1 Giovanni 5 – La Nuova Nascita e la Fede nel Figlio di Dio
A. Nati da Dio.
1. (1) La nuova nascita è la fonte dell’amore.
Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato da lui.
a. Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio: Giovanni ha menzionato spesse volte l’essere nato da Dio (come in 1 Giovanni 2:29, 3:9 e 4:7). In questo passaggio descrive come si nasce da Dio: chiunque crede che Gesù è il Cristo. In altre parole, significa credere che Gesù è il proprio Messia, non solamente il Messia in senso generico.
i. Giovanni ha posto grande enfasi sull’amore, ma non vuole che nessuno pensi di poter guadagnare la salvezza amando gli altri. Nasciamo da Dio quando poniamo la nostra fiducia in Gesù e nella Sua opera di salvezza nelle nostre vite.
ii. Inoltre, comprendiamo che Giovanni non parla semplicemente di un consenso intellettuale al fatto che Gesù è il Messia (anche i demoni lo credono, Giacomo 2:19), ma di fidarsi e dipendere da Gesù quale Messia.
iii. In più, Giovanni dice chiaramente che dobbiamo credere che Gesù è il Cristo. Molti, abbracciando una sorta di ideologia New Age, credono che Gesù avesse lo “spirito di Cristo”, affermando lo stesso di Confucio, Maometto, Buddha e altri. Noi però non diremmo mai che Gesù “ha” il Cristo – Gesù è il Cristo.
b. Chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato da lui: La nuova nascita ha due effetti: essa ci farà amare Dio (colui che ci ha generati), perché siamo nati di nuovo nella Sua famiglia, e ci farà amare anche coloro che sono stati generati da lui, i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo.
i. Questo hanno in comune i cristiani: non sono la razza, il ceto sociale, la cultura, la lingua né qualsiasi altra cosa, ma una nascita comune in Gesù Cristo e la comune Signoria di Gesù.
ii. Amare gli altri nella famiglia di Dio significa non limitare il proprio amore alla denominazione o al gruppo di appartenenza, a chi ha lo stesso stato sociale o finanziario, la stessa razza, la stessa visione politica o la stessa convinzione teologica. Se queste cose hanno per noi più valore della nostra comune salvezza e della Signoria di Gesù Cristo, allora c’è qualcosa che proprio non va.
iii. I genitori sono esasperati e, addirittura, disgustati quando vedono i propri figli litigare e sembrano odiarsi. Come deve sentirsi Dio quando vede i propri figli disputare tra loro?
2. (2-3) La dimostrazione dell’amore di Dio.
Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
a. Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: Proprio come il nostro amore per il popolo di Dio riflette il nostro amore per Dio (come espresso in 1 Giovanni 3:10, 17), così il nostro amore e la nostra ubbidienza a Dio sono una dimostrazione di amore verso il corpo di Cristo.
i. A volte si dice che la cosa migliore che un padre possa fare per i propri figli sia amare sua moglie e la loro madre. Allo stesso modo, il primo modo per un figlio di Dio di amare i suoi fratelli e sorelle in Cristo è quello di amare Dio ed ubbidirgli. E, se ami il genitore, amerai anche il figlio. È tutto collegato.
b. Quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti: Un cristiano che non ama Dio e non osserva i Suoi comandamenti non sarà efficace nel corpo di Cristo. Questo vale anche per coloro che sono coinvolti nel ministero e hanno una posizione ufficiale di servizio nella chiesa.
i. Quando il nostro amore e la nostra ubbidienza a Dio si raffreddano, non solo facciamo del male a noi stessi, ma anche ai nostri fratelli e sorelle. Il danno che procuriamo, nella migliore delle ipotesi, è che diventiamo un “peso” per il progresso spirituale del popolo di Dio.
ii. Se non amiamo e non ubbidiamo a Dio per il nostro bene, facciamolo almeno per amore degli altri.
c. Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti: Amare Dio vuol dire anche osservare i suoi comandamenti. Chi dice di amare Dio, ma cammina in deliberata disubbidienza, è come il credente che afferma di camminare in comunione con Dio, ma cammina ancora nelle tenebre (come in 1 Giovanni 1:6) – sta mentendo.
i. Sicuramente Giovanni aveva in mente le parole di Gesù: Se mi amate, osservate i miei comandamenti (Giovanni 14:15).
ii. In altre parole, l’amore per Dio si manifesterà nell’obbedienza. “Molto spesso i cristiani cercano di trasformare l’amore per Dio in un’esperienza emotivamente sdolcinata, sebbene Giovanni non lo contempli nella propria epistola.” (Boice)
d. I suoi comandamenti non sono gravosi: Alcuni Cristiani si sentono appesantiti dai comandamenti di Dio, eppure Giovanni insiste nel dire che non sono gravosi.
i. I suoi comandamenti non sono gravosi quando realizziamo quanto siano saggi e buoni i comandamenti di Dio. Sono doni da parte Sua per mostrarci una vita migliore e appagante. I comandamenti di Dio sono come “il libretto di istruzioni” per la vita, in cui Egli ci dice cosa fare, perché sa come funzioniamo al meglio. I comandamenti di Dio non vengono dati per legarci, per infliggerci dolore o perché Dio sia un vecchio irascibile.
ii. I suoi comandamenti non sono gravosi perché, quando nasciamo di nuovo, riceviamo cuori nuovi, che per istinto desiderano piacere a Dio. Come parte del Nuovo Patto, la legge di Dio è stata scritta nel cuore di ogni credente (Geremia 31:33).
iii. I suoi comandamenti non sono gravosi quando li paragoniamo alle regole religiose inventate dagli uomini. Giovanni non vuole assolutamente dire che l’obbedienza sia facile. Se fosse così, allora ci verrebbe facile non peccare, ma Giovanni ha già riconosciuto che tutti pecchiamo (1 Giovanni 1:8). Egli pensa al contrasto fatto da Gesù tra i requisiti imposti dai leader religiosi del tempo e la semplicità nell’amare Dio e seguirlo. Gesù insegnava che tutte le regole e le norme degli scribi e dei farisei erano dei fardelli pesanti (Matteo 23:4). Al contrario, Gesù ha detto di sé stesso: Il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero (Matteo 11:30). Invece di imporci centinaia di piccole regole e norme da dover osservare, Gesù ci dice semplicemente: “Ama me e il mio popolo e camminerai in obbedienza”.
iv. I suoi comandamenti non sono gravosi quando amiamo Dio veramente. Quando amiamo Dio, vogliamo obbedirgli e piacergli. Quando ami qualcuno, sembra poca cosa il dover affrontare difficoltà per aiutare o compiacere quella persona. Trovi piacere nel farlo, ma, se dovessi farlo per un nemico, non perderesti occasione per lamentarti. Proprio come i sette anni di servizio di Giacobbe per Labano parvero pochi giorni, per l’amore che portava a Rachele (Genesi 29:20), così ubbidire ai comandamenti di Dio non è un peso quando lo amiamo realmente. Un vecchio proverbio dice: “L’amore non sente alcun peso.”
3. (4-5) La nuova nascita è la fonte della vittoria.
Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio?
a. Tutto quello che è nato da Dio vince il mondo: Giovanni inizia con un principio molto semplice, eppure così potente: se siamo nati da Dio, vinceremo il mondo. L’idea che ciò che è nato da Dio possa essere sconfitto dal mondo era estranea a Giovanni e dovrebbe esserlo anche per noi.
b. Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede: Se credere è la chiave per nascere da Dio (1 Giovanni 5:1), la fede è la chiave per la vittoria; non solo quella fede iniziale del “vieni all’altare e sii salvato”, ma una fede costante, una continua dipendenza e fiducia in Gesù Cristo.
i. Giovanni ripete lo stesso pensiero con queste parole: chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio? Una vita di fede e fiducia costanti in Gesù Cristo è la vita che vince le pressioni e le tentazioni di questo mondo.
ii. Conoscere chi è Gesù – non solo da un punto di vista intellettuale, ma come nutrimento per la vita – “riempie l’anima con le grandi cose che lo riguardano… trasformando questo mondo in un’ombra deplorevole e privandolo di tutto il potere che una volta esercitava su di noi”. (Poole)
c. Chi è che vince il mondo: Il motivo primario per cui vinciamo è grazie a chi siamo in Cristo e non a quello che facciamo. Vinciamo perché siamo nati da Dio e siamo nati da Dio perché crediamo che Gesù è il Figlio di Dio; come già detto, non in senso meramente intellettuale, ma basando le nostre vite sul fatto che Gesù è il Figlio di Dio ed Egli è per noi.
i. “Cerca in qualsiasi dizionario greco e vedrai che la parola [fede o credere] non significa semplicemente credere, ma avere fiducia, confidare, dedicare, affidare e così via; l’essenza stessa del significato di fede è avere fiducia e fare affidamento su qualcuno”. (Spurgeon)
ii. Come possiamo diventare vincitori del mondo in Gesù?
•Nel mondo avrete tribolazioni, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo (Giovanni 16:33). Poiché Gesù ha vinto il mondo, siamo vincitori in Lui, se in Lui dimoriamo.
•Giovanni disse di coloro che stavano crescendo nel proprio cammino con Gesù: Avete vinto il maligno (1 Giovanni 2:13-14). Mentre camminiamo con Gesù e cresciamo nel nostro cammino, vinceremo i nostri nemici spirituali.
•I vincitori hanno un posto speciale nel mondo a venire. Gesù ha promesso: A chi vince concederò di sedere con me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono posto a sedere col Padre mio sul suo trono (Apocalisse 3:21).
•I vincitori vincono perché il sangue di Gesù vince sulle accuse di Satana, la parola della loro testimonianza vince sull’inganno di Satana e il non curarsi delle proprie vite vince sulla violenza di Satana (Apocalisse 12:11).
B. La fonte della nostra relazione con Dio: Gesù Cristo.
1. (6-8) Identificare con precisione chi è Gesù, il Figlio di Dio, colui nel quale dobbiamo credere.
Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, cioè, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue. E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono d’accordo come uno.
a. Colui che è venuto con acqua e sangue: Giovanni afferma chiaramente che il Gesù di cui parla non è il Gesù gnostico, il “fantasma”, talmente santo da non avere nulla a che fare con questo mondo. Il Gesù nel quale dobbiamo credere è il Gesù venuto con acqua e sangue; il Gesù che ha fatto parte di un mondo reale e fisico, in carne ed ossa.
i. Giovanni ritorna ad uno dei temi con cui ha iniziato la lettera: il fondamento storico e reale della nostra fiducia in Gesù Cristo. In 1 Giovanni 1:1-3 l’enfasi era su ciò che è stato visto e udito, contemplato e toccato: situazioni reali, persone reali, cose reali. Come l’acqua ed il sangue sono reali, così è stata la venuta del Figlio di Dio, Gesù Cristo.
b. Colui che è venuto con acqua e sangue: Nel corso dei secoli, ci sono state molte idee differenti riguardo a ciò che Giovanni intendesse dire esattamente con questa frase. “Questo è il passo più misterioso dell’Epistola e uno dei più misteriosi del Nuovo Testamento.” (Plummer, citato da Boice)
i. Alcuni credono che l’acqua parli del nostro battesimo e che il sangue parli del ricevere la comunione, sostenendo che Giovanni scrive di come Gesù venga a noi nei due sacramenti cristiani: il battesimo e l’eucaristia (come ritenevano Lutero e Calvino). Eppure, se così fosse, la frase “è venuto con acqua e sangue” non corrisponderebbe con la prospettiva storica di Giovanni, che sembra scrivere di un evento passato e non continuativo.
ii. Altri (come Agostino) credono che acqua e sangue descrivano l’acqua ed il sangue che fluirono dal costato di Gesù, quando fu trafitto con una lancia mentre si trovava in croce: Ma uno dei soldati gli trafisse il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua (Giovanni 19:34). Questo fu un evento importante per l’apostolo Giovanni, il quale, subito dopo la sua descrizione dell’acqua e del sangue, aggiunse nel suo vangelo: E colui che ha visto ne ha reso testimonianza, e la sua testimonianza è verace; ed egli sa che dice il vero, affinché voi crediate (Giovanni 19:35). Se questo però è veramente ciò che l’autore vuole intendere, resta poco chiaro come si possa affermare che Gesù è venuto con acqua e sangue.
iii. Altri credono che l’acqua parli della prima nascita di Gesù, nato dalle “acque del grembo”, e che il sangue si riferisca alla Sua morte. Se fosse davvero così, allora Giovanni starebbe essenzialmente dicendo: “Gesù è nato come un uomo ed è morto come un uomo. Era completamente umano, non un essere super spirituale che non aveva alcun contatto reale con il mondo fisico”. Gli gnostici del tempo consideravano Gesù proprio un essere super spirituale.
c. Colui che è venuto con acqua e sangue: Probabilmente la miglior spiegazione (anche se ce ne sono di buone a sostegno delle altre idee) è la più antica riportata su questo passaggio (documentata per la prima volta da Tertulliano). Con ogni probabilità, con acqua Giovanni fa riferimento al battesimo di Gesù e con sangue alla Sua crocifissione.
i. Quando Gesù fu battezzato, non lo fu per il ravvedimento del proprio peccato, non avendone commessi, ma perché voleva identificarsi completamente con l’umanità peccatrice. Essendo venuto con acqua, era un modo per dire: “Sono uno di voi”.
ii. Quando Gesù morì sulla croce, non morì perché fu obbligato (la morte non aveva potere su di Lui), ma diede la propria vita per identificarsi con l’umanità peccatrice e per salvarci dal nostro peccato. Essendo venuto con… sangue, prese il nostro posto come peccatore e la punizione che il nostro peccato meritava.
iii. Questa spiegazione, inoltre, si collega meglio con ciò che Gesù dichiara in Giovanni 3:5: In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. L’essere nato da acqua, in questo passaggio, parla delle acque purificatrici del battesimo.
d. Colui che è venuto con acqua e sangue: Alcuni insegnavano (e tuttora insegnano) che Gesù ricevette lo “Spirito di Cristo” al Suo battesimo e che lo “Spirito di Cristo” lo lasciò prima di morire sulla croce (per loro è impensabile che Dio potesse essere appeso ad una croce). Giovanni però insiste che Gesù non venne solo con l’acqua del battesimo, ma anche con il sangue della croce. Egli era il Figlio di Dio sulla croce, così come lo era quando il Padre dichiarò: Tu sei il mio amato Figlio, in te mi sono compiaciuto (Luca 3:22) in occasione del Suo battesimo.
i. Magari troviamo difficile relazionarci a questo antico modo di cercare di evitare l’offesa della croce, che dice: “Non era veramente il Figlio di Dio quello appeso alla croce”. Eppure, oggigiorno abbiamo altri modi per evitare lo scandalo della croce. Alcuni negano completamente la deità di Gesù considerandolo un “nobile martire”; alcuni banalizzano la croce riducendola ad un ornamento da indossare o un accessorio di moda; altri rimpiazzano la croce con un vangelo psicologico di auto-aiuto e autostima o, addirittura, predicano un vangelo senza croce.
e. E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità: Lo Spirito santo, inoltre, rende testimonianza alla vera persona di Gesù, così come promesso da Gesù (Egli testimonierà di me… Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà [Giovanni 15:26 e 16:14]). Il messaggio costante dello Spirito Santo per noi è: “Ecco Gesù”.
i. “Un sacerdote veniva consacrato sempre attraverso il sangue del sacrificio, l’acqua di purificazione e l’olio, che rappresentava l’unzione dello Spirito Santo. Anche Gesù ebbe questi tre testimoni per il Suo ministero sacerdotale.” (Spurgeon)
f. Lo Spirito, l’acqua e il sangue: Questi danno testimonianze allineate su chi è Gesù. Sappiamo che questi tre sono d’accordo come uno. Lo Spirito non ci dice una cosa diversa dall’acqua o dal sangue. La vita di Gesù, la Sua morte e lo Spirito ci dicono, in accordo tra loro, chi è Gesù.
2. Alcune osservazioni su 1 Giovanni 5:7-8, riguardo alle note a margine o a piè di pagina che troviamo in molte Bibbie.
a. La versione della Bibbia New King James ha una nota a margine su 1 Giovanni 5:7-8, in cui si afferma che le parole nel cielo: Il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra non sono presenti nella maggior parte dei manoscritti greci del Nuovo Testamento.
i. Le parole in questione non compaiono in alcun manoscritto greco fino al quattordicesimo secolo, eccetto che per un manoscritto dell’undicesimo ed un altro del dodicesimo secolo, in cui la frase è stata aggiunta ai margini da una seconda mano.
ii. Nei primi secoli del cristianesimo, ci sono stati molti dibattiti teologici riguardo alla natura esatta e alla comprensione della Trinità, nei quali nessuno ha mai citato le parole in questione di 1 Giovanni 5:7-8. Se si tratta di parole scritte personalmente da Giovanni, sembra molto strano che non ci sia alcuna citazione da parte dei primi cristiani. Infatti, sebbene nessuno dei cristiani del tempo abbia mai citato questo versetto, molti di loro si sono rifatti a 1 Giovanni 5:6 e 1 Giovanni 5:8. Perché dunque saltare il versetto sette, se questo è chiaramente un’affermazione importante sulla Trinità?
iii. In tutte le antiche traduzioni (siriaca, araba, etiope, copta, saidica, armena, slava, etc.) questo passaggio controverso non è presente. Appare solamente nella Vulgata Latina.
b. Probabilmente è meglio attribuire queste parole al lavoro di un copista un po’ troppo zelante che avrà creduto che il Nuovo Testamento avesse bisogno di un piccolo aiuto per la dottrina della Trinità, pensando che questo fosse il posto giusto dove fornirlo. O magari le parole erano solo appunti scritti ai margini del manoscritto, ma successivamente aggiunte al testo da qualcuno che avrà pensato vi appartenessero.
i. Anche se in questa affermazione non viene dichiarato nulla in modo esplicito sulla Trinità, è comunque intessuta in tutto il Nuovo Testamento, in cui vediamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che operano insieme come Persone eguali, seppure distinte (Matteo 3:16-17; 28:19; Luca 1:35; Giovanni 1:33-34; 14:16, 26; 16:13-15; 20:21-22; Atti 2:33-38; Romani 15:16; 2 Corinzi 1:21-22; 13:14; Galati 4:6; Efesini 3:14-16; 4:4-6; 1 Pietro 1:2).
c. Come hanno fatto queste parole a finire nel testo, non essendo presenti in nessun manoscritto greco? Le parole erano presenti nelle antiche versioni latine della Bibbia fino a quando, nell’anno 1520, un grande studioso di nome Erasmo pubblicò una nuova edizione accurata della Bibbia in greco antico. Mentre le persone studiavano la Bibbia di Erasmo e la confrontavano con la versione latina, notarono che egli aveva escluso questo passaggio, criticandolo di conseguenza. Erasmo rispose così: “Non troverete queste parole in nessuno degli antichi manoscritti greci. Se ne trovate uno con queste parole, allora le includerò nella prossima stampa”. Qualcuno “scoprì” un manoscritto con queste parole, ma non era affatto un antico manoscritto. Erasmo lo sapeva, ma aveva già promesso di aggiungere quelle parole se qualcuno le avesse trovate in qualche manoscritto. Con molta riluttanza le aggiunse nella sua edizione del 1522. Tuttavia, appose anche una nota a piè di pagina, in cui affermava di ritenere che qualcuno avesse scritto il nuovo manoscritto greco di proposito col solo scopo di metterlo in imbarazzo. Quel manoscritto (Codex Montfortii) è in mostra alla biblioteca del Trinity College a Dublino.
i. Questo passaggio è chiamato il “Comma Johanneum” (“Comma Giovanneo”, in italiano) e si trova in soli tre manoscritti greci. Il primo, il Codex Guelpherbytanus, fu scritto nel diciassettesimo secolo. Ne conosciamo il secolo di provenienza, perché contiene una citazione da un libro scritto nello stesso periodo. Il secondo, il Codex Ravianus o Berolinensis, è una copia di un testo stampato nel 1514. Sappiamo esserne una copia perché ripete gli stessi errori tipografici presenti nel testo del 1514. Il terzo manoscritto è quello “scoperto” ai giorni di Erasmo, il Codex Montfortii.
ii. Dato che il testo greco del Nuovo Testamento stampato da Erasmo divenne uno dei testi greci usati per la stesura della versione della Bibbia King James, queste parole divennero parte della traduzione.
d. Passaggi come questo non ci danno alcun motivo di temere che i nostri Nuovi Testamenti siano inaffidabili. In tutto il Nuovo Testamento ci sono solamente 50 passaggi che fanno sorgere una sorta di dubbio sull’attendibilità del testo, sui quali, per giunta, non si basa alcuna dottrina o credo fondamentale per il cristianesimo. Se 50 passaggi sembrano tanti, vedila in questo modo: si fa riferimento a non più di un millesimo dell’intero testo.
i. In aggiunta, quando un passaggio del genere viene inserito, la prova testuale dei manoscritti lo fa risaltare ancora di più. Piuttosto che farci dubitare, ci dà certezza.
ii. I cristiani evangelici non sanno molto a riguardo di passaggi come questo, ma molti religiosi che non credono nella Trinità (come i Testimoni di Geova) conoscono i problemi testuali che lo avvolgono. Dunque, se usi questo versetto per sostenere la tua posizione, costoro ti mostreranno come tale passaggio non appartenga alla Bibbia. Potrebbe far pensare: “Forse la Trinità non è reale. Magari Gesù non è Dio. Forse è solo un’invenzione delle persone che cercano di stravolgere la Bibbia”. Ciò può causare gravi danni.
iii. Un passaggio come questo, inoltre, ci avvisa del fatto che Dio non ha bisogno del nostro aiuto. Il Nuovo Testamento va bene così come Dio lo ha inspirato e non ha quindi bisogno dei nostri ritocchi. Sebbene l’insegnamento di queste parole aggiunte sia verace, tali parole non dovrebbero esserci, perché non dovremmo aggiungere le nostre parole alla Bibbia facendole passare per quelle di Dio.
e. Il testo di 1 Giovanni 5:7-8 dovrebbe leggersi in questo modo: Poiché tre ne rendono testimonianza: Lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono d’accordo come uno.
3. (9-10) La testimonianza degli uomini e la testimonianza di Dio.
Se noi accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è ancora più grande, poiché questa è la testimonianza di Dio che egli ha dato circa il suo Figlio. Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé; chi non crede a Dio, lo ha fatto bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che Dio ha reso circa suo Figlio.
a. Se noi accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è ancora più grande: Tutti, ogni giorno, ricevono la testimonianza degli uomini riguardo a svariate cose. Per questo, dovremmo avere maggiore fiducia nella testimonianza di Dio quando Egli ci parla di Gesù.
i. Giovanni non vuole che crediamo con una fede cieca. Al contrario, la nostra fede deve basarsi su una testimonianza affidabile; e noi abbiamo la più affidabile delle testimonianze, la testimonianza di Dio.
b. Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé: Quando crediamo in Gesù, riceviamo lo Spirito Santo come una conferma interiore della nostra condizione davanti a Dio. Romani 8:16 afferma: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio.
c. Chi non crede a Dio, lo ha fatto bugiardo: Quando ci rifiutiamo di credere in Gesù, rigettiamo la testimonianza che Dio ha reso circa suo Figlio. Dunque, stiamo facendo Dio bugiardo con la nostra incredulità.
i. Qui Giovanni smaschera il grande peccato dell’incredulità. La maggior parte di coloro che si rifiutano di credere in Dio (nel pieno senso della parola credere) non intendono chiamare Dio bugiardo. Ciononostante, è proprio quello che fanno. “Il grande peccato di non credere nel Signore Gesù Cristo viene spesse volte preso molto alla leggera e con uno atteggiamento poco serio, come se a malapena fosse un peccato; eppure, secondo il mio testo e, ovviamente, secondo tutto il tenore delle Scritture, l’incredulità vuol dire dare a Dio del bugiardo – e cosa può esserci di peggio?” (Spurgeon)
ii. E se qualcuno chiede: “Vorrei credere, ma non ci riesco”? Spurgeon risponde in questo modo: “Ascolta, oh incredulo! Tu hai detto: ‘Non riesco a credere’, ma saresti più onesto se dicessi: ‘Non voglio credere’. Il guaio è proprio lì. La tua incredulità è colpa tua, non la tua malasorte. È una malattia, ma è anche un crimine: è per te una terribile fonte di miseria, ma lo è giustamente, perché è un’offesa atroce contro il Dio di verità”.
iii. E se qualcuno dice: “Sto provando a credere e continuerò a provare”. Spurgeon parla al cuore di costui dicendo: “Non ho sentito qualcuno dire: ‘Ah, signore, sono anni che provo a credere’? Parole terribili! Peggiorano ulteriormente la situazione. Immagina se, dopo aver fatto un’affermazione, qualcuno dicesse di non credermi, quell’uomo di fatto non mi crederebbe anche se volesse. Ovviamente ne sarei addolorato, ma sarebbe anche peggio se aggiungesse: ‘In realtà sono anni che provo a crederti, ma non ci riesco’. Cosa vuole dire con questo? Cosa potrebbe intendere se non che io sia irrecuperabilmente nel falso, un bugiardo accertato che, se anche volesse credermi, non potrebbe farlo? Con tutti gli sforzi che può fare in mio favore, trova che credere in ciò che dico sia al di là delle sue capacità? Ora, un uomo che dice: ‘Sto provando a credere in Dio’, in realtà lo dice solo nei confronti dell’Altissimo… Tutte le chiacchiere riguardo al provare a credere sono solo scuse. Che siano scuse oppure no, permettimi di ricordati che non c’è alcun testo nella Bibbia che dica: ‘Prova a credere’; piuttosto dice: ‘Credi nel Signore Gesù Cristo’. Egli è il Figlio di Dio, lo ha dimostrato con i propri miracoli, è morto per salvare i peccatori, quindi confida in Lui; Egli merita la fiducia e la certezza come quella di un bambino. Gliele rifiuterai? Allora hai diffamato il Suo carattere e gli hai dato del bugiardo”.
iv. Un tale rifiuto della testimonianza di Dio può portare, nel tempo, una persona ad indurirsi permanentemente contro Dio, fino al punto tale da bestemmiare contro lo Spirito Santo, come Gesù avverte in Marco 3:28-29. Quale speranza può esserci per colui che persiste nell’ascoltare ciò che Dio dice e nel chiamarlo bugiardo?
4. (11-13) Certezza della vita nel Figlio.
E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Ho scritto queste cose a voi che credete nel nome del Figlio di Dio, affinché sappiate che avete la vita eterna e affinché continuiate a credere nel nome del Figlio di Dio.
a. E la testimonianza è questa: Giovanni, nel versetto precedente, ci ha appena detto quanto importante sia ricevere la testimonianza di Dio. Ora ci dirà qual è questa testimonianza.
b. Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio: Questo è il messaggio fondamentale di Dio per l’uomo: la vita eterna è un dono da parte di Dio, che si riceve in Gesù Cristo. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Tutto ruota intorno a Gesù e vivere in Gesù è la prova della vita eterna.
i. “È vano aspettare la gloria eterna, se non abbiamo Cristo nei nostri cuori. Cristo in noi ci rende in grado di riceverla e di farne parte. Questa è la testimonianza di Dio. Nessun uomo inganni sé stesso. Con Cristo in noi vedremo la GLORIA, se Cristo non è in noi NON vedremo la gloria. La testimonianza di Dio rimane.” (Clarke)
c. Ho scritto queste cose a voi che credete… affinché sappiate che avete la vita eterna: Dichiarando questo messaggio così apertamente, Giovanni spera di persuaderci a credere. Anche se già crediamo, vuole che sappiamo che abbiamo la vita eterna affinché riceviamo questa certezza, affinché continuiamo a credere.
i. Il bisogno di ascoltare il semplice vangelo di salvezza in Gesù Cristo non svanisce una volta che lo accettiamo. Ne traiamo beneficio, ne siamo rassicurati e riceviamo aiuto per continuare in esso mentre lo ascoltiamo e lo accogliamo continuamente.
d. Affinché sappiate che avete la vita eterna: La fiducia di Giovanni è impressionante. Egli vuole che sappiamo che abbiamo la vita eterna. Possiamo saperlo solo se la nostra salvezza riposa in Gesù e non in noi stessi. Se dipende da me, allora quando mi comporto bene sono salvato, quando invece mi comporto male, non ne sono più certo. Tuttavia, se dipende da ciò che Gesù ha fatto per me, allora posso saperlo.
C. Aiuto per il cristiano che prega.
1. (14-15) Fiducia nella preghiera.
Questa è la sicurezza che abbiamo davanti a lui: se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. E se sappiamo che egli ci esaudisce in qualunque cosa gli chiediamo, noi sappiamo di avere le cose che gli abbiamo chiesto.
a. Questa è la sicurezza che abbiamo davanti a lui: Giovanni ha costruito il concetto di sicurezza davanti a lui. Nel versetto precedente, 1 Giovanni 5:13, scrive: A voi che credete nel nome del Figlio di Dio, affinché sappiate di avere la vita eterna. Ora, per coloro che sanno di avere la vita eterna, Giovanni collega l’idea di sicurezza davanti a lui alla preghiera.
b. Se domandiamo qualcosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce: In questo vediamo lo scopo della preghiera e il segreto della potenza nella preghiera: è chiedere; chiedere qualcosa; chiedere qualcosa secondo la sua volontà; e una volta che abbiamo chiesto, abbiamo la certezza che egli ci esaudisce.
i. Prima di tutto, Dio vuole che domandiamo in preghiera. La maggior parte delle preghiere fallisce perché non chiede nulla. Dio è un Dio di amore e un donatore generose; Egli vuole che gli domandiamo.
ii. In secondo luogo, Dio vuole che gli domandiamo qualcosa in preghiera. Non che quella cosa ci venga poi sicuramente data, ma che possiamo e dovremmo pregare riguardo ad ogni cosa. A Dio importa di tutta la nostra vita e non c’è nulla di troppo piccolo o troppo grande per cui pregare. Come Paolo scrive in Filippesi 4:6: Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento.
iii. Successivamente, Dio vuole che gli domandiamo secondo la sua volontà. È facile per noi preoccuparci solo della nostra volontà davanti a Dio e avere una visione fatalistica della Sua (“Egli adempierà la Sua volontà con o senza le mie preghiere, non è così?”). Tuttavia, Dio vuole che vediamo e discerniamo la Sua volontà attraverso la Sua Parola e che preghiamo che la Sua volontà sia fatta. Nello scrivere questo passaggio, è possibile che Giovanni avesse in mente le parole stesse di Gesù che egli stesso riportò in Giovanni 15:7: Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto. Quando dimoriamo in Gesù, vivendo in Lui giorno dopo giorno, la nostra volontà sarà sempre di più allineata alla Sua, potremo domandare quel che vogliamo e le nostre richieste saranno sempre di più secondo la sua volontà. Allora vedremo l’esaudimento delle nostre preghiere.
iv. Se qualcosa è nella Sua volontà, perché Dio non lo fa indipendentemente dalle nostre preghiere? Perché dovrebbe aspettare le nostre preghiere prima di attuare la propria volontà? Perché Dio ci ha chiamati ad operare con Lui, come affermato da 2 Corinzi 6:1: Essendo Suoi collaboratori. Dio vuole che collaboriamo con Lui, allineando la nostra volontà ed i nostri piani ai Suoi. Vuole che abbiamo a cuore le cose che Egli ha a cuore e che le riteniamo abbastanza importanti da essere oggetto delle nostre preghiere più intense.
c. Noi sappiamo di avere le cose che gli abbiamo chiesto: Quando chiediamo in accordo alla Sua volontà, quando preghiamo sulle Sue promesse, abbiamo questa fiducia; quindi, prega con una fede reale e definita.
i. La preghiera dovrebbe essere molto più che una lista di desideri diretta al cielo. È radicata nel comprendere la volontà e le promesse di Dio secondo la Sua Parola, pregando che quelle promesse si adempiano. Per ogni richiesta di preghiera dovremmo chiedere con la nostra mente o a voce alta: “Che ragione ho di pensare che Dio risponderà a questa preghiera?” Dovremmo essere in grado di trovare la risposta nella Sua Parola.
ii. Le preghiere più potenti nella Bibbia sono sempre quelle in accordo alla volontà di Dio e che Gli chiedono di attuarla. Magari siamo infastiditi quando uno dei nostri figli ci dice: “Papà, questo è quello che hai promesso, quindi ora fallo, per favore”, ma Dio è contento quando gli ricordiamo le Sue promesse, perché dimostra che la nostra volontà è allineata alla Sua, che dipendiamo da Lui e che prendiamo la Sua Parola seriamente.
iii. Non è necessariamente sbagliato chiedere qualcosa che Dio non ha promesso, ma lo facciamo sapendo che non andiamo a Dio sulla base di una promessa specifica e, quindi, non abbiamo la certezza di sapere di avere le cose che gli abbiamo chiesto.
2. (16-17) Pregare per un fratello nel peccato.
Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non sia a morte, preghi Dio, ed egli gli darà la vita, a quelli cioè che commettono peccato che non è a morte. Vi è un peccato che è a morte; non dico egli debba pregare per questo. Ogni iniquità è peccato, ma c’è un peccato che non è a morte.
a. Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato… preghi: Quando vediamo un fratello nel peccato, Giovanni ci dice che la prima cosa da fare è pregare per quella persona. Troppo spesso la preghiera è l’ultima cosa a cui ricorriamo o la cosa più piccola che facciamo per il nostro fratello in difficoltà.
b. Ed egli gli darà la vita: Dio ha promesso di benedire la preghiera fatta per il fratello nel peccato. Probabilmente queste preghiere hanno una potenza speciale davanti a Dio, perché sono preghiere che adempiono il comandamento di amare i fratelli. Sicuramente, ci amiamo al meglio quando preghiamo gli uni per gli altri.
c. Vi è un peccato che è a morte: Riferendosi nel contesto ad un fratello, è sbagliato dedurre che Giovanni intenda un peccato che porti alla morte spirituale; probabilmente si riferiva ad un peccato che avrebbe portato alla morte fisica del credente.
i. Ci troviamo di fronte ad un concetto complicato, di cui abbiamo un esempio in 1 Corinzi 11:27-30, dove Paolo dice che alcuni cristiani a Corinto, a causa della loro condotta vergognosa durante la Cena del Signore, sono morti (fra voi vi sono molti infermi e malati, e molti muoiono). Questa morte non è arrivata come un giudizio di condanna, bensì come giudizio di correzione (Ma quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, affinché non siamo condannati col mondo [1 Corinzi 11:32]).
ii. A quanto pare, un credente può peccare fino a tal punto che Dio crede sia meglio portalo a casa, probabilmente perché ha, in qualche modo, compromesso irrimediabilmente la propria testimonianza, non lasciando altra possibilità che tornare a casa da Dio.
iii. Tuttavia, è presuntuoso pensare che questo sia il caso di ogni morte prematura di un credente o usarlo come persuasione al suicidio per il cristiano sommerso dai sensi di colpa. Le nostre vite sono nelle mani di Dio e, se Lui ritiene opportuno portare a casa uno dei Suoi figli, allora va bene così.
iv. Alcuni credono che fratello venga usato qui in senso generico e che il peccato che è a morte menzionato da Giovanni alluda alla bestemmia contro lo Spirito Santo, cioè il rigetto volontario e costante di Gesù Cristo. Tuttavia, si tratterebbe di un uso strano del termine fratello, soprattutto se paragonato all’uso adottato finora da Giovanni nella sua lettera.
d. Non dico egli debba pregare per questo: Evidentemente, quando un cristiano viene corretto riguardo al peccato che è a morte, è inutile pregare per il suo recupero o la sua restaurazione – la situazione è esclusivamente nelle mani di Dio.
e. C’è un peccato che non è a morte: Giovanni riconosce, nel senso inteso qui, che non ogni peccato conduce alla morte, anche se ogni iniquità è peccato.
D. Proteggere la nostra relazione con Dio.
1. (18-19) Conoscere chi siamo noi e chi sono i nostri nemici.
Noi sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca; chi è nato da Dio preserva sé stesso, e il maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio e che tutto il mondo giace nel maligno.
a. Chiunque è nato da Dio non pecca: Nella battaglia contro il peccato, è essenziale che teniamo sempre a mente chi siamo in Gesù Cristo. Se siamo nati da Dio, allora abbiamo gli strumenti per poter essere liberi dal peccato abituale.
i. Giovanni ripete lo stesso concetto di 1 Giovanni 3:6: Chiunque dimora in lui non pecca. La grammatica nella lingua originale rende chiaro che Giovanni si riferisce ad uno stile di vita perseverante nel peccato. Egli non cerca di insegnare la possibilità di giungere alla perfezione senza peccato. Come dice Stott: “Il presente indicativo nel verbo greco implica uno schema abitudinario, continuativo e ininterrotto”.
b. Chi è nato da Dio preserva sé stesso, e il maligno non lo tocca: Se siamo nati da Dio, siamo protetti contro il maligno di una protezione unica, una protezione che non spetta a colui che non è nato da Dio. Riconoscere questo ci dà grande fiducia nella guerra spirituale.
i. Nel versetto 18, al posto di sé stesso sarebbe più corretto dire lui. Ciò che Giovanni probabilmente intende dire qui è che Colui che è nato da Dio (Gesù Cristo) lo (il credente) preserva. Giovanni ci sta dicendo che Gesù ci custodisce e ci protegge da Satana.
c. Non lo tocca: La parola tocca trasmette l’idea di attaccarsi a qualcuno. Giovanni dice chiaramente che il maligno (Satana o, per estensione, uno dei suoi demoni) non può attaccarsi a colui che è nato da Dio.
i. Questo è ciò che gli studiosi di greco dicono riguardo alla parola tocca: essa ha un significato “più forte di tocca; dà piuttosto l’idea di afferrare, aggrapparsi a” (Smith, in Expositor’s). “Significa ‘aggrapparsi’ o ‘afferrare’ piuttosto che un semplice tocco superficiale.” (Robertson)
ii. L’unico altro posto in cui Giovanni usa questo verbo specifico per toccare è in Giovanni 20:17, dove Egli dice letteralmente a Maria: Smettila di aggrapparti a Me. Essendo nati da Dio, Satana non può né attaccarsi né aggrapparsi a noi, come invece può fare nella vita di chi non è nato da Dio.
d. Sappiamo che siamo da Dio: Se siamo nati da Dio, siamo liberi dal mondo e non siamo più sotto l’influenza del maligno, sebbene tutto il mondo giaccia in Lui. Sapendo ciò, siamo liberi di essere ciò che siamo in Gesù e di separarci dal sistema di questo mondo in ribellione contro di Lui.
2. (20-21) Dimora in Gesù e guardati dagli idoli.
Ma noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento, affinché conosciamo colui che è il Vero; e noi siamo nel Vero, nel suo Figlio Gesù Cristo; questo è il vero Dio e la vita eterna. Figlioletti, guardatevi dagli idoli.
a. Affinché conosciamo colui che è il Vero; e noi siamo nel Vero, nel suo Figlio Gesù Cristo: In conclusione della lettera, Giovanni ritorna al tema principale: la comunione con Gesù Cristo. Dobbiamo conoscere lui, dove la parola usata da Giovanni per conosciamo (ginosko) parla di una conoscenza per esperienza. È così che Gesù vuole essere conosciuto da noi.
b. Ci ha dato intendimento: L’opera di Gesù in noi ci dona intendimento, l’abilità di poterlo conoscere e di essere in lui – quella vita che dimora nella comunione, alla quale Giovanni ci aveva invitati a prendere parte in 1 Giovanni 1:3.
i. È importante notare che questo intendimento deve essere dato e non possiamo ottenerlo da noi stessi. Se Dio non si fosse rivelato a noi, non Lo avremmo mai trovato. Lo conosciamo e possiamo conoscerlo, perché Egli si è rivelato a noi.
ii. Più di qualsiasi altro modo, Dio si è rivelato a noi attraverso colui che è il Vero, nel suo Figlio Gesù Cristo. Gesù è la chiave e il centro di tutto. Guardando Gesù, vediamo la personalità ed il carattere di Dio.
iii. Colui che è il Vero ci ricorda di un altro tema che Giovanni ha affrontato nella lettera: l’importanza della fede, della fiducia autentica nel vero Gesù, non un Gesù di fantasia. Il Gesù della Bibbia è colui che è il Vero, il Figlio Gesù Cristo.
c. Questo è il vero Dio e la vita eterna: Qui Giovanni ci dice di nuovo chi è Gesù. Egli era un uomo (come dichiarato in 1 Giovanni 1:1, 4:2 e 5:6), ma non solo. Era sia pienamente uomo che il vero Dio e la vita eterna. Giovanni non predilige l’umanità di Gesù in sfavore della Sua divinità o viceversa, e nemmeno dovremmo farlo noi. Egli è entrambi: pienamente Dio e pienamente uomo.
i. John Stott, riguardo a questo è il vero Dio e la vita eterna, dice: “Questa è la dichiarazione più inequivocabile sulla divinità di Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, usata dai difensori dell’ortodossia contro le eresie di Ario.” (Stott)
d. Guardatevi dagli idoli: Potrebbe sembrare un modo strano di finire la lettera da parte di Giovanni, ma calza a pennello il tema di una relazione con Dio autentica e vivente. Il nemico della comunione con Dio è l’idolatria: abbracciare un dio fasullo o una falsa idea riguardo al vero Dio. Giovanni conclude giustamente con questo avvertimento, dopo aver usato la maggior parte del libro per avvertirci contro i pericoli del Gesù falso che molti stavano insegnando ai suoi giorni (1 Giovanni 3:18-23; 4:1-3; 5:6-9).
i. Possiamo avere una vera relazione solo con il Dio che esiste veramente! L’idolatria, sia che sia ovvia (pregare ad una statua) sia che sia subdola (vivere per la tua carriera o per qualcuno che non sia Dio), soffocherà sempre una vera relazione con Dio e danneggerà i nostri rapporti con i nostri fratelli e sorelle in Gesù. Non c’è da meravigliarsi che Giovanni termini la lettera scrivendo guardatevi dagli idoli; è così che proteggiamo la nostra relazione con Dio.
ii. In un grande sermone su questo ultimo versetto della lettera di Giovanni, Charles Spurgeon ha notato come prima cosa che Giovanni si rivolge ai figlioletti.
•È un titolo di profondo affetto.
•È un titolo che indica rigenerazione e parentela familiare.
•È un titolo che indica umiltà.
•È un titolo che indica ammaestrabilità.
•È un titolo che suggerisce fede.
•È un titolo che suggerisce debolezza.
iii. Successivamente, Spurgeon ha notato il comandamento di Giovanni: Guardatevi dagli idoli.
•Parla contro idoli ovvi e visibili.
•Parla contro la venerazione di sé stessi, che può esprimersi con un appagamento eccessivo proveniente dal mangiare o dal bere, dalla pigrizia o da un’attenzione esagerata alla nostra apparenza esteriore.
•Parla contro la venerazione della ricchezza.
•Parla contro la venerazione di hobby od obiettivi.
•Parla contro la venerazione di cari amici o parenti.
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