1 Tessalonicesi 2




1 Tessalonicesi 2 – Caratteristiche del Ministero di Paolo

A. Paolo dimostra di essere sincero e non un ciarlatano.

1. (1-2) L’integrità del ministero di Paolo a Tessalonica.

Voi stessi infatti, fratelli, sapete che la nostra venuta fra voi non è stata vana. Ma, dopo aver prima sofferto e aver ricevuto oltraggi a Filippi, come sapete, noi abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi l’evangelo di Dio in mezzo a tante lotte.

a. Voi stessi infatti… sapete: Da qui comincia la sezione in cui Paolo difende la propria persona ed il proprio ministero davanti ai Tessalonicesi. Dovette farlo non perché fosse insicuro del suo ministero, ma perché aveva numerosi nemici a Tessalonica (Atti 17:5-6 e 17:13) che lo avevano screditato in sua assenza a causa soprattutto della sua partenza frettolosa da Tessalonica. I nemici di Paolo sostenevano che aveva lasciato in fretta e furia la città perché si trattava di un codardo egoista.

i. “Questa introspezione non viene fatta perché i credenti di Tessalonica fossero sospettosi o avessero dei dubbi verso i missionari. Paolo rispondeva agli attacchi insidiosi lanciati dagli sciacalli esterni alla chiesa a causa del loro odio verso di lui.” (Hiebert)

ii. Sebbene Paolo abbia scritto in maniera personale, il problema, invece, non lo era. Sapeva che la questione aveva rilevanza per il bene dell’Evangelo. Se lui veniva screditato, allora anche il messaggio dell’Evangelo lo sarebbe stato.

iii. “La chiamata empatica di Paolo ai Tessalonicesi di testimoniare dimostrò due aspetti. In primo luogo, dimostrò la sua fiducia in loro. Egli non temeva che si sarebbero piegati alla propaganda che veniva loro presentata. In secondo luogo, dimostrò che tutti i fatti necessari per la sua difesa erano di pubblico dominio.” (Morris)

iv. Barclay ha visto le seguenti false accuse contro Paolo, evidenti dal modo in cui Paolo difende sé stesso in questo capitolo:

·“Paolo ha dei precedenti penali ed è, pertanto, inaffidabile” (1 Tessalonicesi 2:2, dopo aver prima sofferto in riferimento al suo arresto a Tessalonica).

·“Paolo è pazzo” (1 Tessalonicesi 2:3, inganno).

·“Il ministero di Paolo si fonda su motivazioni impure” (1 Tessalonicesi 2:3, motivi non puri).

·“Paolo inganna di proposito gli altri” (1 Tessalonicesi 2:3, frode).

·“Paolo predica per piacere agli altri, non a Dio” (1 Tessalonicesi 2:4, non in modo da piacere agli uomini).

·“Paolo è nel ministero in veste di mercenario per ricavarne il più possibile in termini materiali” (1 Tessalonicesi 2:5, 2:9, né siamo stati mossi da pretesti di avidità).

·“Paolo vuole solo ottenere gloria per sé stesso” (1 Tessalonicesi 2:6, non abbiamo cercato gloria dagli uomini).

·“Paolo è una specie di dittatore” (1 Tessalonicesi 2:7, siamo stati mansueti fra voi).

b. La nostra venuta fra voi non è stata vana: Il termine vana qui utilizzato può riferirsi sia al risultato che alla natura del ministero, ma, poiché era palese a tutti che il ministero di Paolo a Tessalonica stesse portando frutto, è più probabile che fosse un riferimento alla natura del suo ministero. La sua venuta non era senza valore o scopo, come se si trattasse di un semplice commerciante o venditore.

c. Ma, dopo aver prima sofferto e aver ricevuto oltraggi a Filippi: Paolo ricorda ai Tessalonicesi le sue sofferenze nel ministero, volendo sottolineare che, se avesse fatto tutto questo per sé stesso, non avrebbe continuato ad andare avanti di fronte alle battiture e ai conflitti. Quando Paolo arrivò a Tessalonica, le ferite sulla sua schiena ricevute a Filippi erano ancora fresche. Se Paolo fosse stato nel ministero per vanagloria, di certo avrebbe servito sé stesso in maniera più intelligente.

i. “Atti 16:23-24 riporta che la sofferenza includeva la flagellazione pubblica e i ceppi ai piedi mentre si trovavano rinchiusi nella prigione della città. La flagellazione romana non era una cosa da poco; era un’esperienza che non si sarebbe dimenticata molto presto.” (Hiebert)

ii. “È risaputo che l’umiliazione e la persecuzione indeboliscono e spezzano completamente le menti degli uomini. Era, dunque, opera di Dio che, nonostante le numerose disavventure e umiliazioni, Paolo non sembrava esserne affetto e non esitava a scagliare un attacco contro una grande e ricca città per condurne il popolo prigioniero a Cristo.” (Calvino)

d. Noi abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi l’evangelo di Dio in mezzo a tante lotte: A differenza di ciò che dicevano gli accusatori di Paolo, egli non predicava il vangelo solo quando era facile o conveniente. Anzi, sapeva cosa voleva dire parlare con franchezza per il Signore anche in mezzo a tante lotte.

i. Noi abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi: “Proviene da due termini il cui significato è letteralmente ‘ogni parola’. Denota lo stato mentale in cui le parole fluiscono liberamente, l’atteggiamento di sentirsi a proprio agio senza alcuno stress o tensione. Quest’attitudine include sia il coraggio che la certezza.” (Morris)

ii. “La parola tradotta con lotte (agon) racchiude una metafora presa dal contesto dei giochi atletici o delle arene. Si riferisce al luogo in cui si svolgeva la competizione e perciò alla competizione stessa – una gara, una prova, un combattimento. Un tale conflitto comporta sempre uno sforzo intenso ed estenuante, una fatica persistente per sconfiggere avversari determinati o un antagonista pericoloso.” (Hiebert)

2. (3-5) L’integrità del messaggio di Paolo a Tessalonica.

La nostra esortazione infatti non procede da inganno, né da motivi non retti, né da frode; ma, come siamo stati approvati da Dio da esserci affidato l’evangelo, così parliamo non in modo da piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Noi infatti non abbiamo mai fatto uso di parole di adulazione, come ben sapete, né siamo stati mossi da pretesti di avidità; Dio ne è testimone

a. La nostra esortazione infatti non procede da inganno, né da motivi non retti: La purezza del messaggio di Paolo palesa l’assenza di frode, motivi non retti o inganno nel suo ministero. Nel mondo del primo secolo in cui viveva l’apostolo, c’erano diverse religioni in competizione tra loro e molti dei loro ministri erano motivati dall’avidità e dal guadagno.

i. La città di Tessalonica sorgeva sulla Via Egnazia, la famosa strada principale che attraversava la Macedonia da est a ovest. Era un’importante città portuale e multiculturale, che ospitava comunità provenienti da tutto il mondo e un’incredibile molteplicità di religioni e di figure religiose. Lì si svolgeva il culto agli dèi del pantheon greco, soprattutto Apollo, Atena ed Ercole. In più si contavano anche le religioni misteri che dei greci nativi, che celebravano Dionisio, il culto al sesso e all’ubriachezza. Erano rappresentate anche le tradizioni intellettuali e filosofiche greche. C’erano templi dedicati a molti dèi egiziani: Iside, Serapide, Anubi. Avevano luogo anche i culti dello Stato Romano, in cui si divinizzavano gli eroi politici di Roma. Erano presenti pure il popolo giudeo e i gentili timorati di Dio.

ii. Molte di queste religioni avevano una mentalità missionaria e cercavano di diffondere la propria fede servendosi di evangelisti e predicatori itineranti. Molti di questi missionari erano degli opportunisti che si appropriavano di tutto ciò che potevano dai propri ascoltatori, spostandosi da un luogo all’altro per trovare qualcuno che li finanziasse.

iii. “Probabilmente non c’è mai stata una tale varietà di sette religiose e sistemi filosofici simile a quella dei tempi di Paolo… ‘Uomini pii’ di ogni credo e nazione, filosofi popolari, stregoni, astrologi, svitati ed eccentrici; sinceri e bugiardi, giusti e disonesti, truffatori e santi, si accalcavano e si facevano notare per attirare l’attenzione del credente e dello scettico.” (Neil, citato da Morris

iv. I commentatori si dividono su quale sia la natura dei motivi non retti (motivi impuri, Nuova Riveduta)contro cui Paolo si difende in 1 Tessalonicesi 2:3, se si trattava di motivi impuri nello spirito o motivi impuri nella carne. Il contesto sembrerebbe suggerire un’impurità di motivi o di spirito, sebbene la parola stessa indichi più un’impurità morale, specialmente sessuale (appare spesse volte negli elenchi con il termine fornicazione).

b. Come siamo stati approvati da Dio: Paolo utilizzò qui un termine che veniva associato all’approvazione di qualcuno per il servizio pubblico. “Proprio come l’idoneità degli ateniesi veniva messa alla prova prima di poter assumere un incarico pubblico, così i missionari venivano provati prima di essere commissionati come messaggeri di Dio.” (Hiebert)

c. Così parliamo non in modo da piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori: Paolo sapeva che il suo Vangelo non sarebbe sempre piaciuto agli uomini, ma sapeva che era gradito a Dio.

i. Paolo cercava di presentare il Vangelo nella maniera più interessante possibile, senza però mai stravolgerne il significato centrale o la sua essenza. Paolo non è mai sceso a compromessi per quanto riguarda le questioni come il bisogno dell’uomo, il Salvatore proceduto da Dio, la croce, la resurrezione e la nuova vita.

ii. “La vera grazia è di una natura più forte, libera, nobile e non rimanda nulla di ciò che deve fare per paura di uno sguardo di disapprovazione o per la speranza di ricevere una ricompensa.” (Trapp)

d. Noi infatti non abbiamo mai fatto uso di parole di adulazione, come ben sapete, né siamo stati mossi da pretesti di avidità: Paolo aveva compreso che l’avidità ha sempre un pretesto. Si cela sempre dietro ad un obiettivo apparentemente nobile. Paolo però non usava parole di adulazione, che spesse volte sono pretesti di avidità.

i. Morris riguardo a parole di adulazione: “Nella lingua inglese possiamo utilizzare questo termine per indicare commenti che, sebbene ipocriti, sono diretti a suscitare compiacimento nella persona adulata. In greco, invece, il termine dà l’idea di utilizzare belle parole come strumento per il proprio tornaconto.”

ii. Thomas riguardo all’avidità: “Pleonexia è egocentrismo di qualsiasi genere, una ricerca per tutto ciò che può portare autogratificazione. Si sviluppa dalla totale mancanza di interesse per i diritti degli altri – un atteggiamento sconosciuto a Paolo e ai suoi collaboratori.”

iii. “Laddove regnano avidità e ambizione, seguitano infinite corruzioni e l’uomo si volge interamente alla vanagloria. Queste due sono le fonti dalle quali deriva la corruzione di tutto il ministero.” (Calvino)

iv. “Ascoltate, voi tutti che predicate l’Evangelo! Potete chiamare Dio come testimone del fatto che il vostro predicare non ha alcun altro fine nel vostro ministero, se non la Sua gloria nella salvezza delle anime? Oppure vi approcciate al sacerdozio per un tozzo di pane o per quello che viene pericolosamente ed empiamente definito sostentamento, beneficio?… Può Dio testimoniare che, in queste cose, non avete alcun pretesto di avidità?… Ma guai a quell’uomo che intraprende l’opera per amore del guadagno! Egli non conosce Cristo – come può dunque predicarlo?” (Clarke)

3. (6-7) L’atteggiamento mansueto e umile di Paolo verso i Tessalonicesi dimostrava la purezza delle sue motivazioni.

E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità come apostoli di Cristo. Ma siamo stati mansueti fra voi, come una nutrice che alleva teneramente i suoi bambini.

a. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini: Quando Paolo ministrava tra i Tessalonicesi, non era interessato alla propria gloria. Non aveva bisogno di introduzioni sofisticate o di elogi sontuosi. La sua soddisfazione proveniva dalla sua relazione con Gesù, non dalla lode della gente.

i. Paolo non cercava gloria dagli uomini, perché il suo bisogno di sentirsi al sicuro ed accettato veniva soddisfatto prima di tutto in Gesù. Questo significa che non trascorse la propria vita tentando di ricercare e ottenere l’approvazione dell’uomo. Egli ministrava da una posizione di consapevolezza della sua identità in Gesù.

ii. “Non cercavamo l’onore degli uomini, l’elevata considerazione o gli applausi; non li ricercavamo nell’inclinazione dei nostri pensieri o nelle riflessioni della nostra mentre, né nell’approccio esteriore del nostro ministero e delle nostre conversazioni, strutturandoli in maniera tale da ottenere gloria dagli uomini. Sebbene onore e stima fossero dovuti loro dagli uomini, loro non le ricercavano. È l’onore a dover seguire l’uomo, non è l’uomo a doverlo ricercare.” (Poole)

b. Pur potendo far valere la nostra autorità come apostoli di Cristo: Paolo era tra i Tessalonicesi per dar loro qualcosa, non per prendere qualcosa da loro. Non si presentò avanzando pretese in qualità di apostolo.

c. Ma siamo stati mansueti fra voi: Paolo era come una nutrice, che cerca solo di dare al suo bambino. Sebbene alcuni avessero accusato Paolo di ministrare per interessi puramente egoistici, egli chiese semplicemente ai cristiani di Tessalonica di ricordare il carattere mansueto del suo ministero fra oro.

i. C’è un valido dibattito sulla traduzione di 1 Tessalonicesi 2:7, se questa debba essere mansueti o fanciulli. In ogni caso, “Qualsiasi sia la versione prescelta, non c’è alcun dubbio che Paolo stia descrivendo la propria sottomissione volontaria a loro.” (Calvino)

ii. “La dichiarazione difensiva di Paolo si divide in due parti, una negativa e una positiva… È sua usanza spazzare via prima ciò che è falso e, successivamente, sul terreno pulito dare una presentazione positiva della verità.” (Hiebert)

4. (8-9) L’autosostentamento e il duro lavoro di Paolo tra i Tessalonicesi dimostravano la purezza delle sue motivazioni.

Così, nel grande affetto che nutrivamo per voi, eravamo contenti di comunicarvi non solo l’evangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci eravate divenuti cari. Voi, fratelli, vi ricordate infatti della nostra fatica e travaglio, come lavorando giorno e notte per non essere di peso a nessuno di voi, abbiamo predicato tra voi l’evangelo di Dio.

a. Eravamo contenti di comunicarvi non solo l’evangelo di Dio, ma la nostra stessa vita: I sacrifici che Paolo affrontò a motivo del ministero verso i Tessalonicesi non erano per lui un fardello. Era contento di portarlo avanti, perché nutriva grande affetto per loro, perché essi erano divenuti caria Paolo e ai suoi collaboratori.

i. Nel grande affetto che nutrivamo per voi: “Deriva da un verbo estremamente raro di origini sconosciute. Wohlenberg ipotizzò che fosse un vezzeggiativo proveniente dal linguaggio materno’. Qualunque siano le sue origini, denota l’affetto caloroso ed il tenero amore che i missionari provavano verso i loro bambini spirituali a Tessalonica.” (Hiebert)

b. Ma la nostra stessa vita: La predicazione di Paolo era efficace perché egli non dava solo il Vangelo, ma donava anche sé stesso (la nostra stessa vita) motivato dall’amore (ci eravate divenuti cari).

i. Si dice che alle persone non importi quanto tu sai fino a quando non sanno quanto ti importa. Paolo diede ai Tessalonicesi sia la propria attenzione che la propria conoscenza.

c. Voi, fratelli, vi ricordate infatti della nostra fatica e travaglio: Paolo riconosceva il proprio diritto di essere sostenuto da coloro a cui ministrava (1 Corinzi 9:14), ma vi rinunciò volontariamente per differenziarsi dai missionari delle false religioni. Paolo si privò dei propri diritti per adottare uno standard più elevato.

i. “Con la frase giorno e notte, Paolo intendeva dire che iniziava a lavorare prima dell’alba, indicando con questa espressione che si trattava di un’azione regolare e frequente. Senza alcun dubbio, cominciava così presto in modo da poter dedicare parte della giornata alla predicazione.” (Ramsay, citato da Moffatt)

ii. “Non c’è alcun dubbio che ci fosse una motivazione nobile e specifica per la quale rinunciò a rivendicare i propri diritti, considerato che in altre chiese esercitò il privilegio riconosciutogli come avevano fatto anche gli altri.” (Calvino)

5. (10-12) Il messaggio e il comportamento di Paolo verso i Tessalonicesi dimostravano l’integrità del suo carattere davanti a Dio e agli uomini.

Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, come ci siamo comportati santamente, giustamente, senza biasimo verso di voi che credete. E sapete anche che, come fa un padre verso i suoi figli, noi abbiamo esortato, consolato e scongiurato ciascuno di voi, a camminare in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e gloria.

a. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, come ci siamo comportati santamente, giustamente, senza biasimo verso di voi che credete: È incredibile come Paolo potesse fare liberamente appello alla propria vita e usarla come esempio. Non dovette dire: “Per favore, non guardate la mia vita, guardate a Gesù”. Paolo desiderava che lo sguardo delle persone fosse rivolto a Gesù, ma poteva anche dir loro di guardare alla sua vita, nella quale la potenza di Gesù era reale.

i. Come già visto in 1 Tessalonicesi 1:6, Paolo non aveva alcun problema con l’idea che altri cristiani seguissero il suo esempio. Ripeté lo stesso concetto in altri passaggi come Filippesi 3:17 e 1 Corinzi 11:1.

ii. Si tratta di un obiettivo nobile per ogni cristiano oggi, vivere una vita che dichiari quanto santamente, giustamente e senza biasimo ci siamo comportati verso gli altri. Questo è il tipo di vita che attira gli altri a seguire a loro volta Gesù.

b. Noi abbiamo esortato, consolato e scongiurato ciascuno di voi, a camminare in modo degno di Dio: Paolo stesso viveva giustamente e senza biasimo, ed esortò i Tessalonicesi a fare lo stesso. Egli poteva dir loro di camminare in modo degno di Dio, perché la sua vita era coerente con il suo messaggio.

B. Ulteriori ringraziamenti per l’opera che Dio ha compiuto nei Tessalonicesi.

1. (13) Paolo è grato che hanno accolto l’Evangelo quale messaggio di Dio, non dell’uomo.

Anche per questo non cessiamo di render grazie a Dio perché, avendo ricevuto da noi la parola di Dio, l’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete.

a. Avendo ricevuto […] la parola di Dio: Paolo credeva fermamente e insegnava agli altri che Dio aveva parlato all’uomo, e che ciò è riportato in questa parola di Dio. Paolo credeva in una voce che parla all’umanità con l’autorità dell’eternità e che si eleva al di sopra della mera opinione umana. Avendo noi questa parola di Dio, abbiamo una vera voce di autorità.

i. Ad alcune persone piace dire che c’è una parola di Dio, ma che non si può essere certi di ciò che Egli dice. Quando facciamo appello alla Bibbia, a loro piace rispondere: “Questa è solo la tua interpretazione”. Ci sono sicuramente alcuni passaggi dove la parola di Dio è difficile da interpretare con precisione, ma non sono molti. Se non possiamo conoscere ciò che Dio ha detto, allora è anche possibile che non abbia parlato affatto.

b. L’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio: Poiché Paolo presentò la parola di Dio non come parola di uomini, i Tessalonicesi la accolsero come è veramente, quale parola di Dio.

i. Non tutti ricevono questo messaggio come parola di Dio. Il fatto però che non lo ricevono si riflette su di loro, non sul messaggio. “Che tu non abbia percepito cose spirituali è vero, ma ciò non prova che non siano reali. È molto simile al caso di quell’irlandese che tentò di ribaltare le prove con delle non-prove, sebbene quattro testimoni l’avessero visto commettere un omicidio. Si dichiarò non colpevole e cercò di dimostrare la propria innocenza presentando 40 persone che non l’avevano visto commettere il reato. A che cosa sarebbe servito? Pertanto, se 40 persone asseriscono che non esiste la potenza dello Spirito Santo che agisce in accordo alla parola, dimostrano soltanto di non essere a conoscenza di quello che gli altri, invece, conoscono.” (Spurgeon)

c. Che opera efficacemente in voi che credete: La fiducia di Paolo nella parola di Dio non era una questione di pensiero positivo o fede cieca. Egli poteva vedere che essa opera efficacemente in coloro che credono. La Parola di Dio opera, non fornisce solamente informazioni o induce emozioni. C’è potenza nella parola di Dio per cambiare le vite.

i. “L’opera potente di Dio viene di solito espressa da questa stessa parola, Efesini 1:19; Filippesi 2:13; così come l’opera di Satana, Efesini 2:2. Gli uomini posseduti dal diavolo sono chiamati energumeni. E laddove la parola viene creduta e ricevuta come parola di Dio, lì c’è questa energia, o efficacia, tale da produrre amore, ravvedimento, rinuncia a sé stessi, mortificazione, consolazione e pace.” (Poole)

2. (14-16) Anche se i Tessalonicesi hanno accolto la sofferenza quando hanno accolto la Parola, sono rimasti saldi.

Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono nella Giudea in Cristo Gesù, perché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le medesime cose che essi hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i loro profeti, e hanno perseguitato anche noi. Essi non piacciono a Dio e sono nemici a tutti gli uomini, impedendoci di parlare ai gentili perché siano salvati, per colmare continuamente la misura dei loro peccati; or l’ira su di loro è arrivata al culmine.

a. Perché anche voi avete sofferto… le medesime cose: Rispondendo al Vangelo, i Tessalonicesi diventarono bersagli della persecuzione. Non erano però soli nell’affrontarla, perché altri tra le chiese di Dio hanno, nel tempo, attraversato le medesime sofferenze. I cristiani di Tessalonica divennero imitatori di coloro che avevano sofferto prima di loro.

i. I Tessalonicesi soffrirono le medesime cose volontariamente, perché erano convinti che Paolo non aveva portato loro la parola di un uomo, ma la Parola di Dio. Non vale la pena soffrire per la parola dell’uomo, ma ne vale la pena per un vero messaggio da parte di Dio.

ii. Chiese deriva dal termine in greco antico ekklesia, che al tempo non era propriamente una parola religiosa. I cristiani evitavano di adottare parole comunemente usate in altre realtà religiose. “Il punto è che il cristianesimo non è da considerarsi una religione come le altre e non dev’essere chiamato con nessuna delle parole di uso comune nelle altre religioni [del tempo].” (Morris)

b. I quali hanno ucciso il Signore Gesù e i loro profeti, e hanno perseguitato anche noi: Paolo consola questi cristiani sofferenti rassicurandoli del fatto che non sono stati i primi a soffrire in questo modo. Il Signore Gesù stesso affrontò la persecuzione, e i primi cristiani ad affrontarla furono quelli di Giudea. Inoltre, anche Paolo e i suoi collaboratori furono perseguitati.

i. I quali hanno ucciso il Signore Gesù: Qui Paolo scrive che i suoi stessi connazionali (i Giudei) uccisero il Signore Gesù. Tuttavia, Paolo sapeva bene che i giudei in Giudea non erano gli unici responsabili della Sua uccisione; i Romani erano altrettanto pienamente responsabili. Pertanto, sia gentili che giudei erano colpevoli.

c. Essi non piacciono a Dio e sono nemici a tutti gli uomini: Paolo consola i credenti di Tessalonica con la consapevolezza che loro sono nel giusto, che loro sono quelli che piacciono a Dio. Era una rassicurazione necessaria perché, essendo perseguitati da persone religiose, avrebbero potuto chiedersi se fossero proprio i loro persecutori ad essere effettivamente nel giusto davanti a Dio.

d. Impedendoci di parlare ai gentili perché siano salvati, per colmare continuamente la misura dei loro peccati: Paolo rivela ciò che offendeva così tanto i persecutori religiosi dei Tessalonicesi, i quali erano indignati dal fatto che i gentili potevano essere salvati senza dover prima diventare giudei. Questo atteggiamento esclusivo colmò la misura dei loro peccati.

i. “L’opposizione dei giudei contro l’opera dei missionari tra i gentili non era dovuta al loro tentativo di accattivarseli. I giudei stessi, in questo periodo storico, erano coinvolti attivamente e vigorosamente nel fare proselitismo tra i gentili. La loro violenta opposizione era provocata dal fatto che i missionari cristiani offrivano la salvezza ai gentili senza pretendere che prima diventassero giudei.” (Hiebert)

ii. “Il plurale ‘peccati’ evidenzia l’insieme dei lori atti malvagi individuali e non un concetto astratto generale di ‘peccato’.” (Morris)

e. Or l’ira su di loro è arrivata al culmine: Paolo consola i Tessalonicesi rassicurandoli che Dio si sarebbe occupato dei loro persecutori. Quando i cristiani si dimenticano di questo, spesso disonorano e maledicono sé stessi ripagando la persecuzione con la persecuzione verso gli altri.

i. “I loro crimini erano gravi, per i quali è stata determinata una punizione adeguata. Ciò che Dio ha in serbo per loro nello specifico, diversamente dalle altre persone sulla terra tra cui soggiornano, non possiamo dirlo; ma deve essere indubbiamente una questione di elevata importanza. Nel frattempo, che il mondo cristiano li tratti con umanità e misericordia.” (Clarke)

ii. “Allo stesso modo dovremmo notare che la rabbia di Paolo è la rabbia di un uomo contro la sua stessa nazione, il suo stesso popolo. Egli è parte di loro ed è addolorato per il loro destino.” (Morris)

3. (17-20) Paolo spiega il motivo della sua assenza dai Tessalonicesi.

Or noi, fratelli, privati di voi per un breve tempo, di persona ma non col cuore, ci siamo maggiormente preoccupati, spinti da un grande desiderio di rivedere il vostro volto. Perciò abbiamo voluto, almeno io Paolo, non solo una ma ben due volte, venire da voi, ma Satana ce lo ha impedito. Qual è infatti la nostra speranza, o gioia, o corona di gloria? Non siete proprio voi, davanti al Signor nostro Gesù Cristo alla sua venuta? Voi siete infatti la nostra gloria e gioia.

a. Privati di voi per un breve tempo, di persona ma non col cuore, ci siamo maggiormente preoccupati, spinti da un grande desiderio di rivedere il vostro volto: Paolo sapeva che i Tessalonicesi apprezzavano il suo conforto, ma si domandavano perché non si fosse recato da loro a confortarli di persona. Era naturale pensare che sarebbe stato molto meglio in questo modo. Cionondimeno, Paolo li rassicurò che il motivo non dipendeva da una mancanza di amore o desidero da parte sua.

b. Abbiamo voluto… venire da voi, ma Satana ce lo ha impedito: Non è che Paolo non volesse fare visita ai Tessalonicesi. Fu piuttosto Satana ad averlo impedito a Paolo e ai suoi collaboratori. L’apostolo rassicurò i Tessalonicesi del suo desiderio di voler stare con loro, ma fu ostacolato da Satana non solo una ma ben due volte.

i. I Tessalonicesi erano per la maggior parte credenti gentili, anche se, quando Paolo menziona Satana, non fornisce alcuna ulteriore spiegazione. Ciò dimostra che nelle poche settimane che si trovò lì, Paolo insegnò molto ai Tessalonicesi riguardo a Satana e alla guerra spirituale.

c. Satana ce lo ha impedito: Paolo, nonostante il suo ministero e la sua autorità apostolica, poteva ancora essere ostacolato da Satana. Ciononostante, non accettò questo impedimento satanico in maniera fatalistica, ma fece qualcosa al riguardo.

i. Innanzitutto, Paolo aveva compreso che si trattava di un impedimento satanico. Sapeva che non dipendeva da circostanze casuali, ma era un attacco diretto di Satana. Paolo aveva il discernimento per capirlo.

ii. In secondo luogo, Paolo aveva fede: per un breve tempo significa che Paolo sapeva che sarebbe passato solo un breve tempo prima che l’ostacolo venisse superato.

iii. In terzo luogo, Paolo era intenzionato a combattere contro questo ostacolo con ogni mezzo possibile. Se non poteva essere lì di persona, allora la sua lettera li avrebbe istruiti e incoraggiati durante la sua assenza. Molti studiosi credono che 1 Tessalonicesi sia stata la prima lettera scritta da Paolo in veste di apostolo indirizzata ad una chiesa. Se questo è vero, allora l’ostacolo di Satana portò Paolo ad iniziare a scrivere lettere alle chiese. Quando Satana vide la grande opera che Dio faceva attraverso queste lettere, si pentì di aver ostacolato Paolo.

iv. Infine, Dio operò la vittoria. Atti 20:1-5 descrive il successivo ritorno di Paolo a Tessalonica e alle altre chiese dell’area.

v. “Supponendo di aver stabilito che gli impedimenti lungo il nostro cammino provengano veramente da Satana, COSA DOVREMMO DUNQUE FARE? Ho solo un piccolo consiglio: andate avanti, con o senza ostacoli, sul sentiero del dovere così come Dio Spirito Santo ve lo consente.” (Spurgeon)

d. Qual è infatti la nostra speranza, o gioia, o corona di gloria? Paolo rassicurò i Tessalonicesi che non avrebbe mai potuto dimenticarli, perché essi erano la sua gloria e la sua gioia. La sua impossibilità di far loro visita non dovrebbe mai essere considerata una mancanza di amore verso i Tessalonicesi.

i. Forse Paolo intendeva dire che non aveva bisogno di una corona in cielo, perché questi preziosi cari erano la sua corona di vittoria. Coloro che portiamo a Gesù e che discepoliamo sono la nostra corona di vittoria.

ii. “Ogni uomo che predica l’Evangelo dovrebbe leggere questo capitolo attentamente ed esaminare sé stesso alla sua luce. Molti predicatori, leggendolo minuziosamente, o rinunceranno al proprio posto per darlo ad altri, o si impegneranno ad adempiere l’opera del Signore più ferventemente nel futuro.” (Clarke)

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