gran cosa se anche i suoi ministri si trasformano in ministri di giustizia: Come Satana può camuffarsi da angelo di luce, così i falsi apostoli possono avere una parvenza di “bene”. Paolo sta mostrando ai Corinzi quanto sia sciocco fare affidamento sull’immagine e sull’apparenza esteriore.

i. È così facile per tutte le persone, compresi i cristiani, farsi ingannare dall’immagine e dalle apparenze. Molti riconoscono il male solo se si presenta apertamente come tale. Ma questo approccio finisce per accogliere Satana stesso, che si trasforma in angelo di luce. Se Satana apparisse davanti a un pubblico umano, questi sarebbe decisamente tentato di adorarlo come una creatura di bellezza quasi divina. Sarebbe considerato un angelo di luce.

ii. A maggior ragione, è una follia per i cristiani di Corinto – o per noi oggi – lasciarsi ingannare dall’immagine e dalle apparenze esteriori.

iii. Hughes nota giustamente che nella chiesa di oggi, “per ottenere dei seguaci entusiasti e poco perspicaci, basta fare le affermazioni più assurde su sé stessi”.

iv. “Si dice generalmente che Satana abbia tre forme con tenta gli uomini: 1. Il serpente subdolo. 2. Il leone ruggente. 3. L’angelo di luce. Spesso, come angelo di luce, persuade gli uomini a fare cose in nome della religione, che sono sovversive ad essa. Da qui derivano tutte le persecuzioni, le indecenze e i roghi di una certa Chiesa, con la scusa di tenere l’eresia fuori da essa; e da qui tutti gli orrori e le infernalità dell’inquisizione. Come un leone, sotto forma di persecuzione pagana, ha devastato l’eredità del Signore. E usando i nostri sensi e le nostre passioni, come un serpente subdolo, ci inganna continuamente, così che spesso le opere della natura corrotta vengano scambiate per le operazioni dello Spirito di Dio.” (Clarke)

f. Secondo le loro opere: Questa è l’orribile condanna riservata ai falsi apostoli: essere giudicati secondo le loro opere.

B. Le credenziali di Paolo come “folle” apostolo.

1. (16-21) Insensatezza e vanto.

Lo dico di nuovo: Nessuno mi consideri un insensato; se no ricevetemi pure come un insensato, affinché mi possa anch’io vantare un po’. Ciò che dico in questo mio audace vanto, non lo dico secondo il Signore, ma nella follia. Poiché molti si vantano secondo la carne, anch’io mi vanterò. Voi infatti, che siete savi, sopportate volentieri gli insensati. Ora, se qualcuno vi riduce in servitù, se qualcuno vi divora, se qualcuno vi deruba, se qualcuno s’innalza, se qualcuno vi percuote in faccia, voi lo sopportate. Lo dico a mia vergogna, come se noi fossimo stati deboli; eppure, in qualunque cosa uno è ardito, lo dico nella follia, sono ardito anch’io.

a. Nessuno mi consideri un insensato… affinché mi possa anch’io vantare un po’: È facile percepire sia il sarcasmo che l’esitazione di Paolo a promuovere sé stesso. Preferirebbe parlare di Gesù, ma il messaggio è ostacolato dal disprezzo dei Corinzi per le sue credenziali di vero apostolo, vero rappresentante di Gesù.

i. Paolo non è come i “veri” insensati che si vantano delle proprie credenziali. Ciò risalterà quando Paolo inizierà a elencare le sue credenziali di vero apostolo.

b. Ciò che dico in questo mio audace vanto, non lo dico secondo il Signore, ma nella follia: Paolo non diceva queste cose secondo il Signore, perché la difesa delle sue credenziali si focalizzava su di lui. A lui non piaceva parlare di sé, ma era contento di scrivere noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù il Signore (2 Corinzi 4:5).

i. Paolo sente l’obbligo di scrivere a proprio riguardo: Poiché molti si vantano secondo la carne, anch’io mi vanterò. Tuttavia, il vanto di Paolo non è nulla in confronto a quello dei molti che si vantano secondo la carne.

c. Voi infatti, che siete savi, sopportate volentieri gli insensati: Paolo ricorre di nuovo a un sarcasmo pungente. Se i Corinzi sono così savi da sopportare così tanti insensati, allora possono sicuramente prestare a Paolo un po’ di attenzione!

d. Se qualcuno vi riduce in servitù… voi lo sopportate: Come molti degli ingannati di oggi, i cristiani di Corinto sopportavano gli abusi dei “super apostoli”, pensando che fosse in qualche modo spirituale essere ridotti in servitù.

i. La servitù di cui parla Paolo potrebbe indicare che quei falsi apostoli erano dei legalisti, che cercavano di soggiogare le persone alla Legge. Tuttavia, è anche possibile che la servitù a cui Paolo si riferisce indichi il dominio e l’autorità personali che i sommi apostoli esercitavano su di loro. L’enfasi sull’immagine e sull’aspetto esteriore è spesso associata a un approccio autoritario alla leadership, che probabilmente spiega il motivo per cui Paolo parla di servitù.

e. Se qualcuno vi divora, se qualcuno vi deruba, se qualcuno s’innalza, se qualcuno vi percuote in faccia: I Corinzi erano così presi dai loro “super apostoli” da accettare ogni tipo di maltrattamento da parte loro. Erano talmente colpiti dall’immagine di autorità e di potere dei “super apostoli” che si sottomettevano umilmente a questo tipo di trattamento.

i. I cristiani di Corinto avrebbero accettato veramente di essere percossi in faccia? Probabilmente sì, perché non era raro che le autorità religiose del tempo (al di fuori dei veri ministri di Gesù) ordinassero che le persone considerate empie fossero effettivamente colpite in faccia (Atti 23:2, 1 Timoteo 3:3).

ii. Purtroppo, molte persone si trovano più a loro agio con i “super apostoli” autoritari che con la libertà che hanno a disposizione in Gesù.

f. Lo dico a mia vergogna, come se noi fossimo stati deboli: Paolo continua con il sarcasmo, confessando di essere troppo “debole” per abusare delle sue pecore come facevano i “super apostoli”. L’imputato è colpevole!

g. Eppure, in qualunque cosa uno è ardito, lo dico nella follia, sono ardito anch’io: I sommi apostoli erano arditi nel proclamare la propria grandezza. Così, anche Paolo è ardito, ma quello che dice, lo dice nella follia. Il resto del capitolo contiene il “folle vanto” di Paolo per quelle cose che dimostrano che lui è un vero apostolo.

2. (22-33) Le credenziali apostoliche di Paolo.

Sono essi Ebrei? Lo sono anch’io. Sono essi Israeliti? Lo sono anch’io. Sono essi progenie di Abrahamo? Lo sono anch’io. Sono essi ministri di Cristo? Parlo da stolto, io lo sono più di loro; nelle fatiche molto di più, nelle battiture grandemente di più, molto più nelle prigionie e spesso in pericolo di morte. Dai Giudei ho ricevuto cinque volte quaranta sferzate meno una. Tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte sull’abisso. Sono stato spesse volte in viaggio fra pericoli di fiumi, pericoli di ladroni, pericoli da parte dei miei connazionali, pericoli da parte dei gentili, pericoli in città, pericoli nel deserto, pericoli in mare, pericoli fra falsi fratelli, nella fatica e nel travaglio, sovente nelle veglie, nella fame e nella sete, spesse volte in digiuni, nel freddo e nella nudità. Oltre a queste cose esterne, ciò che mi assilla quotidianamente è la sollecitudine per tutte le chiese. Chi è debole, che non lo sia anch’io? Chi è scandalizzato, che io non arda? Se è necessario vantarsi, io mi vanterò delle cose che riguardano la mia debolezza. Il Dio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, che è benedetto in eterno, sa che io non mento. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato lungo il muro in una cesta, e così scampai dalle sue mani.

a. Sono essi Ebrei? Lo sono anch’io: La genealogia umana di Paolo era più che sufficiente per qualificarlo come apostolo. Non solo era progenie di Abrahamo, ma lo era anche degli Israeliti. Non solo lo era degli Israeliti, ma anche degli Ebrei, il che significa che era un ebreo di discendenza giudea, al contrario degli ebrei che erano nati da persone provenienti da zone lontane dalla Giudea.

i. Paolo è cresciuto a Tarso di Cilicia (Atti 21:39), indicando chiaramente che i suoi genitori erano ebrei di Giudea, trasferitisi a Tarso prima o dopo la nascita di Paolo.

ii. Paolo sa molto bene che non sono i suoi antenati a renderlo un apostolo o un servo di Gesù, ma molti dei sommi apostoli avevano detto, o avevano lasciato intendere, che invece era importante. Riconoscendo la stupidità di queste dicerie, Paolo precede le sue osservazioni qui con “Parlo da stolto”. Eppure, per ribadire il concetto (esporre la stoltezza dei sommi apostoli e glorificare la natura di Gesù), andrà avanti nella sua difesa.

b. Sono essi ministri di Cristo? Parlo da stolto, io lo sono più di loro: I sommi apostoli dicevano di essere ministri di Cristo. Probabilmente lo consideravano un titolo di grande onore e privilegio. Per quanto riguarda Paolo, anche lui dirà di essere tra i ministri di Cristo, ma spiegherà che, con questa espressione, intende qualcosa di ben diverso da quello che i sommi apostoli volevano dire.

i. Ministro deriva da diakonos in greco antico e descrive un servo umile o un operaio. I sommi apostoli avevano gonfiato l’idea di ministro per farne un titolo di esaltazione e di privilegio. Paolo non aveva problemi con il titolo di ministro, ma aveva un grosso problema con l’interpretazione del titolo promossa dai sommi apostoli e accettata dai cristiani di Corinto. Nella sezione seguente, Paolo spiega cosa lo qualifica a essere chiamato ministro di Cristo. Possiamo aspettarci una descrizione piuttosto diversa da quella che i sommi apostoli davano di sé stessi e delle proprie qualifiche.

c. Nelle fatiche molto di più: “Io sono un ministro di Cristo, perché lavoro più di tutti gli altri apostoli per amore di Gesù”. Paolo ha detto la stessa cosa in maniera ancora più esplicita in 1 Corinzi 15:10: Ho faticato più di tutti loro.

i. Al contrario, i sommi apostoli vedevano l’essere ministri di Cristo come una questione di privilegio. Secondo loro, più eri un ministro, meno dovevi lavorare e più gli altri dovevano servirti.

d. Nelle battiture grandemente di più: “Sono un ministro di Cristo perché sono stato battuto molte volte per amore di Gesù”. Paolo ha ricevuto molte percosse sia dai Giudei (ho ricevuto cinque volte quaranta sferzate meno una) che dai Romani (tre volte sono stato battuto con le verghe).

i. Deuteronomio 25:3 dice: Può fargli dare quaranta colpi, ma non di più, perché, oltrepassando ciò e battendolo con un numero maggiore di colpi, tuo fratello non sia disprezzato ai tuoi occhi. Di conseguenza, i rabbini limitarono il numero di battiture consentite a 39 (quaranta sferzate meno una). Non lo facevano per pietà, ma temevano che ci potesse essere un conteggio errato e che quaranta sferzate venissero superate accidentalmente.

ii. Un antico scritto ebraico descrive la procedura delle sferzate in un tribunale giudaico: “Le due mani del criminale sono legate a un palo, poi il servo della sinagoga gli tira o gli strappa i vestiti fino a lasciargli il petto e le spalle nude. Dietro di lui viene posta una pietra o un blocco su cui il servo sta in piedi; egli tiene in mano un flagello di cuoio, diviso in quattro code. Colui che flagella ne pone un terzo sul petto del criminale, un altro terzo sulla spalla destra e un altro sulla sinistra. L’uomo che riceve la punizione non è né seduto né in piedi, ma tutto il tempo chinato, e l’uomo colpisce con tutta la sua forza, con una sola mano.” (Mishna, fol. 22, 2; citato da Clarke)

e. Molto più nelle prigionie: “Sono un ministro di Cristo perché, per amore di Gesù, ho passato molto tempo in prigione”. Paolo parla di essere stato in prigione diverse volte, anche se Atti ci racconta solo di un caso fino alla stesura di 2 Corinzi (a Filippi, Atti 16:20-24). Questo ci ricorda che per quanto meraviglioso sia il libro degli Atti, è un registro parziale.

f. Spesso in pericolo di morte: “Sono un ministro di Cristo perché, per amore di Gesù, sono stato molte volte vicino alla morte”. Sappiamo che Paolo perse quasi la vita quando una folla inferocita tentò di giustiziarlo a Listra con la lapidazione (Atti 14:19), ma ci furono anche altri episodi.

i. L’episodio di Listra (riportato in Atti 14:19) deve essere quello a cui Paolo si riferisce quando dice una volta sono stato lapidato.

g. Tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte sull’abisso. Sono stato spesse volte in viaggio fra pericoli: “Sono un ministro di Cristo perché, per amore di Gesù, ho viaggiato in lungo e in largo, affrontando numerose difficoltà”. Nel mondo moderno, un programma di viaggio impegnativo può essere difficile per chiunque. Pensate a come doveva essere nel mondo antico!

i. In tutto il libro degli Atti, sono riportati non meno di 18 viaggi intrapresi da Paolo via mare, di cui la metà avvenuti prima della stesura di 2 Corinzi. Poiché il libro degli Atti è un registro incompleto, c’è sicuramente molto di più da aggiungere a tutto questo. Alcuni storici hanno affermato che non c’è uomo nel mondo antico, per quanto sappiamo, che abbia viaggiato così tanto come Paolo.

h. Pericoli di fiumi, pericoli di ladroni, pericoli da parte dei miei connazionali, pericoli da parte dei gentili, pericoli in città, pericoli nel deserto, pericoli in mare, pericoli fra falsi fratelli, nella fatica e nel travaglio, sovente nelle veglie, nella fame e nella sete, spesse volte in digiuni, nel freddo e nella nudità: “Sono un ministro di Cristo perché ho affrontato molti pericoli e altrettanti disagi per amore di Gesù”.

i. Tutti i pericoli si aggiungono a una vita già difficile e piena di stress:

·Pericoli di fiumi: I grandi pericoli che Paolo affrontò attraversando i fiumi nei suoi viaggi.

·Pericoli di ladroni: Uno dei più grandi pericoli che si incontravano mentre si viaggiava nel mondo antico erano i ladri, pronti a derubare nel mezzo del nulla i viaggiatori solitari (come Gesù ha illustrato in Luca 10:30).

·Pericoli in città: Paolo sperimentò l’ostilità di numerose folle in tutte le città in cui aveva predicato (Atti 13:50, 14:5, 14:19, 16:19 e così via).

·Pericoli nel deserto: Durante i suoi viaggi, Paolo trascorse molti giorni e molte notti nei pericoli del deserto.

·Pericoli in mare: I molti naufragi di Paolo e alle difficoltà incontrate viaggiando via mare.

·Pericoli fra falsi fratelli: Paolo dovette affrontare il pericolo di coloro che dicevano di essere fratelli e suoi amici, ma invece erano falsi fratelli (2 Timoteo 4:14 è un esempio di ciò che sarebbe avvenuto più tardi).

ii. Nella fatica e nel travaglio, sovente nelle veglie, nella fame e nella sete, spesse volte in digiuni, nel freddo e nella nudità: Nel mondo odierno, siamo esenti da molte delle difficoltà che Paolo dovette affrontare. Abbiamo accesso ad acqua, cibo e calore molto più facilmente di quanto ne avesse Paolo. Egli semplicemente visse una vita difficile da missionario, viaggiando e predicando il vangelo.

iii. Non è stato il semplice fatto di aver vissuto una vita dura a fare di Paolo un vero ministro di Cristo. Molte persone hanno una vita difficile, ma non sono in alcun modo servitori di Gesù. Tuttavia, Paolo scelse volontariamente di esporsi a tutti questi pericoli e difficoltà, anche se avrebbe potuto vivere diversamente se avesse voluto. Questo, però, non era quello che voleva. Voleva servire Gesù e, poiché queste difficoltà facevano parte del servire Gesù, le accettava.

iv. Come poteva essere felice un uomo che viveva una tale vita? Perché era morto a sé stesso! Perché Paolo poteva dire: Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me (Galati 2:20). Per questo motivo, Paolo poteva mettere in pratica quello che predicava quando scriveva: Ma ci vantiamo anche nelle afflizioni (Romani 5:3). I suoi non erano solo “chiacchiere spirituali”; egli viveva veramente in questo modo. Poteva affermare con forza le parole di 2 Corinzi 4:17-18: Infatti, la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento, produce per noi uno smisurato, eccellente peso eterno di gloria; mentre abbiamo lo sguardo fisso non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne.

v. I sommi apostoli e i Corinzi che avevano abboccato alle loro menzogne forse a questo punto pensavano che Paolo fosse pazzo. Per loro, non c’era nulla di cui vantarsi nelle avversità di cui, invece, Paolo si gloriava. Vedevano tali difficoltà e dicevano: “Dio non è con me. Sono un perdente. Sono debole. Non sono felice. La mia vita è troppo dura”. Sapevano solo gloriarsi dell’immagine del potere e dell’apparenza del successo. Senza quell’immagine, credevano che Dio fosse contro di loro. Lo credevano perché i loro pensieri erano carnali e non avevano la mente di Gesù, come si riflette da Filippesi 2:5-11.

vi. “Questo è il prezzo che Paolo ha pagato. Che effetto ha su di voi? Vi congratulate con voi stessi per averla scampata? Ci basterebbe una settimana di una vita così e saremmo già finiti, ma Paolo ha vissuto così una vita intera e si gloriava delle sue infermità.” (Redpath)

vii. I pericoli della vita di Paolo erano sufficienti da uccidere un uomo, ma niente o nessuno avrebbe potuto uccidere lui fino al compimento del proposito di Dio per Paolo su questa terra.

i. Oltre a queste cose esterne, ciò che mi assilla quotidianamente è la sollecitudine per tutte le chiese: In aggiunta a tutto lo stress dovuto ai pericoli che Paolo ha menzionato precedentemente, egli viveva quotidianamente con un peso: una profonda sollecitudine per tutte le chiese.

i. I pericoli elencati da Paolo non erano eventi di tutti i giorni, ma la profonda sollecitudine per tutte le chiese non lo ha mai lasciato. I pesi di Paolo non erano solamente fisici, ma anche emotivi.

ii. Chi è debole, che non lo sia anch’io? Chi è scandalizzato, che io non arda? La sollecitudine di Paolo non era per sé stesso. Era per gli altri – per chi era debole e scandalizzato. Paolo portava molti pesi, ma pochi riguardavano lui. Come Gesù, era una persona veramente altruista.

iii. Redpath commenta ciò che mi assilla quotidianamente: “Non potrei mai trasmettervi adeguatamente in lingua inglese la forza di questa affermazione. Ho cercato di immaginarlo come essere soffocato sotto una coperta, o essere attaccato e schiacciato da qualche grande animale, perché non avrebbe potuto usare una parola più forte quando ha detto, in effetti: ‘Quello che mi appesantisce, quello che è su di me come un carico intollerabile, quello che è un peso, quello che è qualcosa che non posso mai scrollarmi di dosso giorno e notte, è sempre con me. Non mi dà mai tregua. È su di me ogni giorno. La cura, la compassione, la preoccupazione di tutte le chiese’”.

iv. La sollecitudine di Paolo non era una “preoccupazione dovuta all’incredulità”. “La sua sollecitudine si basava non solo sui resoconti preoccupanti che giungevano alle sue orecchie, ma sulla sua conoscenza dell’astuzia crudele del nemico delle anime che, sapeva, non si sarebbe fermato davanti a nulla nei suoi tentativi di rovesciare l’opera del vangelo.” (Hughes)

j. Se è necessario vantarsi, io mi vanterò delle cose che riguardano la mia debolezza: Qual è il vanto di Paolo? Quali sono le sue credenziali di apostolo? Solo le sue cicatrici, le cose che riguardano la sua debolezza. La debolezza a cui Paolo si riferisce potrebbe alludere a un’infermità fisica; molto probabilmente, è la vita piena di difficoltà e stress che ha vissuto.

i. I falsi apostoli, quei sommi apostoli, non si sarebbero mai sognati di vantarsi di tali cose. Credevano che la debolezza facesse apparire deboli e lontani da Dio. Ciononostante, a Paolo non importava se quelli del mondo o quelli nella chiesa con una mentalità mondana lo consideravano un pazzo. Paolo viveva con una prospettiva rivolta alle cose eterne, non a quelle del mondo.

ii. “Non mi vanterò delle mie facoltà naturali o acquisite, né di quello che Dio ha fatto per me, ma piuttosto di quello che ho sofferto per Lui.” (Clarke)

k. Il Dio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, che è benedetto in eterno, sa che io non mento: Paolo riconosce che quello che ha appena scritto potrebbe sembrare poco credibile per alcuni, e qualcuno potrebbe persino dubitare che abbia effettivamente vissuto tali difficoltà. Quindi, Paolo usa un linguaggio forte per dichiarare che Dio gli è testimone e che sta dicendo la verità.

i. “‘Dio sa’. Sa cosa? Egli conosce tutta la sofferenza, tutte le prove, tutti i fatti già elencati, sa che ovunque egli vada viene condotto in vittoria. ‘Dio sa’. Questo è il segreto del suo più profondo vanto.” (Morgan)

l. A Damasco… da una finestra fui calato lungo il muro in una cesta: Questo probabilmente è stato il primo pericolo che Paolo ha dovuto affrontare per amore di Gesù (Atti 9:23-25). La sua memoria torna indietro a questo evento iniziale, forse pensando che la sua fuga da Damasco fosse il suo “apprendistato nella persecuzione”. È come se dicesse: “Così è iniziato il mio ministero ed è così che continua ad andare avanti”.

i. Hughes dice di questa fuga da Damasco: “Fu un evento che sottolineò, proprio all’inizio del suo ministero, la sua estrema debolezza e fragilità”.

ii. Illustra con forza il contrasto tra Saulo di Tarso e Paolo Apostolo. Saulo di Tarso viaggiò verso Damasco rivestito della potenza e dell’autorità dell’uomo, diretto contro il popolo di Dio. Paolo Apostolo lasciò Damasco in una cesta, in maniera umile. C’è qualcosa che descrive meglio la debolezza dell’essere calati in una cesta al di là di un muro? “Riusciamo a pensare a qualcosa che possa privare un uomo di qualsiasi senso di dignità più di questo?”. (Morgan)

iii. Il riferimento al re Areta colloca la fuga da Damasco tra il 37 e il 39 d.C. Considerando i tre anni menzionati in Galati 1:18 e che questo evento ha avuto luogo alla fine di quei tre anni, possiamo ipotizzare che Paolo si sia convertito tra il 34 e il 36 d.C.

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