1 Giovanni 3




1 Giovanni 3 – L’Amore di Dio e la Vita d’Amore

A. Il futuro del nostro rapporto con Dio.

1. (1) La gloria dell’amore di Dio.

Vedete quale amore il Padre ha profuso su di noi, facendoci chiamare figli di Dio. La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui.

a. Vedete quale amore il Padre ha profuso su di noi, facendoci chiamare figli di Dio: Dopo aver menzionato l’essere nati da Lui, Giovanni ora parla con grande stupore di questo tipo di amore che ci rende figli di Dio. Giovanni ci esorta a vedere quest’amore, cioè vuole che lo guardiamo e lo studiamo attentamente.

i. È di grande beneficio per il cristiano dare uno sguardo profondo all’amore che Dio ha profuso su di noi.

ii. Profuso su di noi dà indicazione di molte cose. Innanzitutto, descrive la misura dell’amore di Dio verso di noi. In secondo luogo, mostra la maniera in cui Dio elargisce il proprio amore; profuso rende l’idea di un dono unilaterale, invece che di una meritata ricompensa.

iii. Che cosa ci rende titubanti nel credere nell’amore di Dio? A volte è l’orgoglio, che vuole dimostrarsi degno dell’amore di Dio prima di poterlo ricevere. A volte è l’incredulità, che non riesce a confidare nell’amore di Dio quando vede la sofferenza ed il dolore della vita. Altre volte ci vuole semplicemente tempo prima che una persona giunga ad una comprensione più profonda della grandezza dell’amore di Dio.

iv. Vedete significa che Dio desidera che vediamo questo amore e che non si vergogna di mostrarcelo. “‘Ecco’, Egli dice, ‘voi povera gente che mi amate, voi malati, voi sconosciuti, confusi, senza alcun talento, io ho dichiarato davanti ai cieli e la terra, l’ho reso noto agli angeli che voi siete miei figli e non mi vergogno di voi. Mi glorio nel fatto di avervi presi come miei figli e figlie’”. (Spurgeon)

b. Facendoci chiamare figli di Dio: La grandezza di questo amore è dimostrata nel fatto che per mezzo di esso siamo chiamati figli di Dio, il quale, nel guardare l’umanità perduta, avrebbe semplicemente potuto provare compassione caritatevole, pena per la nostra condizione sia in questa vita che in quella eterna. Nel mostrare semplice pietà, avrebbe potuto preparare un piano di salvezza per salvare l’uomo dall’inferno. Tuttavia, Dio è andato oltre, avendoci chiamati figli di Dio.

i. Chi ci chiama figli di Dio?

Il Padre (“E sarò come un padre per voi, e voi sarete per me come figli e figlie, dice il Signore Onnipotente”, 2 Corinzi 6:18).

Il Figlio (“Egli non si vergogna di chiamarli fratelli, Ebrei 2:11).

Lo Spirito (“Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”, Romani 8:16).

ii. C’è come un senso di totale inutilità nella benedizione che Dio dà nel processo di salvezza e nella dimostrazione del Suo vero e profondo amore per noi. Possiamo pensare a qualcuno che aiuta o salva un’altra persona, ma non a tal punto da renderlo parte della famiglia; eppure, questo è ciò che Dio ha fatto per noi.

iii. In tutto questo, otteniamo in Gesù Cristo qualcosa di molto più grande di quanto Adamo avesse mai avuto. Nemmeno una volta leggiamo che egli fu annoverato tra i figli di Dio come inteso qui da Giovanni. Adamo non fu mai adottato come un figlio di Dio, a differenza di come avviene per i credenti. Sbagliamo se pensiamo che la redenzione sia solamente una restaurazione di ciò che andò perduto in Adamo; in Gesù ci viene dato molto più di quanto Adamo avesse mai avuto.

iv. Se siamo davvero figli di Dio, ciò dovrebbe essere visibile nella nostra somiglianza al Padre e nell’amore verso i nostri “fratelli e sorelle”.

v. È importante comprendere che cosa voglia dire essere figli di Dio e capire che non tutti lo sono secondo il modo descritto da Giovanni. L’amore di Dio viene espresso verso tutti attraverso il sacrificio di Gesù per i peccati del mondo (Giovanni 3:16), ma questo non rende automaticamente tutti gli esseri umani figli di Dio nel senso illustrato da Giovanni. Qui egli parla di coloro che hanno ricevuto l’amore di Gesù in una vita di comunione e fiducia in Lui: Ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome (Giovanni 1:12).

c. La ragione per cui il mondo non ci conosce: A causa della nostra parentela speciale con Dio, siamo considerati stranieri in questo mondo (o così dovrebbe essere).

i. Qui si intravede il pericolo di un cristianesimo che si sforza così duramente di dimostrare al mondo quanto simile ad esso possa essere; non possiamo rimanere sorpresi o offesi quando realizziamo che il mondo non ci conosce.

d. Perché non ha conosciuto lui: Alla fine, dovremmo aspettarci dal mondo un trattamento simile a come trattò lui: Gesù fu rigettato e crocifisso. Sebbene sia vero che Gesù amò i peccatori e che questi, riconosciuto il suo amore, accorsero a Lui, dobbiamo anche ricordare che fu il mondo a gridare: “Crocifiggilo!”

2. (2) Il futuro dei figli di Dio.

Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato ciò che saremo; sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è.

a. Ora siamo figli di Dio: La nostra posizione attuale è chiara. Sappiamo e abbiamo la certezza che siamo veramente figli di Dio. Romani 8:16 afferma: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Se sei un figlio di Dio, hai questa certezza dentro di te.

b. Non è ancora stato manifestato ciò che saremo: Sebbene la nostra posizione attuale sia chiara, il nostro destino futuro è offuscato. Non conosciamo i dettagli di come saremo nell’aldilà. Similmente, non possiamo nemmeno immaginare come saremo nella gloria.

i. “Ciò che siamo non è ora manifesto al mondo; ciò che saremo non è ancora manifesto a noi”. (Stott)

ii. “Se posso usare tale espressione, questo non è il tempo per la manifestazione della gloria del cristiano. L’eternità sarà quel momento in cui il credente sperimenterà la piena maturità e dove verrà mostrata in maniera immacolata la gloria datagli da Dio. Nel frattempo, deve considerarsi uno sconosciuto; è nel futuro che verrà riscoperto come un figlio del gran Re”. (Spurgeon)

c. Sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è: Non veniamo lasciati completamente all’oscuro riguardo alla nostra condizione futura. Quando Gesù ci verrà rivelato, sia che sarà alla Sua venuta per noi o alla nostra dipartita per andare da Lui, in quel giorno saremo simili a lui.

i. La Bibbia parla del grande piano di Dio per la nostra vita con queste parole: Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli (Romani 8:29). L’obiettivo primario di Dio per la nostra vita è di renderci simili a Gesù. Qui Giovanni parla dell’adempimento di questo proposito.

ii. Ciò non significa che smetteremo di essere noi stessi, con la personalità e il carattere datoci da Dio. Il cielo non sarà come il nirvana o il misticismo orientale, dove ogni personalità si dissolve in Dio come una goccia nell’oceano. Rimarremo comunque noi stessi, ma il nostro carattere e la nostra natura saranno perfezionati nell’immagine della perfezione di Gesù. Non saremo “cloni” di Gesù in cielo!

iii. Il cristiano dovrebbe desiderare di essere come Gesù, ma ricorda che Dio non imporrà mai a qualcuno di essere come Lui, se questi non lo vuole. L’inferno è per questo: per coloro che non vogliono assomigliare a Gesù. La verità eterna che ci fa riflettere è la seguente: Dio dà all’uomo ciò che egli vuole davvero. Se desideri essere come Gesù, ciò sarà evidente nella tua vita adesso e rimarrà una realtà per tutta l’eternità. Se non vuoi davvero essere come Gesù, anche questo sarà altrettanto evidente in questa vita e sarà una realtà anche per l’eternità.

iv. Saremo simili a lui: Questo ci ricorda che, sebbene adesso cresciamo a somiglianza di Gesù, abbiamo comunque ancora molta strada da fare. Nessuno di noi terminerà il percorso fino a quando non vedrà Gesù e solo allora saremo veramente simili a lui.

d. Lo vedremo come egli è: Forse questa è la gloria più grande del cielo: non di essere glorificati, ma di trovarsi nella presenza del nostro Signore senza alcuna restrizione o impedimento.

i. Paolo scrive riguardo al nostro cammino attuale: Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto (1 Corinzi 13:12). Oggi, quando ci guardiamo in uno specchio fatto bene, l’immagine è chiara. Nel mondo antico, però, gli specchi venivano fatti con del metallo levigato e l’immagine risultava poco chiara e alquanto distorta. Al momento, possiamo vedere Gesù solamente in maniera oscura e incerta, ma un giorno Lo vedremo in perfetta chiarezza.

ii. Il cielo ci è prezioso per molte ragioni. Desideriamo riunirci coi nostri cari che ci hanno lasciato e che ci mancano tanto. Desideriamo essere con i grandi uomini e donne di Dio che ci hanno preceduti nei secoli passati. Vogliamo camminare sulle strade d’oro, vedere le porte perlate ed ammirare gli angeli attorno al trono di Dio che lo adorano giorno e notte. Tuttavia, nessuna di queste cose, per quanto preziose, rendono il cielo “cielo”. Ciò che rende il cielo quello che è realmente è la presenza del nostro Signore senza restrizione e impedimento e vederlo per come egli è sarà la più grande esperienza della nostra esistenza eterna.

iii. Che cosa vedremo quando vedremo Gesù? Apocalisse 1:13-16 descrive una visione riguardante Gesù in cielo: Vestito d’una veste lunga fino ai piedi e cinto d’una cintura d’oro al petto. Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come bianca lana, come neve, e i suoi occhi somigliavano ad una fiamma di fuoco. I suoi piedi erano simili a bronzo lucente, come se fossero stati arroventati in una fornace e la sua voce era come il fragore di molte acque. Egli aveva nella sua mano destra sette stelle e dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, acuta, e il suo aspetto era come il sole che risplende nella sua forza. Questo non è lo stesso Gesù che ha camminato sulla terra nelle sembianze di un semplice uomo.

iv. Al tempo stesso, sappiamo che in cielo Gesù porterà ancora le cicatrici della propria sofferenza terrena. Dopo essere risorto dalla morte nel Suo corpo glorificato, sul suo corpo sono stati conservati miracolosamente i segni dei chiodi nelle Sue mani e la ferita nel suo costato (Giovanni 20:24-29). In Zaccaria 12:10 Gesù profetizza del giorno in cui il popolo ebreo, volgendosi a Lui, Lo vedrà in gloria: Ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto; faranno quindi cordoglio per lui, come si fa cordoglio per un figlio unico, e saranno grandemente addolorati per lui, come si è grandemente addolorati per un primogenito. Zaccaria 13:6 continua lo stesso pensiero: Se poi qualcuno gli dirà: “Che cosa sono queste ferite nelle tue mani?”, egli risponderà: “Sono quelle con cui sono stato ferito nella casa dei miei amici”.

e. Saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è: Giovanni associa il vedere lui come egli è alla nostra trasformazione nell’immagine di Gesù. Possiamo dire che lo stesso principio è all’opera in questo momento. Più riesci a vedere Gesù per come Egli è, più assomiglierai a Lui nella tua vita.

i. Possiamo dire che ciò accade per riflesso. “Quando un uomo si guarda in uno specchio luminoso, apparirà anche lui luminoso, perché la luce viene riflessa sul suo viso; in maniera ancora più meravigliosa, quando guardiamo a Cristo, che è la luce stessa, un po’ della Sua luce si riflette su di noi.” (Spurgeon)

3. (3) Conoscere il nostro futuro purifica le nostre vite adesso.

E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica come egli è puro.

a. Chiunque ha questa speranza in lui, si purifica: Conoscere il nostro destino eterno e vivere in questa speranza purificherà le nostre vite. Sapere che il nostro fine è quello di assomigliare di più a Gesù ci fa desiderare di voler essere più simili a Lui adesso.

i. Vivere con l’aspettativa di essere con Gesù e della Sua imminente venuta può avere una meravigliosa azione purificatrice nelle nostre vite. Ci fa desiderare di essere pronti, di servirlo adesso e di essergli graditi in questo momento.

b. Questa speranza in lui: Alla fine, la nostra speranza non è nel cielo o nella gloria che là otterremo. La nostra speranza è in lui. Non dobbiamo mai porre la nostra speranza in altre cose: relazioni, successo, finanze, salute, averi o semplicemente noi stessi. La nostra vera speranza si trova in lui.

B. Il peccato: un attacco alla relazione.

1. (4-5) La natura del peccato e l’opera di Gesù nel rimuoverlo.

Chiunque commette il peccato, commette pure una violazione della legge; e il peccato è violazione della legge. E voi sapete che egli è stato manifestato per togliere via i nostri peccati; e in lui non vi è peccato.

a. Il peccato è violazione della legge: Giovanni definisce il peccato usandone la radice stessa. È il disprezzo verso la legge di Dio, che di conseguenza è il disprezzo verso il Legislatore, Dio stesso.

i. Molte volte falliamo nella nostra battaglia contro il peccato, perché non lo chiamiamo per quello che è: una violazione della legge, un’offesa contro il Grande Legislatore, Dio. Piuttosto, diciamo cose del tipo: “Se ho fatto qualcosa di sbagliato…” oppure “Sono stati commessi degli errori…” e così via. Chiamalo per quello che è: il peccato è violazione della legge. “Il primo passo verso una condotta santa è riconoscere la natura e la malvagità del peccato.” (Stott)

b. Voi sapete che egli è stato manifestato per togliere via i nostri peccati: Qui Giovanni definisce la missione di Gesù alla radice: togliere via i nostri peccati. Questo promise l’angelo Gabriele a Giuseppe riguardo al ministero di Gesù: Tu gli porrai nome GESÙ, perché egli salverà il Suo popolo dai loro peccati (Matteo 1:21).

i. Gesù toglie via il nostro peccato, cioè rimuove la punizione del nostro peccato. Ciò avviene proprio nel momento in cui una persona viene alla fede in Gesù.

ii. Gesù toglie via il nostro peccato, cioè rimuove la potenza del nostro peccato. Questa è un’opera continua nelle vite di coloro che seguono Gesù.

iii. Gesù toglie via il nostro peccato, cioè rimuove la presenza del peccato. Questa è un’opera che verrà completata quando entreremo nell’eternità e saremo glorificati con Gesù.

c. Egli è stato manifestato per togliere via i nostri peccati: Questa è l’opera di Gesù nelle nostre vite. È un’opera a cui dobbiamo rispondere, ma rimane pur sempre la Sua opera in noi.

i. Noi non possiamo togliere via la punizione del nostro stesso peccato. È impossibile purificarci in questo modo. Dobbiamo, piuttosto, ricevere l’opera di Gesù che rimuove il nostro peccato.

ii. Non possiamo togliere via la potenza del peccato dalle nostre vite. Questa è la Sua opera in noi, a cui rispondiamo. Colui che va a Gesù non deve lavarsi prima di presentarsi, ma deve essere disposto a lasciare che sia Lui a togliere via il suo peccato.

iii. Non possiamo togliere via la presenza del peccato dalle nostre vite. Questa è la Sua opera in noi, che sarà completata quando saremo glorificati con Lui.

d. In lui non vi è peccato: Gesù non aveva in sé alcun peccato; per questo ha potuto togliere via il nostro peccato, prendendolo su di sé.

2. (6) Dimorare nel peccato o dimorare in Dio.

Chiunque dimora in lui non pecca; chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto.

a. Chiunque dimora in lui non pecca: Dato che il peccato è violazione della legge, disprezzo verso Dio (1 Giovanni 3:4), e visto che Gesù è venuto per togliere via i nostri peccati (1 Giovanni 3:5) ed in Lui non vi è peccato (1 Giovanni 3:5), allora dimorare in Lui significa non peccare.

i. È molto importante comprendere cosa la Bibbia intende (e ciò che non intende) quando parla di non peccare. Secondo il tempo verbale usato da Giovanni, non pecca significa non ha uno stile di vita peccaminoso. Abbiamo già letto in 1 Giovanni 1:8 che, se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. In questo passo la struttura grammaticale indica che l’autore sta parlando di atti peccaminosi occasionali. Al contrario, dalla struttura grammaticale di 1 Giovanni 3:6 si evince che l’autore si riferisce ad una vita insediata nel peccato. Giovanni qui non insegna la possibilità di raggiungere la perfezione senza peccato.

ii. “Il tempo presente del verbo in greco implica abitudine, continuità, una sequenza ininterrotta” (Stott); la versione inglese New International Version (NIV) traduce questi verbi dando la giusta spiegazione, usando espressioni come continua a peccare, continua nel peccato, non può continuare a peccare.

b. Chiunque dimora in lui non pecca: Il messaggio di Giovanni è chiaro e coerente con il resto delle Scritture. Ci dice che una vita nel peccato abituale non è coerente con una vita che dimora in Gesù Cristo. Un vero cristiano può trovarsi in uno stile di vita di peccato solo temporaneamente.

i. L’insegnamento di Paolo in Romani 6 è un grande esempio di questo principio. Egli ci mostra che, quando qualcuno viene a Gesù, i suoi peccati vengono perdonati, la grazia di Dio gli viene estesa e la persona viene radicalmente cambiata – il vecchio uomo è morto e l’uomo nuovo vive. È perciò assolutamente incompatibile con la nuova creazione in Cristo trovarsi a proprio agio nel peccato abituale; il credente può trovarsi solo temporaneamente in tale stato.

ii. In un certo senso, la domanda non è: “Puoi peccare o no?” Tutti noi pecchiamo. La domanda è: “Come reagisci quando pecchi? Ti abbandoni all’andazzo del peccato e lasci che domini la tua vita? O confessi umilmente il tuo peccato e gli resisti con la potenza che Gesù può dare?”

iii. Per questo è molto triste vedere cristiani trovare scuse per il proprio peccato e non confessarlo umilmente. Se esso non viene affrontato onestamente, diventa un andamento regolare che può trasformarsi velocemente in uno stile di vita – magari uno stile di vita segreto, ma pur sempre uno stile di vita.

iv. È importante che non firmiamo mai un “trattato di pace” con il peccato. Non dobbiamo mai chiudere un occhio alla sua presenza o trovare scuse dicendo: “Tutti hanno le proprie aree di peccato e questa è la mia. Gesù capirà”. Questo va completamente contro tutto ciò che siamo in Gesù e l’opera che Egli ha compiuto nelle nostre vite.

c. Chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto: Vivere in uno stile di vita di peccato dimostra che non l’abbiamo visto (con indicazione al presente dell’espressione “lo vedremo” in 1 Giovanni 3:2) né conosciuto. Ci sono persone tanto meravigliose che il solo vederle o conoscerle cambierà per sempre la nostra vita. Gesù è quel tipo di persona.

3. (7) La giustizia sarà visibile nella vita di una persona.

Figlioletti, nessuno vi seduca: chi pratica la giustizia è giusto, come egli è giusto.

a. Nessuno vi seduca: Da questo comprendiamo che Giovanni scriveva contro la seduzione che minacciava i credenti dei suoi giorni.

b. Chi pratica la giustizia è giusto: Giovanni non ci permette di separare la giustizia religiosa da una vita di giustizia. Se siamo stati resi giusti per la nostra fede in Gesù Cristo (Romani 3:22), ciò sarà visibile dalle nostre vite vissute nella giustizia.

i. La cosa più importante che una persona possa fare è assicurarsi di essere giusta davanti a Dio, cioè semplicemente che è ritenuta giusta davanti a Dio. Non è solo come dire: “Non colpevole”, ma è più simile a “non colpevole e giusto”. Ci parla della presenza del bene, non solo dell’assenza del male.

ii. Giovanni non sta dicendo che siamo resi giusti davanti a Dio per i nostri atti di giustizia. La Bibbia insegna chiaramente che siamo resi giusti mediante la fede in Gesù Cristo – una giustizia in Gesù che sarà visibile nelle nostre vite.

iii. Evidentemente, c’erano alcuni che insegnavano che si poteva essere giusti davanti a Dio senza prova di alcuna giustizia nella propria vita; Giovanni condanna questa idea. Disse bene Charles Spurgeon: “La grazia che non trasforma la mia vita non salverà la mia anima”.

c. Come egli è giusto: Abbiamo la possibilità di vivere vite caratterizzate dalla giustizia e non dal peccato, perché ci è stata data la giustizia di Gesù, ed egli è giusto. Abbiamo le risorse necessarie per poter vivere rettamente.

4. (8-9) La radice del peccato e la radice della giustizia.

Chiunque commette il peccato è dal diavolo, perché il diavolo pecca dal principio; per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio.

a. Chiunque commette il peccato è dal diavolo: Coloro che vivono regolarmente nel peccato non sono figli di Dio: sono dal diavolo. Gesù è venuto per distruggere le opere del diavolo e per liberarci dalla sua schiavitù.

i. “Ebbene, non illuderti. ‘Chiunque commette il peccato è dal diavolo’. Non serve a nulla inventare scuse; se sei amante del peccato, andrai dove vanno i peccatori. Se tu, che vivi in questo modo, dici di aver creduto nel prezioso sangue di Cristo, non ti crederò. Se la tua fede in quel sangue prezioso fosse verace, odieresti il peccato. Se osi affermare di confidare in quel sacrificio mentre vivi nel peccato, stai mentendo; non hai fiducia in quel sacrificio; perché una fede reale nel sacrificio espiatorio purifica l’uomo e gli fa odiare il peccato, che ha sparso il sangue del Redentore”. (Spurgeon)

b. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo: In 1 Giovanni 3:5 ci viene dato uno dei motivi per cui Gesù è venuto (Egli è stato manifestato per togliere via i nostri peccati). Qui Giovanni ce ne dà un altro: per distruggere le opere del diavolo.

i. Possiamo solamente immaginare il cordoglio del cuore di Dio per la distruzione che il diavolo ha portato sulla terra e per l’uomo che gliel’ha permesso. Gesù è venuto per porre fine a tutto questo, sconfiggendo completamente il diavolo attraverso la Sua vita, la Sua sofferenza, la Sua morte e la Sua resurrezione.

ii. Nota il proposito di Gesù: distruggere le opere del diavolo. Non di neutralizzarle, né di alleviarle e nemmeno di limitarle. Gesù vuole distruggere le opere del diavolo!

iii. Molti temono il diavolo inutilmente, avendo paura di ciò che egli potrebbe far loro. Se solo sapessero che in realtà è il diavolo ad avere paura di noi quando camminiamo in Gesù! Camminando con il Signore, Lo vedremo distruggere le opere del diavolo!

c. Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui: Il cambiamento dall’essere dal diavolo al diventare figli di Dio avviene con l’essere nati da Dio; quando ciò accade, la nostra vecchia natura, plasmata secondo la ribellione innata di Adamo, muore e ci viene data una nuova natura, modellata secondo l’obbedienza innata di Gesù Cristo.

i. Qui Giovanni enfatizza semplicemente il significato di essere nati di nuovo. Significa che avviene un cambiamento reale e visibile in ogni area delle nostre vite mentre cresciamo in Cristo.

ii. È lo stesso messaggio predicato da Paolo, quando ai credenti dice che dobbiamo spogliarci, per quanto riguarda la condotta di prima, dell’uomo vecchio che si corrompe per mezzo delle concupiscenze della seduzione, e che dobbiamo essere rivestiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità (Efesini 4:22, 24).

d. Non commette peccato… non può peccare: Non commette peccato e non può peccare hanno entrambi lo stesso tempo verbale di non pecca in I Giovanni 3:6, riferendosi ad una continuità nel peccato abituale. Giovanni dichiara che, quando siamo nati di nuovo e nella famiglia di Dio, c’è un cambiamento reale che avviene nella nostra relazione con il peccato.

C. L’odio: un attacco alla relazione.

1. (10) Due elementi essenziali: una condotta retta e l’amore per i fratelli.

Da questo si riconoscono i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il proprio fratello.

a. I figli di Dio e i figli del diavolo: Giovanni ha già introdotto il concetto riguardo all’essere figli di Dio (1 Giovanni 3:1, facendoci chiamare figli di Dio e 1 Giovanni 3:9, nato da Dio); di altri ha scritto che sono dal diavolo (1 Giovanni 3:8). Qui invece toglie ogni dubbio: alcuni sono figli di Dio e altri sono figli del diavolo.

i. Giovanni non perde tempo per dimostrare o spiegare l’esistenza del diavolo; egli sa che la sua esistenza è un fatto biblico. Tuttavia, molti oggi mancano della sapienza di Giovanni: o rinnegano l’esistenza del diavolo o ne sono ossessionati.

ii. C’è chi potrebbe pensare che Giovanni fosse troppo duro chiamando alcuni figli del diavolo, insinuando che forse non amava le persone quanto Gesù. Eppure, anche Gesù in Giovanni 8:41-45 chiamò alcuni figli del diavolo. In quell’occasione, Gesù stabilì un punto importante, ovvero che la nostra origine spirituale determina la nostra natura ed il nostro destino. Se siamo nati di nuovo ed abbiamo Dio come Padre, si vedrà nella nostra natura e nel nostro futuro. Se nostro Padre è invece Satana o Adamo, sarà altrettanto visibile nella nostra natura e nel nostro futuro, proprio come era palese negli avversari di Gesù.

b. Si riconoscono: Giovanni fornisce un modo semplice, sebbene non facile, attraverso cui identificare chi sono i figli di Dio e i figli del diavolo. Chiunque non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il proprio fratello.

i. Entrambi sono essenziali. La giustizia senza amore ci rende farisei religiosi e l’amore senza giustizia ci rende complici del male.

ii. In che modo la giustizia e l’amore trovano equilibrio? Non lo fanno. Non dobbiamo mai amare a discapito della giustizia e non dobbiamo mai essere giusti a discapito dell’amore. Non stiamo cercando un equilibrio, perché i due non sono opposti. Il vero amore è la più grande giustizia e la vera giustizia è il più grande amore.

iii. L’amore e la giustizia si dimostrano entrambi perfettamente nella natura di Gesù. Egli era giusto e perfettamente amorevole.

2. (11) La necessità di amarsi gli uni gli altri.

Poiché questo è l’annunzio che avete udito dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri,

a. Questo è l’annunzio che avete udito dal principio: Giovanni ha già descritto il comandamento ad amare come la parola che avete udito dal principio (1 Giovanni 2:7). Nel ricordare questo messaggio di amare gli uni gli altri, ribadisce il comandamento dato da Gesù in Giovanni 13:34.

b. Che ci amiamo gli uni gli altri: Il messaggio cristiano principale non è cambiato. Forse alcuni hanno pensato che, poiché i Cristiani parlano di una “relazione personale con Gesù Cristo”, siamo solo noi stessi e Gesù ad avere importanza. Eppure, il modo in cui trattiamo gli altri – come ci amiamo gli uni gli altri – ha molta importanza davanti a Dio.

3. (12) Un esempio di odio: Caino.

Non come Caino, che era dal maligno e uccise il proprio fratello. E per quale motivo lo uccise? Perché le sue opere erano malvagie e quelle di suo fratello giuste.

a. Non come Caino: Giovanni presenta Caino come un esempio negativo, il quale non era retto davanti a Dio (le sue opere erano malvagie) e odiava il proprio fratello. Quando ci sono due figli di Dio ed entrambi sono giusti davanti a Dio, ci sarà amore.

b. Che era dal maligno: Caino è il giusto esempio del fallimento ad amare.

i. Possiamo presumere che Caino fosse stato cresciuto nel timore di Dio, un’educazione che avrebbe dovuto equipaggiarlo ad amare. Egli però scelse di non farlo.

ii. La disubbidienza di Caino proveniva dalla sua mancanza di fede (Ebrei 11:4), che risultò prima di tutto in disubbidienza e, successivamente, in odio.

iii. La disubbidienza e l’odio di Caino erano fondati sull’orgoglio (Genesi 4:5).

iv. La disubbidienza e l’odio di Caino lo avevano reso miserabile (Genesi 4:5).

v. Caino rifiutò gli avvertimenti che Dio gli aveva dato, cedendo al peccato dell’odio (Genesi 4:6-7).

vi. Il peccato d’odio di Caino lo portò ad agire contro colui che odiava (Genesi 4:8).

vii. Caino era evasivo riguardo al proprio peccato d’odio e tentò di nasconderlo. Ciononostante, Dio lo portò allo scoperto (Genesi 4:9-10).

4. (13-15) L’amore come dimostrazione della nuova nascita.

Non vi meravigliate, fratelli miei, se il mondo vi odia. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli; chi non ama il proprio fratello rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in sé.

a. Non vi meravigliate: Non dovremmo sorprenderci quando il mondo ci odia; dovremmo, piuttosto, sorprenderci quando c’è odio nel corpo di Cristo.

b. Noi sappiamo: Giovanni insiste nel dire che il credente può giungere ad acquisire una certezza genuina. “Ho sentito dire da coloro che si considerano filosofi che nella religione dobbiamo credere, ma non possiamo conoscere. Non credo di comprendere la distinzione che costoro fanno tra conoscenza e fede e nemmeno mi interessa chiedere; perciò, ribadisco che, per quanto riguarda la religione, noi conosciamo; per quanto riguarda Dio, crediamo e conosciamo”. (Spurgeon)

c. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita: Uno dei segni essenziali della nuova nascita è l’amore per il popolo di Dio. Se tale amore non è evidente nelle nostre vite, la nostra salvezza può essere messa in discussione. Se presente, invece, ci dà certezza.

i. Sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita dall’amore che abbiamo verso altri cristiani. Se dentro di te ci sono odio, gelosia o amarezza, ti trovi in un luogo di morte. Hai bisogno di passare dalla morte alla vita.

ii. Da questo sappiamo due cose. Innanzitutto, sappiamo che un tempo eravamo morti. Poi, sappiamo di essere passati dalla morte alla vita. Passare dalla morte alla vita non è secondo natura. Tutti noi ci aspettiamo di passare dalla vita alla morte, ma in Gesù succede il contrario.

iii. Questo ci parla della nostra ricerca della comunione. Se amiamo i fratelli, vogliamo, di conseguenza, stare insieme a loro. Anche se siamo stati maltrattati e feriti da fratelli senza amore, ci sarà sempre qualcosa dentro di noi che ci porterà a voler ritornare alla comunione con i fratelli che amiamo.

iv. “Li ami per amore di Cristo? Dici a te stesso: ‘Quella persona appartiene al popolo di Cristo; porta la croce di Cristo; è un figlio di Dio; per questo lo amo e mi diletto nella sua compagnia’? Questa, allora, sarà dimostrazione che non sei del mondo.” (Spurgeon)

d. Chiunque odia il proprio fratello è omicida: Odiare nostro fratello vuol dire assassinarlo nel nostro cuore. Anche se non compiamo l’atto (per codardia o timore di essere puniti), stiamo comunque desiderando la sua morte. Inoltre, ignorando un’altra persona, la trattiamo come se fosse morta. L’odio può essere mostrato sia in maniera passiva che attiva.

i. Giovanni sembrava avere in mente il Sermone sul Monte di Gesù riguardante il vero adempimento della legge (Matteo 5:21-22).

ii. “Nel cuore non c’è alcuna differenza: odiare vuol dire disprezzare, interrompere il rapporto, e l’omicidio è semplicemente l’adempimento di questo atteggiamento.” (Barker)

iii. “Ogni uomo che ne odia un altro ha nelle proprie vene il veleno dell’omicidio. Magari non prenderà mai nelle proprie mani un’arma mortale con cui distruggere una vita; tuttavia, se desidera che il proprio fratello venga tolto di mezzo, se gioisce al pensiero che sarebbe stato meglio che quella persona non fosse mai esistita, quel sentimento equivale all’omicidio secondo il giudizio di Dio”. (Spurgeon)

e. Voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in sé: Vivere commettendo omicidi (o provare un odio costante contro i nostri fratelli) è dimostrazione che non abbiamo la vita eterna dimorante in noi, che non siamo nati di nuovo.

i. Ci sono molte persone per le quali essere un cristiano vuol dire semplicemente non appartenere a “nessuna delle precedenti”. Si considerano cristiani solo perché non sono musulmani, ebrei, buddisti o atei. Essere un cristiano, però, non dovrebbe mai avvenire per “esclusione”.

ii. Essere un cristiano è molto di più del semplice affermare: “Sono cristiano”. Ci sono, infatti, alcuni che si professano cristiani, ma non lo sono. Come facciamo a riconoscere se siamo anche noi tra questi? La risposta di Giovanni è sempre coerente e semplice. Ci sono tre test per verificare la genuinità di un cristiano: la prova della verità, la prova dell’amore e la prova morale. Se crediamo in ciò che la Bibbia insegna, se dimostriamo l’amore di Gesù agli altri e se la nostra condotta è stata trasformata e assomiglia sempre di più a quella di Gesù, allora la nostra dichiarazione di essere cristiani può essere confermata come veritiera.

D. Cos’è l’amore e come dovremmo amarci gli uni gli altri.

1. (16) La realtà oggettiva dell’amore e il modo in cui si manifesta nella nostra vita.

Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.

a. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Cos’è l’amore? Il modo in cui definiamo l’amore è importante. Se lo definiamo in maniera errata, allora o tutti vengono promossi alla prova dell’amore o nessuno. Per capire l’idea biblica di amore, dovremmo iniziare dal comprendere la terminologia della parola amore tra gli antichi greci, che ci hanno donato la lingua originale del Nuovo Testamento.

i. Eros era una delle parole per amore. Descriveva, come la parola stessa lascia intendere, l’amore erotico, sessuale.

ii. Storge era la seconda parola per amore. Si riferiva all’amore familiare, quel tipo di amore che c’è tra un genitore e un figlio o tra i membri della famiglia in generale.

iii. Philia è la terza parola per amore. Si riferiva ad un’amicizia e ad un affetto fraterno. È l’amore che caratterizza un’amicizia profonda. L’amore philia potrebbe essere descritto come la più alta forma di amore di cui una persona sia capace senza l’aiuto di Dio.

iv. Agape è la quarta parola per amore. Descriveva un amore che ama senza cambiare. È un amore che dà senza domandare né aspettarsi nulla in cambio; è un amore tanto grande che può essere dato a coloro che sono impossibili da amare o che non sono desiderabili; è quell’amore che ama anche quando è respinto. L’amore agape dà e ama perché vuole farlo; non pretende né si aspetta alcun pagamento per l’amore dato: dà perché ama, non ama con lo scopo di ricevere.

v. Molte persone confondono i quattro tipi di amore e finiscono per rimanerne profondamente ferite. Qualcuno potrebbe dire: “Ti voglio bene” a un altro, intendendo un tipo di amore, ma chi lo riceve potrebbe interpretarlo come un altro tipo di amore. Molto spesso gli uomini dicono alle donne: “Ti amo”, quando in realtà provano verso di loro solo un amore egoistico. Certo, i sentimenti possono essere stati forti, ma sono pur sempre sentimenti che vogliono qualcosa dall’altra persona.

vi. “Si può dire ad una ragazza: ‘Ti amo’, ma ciò che si intende veramente è: ‘Voglio qualcosa. Non voglio te, ma voglio qualcosa da te. Non ho tempo da perdere, lo voglio immediatamente’… Questo è l’opposto dell’amore, perché l’amore vuole dare. L’amore ricerca la felicità dell’altro, non la propria”. (Walter Trobisch in I Loved a Girl, citato da Boice)

b. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi: Il vero amore non viene solo “sentito” come un sentimento dentro di noi, ma viene anche dimostrato: la più altra dimostrazione è stata data da Gesù sulla croce.

i. Paolo ha espresso lo stesso concetto in Romani 5:8: Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

ii. Non è la morte di Gesù in sé per sé ad essere la più alta dimostrazione di amore; è piuttosto la morte di Gesù insieme a ciò che questa fa per noi ad essere l’emblema dell’amore. Se mi trovassi su un pontile ed un uomo, dopo essersi gettato in acqua, stesse annegando, e con il fiato che gli rimane dicesse: “Sto dando la mia vita per te!”, non riuscirei a percepire quell’azione come un atto d’amore – sembrerebbe solo un gesto strano. Tuttavia, se quello stesso uomo si tuffasse in acqua per salvare me, mentre sto annegando, e desse la propria vita per garantire la mia sopravvivenza, allora riuscirei a vedere il suo sacrificio come un grande atto d’amore.

iii. Charles Spurgeon, in un sermone intitolato “La Morte di Cristo per il Suo Popolo”, fece tre considerazioni a partire da questa grande dichiarazione:

Quanto devono essere stati grandi i nostri peccati.

Quanto deve essere stato grande il Suo amore.

Quanto è sicuro il credente nell’amore di Cristo.

c. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Se non fosse stato per l’opera di Gesù sulla croce, non avremmo conosciuto l’amore vero. Abbiamo un’abilità innata di pervertire il vero significato dell’amore e di inseguire innumerevoli obiettivi con la scusa di essere alla ricerca dell’amore.

i. La natura può insegnarci diverse cose riguardo a Dio. Può mostrarci la Sua sapienza, la Sua intelligenza e la Sua grande potenza. Ciononostante, la natura, in quanto tale, non ci insegna che Dio è un Dio d’amore. C’è stato bisogno della morte del Figlio di Dio, Gesù Cristo, per darcene somma dimostrazione.

ii. David Scott Crother morì di AIDS all’inizio del 1993, non prima però di aver contagiato la sua compagna, di cui non conosciamo il nome, la quale sporse denuncia contro di lui. La donna dichiarò in un’intervista: “Questa non è aggressione. È omicidio… Tutto ciò che volevo era qualcuno che mi amasse – e per questo ora morirò. Non dovrei morire per questo”. Tutti noi abbiamo un bisogno profondo di amore, ma lo cerchiamo nei modi e nei luoghi sbagliati.

d. Anche noi: Essendo stati inviati con lo stesso mandato Gesù, dobbiamo dimostrare il nostro amore dando la nostra vita per i fratelli. Le parole di Gesù Come il Padre ha mandato me, così io mando voi (Giovanni 20:21) sembrano risuonare nella mente di Giovanni.

i. Stott riguardo a ha dato e dare: “Non sembrano implicare tanto l’azione del dare, quanto invece il mettere qualcosa da parte, come dei vestiti… Infatti, in Giovanni 13:4, viene utilizzato nel contesto di Cristo che depone le proprie vesti.” [corsivo aggiunto]

e. Anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli: L’attenzione qui va posta sull’amore per i fratelli. Ovviamente, siamo chiamati ad amare anche i nostri nemici e coloro che ci odiano (Matteo 5:44), ma Giovanni ci chiama ad una prova ancora più fondamentale: se non riusciamo nemmeno ad amare i nostri fratelli, che razza di cristiani siamo?

f. Dare la nostra vita: Giovanni, inoltre, ci ricorda che l’amore e la sua dimostrazione spesse volte includono sacrificio, cioè dare la propria vita per gli altri. Il semplice desiderare di avere più amore non ci porterà a sacrificarci lì dove necessario.

i. Prendendo l’amore di Gesù per noi come analogia, vedremo che a volte il costo dell’amore ci farà sentire come se stessimo morendo (questo è ciò che significa dare la propria vita). “Amore significa dire di no alla propria vita affinché qualcun altro possa vivere.” (Marshall)

ii. Spesse volte pensiamo di essere pronti a dare le nostre vite con un gesto grandioso, teatrale ed eroico, ma Dio chiama la maggior parte di noi a dare la propria vita pezzo dopo pezzo, a poco a poco, in maniera piccola ma significativa ogni giorno.

iii. In parole povere, Giovanni ci sta dicendo di fare ciò che leggiamo in Filippesi 2:3-4: Non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di sé stesso. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

2. (17-18) Che cosa significa amare nella vita reale.

Ora, se uno ha dei beni di questo mondo e vede il proprio fratello che è nel bisogno e gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioletti miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e in verità.

a. Non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e verità: Giovanni non vuole che parliamo solo dell’amore; il vero amore viene dimostrato con i fatti (sebbene sia evidente spesso anche attraverso i nostri sentimenti).

b. E gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio? Se hai la capacità di poter sovvenire ai bisogni di tuo fratello, ma non fai nulla per aiutarlo, come puoi dire di amare tuo fratello? Come dimora in te l’amore di Dio?

i. “Ecco una prova di questo amore: se non dividiamo il nostro pane con chi ha fame, di certo non daremmo nemmeno la nostra vita per lui. Qualsiasi tipo di amore fingiamo di avere di fronte all’umanità, se non siamo generosi e benevoli, non facciamo altro che dimostrare la nostra falsità”. (Clarke)

ii. Qual è il limite di questo tipo di amore? L’unico limite è quello che l’amore stesso impone. Quando diamo ad una persona, se il sovvenire ai suoi bisogni reca danno invece che fare del bene, allora la cosa giusta da fare è non dare ciò che chiede, ma ciò di cui ha bisogno.

c. Figlioletti miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e verità: A volte scambiamo il parlare con l’amare: parlare di sovvenire ai bisogni della gente piuttosto che farlo davvero.

i. Stott, citando Lewis, scrive: “È più facile mostrare passione verso tutta l’Umanità con la “U” maiuscola, piuttosto che amare individualmente uomini e donne, soprattutto gli insulsi, esasperanti, depravati o in altro modo sgradevoli. Amare tutti in senso generale diventa una scusa per non amare nessuno in particolare”.

3. (19-21) La certezza che proviene da questo amore.

E da questo noi sappiamo di essere nella verità e tranquillizzeremo i nostri cuori davanti a lui; poiché, se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio.

a. Tranquillizzeremo i nostri cuori: Quando vediamo quest’amore all’opera nelle nostre vite, sappiamo di essere nella verità; ciò dona la certezza nei nostri cuori davanti a Dio che siamo in Lui.

i. Gayle Erwin racconta una storia meravigliosa di un uomo che conosceva quando era ancora un ragazzino. L’uomo si chiamava Jake ed era il più cattivo e più ubriaco della città. Ogni tanto andava in chiesa, ma solo per malmenare gli anziani. Un mercoledì sera Jake andò in chiesa, questa volta non per infastidire qualcuno. Sorprendentemente, diede la propria vita a Gesù. Attraversò la navata della piccola chiesa e si inginocchiò all’altare. La sera seguente ci fu un altro incontro in chiesa dove il pastore domandò se qualcuno volesse condividere ciò che Dio stava facendo nella sua vita. Jake si alzò e disse: “Io ho qualcosa da dire. Quando sono venuto qui ieri sera, vi odiavo”. Molti annuirono. “Tuttavia, qualcosa è accaduto in me e non so come sia possibile, ma questa sera io vi amo”. Sebbene avesse solo un dente, il suo sorriso era enorme. Questa è una meravigliosa certezza che siamo nati di nuovo.

ii. La certezza è essenziale: chi vuole aspettare fino a quando non è troppo tardi per scoprire se è veramente salvato o no?

b. Tranquillizzeremo i nostri cuori davanti a lui: Abbiamo una doppia certezza. Prima di tutto, Dio sa già tutto di te e ti ama, ha cura di te, ti desidera; in secondo luogo, Dio conosce ogni cosa e sa chi siamo realmente in Gesù Cristo. Se siamo nati di nuovo, allora il nostro vero essere è quello creato all’immagine di Gesù Cristo.

c. Se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio: Cosa succede se, pur camminando nell’amore, il nostro cuore ci condanna davanti a Dio? Giovanni ci rassicura che Dio è più grande del nostro cuore e perciò ci ricorda che non possiamo basare il nostro rapporto con Lui interamente su come ci sentiamo alla Sua presenza.

i. La condanna che scaturisce dentro di noi non ha nulla a che vedere con la nostra posizione davanti a Dio. Potrebbe essere l’opera del nemico delle nostre anime (che è l’accusatore dei fratelli, Apocalisse 12:10) oppure l’opera di una coscienza iperattiva. In quei momenti, confidiamo in ciò che la Parola di Dio afferma riguardo alla nostra posizione e non in ciò che proviamo.

ii. “A volte il nostro cuore ci condanna emanando un verdetto sbagliato. Ciò ci dà la soddisfazione di poter presentare il nostro caso in un tribunale superiore, poiché ‘Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa’.” (Spurgeon)

d. Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio: Di nuovo, quando siamo in comunione con Dio ed il nostro cuore non ci condanna, sappiamo di poter avere fiducia davanti a Dio e davanti alla nostra posizione in Lui.

i. Se abbiamo vera comunione con Dio – non ingannando noi stessi, come menzionato in 1 Giovanni 1:6 – allora la certezza che giunge al nostro cuore, mentre abbiamo comunione con Lui, sarà un tesoro prezioso. Paolo ne parla in Romani 8:16: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio.

e. Abbiamo fiducia davanti a Dio: Quanto preziosa è la fiducia che possiamo avere in Gesù Cristo! Esiste una falsa fiducia, una fiducia in sé stessi o nelle illusioni, ma c’è anche una fiducia gloriosa che possiamo avere in Gesù.

i. “Il termine in greco antico tradotto qui con la parola fiducia simboleggiava il diritto più prezioso di un cittadino di uno stato libero, ovvero il diritto di potersi “esprimere liberamente” … senza essere ostacolato da paura o vergogna”. (Dodd, citato da Barker)

4. (22) La comunione nell’amore di Dio significa avere la certezza di ricevere risposta alle proprie preghiere.

E qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose che gli sono gradite.

a. Qualunque cosa chiediamo: Colui che cammina nell’obbedienza e nell’amore descritti da Giovanni troverà risposta alle proprie preghiere, non perché il suo amore e la sua obbedienza gli abbiano fatto guadagnare ciò che ha chiesto, ma perché il suo amore e la sua obbedienza scaturiscono dalla comunione, la chiave per ricevere l’esaudimento delle proprie preghiere.

i. Giovanni sembra citare il principio espresso da Gesù in Giovanni 15:7: Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto.

b. Perché osserviamo i suoi comandamenti: Affinché le nostre preghiere siano esaudite, è importante che osserviamo i comandamenti di Dio. Dobbiamo, però, fare una distinzione tra la preghiera di un uomo già salvato ed il grido di un cuore che cerca misericordia presso Dio in Gesù. L’unico requisito per il peccatore che si accosta a Gesù in preghiera per trovare misericordia è la sincerità di cuore. Dio non richiede la nostra ubbidienza prima di salvarci.

i. La chiave per la preghiera è quella di essere così in stretta comunione con Dio che domandiamo le cose che sono nel Suo cuore; mediante le nostre richieste ed intercessioni accogliamo il Suo piano.

ii. Lo spirito della vera preghiera è Sia fatta la Tua volontà e non Sia fatta la mia volontà; ci volgiamo alla preghiera per far sì che ciò che Dio desidera si realizzi, essendo consapevoli che alcune delle cose che Dio desidera ci porteranno beneficio in maniera diretta e personale.

c. E facciamo le cose che gli sono gradite: La persona che ha comunione con Dio vorrà fare le cose che gli sono gradite. Dovremmo avere cuori che vogliono piacere al Signore in ogni cosa che facciamo.

i. Guardare le nostre vite ci fa riflettere su quanto facciamo realmente per compiacere noi stessi e quanto invece facciamo per compiacere il Signore. Non dovremmo considerarle due cose opposte; Dio viene glorificato quando godiamo della Sua bontà e delle cose buone che Egli ci dà. Tuttavia, una vita di devozione si focalizza principalmente sul compiacere Dio, anche quando questo vuol dire non accontentare noi stessi.

5. (23-24) Il comandamento di Gesù.

E questo è il suo comandamento, che crediamo nel nome del suo Figlio Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha comandato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio, ed egli in lui; e da questo sappiamo che egli dimora in noi: dallo Spirito che egli ci ha dato.

a. E questo è il comandamento: L’idea riguardante l’osservanza dei Suoi comandamenti nel versetto precedente porta Giovanni a parlare in maniera specifica di quale sia il Suo comandamento. Ovvero, in parole semplice, che crediamo nel nome del Suo Figlio Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri.

i. Giovanni non si riferisce qui a questi due aspetti dell’ubbidienza come a due comandamenti, ma ad un solo comandamento. Grammaticalmente parlando, potrebbe non essere ufficialmente corretto, ma dal punto di vista spirituale lo è sicuramente. Questi due comandamenti sono in realtà uno. Gesù, insegnando sul più grande comandamento, disse: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente, aggiunse anche: E il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matteo 22:37-39). Questi sono due comandamenti, ma sono chiaramente l’uno simile all’altro.

b. Che crediamo nel nome del suo Figlio: Ancora una volta, Giovanni sembrerebbe citare l’idea condivisa da Gesù in Giovanni 6:29: Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato. Il primo comandamento e l’opera più grande che possiamo compiere è credere in Gesù.

i. Non è un semplice credere nell’esistenza di Gesù o che abbia fatto determinate cose, come morire su una croce. Credere nel nome di Gesù significa porre la propria fede in Lui, cioè confidare, affidarsi e aggrapparsi a Gesù. Non riguarda la conoscenza o la comprensione intellettuale, riguarda la fiducia.

c. E ci amiamo gli uni gli altri: Anche il secondo comandamento è una citazione di Gesù in Giovanni 15:12: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. L’amore per i credenti non è un’opzione solo per alcuni cristiani, è un comandamento per tutti.

d. Dimora in Dio: Coloro che dimorano in Gesù sanno che stanno dimorando in Gesù, essendo confermato dalla presenza e dalla certezza dello Spirito Santo. Giovanni condivide la stessa idea che si trova in Romani 8:16: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio.

i. Romani 8:9 ci dice che coloro che appartengono a Gesù hanno lo Spirito dentro di loro; lo Spirito Santo in noi ci dà questa certezza. Non puoi dimorare in Gesù e non accorgertene, anche se è possibile essere assaliti dal dubbio di tanto in tanto.

ii. Colui che non osserva i comandamenti di Dio non ha la stessa certezza di dimorare in Gesù. Similmente, non può essere certo della presenza dello Spirito Santo nella propria vita.

iii. Per sapere se hai veramente questa certezza può richiedere discernimento spirituale, che è ciò di cui Giovanni tratterà nel versetto successivo. Dio, tuttavia, ci ha già dato un altro fondamento per questa certezza: assicurarci del nostro amore gli uni verso gli altri (1 Giovanni 3:19).

(c) 2021 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com

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