1 Timoteo 1




1 Timoteo 1 – Il Combattimento per la Fede

A. Introduzione.

1. (1) L’identità dell’autore: Paolo.

Paolo, apostolo di Gesù Cristo, per comando di Dio, nostro Salvatore, e del Signore Gesù Cristo, nostra speranza,

a. Paolo, apostolo di Gesù Cristo: Paolo, nella sua auto-descrizione, mette in risalto le proprie credenziali (apostolo) e la propria autorità (per comando di Dio), sia per dare un incoraggiamento personale a Timoteo sia affinché la lettera fosse usata come epistola di riferimento davanti ai cristiani di Efeso.

i. Sembra che 1 Timoteo sia stata scritta dall’apostolo Paolo a Timoteo qualche tempo dopo la sua liberazione dalla prigionia romana, mentre si trovava in Macedonia (1 Timoteo 1:3), come descritto alla fine del libro degli Atti.

ii. A quanto pare, dopo la sua liberazione (attesa in Filemone 1:22 e Filippesi 1:25-26 e 2:24), Paolo tornò nella città di Efeso. Lì scoprì che durante la sua assenza Efeso era diventata il covo di molti falsi insegnamenti. Si tratta del triste adempimento della predizione fatta agli anziani di Efeso in Atti 20:29-30.

iii. È probabile che Paolo avesse avuto a che fare personalmente con i falsi insegnanti, ma ben presto ritenne necessario partire per la Macedonia. Diede quindi a Timoteo la responsabilità di prendersi cura delle questioni a Efeso in qualità di suo rappresentante personale. Conosceva bene le difficoltà del lavoro che aveva assegnato a Timoteo; perciò, sperava che questa lettera fungesse da equipaggiamento e incoraggiamento per il compito affidatogli.

iv. “L’uso di questo titolo ufficiale è un’indicazione che le Epistole Pastorali non erano delle semplici lettere private, ma erano destinate alla lettura pubblica nelle Chiese di cui Timoteo aveva ricevuta la responsabilità.” (White)

b. Nostro Salvatore: A quel tempo l’appellativo di Salvatore veniva utilizzato come titolo onorifico per l’Imperatore Romano. La gente chiamava, ed era costretta a chiamare, Cesare Nerone “salvatore”. Paolo rivela in maniera chiara l’identità del vero Salvatore: Dio, nella persona del Signore Gesù Cristo.

i. White commenta su per comando di Dio”: “Qui è da notare che il comando proviene sia da Dio che da Cristo Gesù. Difficilmente si sarebbe potuto usare questo linguaggio se San Paolo avesse considerato Cristo Gesù solamente una creatura”.

2. (2) L’identità del destinatario: Timoteo.

A Timoteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio nostro Padre e da Cristo Gesù, nostro Signore.

a. A Timoteo: Il libro degli Atti ci dice che Timoteo era originario di Listra, città della provincia della Galazia (16:1-3). Era figlio di padre greco (16:2) e di madre ebrea, il cui nome era Eunice (2 Timoteo 1:5). Sua madre e sua nonna gli avevano insegnato le Scritture fin da bambino (2 Timoteo 1:5; 3:15).

b. Mio vero figlio nella fede: Paolo poteva considerare Timoteo un vero figlio nella fede perché probabilmente fu lui, durante il suo primo viaggio missionario, a portare Timoteo e la madre alla fede in Gesù (Atti 14:8-20 e 16:1). Ciò esprimeva anche la fiducia di Paolo nell’integrità e nella fedeltà di Timoteo alla verità.

c. Grazia, misericordia e pace: Questo è il saluto consueto di Paolo nelle sue lettere alle congregazioni. Qui lo rivolge anche ad un individuo. Dio concede la Sua grazia, misericordia e pace non solo alle chiese, ma anche agli individui che compongono le chiese.

i. C’è comunque una differenza. Quando Paolo scrive alle chiese, di solito le saluta solo con grazia e pace. Sia a Timoteo (anche in 2 Timoteo 1:2) che a Tito (Tito 1:4) vi aggiunge misericordia.

ii. “Non solo grazia e pace come per gli altri. Quando preghiamo per i ministri, dobbiamo intercedere per loro con maggiore fervore davanti a Dio. Sono tre elementi che vengono menzionati insieme solo nelle epistole di Timoteo e di Tito.” (Trapp)

B. Paolo esorta Timoteo a rimanere a Efeso.

1. (3-4) Rimani a Efeso e rimani nelle Scritture.

Come ti esortai quando andai in Macedonia, rimani in Efeso per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse, e di non occuparsi di favole e di genealogie senza fine, le quali producono controversie piuttosto che l’opera di Dio, che è fondata sulla fede.

a. Rimani in Efeso: Sebbene a Timoteo fosse stato assegnato un compito difficile, Paolo voleva che rimanesse a Efeso e continuasse l’opera. Prima di partire per la Macedonia, esortò Timoteo a rimanere nonostante le difficoltà dell’incarico.

i. Paolo disse a Timoteo di rimanere in Efeso perché sembrava che volesse arrendersi e scappare. Alcune volte, quasi tutti nel ministero affrontano delle situazioni simili, che per alcuni si traducono in un’afflizione costante. Era probabilmente a causa di pressioni sia esterne che interne che Timoteo voleva abbandonare Efeso.

ii. Possiamo pensare a molte ragioni per cui Timoteo non volesse rimanere in Efeso:

· Forse sentiva la mancanza di Paolo e voleva stare con il proprio mentore.

· Forse si era lasciato intimidire seguendo il ministero di Paolo.

· Sembra che fosse per natura piuttosto timido o riservato e che si fosse lasciato intimidire dalla sfida.

· Forse si era scoraggiato per le normali difficoltà del ministero.

· Forse aveva messo in dubbio la propria vocazione.

· Forse provava frustrazione a causa delle dottrine contrastanti e distraenti che giravano tra i cristiani di Efeso.

iii. Malgrado tutte queste ragioni, non c’è dubbio che Dio – e l’apostolo Paolo – voleva che Timoteo rimanesse in Efeso. Nel resto di 1 Timoteo 1, Paolo dà almeno sei ragioni a Timoteo per cui rimanere lì e portare a termine il ministero che Dio gli ha affidato.

· Perché hanno bisogno della verità (1 Timoteo 1:3-7).

· Perché sei un ministro nelle difficoltà (1 Timoteo 1:8-11).

· Perché Dio usa persone indegne (1 Timoteo 1:12-16).

· Perché servi un grande Dio (1 Timoteo 1:17).

· Perché sei in battaglia e non puoi arrenderti (1 Timoteo 1:18).

· Perché non tutti gli altri lo fanno (1 Timoteo 1:19-20).

iv. Dio permetterà che ci troviamo in situazioni difficili. Dobbiamo impostare le nostre menti in modo da affrontare la sfida, o sicuramente ci arrenderemo. Molti anni fa un famoso esploratore dell’Artico pubblicò questo annuncio su un giornale londinese: “Si cercano uomini per viaggio pericoloso, salari bassi, freddo pungente, lunghi mesi di completa oscurità, pericolo costante e ritorno sicuro incerto. Onore e riconoscimento in caso di successo”. Migliaia di uomini risposero all’appello perché disposti ad abbracciare un lavoro difficile quando a chiamarli a farlo era un grande leader.

b. Per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse: Paolo lasciò a Timoteo un lavoro importante da svolgere, rendendo fondamentale il rimanere in Efeso, dove il compito era assicurarsi che fosse insegnata la dottrina corretta.

i. Di non insegnare dottrine diverse: Paolo aveva lasciato ai cristiani di Efeso un insieme specifico di insegnamenti (che aveva ricevuto da Gesù e dall’Antico Testamento). Voleva che Timoteo facesse tutto il possibile per assicurarsi che gli Efesini continuassero in quella dottrina. Questo fu il primo motivo per cui era fondamentale che Timoteo rimanesse in Efeso.

ii. Paolo lo fece perché la dottrina è importante per Dio e dovrebbe essere importante per il Suo popolo. Oggi, ciò che si crede – cioè la propria dottrina – è ritenuto sorprendentemente irrilevante dalla maggior parte delle persone. Lo spirito di quest’epoca ha influenzato pesantemente anche i cristiani odierni. Viviamo in un tempo in cui alla domanda di Pilato: “Che cosa è verità?” (Giovanni 18:38) si risponde così: “Qualsiasi cosa significhi per te”. Eppure, la verità è importante per Dio e dovrebbe esserlo anche per il Suo popolo.

c. Per ordinare ad alcuni: La preoccupazione principale di Paolo non era che Timoteo stesso iniziasse a insegnare dottrine sbagliate, bensì che permettesse ad altri di diffonderle. Timoteo doveva tenere duro contro delle persone difficili e ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse. Non c’è da stupirsi che Timoteo avesse voglia di lasciare Efeso.

i. In greco antico, ordinare è una parola di origine militare. Significa “dare ordini precisi da parte di un ufficiale in comando” (Wiersbe). Timoteo non doveva presentare a questi “alcuni” a Efeso la giusta dottrina come un’alternativa. Doveva comandarla come un ufficiale militare.

d. E di non occuparsi di favole e di genealogie senza fine: Sembra che il grande pericolo di questi insegnamenti (favole e genealogie senza fine) fosse che si trattava di distrazioni assurde. Timoteo doveva rimanere in Efeso in modo da poter comandare agli altri di ignorare tali distrazioni speculative e ridicole.

i. Non è che ci fosse un’elaborata teologia anti-Gesù in circolazione a Efeso. Era più il fatto che tendevano a concentrarsi e lasciarsi trasportare dalle cose sbagliate. Paolo voleva prevenire la corruzione che avveniva quando le persone davano autorità alle favole e alle genealogie senza fine invece che alla vera dottrina. Inoltre, si trattava di distrazioni assurde pericolose, perché prendevano il posto dell’opera di Dio, che è fondata sulla fede.

ii. Forse le genealogie senza fine avevano a che fare con teorie di tipo gnostico sulle “emanazioni” di Dio ed erano collegate probabilmente al legalismo giudaico che cercava la giustizia in virtù dei propri antenati. O forse Paolo aveva in mente i sistemi dottrinali basati su letture mistiche delle genealogie dell’Antico Testamento.

iii. Sono stati scoperti degli antichi scritti giudaici che si addentravano nelle genealogie più complesse, collegandole a delle speculazioni assurde sui misteri spirituali. Un interesse divorante per questo genere di cose esclude l’opera di Dio, che è fondata sulla fede.

e. Producono controversie piuttosto che l’opera di Dio: Il frutto finale prodotto da queste distrazioni umane è evidente. Sebbene possano risultare popolari e affascinanti nell’immediato, a lungo termine non fortificano il popolo di Dio nella fede.

i. “Discorsi che non servono a nulla; tante grandi parole e poco significato; un significato che non vale la pena di essere ascoltato.” (Clarke)

2. (5-7) Lo scopo del comandamento.

Ora il fine del comandamento è l’amore, che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non finta. Alcuni, essendosi sviati da queste cose, si sono rivolti a discorsi vani e, volendo essere dottori della legge, non comprendono né le cose che dicono né quelle che affermano.

a. Il fine del comandamento: Il fine della legge si trova nell’opera interiore che avviene nel cuore, non nella semplice osservanza esteriore. Se non capiamo questo, è facile diventare dei legalisti superficiali che si preoccupano solo della prestazione e dell’apparenza esteriore.

b. L’amore, che viene da un cuore puro: Da questo comprendiamo che il problema di Efeso seguiva la falsariga del legalismo di tipo giudaico. Avevano frainteso il comandamento e la legge.

i. Se trascorrere del tempo nella parola di Dio non produce in noi amore da un cuore puro, una buona coscienza o una fede non finta, qualcosa non va. Il legalismo può portarci a distorcere la parola di Dio in modo che, invece di mostrare amore, siamo severi e giudichiamo; invece di avere una buona coscienza, ci sentiamo sempre condannati sapendo di non essere all’altezza; invece della fede non finta, confidiamo praticamente nella nostra capacità di piacere a Dio.

c. Discorsi vani: Questo richiama probabilmente quelle speculazioni inutili sulle Scritture che possono avere sì valore analitico e di intrattenimento, ma non sono mai state fatte per essere la nostra dieta spirituale.

i. Nella versione King James, discorsi vani è tradotto con scampanellare vano – che riprende l’idea di chiacchiere senza senso.

d. Non comprendono né le cose che dicono né quelle che affermano: Le persone che creavano problemi a Efeso non comprendevano nemmeno il senso dei propri insegnamenti.

3. (8-11) La condanna dei legalisti da parte di Paolo non è una condanna della legge stessa.

Or noi sappiamo che la legge è buona, se uno la usa legittimamente; sapendo questo, che la legge non è stata istituita per il giusto, ma per gli empi e i ribelli, per i malvagi e i peccatori, per gli scellerati e i profani, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per gli omosessuali, per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina, secondo l’evangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato.

a. Or noi sappiamo che la legge è buona, se uno la usa legittimamente: Lo scopo della legge è di mostrarci il nostro peccato, non di condurci alla giustizia (come leggiamo in Galati 3:24-25). Non fu istituita per il giusto (che cammina per fede secondo Galati 3:11) ma per gli empi e i ribelli, per mostrar loro il loro peccato.

i. Non è che la legge non abbia nulla da dire al giusto, ma parla soprattutto agli empi. Sulla frase la legge non è stata istituita per il giusto, Clarke osserva che la parola istituita “si riferisce all’usanza di scrivere leggi su tavole e appenderle in luoghi pubblici alla portata di ogni uomo, affinché fossero lette da tutti e si vedesse chi la legge condannava”.

b. Per gli empi e i ribelli, per i malvagi e i peccatori: Nella mente di Paolo la sana dottrina e la retta condotta sono strettamente connesse. Le azioni peccaminose descritte nei versetti 9 e 10 sono contrarie alla sana dottrina.

i. Molti condannano di legalismo chiunque abbia degli standard – in particolare standard più elevati. Né avere degli standard e osservarli né l’obbedienza fanno di noi dei legalisti. Siamo invece legalisti quando pensiamo che ciò che facciamo ci renda giusti davanti a Dio.

c. E per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina: Si deduce che la chiesa di Efeso si trovava in una cultura segnata dai peccati elencati nei versetti 9 e 10, e coloro che insegnavano la falsa dottrina, in qualche modo, consentivano o promuovevano tale stile di vita peccaminoso.

i. E per qualsiasi altra cosa: “Perché l’apostolo non trovava alcun piacere nel nominare ulteriormente questo gruppo maledetto, ma lasciava che fosse la legge a occuparsene e ostacolarli; sono in catene e in gabbia come bestie indisciplinate, cani, leoni, leopardi, affinché non facciano del male.” (Clarke)

ii. L’ambiente apparentemente peccaminoso di Efeso ci mostra un’altra ragione per cui era importante che Timoteo rimanesse a Efeso. Doveva rimanere lì perché era un luogo difficile dove servire Dio e far avanzare il regno. Doveva dissodare il terreno incolto lì, invece di correre alla ricerca di un suolo più facile da arare.

d. Secondo l’evangelo della gloria del beato Dio: Sebbene la legge non possa produrre la giustizia, il vangelo della gloria del beato Dio invece può ─ un vangelo che, secondo le parole di Paolo, gli era stato affidato. Sentiva la responsabilità di preservare e custodire il vangelo, e di trasmetterlo a Timoteo e ad altri.

C. L’esperienza personale di Paolo con il vangelo.

1. (12-14) Perché il vangelo è stato affidato a Paolo?

E rendo grazie a Cristo nostro Signore, che mi fortifica, perché mi ha ritenuto degno di fiducia, ponendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore ed un violento; ma mi è stata fatta misericordia, perché lo feci ignorantemente nella mia incredulità; così la grazia del Signor nostro ha sovrabbondato con la fede e con l’amore, che è in Cristo Gesù.

a. Rendo grazie a Cristo nostro Signore, che mi fortifica: A Paolo fu affidato il vangelo perché Gesù lo aveva fortificato, e per quella forza Paolo Lo ringraziava. Paolo fu fortificato per il ministero perché ne fu ritenuto degno di fiducia. La fedeltà aveva preparato Paolo ad essere usato da Dio.

i. Spesso vediamo il nostro servizio cristiano come una questione di volontariato. Eppure, in quanto cristiani, nei confronti di Gesù e della Sua chiesa, non siamo dei volontari. Siamo degli schiavi. Siamo servitori di Gesù vincolati dal dovere, dei servitori dai quali ci si aspetta fedeltà.

ii. Mi ha ritenuto degno di fiducia: Non bisogna essere intelligenti per essere fedeli; non devi possedere alcun talento né alcuna abilità particolare. La fedeltà è qualcosa di molto concreto e ciascuno di noi può essere fedele nel luogo in cui Dio lo ha posto.

iii. Molte persone aspettano di diventare fedeli. Diciamo a noi stessi: “Sarò fedele quando mi troverò in una certa posizione”. Che sciocchezza! Dovremmo essere fedeli proprio dove ci troviamo adesso — la nostra fedeltà si dimostra nelle piccole cose.

b. Ponendo al suo servizio me: Nella lingua originale del Nuovo Testamento non c’è niente di speciale o spirituale nella parola servizio. Significa soltanto lavorare duramente e servire. Eppure, per lui, che prima era un bestemmiatore e un persecutore del popolo di Dio, questo fu un grande onore.

i. “Dopo la sua conversione, Paolo divenne uno dei santi più importanti. Il Signore non gli assegnò un posto di seconda classe nella chiesa. Pur essendo stato il primo dei peccatori, il suo Signore non gli disse: “Ti salvo, ma mi ricorderò sempre della tua malvagità a tuo svantaggio”. Anzi, lo ritenne degno di fiducia, ponendolo nel ministero e nell’apostolato, in modo tale che non fosse neanche un po’ da meno del capo stesso degli apostoli. Fratello, non c’è motivo per cui, se ti sei spinto molto in là nel peccato, tu non debba andare altrettanto lontano nel servizio.” (Spurgeon)

c. Che prima ero: Il passato di Paolo non lo squalificò dal servire Dio. La misericordia e la grazia di Dio furono sufficienti a coprire il suo passato e ad abilitarlo nel servizio a Lui. Non dobbiamo mai pensare che il nostro passato ci renda inutilizzabili davanti a Dio.

i. Con queste parole Paolo diede a Timoteo un’altra ragione per cui restare a Efeso. È molto probabile che uno dei motivi per cui Timoteo voleva abbandonare la città e il suo ministero fosse la sua percezione di essere indegno e incapace di quel compito. Le parole di Paolo rassicurarono Timoteo: “Se c’è qualcuno di indegno o squalificato, quello dovrei essere io. Eppure, Dio ha trovato un modo per usarsi di me ed Egli userà anche te fintanto che rimarrai a Efeso”.

d. Perché lo feci ignorantemente nella mia incredulità: L’ignoranza e l’incredulità non giustificano mai il nostro peccato, ma invitano la misericordia di Dio, perché peccare nell’ignoranza e nell’incredulità rende meno colpevoli del credente che pecca consapevolmente.

e. La grazia del Signor nostro ha sovrabbondato: Non fu l’ignoranza di Paolo a salvarlo; fu piuttosto la sovrabbondante grazia di Dio (il favore immeritato di Dio).

2. (15) Paolo riassume la propria esperienza personale con il vangelo.

Questa parola è sicura e degna di essere pienamente accettata, che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.

a. Questa parola è sicura e degna di essere pienamente accettata: Si tratta di una frase insolita che introduce un’affermazione di vitale importanza. Paolo fa uso di questa frase cinque volte – tutte nelle Epistole Pastorali.

b. Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori: Gesù venne per salvare i peccatori, non coloro che vivevano nell’illusione della propria giustizia. Come Gesù insegna, è il malato ad aver bisogno del medico (Marco 2:17).

i. Poiché Gesù venne in questo mondo per salvare i peccatori, essere dei peccatori è il primo requisito necessario per essere figli di Dio. I peccatori non sono esclusi dal venire a Dio, perché Gesù è venuto a salvarli.

ii. Notiamo anche il grande pericolo di rimuovere i termini peccato e peccatore dal nostro vocabolario. Molti predicatori oggi lo fanno di proposito, perché non vogliono offendere nessuno dal pulpito. Poiché Gesù è venuto a salvare i peccatori, non dovremmo capire chi sono questi peccatori? Altrimenti in quale altro modo giungeranno alla salvezza?

iii. “Anche coloro che riconoscono che l’opera di Cristo è salvare ammettono che è difficile credere che questa salvezza sia per i peccatori. La nostra mente è sempre incline a fidarsi della nostra dignità e, non appena la nostra indegnità viene a galla, la nostra fiducia viene a mancare. Perciò, più un uomo sente il peso dei propri peccati, più deve rivolgersi con coraggio a Cristo, confidando in ciò che qui si insegna, che Egli è venuto a portare la salvezza non ai giusti ma ai peccatori.” (Calvin)

c. Dei quali io sono il primo: L’affermazione di Paolo sull’essere il primo dei peccatori non era espressione di una qualche falsa umiltà. Sentiva sinceramente che i suoi peccati lo avevano messo nella posizione di dover dare maggior conto a Dio rispetto ad altri.

i. Non siamo tutti ugualmente peccatori? No; “Tutti gli uomini sono certamente peccatori, ma non tutti lo sono allo stesso modo. Si trovano tutti in una pozza di fango, ma non tutti vi sono sprofondati ad una stessa profondità.” (Spurgeon)

ii. Paolo sentiva – e giustamente – che i suoi peccati erano peggiori perché era responsabile della morte, dell’imprigionamento e della sofferenza dei cristiani, che lui aveva perseguitato prima che la sua vita venisse cambiata da Gesù (Atti 8:3; 9:1-2, 1 Corinzi 15:9, Galati 1:13, Filippesi 3:6).

iii. In Atti 26:11 Paolo spiega ad Agrippa quello che può essere stato il suo peggior peccato: E spesse volte, andando da una sinagoga all’altra, li costrinsi a bestemmiare e, grandemente infuriato contro di loro, li perseguitai fin nelle città straniere. Paolo costrinse altri a bestemmiare contro Gesù. “Questa è indubbiamente una parte molto orribile della peccaminosità di Saulo. Distruggere i loro corpi era già abbastanza perfido, ma distruggere le loro anime e costringerli a bestemmiare, a parlar male di quel nome che avevano confessato essere la loro gioia e la loro speranza, è sicuramente la peggior forma che una persecuzione possa assumere. Li ha forzati sotto tortura a ripudiare il Cristo che i loro cuori amavano. Come se non gli bastasse solamente ucciderli, ma doveva anche dannarli”. (Spurgeon)

iv. Ci sono peccati peggiori; i peccati che feriscono il popolo di Dio vengono considerati da Lui particolarmente malvagi. Dobbiamo valutare con sobrietà se siamo colpevoli, ora o in passato, di aver ferito il popolo di Dio. “[Dio] ricorda le burle e le beffe rivolte ai suoi piccoli, e invita coloro che si dedicano a esse a fare attenzione. Meglio offendere un re che uno dei piccoli del Signore.” (Spurgeon)

v. “La testa della disperazione è stata tagliata e appesa a un palo dalla salvezza del ‘primo dei peccatori’. Nessun uomo può ora affermare di essere un peccatore troppo grande per essere salvato, perché il primo dei peccatori fu salvato 1800 anni fa. Se il leader, il capo della banda, è stato ripulito nel sangue prezioso e ora è in cielo, perché non io? Perché non tu?” (Spurgeon)

3. (16) Paolo salvato per essere un modello di misericordia per gli altri.

Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo facesse conoscere in me, per primo, tutta la sua clemenza, per essere di esempio a coloro che per l’avvenire avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.

a. Ma per questo mi è stata fatta misericordia: Se a un uomo malvagio come Paolo è stata fatta misericordia, quanto più la porta è aperta per coloro che non sono dei peccatori terribili come lo era lui.

i. White esprime così l’idea di Paolo: “La clemenza di Cristo non verrà mai sottoposta ad una prova più dura di quella che ha affrontato nel mio caso, affinché nessun peccatore sia mai senza speranza. Alla luce di ciò, diamo gloria a Dio”.

b. Per essere di esempio a coloro che per l’avvenire avrebbero creduto in lui: Questa è un’altra ragione per cui Dio ama salvare i peccatori, i quali diventano un esempio per coloro che crederanno in Lui. Dio vuole che altri vedano ciò che Egli può fare quando opera in noi.

i. Questa verità – la dottrina – che ha cambiato la vita di Paolo è la verità che, all’inizio del capitolo, Paolo ordina a Timoteo di custodire.

ii. Di esempio: Paolo, per ispirazione dello Spirito Santo, ha compreso che la sua vita, la sua conversione e il suo servizio a Dio è in qualche modo un esempio per gli altri credenti.

4. (17) La lode di Paolo al Dio che lo ha salvato.

Or al Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio sapiente, sia onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

a. Or al Re eterno: Paolo non riusciva a pensare alla sua precedente malvagità, alla grandezza della salvezza e all’immensità dell’amore di Dio, senza lasciarsi andare ad una lode spontanea.

b. Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio sapiente: Questa esplosione di lode è la dimostrazione che Paolo conosceva Dio e amava Dio.

i. Sapeva che Dio è il Re eterno, che comanda e regna con immensa potenza e gloria.

ii. Sapeva che Dio è immortale, che esiste da prima di ogni altra cosa, essendo il Creatore di tutte le cose.

iii. Sapeva che Dio è invisibile, che non può essere pienamente conosciuto da noi; non possiamo capire Dio del tutto o conoscere tutti i Suoi segreti.

iv. Sapeva che Dio è l’unico sapiente, che Egli è Dio – noi no. Pensiamo che i nostri piani e le nostre intuizioni siano importanti, ma solo Dio conosce e comprende davvero tutte le cose.

c. Sia onore e gloria nei secoli dei secoli: Sapendo tutto ciò su Dio, Paolo non riesce a smettere di lodarlo. Se mai abbiamo dei problemi a adorare Dio, è perché non Lo conosciamo bene.

i. Una tale descrizione di Dio fornì a Timoteo un’altra ragione per cui rimanere a Efeso. Egli si sarebbe convinto a restare lì dopo aver considerato la grandezza del Dio che serviva. Questo grande Dio era degno del sacrificio di Timoteo e poteva dargli la forza necessaria per il suo servizio a Efeso.

D. L’incarico di Paolo a Timoteo: continua a combattere.

1. (18) L’incarico di combattere il buon combattimento.

Ti affido questo incarico, o figlio Timoteo, in accordo con le profezie fatte in precedenza a tuo riguardo, perché tu conduca in virtù di esse un buon combattimento,

a. Ti affido questo incarico: Ancora una volta, la parola greca per incarico (parangelia) è la stessa che troviamo in 1 Timoteo 1:3, un termine di origine militare che fa riferimento ad un ordine dato da un ufficiale di grado superiore.

i. Allo stesso tempo le parole figlio Timoteo esprimono una nota di amore paterno. Paolo era serio, ma anche pieno d’amore. “C’è una serietà affettuosa particolare nell’uso del nome di persona, qui e in conclusione della lettera.” (White)

b. In accordo con le profezie: Paolo voleva che Timoteo considerasse ciò che lo Spirito Santo gli aveva detto attraverso altri in passato e ricevesse da questi il coraggio di rimanere a Efeso.

i. A quanto pare, Dio aveva parlato a Timoteo attraverso altri mediante il dono di profezia, le cui parole lo incoraggiarono a rimanere forte nelle difficoltà intorno a lui. Si trattava probabilmente di una descrizione del futuro ministero di Timoteo; probabilmente era un avvertimento contro la timidezza nella sua opera per Dio. Qualunque cosa fosse, Dio voleva che Timoteo ne traesse forza nella sua attuale difficoltà.

ii. Quindi, è probabile che le profezie che Timoteo aveva ricevuto in precedenza fossero profetiche riguardo al suo futuro ministero, ma non è detto. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione (1 Corinzi 14:3). Può trattarsi, come no, di una predizione del futuro.

iii. Non dovremmo ritenere strano che Dio ci parli attraverso gli altri in maniera profetica; dobbiamo però aver cura di provare ogni profezia (1 Corinzi 14:29) secondo sia la Parola di Dio che la testimonianza dello Spirito Santo negli altri.

iv. Dobbiamo anche stare in guardia contro la profezia esagerata, quella che dichiara che questa o quella persona avrà “il ministero più potente che il mondo abbia mai visto” o cose del genere. Si tratta di profezie estremamente manipolatorie, essendo difficili da contraddire.

v. Oggi, in certi ambienti, non è insolito sentire proclamare qualcuno più grande di Paolo, Pietro, Mosè o Elia; dichiarazioni del tipo: “Sarai un profeta come Daniele e riceverai un’unzione dieci volte maggiore di qualsiasi tuo collaboratore” sono ovviamente esagerate e manipolatorie (perché pochi le contraddiranno). Difficilmente vengono da parte di Dio.

vi. Tom Stipe, nella prefazione a Risveglio Contraffatto, scrive in modo potente su questo fenomeno, essendo stato un leader in certi ambienti prima di vedere il male in ogni suo aspetto:

Dopo solo un paio d’anni, sembrava che i profeti parlassero quasi a tutti quasi di tutto. Centinaia di… membri ricevettero il “dono” della profezia e iniziarono ad esercitare il proprio mestiere sia tra i leader che tra i fedeli. La gente iniziò a portare in giro piccoli quaderni pieni di predizioni che erano state svelate loro dai profeti e dai veggenti. Si riversavano alle conferenze profetiche che avevano cominciato a spuntare ovunque. La folla dei taccuini si sarebbe precipitata in avanti nella speranza di essere selezionata per ricevere più profezie da aggiungere ai loro diari profetici…

Non molto tempo dopo che la “profezia del giorno” divenne la fonte principale per dare direzione alla propria vita, una scia di credenti devastati cominciò ad accalcarsi fuori dai nostri uffici di consulenza pastorale. Giovani a cui era stato promesso il successo e la celebrità adolescenziale attraverso la profezia si ritrovarono a raccogliere i pezzi delle proprie speranze infrante, perché sembrava che Dio si fosse rimangiato le Sue promesse. I leader erano circondati da membri di chiesa arrabbiati, che avevano ricevuto profezie sui grandi ministeri che avrebbero avuto, ma che erano stati scoraggiati dai leader della chiesa locale, che non erano riusciti a riconoscere e “facilitare” la loro “nuova unzione”.

Dopo una lunga dieta profetica, alcune persone furono affette da analfabetismo biblico, scegliendo uno stile di vita cristiano da “profeta su richiesta” piuttosto che studiare la Parola di Dio. Molti finirono per vivere bazzicando continuamente da una “dose” profetica all’altra; la loro speranza era sempre in pericolo di fallire, visto che la voce di Dio era così specifica al momento della proclamazione, eppure così sfuggente nell’adempimento. Essere in possesso del numero di telefono di un profeta era come avere un deposito pieno di guida preziosa. Piccoli quaderni stretti in mano sostituivano le Bibbie come materiale di lettura preferito durante i culti di chiesa.

c. Perché tu conduca in virtù di esse un buon combattimento: Il punto importante non è la parola profetica che Timoteo ha udito in passato. Il focus è piuttosto sul combattimento che ha davanti a sé proprio in questo momento, in cui deve condurre un buon combattimento, cioè “combattere il buon combattimento” (versione King James).

i. Timoteo aveva un compito da svolgere, che si sarebbe rivelato un combattimento. Non sarebbe stato facile, né comodo, né spensierato. Doveva affrontare l’incarico che Paolo gli aveva lasciato da svolgere a Efeso nella stessa maniera in cui un soldato affronta la battaglia.

ii. Questo diede a Timoteo un’ulteriore ragione per cui rimanere a Efeso. Avrebbe dovuto sentire la responsabilità di restare quando invece voleva andarsene, perché era come un soldato in battaglia, a cui non è permesso disertare.

2. (19) Strumenti per la battaglia: fede e buona coscienza.

Avendo fede e buona coscienza, poiché alcuni, avendola rigettata, hanno fatto naufragio nella fede.

a. Fede e buona coscienza: Sono elementi essenziali quando si combatte per il Signore. Proteggono dagli attacchi spirituali del dubbio e della condanna.

i. Timoteo doveva aver fede che Dio aveva il controllo e che lo avrebbe guidato mentre continuava a cercarlo.

ii. Doveva avere una buona coscienza, perché i suoi nemici lo avrebbero attaccato e, se Timoteo non si fosse comportato rettamente, avrebbe dato loro una buona ragione per farlo. Una buona coscienza non è solo una coscienza che ci approva, ma una che ci approva perché abbiamo fatto ciò che è giusto – in stretto collegamento con una buona condotta.

b. Poiché alcuni, avendola rigettata: Alcuni hanno rigettato queste armi; in particolare, Paolo parla di rifiuto della fede; coloro che rifiutano ciò che Gesù e gli apostoli insegnarono sono destinati alla rovina (naufragio).

i. Poiché alcuni, avendola rigettata: “L’hanno spinta via; come un soldato imprudente che spinge via il proprio scudo e la propria corazza, o un marinaio il proprio timone e la propria bussola.” (Clarke)

ii. “Non siamo giustificati ad interpretare il fare naufragio come se significasse che sono andati perduti oltre ogni speranza di recupero. San Paolo stesso aveva fatto naufragio almeno quattro volte (2 Corinzi 11:25) quando scrisse questa epistola. In ogni occasione aveva perso tutto tranne sé stesso.” (White)

3. (20) Due persone che hanno rifiutato gli strumenti per la battaglia.

Tra questi vi sono Imeneo e Alessandro, che io ho dato in mano di Satana, perché imparino a non bestemmiare.

a. Tra questi vi sono Imeneo e Alessandro: Non sappiamo nulla di Imeneo e Alessandro se non quello che Paolo scrive qui. Sembra che Paolo li abbia disciplinati per la loro disobbedienza a Dio nell’eresia, nella condotta, o in entrambe.

i. Vediamo che Paolo non aveva paura di chiamare per nome gli oppositori della verità, come diceva di fare in Romani 16:17. Ciò non è in contraddizione con il comando di Gesù di non giudicare (Matteo 7:1-5) “Anche se i cristiani non devono giudicare i motivi o i ministeri gli uni degli altri, certamente ci si aspetta che siamo onesti riguardo alla condotta altrui.” (Wiersbe)

b. Che io ho dato in mano di Satana: Da altri passaggi del Nuovo Testamento possiamo supporre che lo abbia fatto mettendoli fuori dalla chiesa e nel mondo, che è il dominio del diavolo. La punizione era una rimozione di protezione, non un’inflizione di male.

i. Il Signore ci protegge da molti attacchi di Satana (Giobbe 1:10; Luca 22:31-32) e gran parte di questa protezione ci arriva in ciò che riceviamo quando ci riuniamo come cristiani.

ii. Con queste parole Paolo diede a Timoteo un motivo in più per restare a Efeso. Avrebbe dovuto farlo perché non tutti gli altri lo fanno. Non possiamo semplicemente agire come se ogni cristiano facesse ciò che Dio vuole e rimanesse fedele al vangelo. Il fatto che alcuni non restano fedeli fino alla fine dovrebbe darci uno stimolo in più per non arrenderci.

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